Questa mattina del 12 febbraio a Torino gli ex bagni pubblici di via Roccavione (appena dietro la stazione Dora) sono stati sgomberati a meno di una settimana dall’ occupazione. Lo stabile era vuoto dal 2009 e da qualche giorno ospitava due famiglie e due ragazzi che insieme ad altri nuclei avevano precedentemente occupato una palazzina di via Spano(zona torino sud) da cui erano stati al medesimo modo sbattuti fuori su richiesta del privato palazzinaro proprietario. La riappropriazione dei Bagni(stavolta di proprietà pubblica ,comunale) da parte dei senza casa è stata proprio la prima risposta che, insieme agli sportelli casa della città, si era voluta dare a questo precedente sgombero: infatti l’occupazione ha consentito da un lato di dare una soluzione abitativa immediata alle famiglie con più urgenza di un tetto,e dall’altro tramite una conferenza stampa si è voluto chiamare ad un confronto pubblico il Comune in tutti i suoi apparati atti alle politiche sulla casa e all’emergenza abitativa affinchè si esponessero pubblicamente nel garantire una soluzione alternativa per gli altri occupanti ancora senza casa. Dal momento che sono le inadeguate politiche comunali la causa di una situazione di assoluta emergenza abitativa in città, che vede sempre più sfratti e sfrattati a fronte di speculazioni edilizie pubbliche e private che lasciano alloggi a marcire e ingrassano assessori e palazzinari, era dovere del comune dare una risposta. E la risposta è stata data con lo sgombero di questa mattina .Anziché requisire alloggi sfitti o ridistribuire le case atc vuote il Comune preferisce ridurre il problema a mera questione di ordine pubblico e presentare dieci camionette sotto una occupazione abitativa e lasciare le famiglie in mezzo a una strada; anziché calmierare gli affitti o lavorare per una moratoria degli sfratti, a Torino entra in vigore l’articolo 610,che prescrive lo sfratto a sorpresa: non ti diciamo quando avrai lo sfratto così non ti organizzi per contrastarlo-e non importa se il prezzo che paghi è vivere nell’ansia di perdere la casa da un momento all’altro. Soluzioni per una tutela istituzionale del diritto alla casa ce ne sono, ma evidentemente comune e regione preferiscono spendere i soldi in altro modo, e privatizzazioni e svendita del demanio pubblico sono all’ordine del giorno mentre la vivibilità dei territori si fa sempre più difficile e la vita di chi paga i costi della crisi sempre più precaria. All’interno dell’occupazione sgomberata stamattina viveva anche una giovane coppia nigeriana ,Elena e Denis che avevano festeggiato la nascita del loro bambino proprio il giorno dello sgombero da via Spano: una simile storia si è naturalmente dimostrata più che appetibile per media mainstream che ne hanno scritto sui loro giornali( non appena appurato che non era tutta un’invenzione, né che stavamo sequestrando una donna incinta all’interno di una occupazione- voci queste arrivate da più parti) e per l’assessore alle politiche sociali Tisi che si è dimostrata da subito interessata alla vicenda, promettendo una sistemazione per la giovane famiglia: quale migliore pubblicità infatti avrebbe potuto trovare? E infine il comune una sistemazione per Elena l’ha tirata fuori dal cappello questa mattina: un monolocale soppalcato senza spese dove potranno vivere tutti e tre per un massimo di nove mesi: Elena aveva infatti espresso il rifiuto categorico di accettare qualsiasi proposta che prevedesse lo spaccamento del nucleo famigliare e quindi il rifiuto di rivolgersi agli assistenti sociali per la concreta paura che la separassero dal marito o dal figlio, prassi abituale in questi casi. Sicuramente il succedersi di due sgomberi violenti in poco più di una settimana testimonia la volontà di Comune e Questura di mostrare i muscoli nei confronti delle occupazioni ma mostra anche la paura che hanno nel radicamento e nella legittimazione nei quartieri degli spazi occupati, e nell’estendersi di questa pratica di riappropriazione che diventa sempre più riproducibile e accettata da chi vive i territori. Cresce infatti il numero delle occupazioni sull’intero territorio nazionale, e cresce il numero di abitanti che si autoorganizzano e con il supporto degli sportelli casa dei centri sociali e dei comitati di quartieri ( che sopperiscono de facto all’assenza politica sul tema casa) costruiscono dal basso un’alternativa reale a un presente di crisi, austerità e soppressione dei diritti. Continueremo per la nostra strada e torneremo ad occupare con chi è ancora senza un tetto, seguendo quel filo che va dalla riappropriazione della casa alla riappropriazione di utenze, servizi e delle mille altre forme di reddito che ci viene negato.