Il vero cambiamento: il 4 dicembre C’è chi dice No! Renzi a casa, manifestazione il 27/11 a Roma

cechidicenoIl territorio dove viviamo e cresciamo i nostri figli è l’ambito che più ci interessa, ma le situazioni che lì si manifestano sono spesso dirette emanazioni di un piano politico nazionale che all’oggi è rappresentato da Renzi e il suo partito , il PD. Quindi, quali sono le politiche riformiste di questo governo? Indebolimento delle tutele sul lavoro, ad opera del Jobs Act; investimenti in grandi opere inutili, tra le quali addirittura il famoso ponte di Messina; aumento del costo della sanità, sempre più per pochi; sempre meno risorse alle scuole, quindi tetti che crollano. Non ultimo, la svendita dell’edilizia pubblica, stabilita dall’art.3 del Piano Casa.

Le politiche nazionali parlano chiaro, perseguono una direzione che è quella che ogni giorno si traduce in abbassamento della qualità della vita per fasce sempre più ampie di popolazione, mentre la ricchezza è trattenuta nelle mani di pochi. Tuttavia al governo Renzi serve concentrare maggiormente il potere nelle proprie mani e avere maggiore facilità di manovra per promuovere le politiche di austerità che le leggi del mercato e dell’economia globale vorrebbero imporci.

Vogliono cambiare la costituzione per staccarsi ulteriormente dai cittadini, rendendo i “professionisti” della politica (o della corruzione?) sempre più autonomi e sempre meno espressione della volontà popolare. A questo proposito siamo chiamati a votare al referendum del 4 dicembre: la scelta è tra un Sì che porta con sé la conferma alle politiche promulgate dal governo Renzi in questi anni e l’assenso a quelle che potrà varare in futuro, o un No di rifiuto a questa strumentale modifica della costituzione e a questo sistema di governance che ci vuole sempre più poveri, soli, precari, flessibili e silenziosi di fronte alle scelte della politica istituzionale. Ma quello che possiamo fare non è poco: votare NO sarà il primo passo, ma non basta. Bisogna fare in modo che questo voto sia solo l’inizio di una lotta contro il governo Renzi, una lotta capace di far arrivare la propria voce fin dentro ai palazzi dove i politici stanno bene attaccati alle loro poltrone. Sulle nostre vite vogliamo essere noi a decidere. Per questo, senza alcun partito che ci rappresenti e sotto un governo nemmeno eletto che ci fa pagare la crisi, c’è chi dice NO andando a votare ma anche scendendo nelle strade di Roma il 27 Novembre, per una grande manifestazione nazionale.

In quella data orecchie abituate a essere sorde di fronte alla voce di chi in questo Paese ci vive e ha deciso che così non si può più andare avanti saranno obbligate ad ascoltarci.

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Torino Sta con la famiglia di Said: al Referendum votiamo NO!

14925631_359231811079544_4923987703598377057_nLa vivibilità del territorio in cui abitiamo e cresciamo i nostri figli è una delle questioni che più ci interessa e tocca da vicino gli aspetti più quotidiani delle nostre vite. Le politiche territoriali che si applicano nei nostri quartieri sono influenzate (se non imposte) da un livello più alto, quello nazionale: quello che è successo a Said, Kadija e i loro bimbi ne è la riprova più palese e sconfortante.

Disoccupati a causa della crisi, come tanti nel nostro territorio, aspettavano la casa popolare rispettandone la graduatoria. Nonostante l’emergenzialità della loro situazione (dal 2014 avevano dichiarato all’emergenza abitativa di essere sotto sfratto), l’attesa è rimasta lunga, questione di anni. A fronte di 15mila richieste su circa 500 assegnazioni annue, sono moltissime le case Atc vuote in attesa di ristrutturazione, ma nonostante ciò vengono stanziati sempre meno fondi con il rischio non solo di un peggioramento dello stato di abitabilità degli alloggi, ma anche di dover ricorrere a (s)vendite o donazioni di grandi enti privati che ne sanciscono spesso e volentieri un meccanismo di speculazione immobiliare.

Per risolvere questo stallo di domanda-offerta (comune a tutte le città italiane, non solo a Torino), il “Piano Casa” varato da Renzi e Lupi ha incoraggiato quest’ultima tendenza attraverso l’art. 3, aumentando la svendita del patrimonio di edilizia pubblica e incentivando proprio la speculazione edilizia. Così le politiche nazionali incidono fortemente sul nostro territorio e la nostra quotidianità: la qualità della vita di fette sempre più vaste della società si abbassa, andando ad impoverire sempre di più non solo chi già si trova in una situazione di difficoltà economica, ma anche le classi medie. Come diretta conseguenza di questa tendenza, la ricchezza che tutti contribuiamo a produrre confluisce nelle tasche di sempre meno individui (e sempre gli stessi).

La ripercussione sociale di questo atteggiamento del governo, è stata la sfiducia della popolazione nei confronti della politica, mettendo sempre più distanza tra i cittadini e i politici. Se questo non fosse bastato, la volontà di cambiare la costituzione appellandosi di facciata ai costi della politica, ma evidentemente col fine di rendere i “professionisti” della politica (o della corruzione?) sempre più autonomi (e non eletti), segnerà un abisso ancor più profondo tra noi e loro.

Su questo siamo chiamati a scegliere al Referendum costituzionale del 4 dicembre: creare un varco ancor più profondo tra politica e cittadini per mantenere stretto il legame con le imposizioni dell’economia e la finanza globalizzata, scelta marcata da Renzi come “innovazione”, o mantenere lo status quo. Una scelta piena di dilemmi, che crea grandi spaccature, perché nessuna delle possibilità è realmente positiva.

Bisogna votare NO, ma solo il voto non basta. Bisogna fare in modo che questo voto sia solo il primo passo di un percorso contro il governo Renzi come simbolo di una politica nociva per i territori, una lotta capace di riempire le piazze e far arrivare la propria voce laddove il referendum non è sufficiente.

Dobbiamo renderci padroni delle nostre scelte, è finito il tempo di delegare e partecipare solo con il voto, senza alcun partito che ci rappresenta e con un governo nemmeno eletto, c’è chi dice NO con il voto e scende nelle strade di Roma il 27 Novembre per una grande manifestazione nazionale. In quella data, il popolo del NO avrà l’opportunità di urlare a gran voce il perché del suo voto e fermare la deriva autoritaria del governo Renzi.

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Il vero volto del PD

bologna_sgombero_noteIn tutta Italia è ormai noto il vero volto del Governo Renzi e delle giunte PD, ma oggi si è reso ancora una volta palese ai nostri occhi: un volto fatto di tante promesse mai realizzate e allo stesso tempo un volto sciupato dalla paura delle forze sociali che dal basso rivendicano a gran voce i propri diritti. Infatti, nella giornata di oggi stiamo assistendo ad un ennesimo sgombero di un’occupazione abitativa a Bologna, nata come molte altre per dare un tetto sopra la testa a chi a causa della crisi economica e della disoccupazione non riesce a pagare un affitto.

L’occupazione in questione è il Condominio sociale di via Mura di Porta Galliera, occupato dal giugno 2014, dove hanno trovato casa più di 60 persone. All’alba la neo-eletta giunta PD ha fornito la sua solita soluzione per i casi di riappropriazione: sgombero forzato con fiumi di polizia, tante promesse e nessuna soluzione reale non temporanea. Quello di cui il PD ha paura e per cui costruisce leggi repressive come il reato di intimidazione è una forza reale e organizzata che si è mostrata appena le voci dello sgombero si sono diffuse. Infatti, poco tempo dopo l’allarme degli occupanti si sono radunati in presidio molti solidali, accorsi da tutta la città per richiedere lo stop dello sgombero forzato e assistere gli occupanti che si sono barricati fornendo acqua e beni di prima necessità. La risposta della polizia non si è fatta attendere: cinque cariche hanno tentato invano di disperdere il presidio che tuttora continua.

Oltre a esprimere la nostra solidarietà, possiamo trarre alcune conclusioni da questa giornata di autodifesa. Innanzitutto, le istituzioni voltano lo sguardo dall’altra parte rispetto alle occupazioni quando si rende palese che senza di queste molte persone vivrebbero un disagio estremo, per esempio durante l’”emergenza freddo”, se di emergenza si può parlare visto che sia le stagioni sia il disagio abitativo sono questioni strutturali. Invece, quando la lotta si prende una boccata d’aria, la risonanza mediatica è bassa, ma ancor più importante, quando buttare in mezzo alla strada delle persone non viene visto come un rischio per la vita di questi, allora la classe politica da il via alla sua macchina repressiva pensando forse che questi soggetti possano andare a dormire in un parco o in qualche panchina. La seconda conclusione è invece meno digeribile dalle istituzioni, riguardando la forza che negli anni si è venuta a creare dal basso e si contrappone a un governo e a delle giunte sempre più chiuse in loro stesse. Si è resa infatti palese in questa giornata la determinazione degli occupanti, pronti a difendere la casa che si sono conquistati, e la solidarietà creatasi tra i movimenti cittadini, subito accorsi alla chiamata. Quindi, possiamo rimanere convinti del fatto che in mancanza di politiche abitative reali l’occupazione è la via per conquistarsi un tetto sopra la testa, conquista che le istituzioni fanno fatica a togliere data la solidarietà che attorno a questi spazi liberati si crea.

Rapporto annuale sugli sfratti. Dall’emergenza alla normalità

STOP_sfratti2_12Un documento ufficiale del ministero dell’Interno ha ieri reso noto ciò che chi lotta per il diritto all’abitare conosce ogni giorno: migliaia di famiglie vengono sfrattate in Italia dalla forza pubblica, vittime della disoccupazione caratterizzante il mercato del lavoro nostrano, e non solo.

Nel dettaglio, ieri è stato pubblicato il rapporto annuale sugli sfratti del 2015 in cui fin da subito emerge quanto, la così detta “emergenza abitativa”, sia un problema sociale centrale in tutte le città Italiane. Utilizzando uno sguardo storico, si rende palese che questa situazione non ha nulla di emergenziale, poiché ormai è fisiologica. Infatti, si legge nel rapporto che già nel 2005 gli sfratti colpivano una famiglia su 515, ora una su 399. Questo dato è ancora più eclatante se teniamo in considerazione che si riferisce alla cifra lorda di inquilini (famiglie proprietarie, usufruttuarie o assegnatarie di alloggi pubblici), quindi sarebbe nettamente più elevato se considerasse solo le famiglie in locazione da privati.

Le carenze delle politiche pubbliche e del welfare sono confermate dallo stesso rapporto, dove si legge che il 90% degli sfratti avvenuti nel 2015 riguardano “morosità incolpevole”, ovvero famiglie i cui componenti hanno perso il lavoro e che tuttora non riescono ad accedere al reddito, impossibilitati dalla disoccupazione che affligge il nostro paese. Queste 300 mila famiglie si vedono sempre più costrette ad arrangiarsi, visto che il governo Renzi con la legge di Stabilità del 2016 ha azzerato il fondo per il contributo all’affitto, pensato per contrastare queste situazioni di difficoltà. Quindi, viene spontaneo pensare che il rapporto del 2016 sarà macchiato da un’aggravarsi dell’emergenza abitativa, costringendo sempre più famiglie a ricorrere alla rete di sostegno familiare o alla solidarietà dei molti e delle molte che ogni giorno si battono per il diritto all’abitare.

Inoltre, nel restante 10% ci stanno tutte quelle famiglie che dallo Stato vengono per contrapposizione colpevolizzate (“morosità colpevole”), famiglie che non piegano la testa e tentano di vivere dignitosamente, sacrificando il pagamento dell’affitto per necessità. Sono molti, infatti, i diritti negati necessari per una vita dignitosa, non solo l’avere un tetto sopra la testa. Tuttavia, le istituzioni tentano di insegnarci che prima di tutto bisogna pagare i debiti e poi, se si ha ancora qualche soldo in tasca, permettersi ciò che dovrebbe essere garantito ad ognuno: sanità, istruzione, cultura, socialità ecc…

Difronte ad una simile situazione, è doveroso opporsi in modo collettivo. Partendo da questo assunto, è stata lanciata dalla rete Abitare nella Crisi una manifestazione nazionale dislocata nelle città in cui ci sono le elezioni comunali in tutte le città italiane in cui a breve si svolgeranno le elezioni comunali: il 28 Maggio si scenderà in piazza per chiedere casa e dignità per tutti e tutte!

Pignoramenti, cambia la disciplina. Più facile mandare in strada le morosità incolpevoli

pignoramentiCon il Decreto Legge 59 del 3 Maggio 2016 sono state apportate delle modifiche importantissime agli articoli del codice di procedura civile sull’espropriazione forzata, che riguarda le procedure di pignoramento a seguito di insolvenza del mutuo stipulato per la compravendita della casa.

In particolare il D.L. prevede all’art. 4 la modifica del 4 comma dell’art. 560 del c.p.c. nel quale si disponeva che dopo il provvedimento di liberazione dell’immobile disposto dal giudice dell’esecuzione, l’esecuzione stessa era curata dal custode (che nelle procedure di pignoramento di immobili è sempre il creditore quindi la banca) nel rispetto di alcune formalità.

Oggi invece la riforma prevede che il 4 comma dell’art.560 sia così modificato: “il provvedimento, è attuato dal custode secondo le disposizione del giudice dell’esecuzione immobiliare, senza l’osservanza delle formalità previste dagli articoli 605 e ss. Per l’attuazione dell’ordine il giudice può avvalersi della forza pubblica e nominare ausiliari.”

Le formalità previste dagli articoli 605 e ss. altro non sono che le procedure di garanzia poste in essere in favore del pignorato, che prevedevano prima dell’obbligo di rilascio dell’immobile la consegna dell’atto di precetto con cui si dava preavviso all’esecuzione del provvedimento lasciando del tempo al pignorato per trovare altra soluzione.

L’articolo 606 c.p.c. infatti recita: “Decorso il termine stabilito nel precetto, l’ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo (il decreto del giudice che dispone il pignoramento) e del precetto, si reca sul luogo in cui le cose si trovano, quindi ne fa consegna alla parte istante o alla persona da lei designata”.

Con questa modifica si da la possibilità alle banche in qualità di custodi delle case pignorate di eseguire il pignoramento senza avvalersi degli ufficiali giudiziari, dunque senza dover più rispettare i termini posti a garanzia del pignorato che la procedura prevedeva per le notifiche del provvedimento di esecuzione. Infatti la modifica impedisce l’applicazione dell’articolo 608 c.p.c. che stabilisce che l’esecuzione inizia con la notifica dell’avviso, fatto dieci giorni prima della data del rilascio da parte dell’ufficiale giudiziario, del giorno e della data in cui si procede al rilascio dell’immobile.

Dunque non solo si vanifica la funzione di mediazione e garanzia che nella normativa precedente veniva affidata al ruolo dell’Ufficiale giudiziario, responsabile di notificare i provvedimenti e mediare tra gli interessi di banche e creditori e quelli dei soggetti pignorati, ma anche una dubbia velocizzazione delle procedure di rilascio degli immobili pignorati tutta a scapito del pignorato, che si troverà sotto casa, da un giorno all’altro e senza preavviso, le banche con l’ausilio della forza pubblica a minacciare lo sfratto.

Di fatto gli appartamenti occupati da persone in stato di morosità incolpevoli saranno trattati alla stregua di magazzini o depositi, da svuotare in tempi brevi senza alcun rispetto per le storie e le esigenze di chi rischia di ritrovarsi in mezzo alla strada. Una nuova pepita avvelenata del governo Renzi, sempre più nemico dei poveri e di chi soffre le conseguenze della crisi.

Iniziative contro le banche e la rapina dei mutui

Iniziative di contestazione a Torino riguardanti il decreto che interessa i mutui che il Governo Renzi sta portando avanti.

Diverse le banche sanzionate in questa giornata che ha visto i principali istituti di credito, Unicredit e San Paolo in primis, giustamente individuate come soggetti colpevoli di quello che sarà un decreto volto a espropriare i cittadini delle loro case. Un totale di 6 istituti di credito sanzionati dalle famiglie dello Spazio Popolare Neruda insieme agli attivisti del progetto Prendocasa, che hanno incontrato la solidarietà di molti correntisti che si apprestavano ad entrare e uscire dalle banche.

Nelle sedi delle 6 banche prese di mira, si sono svolti volantinaggi e interventi per denunciare la possibilità di esproprio della casa da èparte dell’istituto di credito con la complicità del governo.

banca_casaLa mossa di Renzi è stata più volte denunciata come un passo in avanti per dare maggiori poteri alle banche nelle vicende che le vedono in contrapposizione alle migliaia di cittadini che si trovano, stritolati da questa crisi, impossibilitati dal pagare i mutui accesi per l’acquisto di una casa. Questo decreto non è altro che uno dei tanti tasselli che gli istituti di credito vogliono apporre proprio per non avere le mani legate per troppo tempo sulle rivendite degli immobili dei loro debitori, passaggi importanti che vedranno sempre più tutelate le banche a spese dei soliti, uomini e donne che continuano a fare salti mortali per continuare ad avere un proprio tetto sulla testa. Pignoramenti, svendite del valore degli immobili da parte delle banche e a favore delle stesse, e pazienza se ci sarà chi finirà in mezzo ad una strada con più facilità ed ingiustizia rispetto a prima.

Indubbiamente le iniziative contro questo decreto continueranno; del resto alla luce delle eventuali modifiche che una parte dell’esecutivo renziano ha promesso di portare avanti, non basteranno a riformulare l’intenzione espressa dalle banche e Governo.

Di seguito il volantino distribuito durante l’iniziativa:

GOVERNO&BANCHE di nuovo CONTRO I CITTADINI

Oggi, 10 marzo 2016, stiamo contestando contemporaneamente varie filiali delle banche Unicredit e San Paolo della nostra città. Questo perchè in questi giorni il governo Renzi ha fatto l’ennesimo regalo alle banche: concedergli la possibilità di recuperare crediti non ancora riscossi, attraverso l’espropriazione della casa. Questa possibilità passa attraverso la nuova normativa sui pignoramenti: le banche potranno entrare direttamente in possesso dell’immobile e di metterlo in vendita per soddisfare il proprio credito, qualora il mutuatario dovesse risultare in ritardo con il pagamento di (forse) 18 rate, anche non consecutive. In questo modo le banche acquisiscono subito la proprietà della casa e l’immediata possibilità di metterla all’asta.

Quindi se per colpa della crisi viene a mancare improvvisamente il reddito, ritardando con il pagamento delle rate del mutuo, la banca senza nessun preavviso, grazie al nuovo piano firmato Renzi&Boschi, potrà toglierci la casa e farci perdere, oltre all’immobile, anche i soldi usati per pagare le tasse sul mutuo.

Spieghiamoci meglio: quando si apre un mutuo, la maggior parte delle banche offrono degli interessi “promozionali” molto bassi per un breve periodo iniziale (tre-sei mesi) detto “tasso d’ingresso”. Terminato tale periodo viene applicato il tasso normale (detto “tasso a regime”), che è più elevato. Inoltre se siamo morosi perché non riusciamo più a sostenere il mutuo, scattano in automatico (dal primo gennaio 2013 fin dal primo giorno di mancato pagamento del debito) gli interessi di mora.

Quando la banca pignorerà una casa per venderla all’asta, i soldi che abbiamo speso, in queste due tasse, quella d’ingresso e quella sulla mora, non  ci verranno restituiti. Quindi, la banca ci toglie la casa, la vende all’asta, recupera il proprio credito ma non ci restituisce i soldi finiti nelle tasse. Un gran bell’affare! Ma non finisce qui.

Le banche, sempre grazie all’aiuto del governo, da oggi diventeranno direttamente “acquirenti” e venditori di immobili: prima togliendoci la casa, e dopo rivendendola all’asta. Ma chi acquisterà la tua casa messa all’asta? La stessa banca che grazie alle agenzie immobiliari satelliti distribuite sul territorio rientreranno in possesso dell’immobile e la venderà ai soliti speculatori come grandi imprenditori, cooperative edili, palazzinari e immobiliaristi, infimi personaggi pronti a gettarsi su succulenti affari come gli avvoltoi si fiondano sui cadaveri.

L’esempio più noto a Torino di immobiliari satellite delle più importanti banche è PirelliRe, che fa parte del gruppo Prelios, uno dei più importanti gruppi di acquisto e vendita di immobili, composto da Intesa San Paolo, Unicredit, Banca Popolare di Milano, Monte dei Paschi di Siena.

Questa è l’ennesima rapina da parte delle banche ai danni di molti cittadini che viene legittimata dal governo Renzi (basti pensare al caso di Banca Etruria). Questo deve portarci a riflettere su come il PD amministra le politiche nazionali e territoriali. Da una parte ci danno le briciole e propagandano una ripresa del paese che non vediamo neanche con il binocolo, e dall’altra continuano a prenderci quel poco che ci rimane, scippandoci diritti, casa e reddito (quest’ultimo attraverso il taglio dei servizi pubblici sostituito dal privato e ovviamente attraverso le politiche di austerità promosse in questi anni).

Governo&Banche: cambia la direttiva sui pignoramenti. Agevolata l’espropriazione della casa

imagesIl comportamento del Governo nei confronti delle fasce deboli di questo paese sta superando ogni limite di decenza e sopportabilità e si rivolge a strati sociali che avviluppati da una crisi che non fa altro che acuirsi, vengono colpiti in ogni aspetto della vita quotidiana. Tagli, razionalizzazioni e revisioni di spesa, fanno parte ormai delle parole d’ordine che il Governo Renzi adotta non appena si tratta di colpire settori come scuola, sanità, lavoro e così via..

In questo caso il colpo che si vuole mettere a segno riguarda un aspetto divenuto spinoso in Italia, ma non per questo al riparo da questi attacchi: la casa.

Poter comprare una casa, per milioni di italiani ed italiane, resta un passo molto importante. Anche se tuttavia è sotto gli occhi di tutti come questo passo stia diventando sempre più proibitivo al giorno d’oggi. Nonostante stipendi da fame e condizioni lavorative precarie, per una buona parte di popolazione, soprattutto con l’aiuto determinante della buonuscita dei genitori pensionati, per molti poter accedere ad un mutuo è ancora possibile.

Proprio per questi ultimi il Governo ha ideato un piano tutto suo. Utilizzando il recepimento di una direttiva europea, per mano del Ministro Boschi, l’esecutivo si appresta a fare l’ennesimo regalo alle sue care amiche banche ed ai relativi speculatori a seguire. Nella fattispecie, la Direttiva Europea 2014/17, che dovrebbe teoricamente aumentare le tutele per i consumatori nei contratti di credito, viene stravolta nei fatti, diventando uno strumento di maggiori garanzie per le banche nelle loro attività di recupero dei crediti detti “inesigibili”. Nel decreto legislativo viene cancellato l’art. 2744 del Codice Civile, che vieta il “patto commissorio”. Il superamento di questo divieto permette quindi alle banche di entrare direttamente in possesso dell’immobile e di metterlo in vendita per soddisfare il proprio credito, qualora il mutuatario dovesse risultare in ritardo con il pagamento di 7 rate, anche non consecutive.

In questo modo le banche acquisiscono subito la proprietà della casa e di fatto l’immediata possibilità di metterla all’asta. Un recupero del credito a favore delle banche che il Governo sta sostenendo in un’ottica che lo vede in prima persona garante sulle sofferenze bancarie. Si prevede esplicitamente che: “Le parti del contratto possono convenire espressamente al momento della conclusione del contratto di credito o successivamente, che in caso di inadempimentodel consumatore (il ritardo nel pagamento di 7 rate anche non consecutive) la restituzione o il trasferimento del bene immobile oggetto di garanzia reale o dei proventi della vendita del medesimo bene comporta l’estinzione del debito, fermo restando il diritto del consumatore all’eccedenza”.

Tutto ciò accadrà anche per quanto riguarda i mutui già in essere, visto che si parla di modifiche unilaterali, quindi nessun salvataggio anche per chi ha già aperto un mutuo in passato.

Nello stesso tempo la banca che ha acquisito la casa potrà venderla al prezzo che vuole, decidendo meglio per se stessa il prezzo di mercato, così da estinguere presto il debito e disinteressarsi della reale quota di vendita sul mercato, visto che questo le imporrebbe un dividendo del di più con il debitore.

In questo caso sarà normale vedere case vendute in fretta e furia solo per ripianare il debito bancario, con l’aggravante che saranno le stesse banche, con le loro agenzie immobiliari satelliti, ad essere dall’altra parte del tavolo. Un conflitto di interessi chiaro come il sole.

Ed infine, la ciliegina sulla torta porta. Chi acquisisce gli immobili nell’ambito di vendite giudiziarie per poi rivenderli a un’acquirente finale a pagare un’imposta sostitutiva di appena 200 euro, contro la tassazione ordinaria del 9%. “La norma- si dice- ha la finalità di agevolare il collocamento degli immobili in sede di vendita giudiziaria, così come in caso di assegnazione degli immobili stessi ai creditori”

Non è una novità del resto che questo Governo vada a braccetto con le banche, tuttavia l’azione di Renzi tenta sempre di lanciare il sasso più in là rispetto al limite. Si tratta di un ennesimo processo di stravolgimento del diritto; di una riscrittura dei codici, che lede le prerogative costituzionali, in nome dell’accelerazione dell’attuazione degli accordi TTIPP, che sovra determinano e distruggono, nella loro furia iperliberista, non solo il Welfare, ma la stessa democrazia, in nome del profitto a tutti i costi.

La primavera dell’autorganizzazione: 28 e 29 marzo due giornate di lotta sui territori

casa_reddito_dignitProsegue la guerra portata avanti dal governo Renzi contro i poveri, i precari, gli studenti, contro i territori. Mentre si intravedono, grazie alle lotte che vengono portate avanti, alcune tiepide (anzi tiepidissime e per ora anche scivolose) crepe nel muro della Legge Lupi sulla casa, infatti, lo spirito di questa stessa legge che difende esclusivamente la proprietà privata e la rendita ora cerca di affermarsi nei nostri territori, “cancellando” i settori sociali incompatibili con i regimi del mercato e reprimendo pesantemente chi alza la testa e occupa. L’esempio più lampante è certamente quello della famigerata legge “Saccardi” che si vuole approvare in Toscana, che vorrebbe privare chiunque occupa del diritto all’assegnazione dell’alloggio popolare, contro la quale i movimenti per il diritto all’abitare della regione hanno ingaggiato uno scontro frontale che ha visto anche, come rappresaglia, lo sgombero di due importanti occupazioni abitative. Ma di esempi siamo pieni in tutta Italia, dove gli sgomberi di occupazioni e di case popolari e gli sfratti vengono oramai eseguiti quotidianamente manu militari con enormi spiegamenti di forze e sempre più spesso senza fornire nessuna alternativa.

Allo stesso tempo il conflitto, capillare, netto, cruciale che stiamo portando avanti sul terreno della casa, è soltanto una parte di uno scontro che coinvolge per intero settori sociali precari e sfruttati ed i territori del nostro paese. Un processo globale di ristrutturazione messo in atto dal governo Renzi che vuole imporre la schiavitù totalitaria del mercato e della accumulazione capitalistica, provando ad asservire completamente le nostre vite agli interessi della grande finanza, delle banche e dei grandi potentati industriali ed economici. In questa direzione, va certamente lo Sblocca Italia attraverso il quale si regala il suolo ed i sottosuolo alle grandi multinazionali con il rischio matematico di produrre nuove devastazioni e saccheggi. Con il Jobs Act che attraverso la falsa idea di occuparsi di coloro dei quali nessuno si è mai occupato – in particolare i giovani precari – si afferma in realtà lo strapotere dell’impresa sul lavoratore assumendo la precarietà come paradigma assoluto al quale le vite di tutti e tutte noi devono piegarsi e lasciarsi sussumere. A questo scenario si sta per aggiungere il provvedimento sulla cosiddetta “Buona Scuola” attraverso la quale il governo in carica vorrebbe disegnare delle scuole – caserme con presidi che divengono dittatori assoluti in grado di disporre sia degli insegnanti che degli studenti, di selezionare, di far entrare i privati nella scuola privatizzando la scuola stessa, piegandola e rendendola definitivamente funzionale ai dettami della produttività e quindi agli interessi di pochi.

Contro questo violento attacco si dispiegano lungo tutta la penisola importanti resistenze e lotte che impediscono a questo progetto di affermarsi pienamente: i picchetti antisfratto che quotidianamente si frappongono alla barbarie della legalità, della rendita e della polizia; le barricate che nascono nei quartieri contro gli sgomberi delle case popolari insieme alle nuove occupazioni; le lotte, coraggiose, dei lavoratori della logistica e dei precari; le mobilitazioni degli studenti e di una “generazione che non si arrende” e rilancia; le lotte in difesa dei territori contro la devastazione delle grandi opere, dei grandi eventi, delle trivelle e delle cementificazioni dimostrano che è possibile organizzarsi, difendere i territori, conquistare dal basso migliori condizioni sociali, strappare tempo di vita e reddito. Da qui occorre intrecciare le lotte e la loro composizione sociale meticcia, facendo emergere, nella sperimentazione, un tessuto in grado di aprire spazi di accumulo e moltiplicazione, capace di mettere in campo nuovi e larghi processi di insubordinazione e sabotaggio, nuove pratiche di riappropriazione e di autonomia decisionale sui territori.

In questo contesto le risorse che vengono impegnate nel sistema delle grandi opere o per sostenere banche e grandi eventi, dobbiamo riconquistarle ad una redistribuzione sociale che inverta i diktat dell’austerità e del liberismo per finanziare la scuola e l’università, l’edilizia popolare, la salute ed il welfare, la manutenzione ed il risanamento del territorio. In ogni territorio e quartiere, del resto, vogliamo costruire pratiche di mutualismo e autorganizzazione, rompere le gabbie delle tassazioni e delle vessazioni, squarciare il velo della frammentazione sociale, mettere al centro di nuovi conflitti il tema cruciale del reddito. Solo così, riprendendoci le strade e i quartieri possiamo diventare anticorpo di ogni rigurgito razzista e fascista e potremo ricostruire, contro opportunismi e rassegnazione, il sogno e la realtà di uno mondo diverso.

Per queste e mille altre ragioni proponiamo a tutti e tutte, il 28 Marzo di impegnarsi nei territori ad organizzare una giornata di mobilitazione ed azione dislocata, per rilanciare dal basso la minaccia delle lotte e dell’autorganizzazione nei confronti del governo, della troika e dei potenti. Il 29 Marzo poi, a Milano, discuteremo insieme nello Spazio di Mutuo Soccorso di piazza Selinunte, sul come costruire la partecipazione dei quartieri e dei territori in lotta alla manifestazione del 1 Maggio e sull’ipotesi di uno spezzone meticcio dell’abitare e del conflitto sociale in quella giornata.

Una Sola Grande Opera: Casa e Reddito e Dignità

Abitare nella Crisi

Renzi inaugura il 2015 aggravando l’emergenza abitativa

stopsfrattisgombpignIl primo regalo del governo Renzi per il 2015 non si discosta molto da quelli elargiti sin dall’insediamento del premier fiorentino a Palazzo Chigi. Nel cosiddetto decreto Milleproroghe salta infatti il rinnovo del blocco degli sfratti per quelle famiglie a cui è scaduto il contratto di affitto e che sono contemporaneamente in forte disagio economico.

Le famiglie toccate dal provvedimento sono quelle che guadagnano meno di 27mila euro all’anno, con contemporanea presenza a carico di minori, portatori d’handicap, malati terminali, anziani; queste non potranno infatti più beneficiare della proroga, per un totale (secondo le prime stime) di circa 30mila famiglie che potrebbero essere potenzialmente interessate da sfratti nelle prossime settimane.

Va sottolineato tralaltro che la stessa norma da prorogare in sé era insufficiente ad affrontare il problema abitativo nella sua complessità, dato che si interessava solamente dei contratti d’affitto scaduti, senza occuparsi della questione relativa ai casi di morosità incolpevole,casi maggioritari all’interno dell’elenco delle cause di sfratti.

I 440 milioni di euro che il governo ha appena annunciato di aver stanziato in cambio dello stop alla proroga non bastano quindi minimamente a coprire l’emergenza abitativa in corso, dato che coprono un arco temporale da qui al 2020 e soprattutto che ancora non sono stati direttamente stanziati agli enti locali. Tutto questo avviene in una condizione disperata per la condizione abitativa del Paese, dato che ormai siamo vicini alle 80 mila nuove sentenze di sfratto ogni anno, di cui oltre il 90% per morosità e un numero di sfratti accumulato dagli 5 ultimi anni che è stimabile in almeno 300 mila sentenze pendenti.

A gioire è ovviamente Confedilizia, che descrive il provvedimento come un argine alla “demagogia” che si è sempre fatta sulla questione. Una demagogia fatta di volti e biografie stroncate dalla crisi che evidentemente non interessano a piccoli e grandi padroncini immobiliari, sempre più a loro agio con il governo Renzi e soprattutto con il ministro delle Infrastrutture Lupi, che dopo la vergogna del PianoCasa continua nel suo attacco frontale agli ultimi della società.

Il provvedimento è un segnale da parte del governo del fatto che si continuerà, nel 2015, sulla strada di quanto fatto negli ultimi anni. Ovvero nell’attacco alle vecchie e nuove figure della povertà del nostro paese, che hanno anche il torto di essersi ribellate aprendo un percorso di mobilitazione che di fatto ci ha accompagnato nel recente passato e sembra essere disponibile al conflitto anche in questo appena iniziato.

Già alla fine di gennaio torneranno in marcia gli occupanti di case, con la volontà di estendere il loro percorso di lotta anche ai quartieri periferici dove spesso si trovano a vivere e a portare il calore e la forza delle esperienze di riappropriazione ad uso abitativo. Il 31 gennaio è la data individuata per una grande giornata di mobilitazione delle periferie nell’ultima assemblea della rete AbitareNellaCrisi, dove si è evidenziata anche la necessità di alzare il livello del conflitto soprattutto in relazione alla concessione delle residenze nelle occupazioni (smontando così l’applicazione pratica del PianoCasa), nonché di mettere in campo le necessarie mobilitazioni per continuare ad attaccare l’utilizzo delle risorse pubbliche per grandi eventi come Expo e in futuro Olimpiadi e non per affrontare le reali esigenze della stragrande maggioranza del Paese.

da infoaut

Analisi critica del “piano casa” del governo Renzi

renziberluscaIl decreto legge recante “Misure urgenti per l’emergenza abitativa” varato dal Consiglio dei Ministri del 12.03.2014 comprende al suo interno un insieme di misure applicate con costanza negli ultimi decenni che di certo non rappresentano una scatto in avanti per affrontare l’emergenza abitativa evocata nel titolo, misure che non hanno assolutamente intaccato l’enormità del problema abitativo in Italia e che risulta irritante vedere riproposte tali e quali dopo anni e anni di fallimenti.
L’ambito normativo in cui ci si muove è sempre quello dalla legge 431 del 1998 che ha introdotto la liberalizzazione degli affitti e ha lasciato mano libera ai proprietari di casa nel fissare le condizioni di mercato degli affitti. Gli interventi dello stato sono, anche con questo decreto, al massimo rivolti a contenere gli effetti nefasti della liberalizzazione senza andare ad intaccare la supremazia assoluta dell’interesse della rendita e della proprietà, cercando anche di stroncare, con l’art. 5 del decreto, i movimenti di riappropriazione dal basso di valore d’uso. Al massimo potranno avere qualche giovamento le famiglie che si potranno permettere l’housing sociale o l’affitto concordato, con prezzi sempre più vicini a quelli di mercato, quindi famiglie con reddito medio/medio-basso. Completamente escluse le situazioni di vero disagio, gli sfrattati, le famiglie con un solo reddito precario o senza reddito, condannati sempre di più all’emarginazione. Altro che cambio di tendenza!

Questo piano casa è uguale a quello di Berlusconi,
rispolverando la vendita del patrimonio erp, facendone un perno centrale della manovra, andando a impoverire ulteriormente la dotazione già misera (meno del 4% del totale delle abitazioni) dei comuni italiani.
In continuità con le manovre precedenti sulla casa sembra fatto per offrire facili occasioni di intervento alle imprese del settore edile, che si vedono riconosciuti anche benefici fiscali (art.6). Non si accenna a misure minimali come il blocco degli sfratti, la tassazione dello sfitto o il recupero a fini di edilizia pubblica di aree edificate abbandonate (caserme per esempio).
La classe proprietaria è una casta i cui interessi non devono essere essere sfiorati e costoro sono i veri beneficiari di una manovra che si presenta sotto mentite spoglie. Noi restiamo persuasi, anche di fronte al fallimento già verificato delle misure pedissequamente riproposte con questo decreto, che il bisogno di casa vissuto da centinaia di migliaia di famiglie, giovani, studenti sia risolvibile, in completa controtendenza con il piano casa di Renzi e Lupi, andando a intaccare pesantemente la grande proprietà immobiliare, con la requisizione dello sfitto, il blocco degli sfratti, un piano di edilizia popolare da avviare su aree già edificate e abbandonate, la conversione dell’edilizia sociale/housing sociale in edilizia residenziale pubblica.

Veniamo a un’analisi più approfondita del provvedimento tanto sbandierato come dirompente e innovativo
All’art 1 si definiscono gli importi per gli anni a venire del fondo nazionale per il sostegno alle abitazioni in locazione e per la morosità incolpevole.
Il primo fondo è stato istituito sempre con la legge 431/98 per permettere agli inquilini di sostenere il pagamento del costo dell’affitto anche in caso di difficoltà. Il fondo nel 1999 era di 388 milioni di euro, oggi in una situazione di crisi devastante e con un numero infinitamente più alto di famiglie in difficoltà con il pagamento degli affitti il fondo è passato a 100 milioni di euro. A ben poco vale ricordare che nel 2013 il fondo era stato addirittura azzerato. Si tratta comunque di soldi che passano direttamente dallo stato al proprietario che affitta, garantendo con soldi pubblici la rendita del proprietario al quale i soldi vengono versati direttamente. Stesso discorso per il fondo della morosità incolpevole: in cambio della sospensione momentanea della procedura di sfratto il proprietario riceve dallo stato quanto gli spetterebbe. Anche in questo caso si distribuisce miseria. Di fronte alla marea montante degli sfratti i 60 milioni scarsi di Euro previsti per il 2014 e 2015 di questo che possiamo considerare il surrogato del blocco degli sfratti, sono un insulto all’emergenza sociale. Il sistema dei fondi come abbiamo da sempre denunciato giova principalmente ai proprietari e garantisce la rendita, vero interesse tutelato da questa misura.

Con l’art 2 e l’art 9 il decreto intende rilanciare il secondo canale di contrattazione, quello a canone concordato. In cambio di agevolazioni fiscali il proprietario si impegna in questo caso ad affittare a un livello d’affitto definito sulla base di contrattazioni territoriali tra rappresentanti dei proprietari e degli inquilini. Stiamo parlando di canoni un po’ più bassi del libero mercato ma comunque ben remunerativi per i proprietari. Questo secondo canale, introdotto sempre dalla legge 431/98 è stato per anni completamente soppiantato dal canale di contrattazione libero. Ultimamente si cerca in tutti i modi di rilanciarlo con l’aumento delle agevolazioni fiscali come in questo caso con la riduzione dal 15% al 10 % della cedolare secca. Rimane il fatto che questo tipo di contratto decolla solo nelle provincie dove si aggiornano gli accordi territoriali cioè dove si aumenta il livello dei canoni concordati. Lasciando il pallino nelle mani dei privati naturalmente questi si orientano verso le soluzioni più redditizie e non certo verso la soluzione dell’emergenza casa.
All’art 2 si prevede anche la possibilità di coinvolgere e finanziare tramite convenzione coi comuni le cooperative edilizie che affittano a canone concordato.

All’art.3 e 4 si parla del patrimonio residenziale pubblico. Da un lato art 4 per avviare un piano di recupero degli alloggi ERP non assegnati per i quali verranno utilizzati fondi già esistenti nel bilancio del ministero delle infrastrutture e non spesi per un massimo di 500 milioni di euro più 67,9 milioni di euro non spesi da programmi di edilizia residenziale precedenti. Nella relazione tecnica del decreto si parla di 12.000 alloggi l’anno, staremo a vedere, ma sono ben poca cosa rispetto alle 650.000 famiglie attualmente in lista d’attesa nelle graduatorie.
All’art. 3, però, in piena contraddizione con il progetto di estendere la disponibilità di alloggi ERP esposto all’art.4, si prevede di accelerare il piano di dismissione di alloggi ERP già previsto dal Governo Berlusconi nel 2008.
Gli alloggi vengono offerti con diritto di prelazione agli inquilini ma come si è sempre riscontrato nel caso di procedimenti analoghi,in mancanza di prelazione dell’inquilino l’alloggio viene venduto al privato che vuole fare la speculazione, ma questo non è l’unico limite naturalmente di provvedimenti di questo tipo perché anche se gli introiti della vendita degli alloggi devono essere reinvestiti nel campo dell’edilizia residenziale pubblica la partita ha un risultato netto sempre a perdere e ciò significa che il patrimonio complessivo si impoverisce inevitabilmente, anche perché gli standard per le nuove costruzioni sono sempre molto più costosi del vecchio.

Dell’art.5 abbiamo già accennato. Si vuole stroncare qualsiasi movimento che vada ad intaccare gli interessi della speculazione e che cerchi di orientare la proprietà privata inutilizzata verso finalità sociali. Impedire l’acquisizione della residenza e l’allaccio delle utenze negli stabili occupati significa tentare di eliminare uno strumento concreto e diretto di risoluzione del bisogno abitativo, unico strumento esistente per migliaia e migliaia di persone che vi fanno ricorso, il tutto di fronte al nulla prospettato a livello istituzionale anche con questo decreto. Se si abbandona la pratica della riappropriazione diretta l’emergenza sociale diventerà ancora più drammatica proprio perché le soluzioni offerte dal mercato e dalle istituzioni non sono raggiungibili.

Art.6 prevede agevolazioni fiscali per le imprese che affittano alloggi sociali.

Art.7 prevede detrazioni fiscali per chi è titolare di contratto di locazione di alloggi di social housing.

Art.8 altro articolo che prende in considerazione chi la casa ce l’ha già (alloggio sociale) per favorirne in questo caso il riscatto in proprietà tramite agevolazioni fiscali.

Art. 9 vedi art.2 di cui sopra si parla di agevolazioni fiscali per chi affitta a canone concordato.

Art.10 detrazioni Irpef per l’acquisto di mobili e arredi.

Art.11 ha la finalità di accelerare i piani di social house già avviati o di tramutare in social housing progetti edilizi destinati ad altre finalità.

Art.12 e 13 sono articoli di definizione operativa e copertura finanziaria.

Che dire tutto già visto, sperimentato, fallito, metà degli articoli riguardano chi la casa ce l’ha già, altri sono fatti esplicitamente o implicitamente per i proprietari, i piani sul recupero erp sono annullati da quelli sulla vendita. Bisogna a questo punto chiedersi se la povertà e l’emergenza casa siano un problema o un’opportunità per questo governo.
Il senso di questa manovra è per noi chiaro, attaccare pesantemente la dignità di chi oggi vive, incolpevolmente, senza reddito sufficiente per arricchire a dovere gli speculatori. Minacciare chi prova sollevarsi contro una legalità ingiusta e un destino che non bisogna cambiare. Garantire ai soliti noti rendite e potere a scapito dei diritti di tutti. Vogliono creare una nuova classe di schiavi, disposti ad accettare tutto, impauriti ed isolati. Sta a noi impedirglielo, ne va del nostro futuro, della nostra dignità, della nostra vita.

AVANTI CON LA LOTTA
RETE DIRITTI IN CASA PARMA

Fonte: parmantifascista