Centinaia in corteo contro i “padroni della città”

Sono centinaia le persone che quest’oggi hanno manifestato per le strade del centro in un corteo che ha percorso le vie tra Porta Nuova e Piazza Castello determinato a far valere le sue ragioni. Un corteo estremamente variegato nella partecipazione: comitati di quartiere da Madonna di Campagna a Vallette-Lucento, migranti dell’Ex-Moi, sfrattati e famiglie occupanti da zona San Paolo, Spazio Popolare Neruda e Pietra Alta. Ognuno con le proprie rivendicazioni ma accumunati da un unico intento: ribadire che, a quasi 1 anno dal suo insediamento, la nuova giunta 5 Stelle di Chiara Appendino non ha ancora fatto abbastanza! Infatti, quel sistema di potere che la stessa giunta in campagna elettorale ha affermato di voler spodestare dalle sue poltrone in quanto “reggente” della città, oggi è ancora saldo e seduto comodo. Ed ecco che il corteo nel suo colorato percorso non ha esitato nel ribadire con forza chi sono i veri nemici della città: palazzinari senza scrupoli (Giorgio Molino in testa) col potere di far muovere la questura in base i propri interessi e richiedere 610 (sfratto a sorpresa) a ufficiali giudiziari troppo zelanti; banche ancora in cattedra nel dettare ordini alle amministrazioni per nuove speculazioni, in ultima l’assegnazione delle palazzine Ex-Moi post-sgombero nel progetto di farci non si sa cosa; burocrati e dirigenti vari come chi comanda l’ATC che, nonostante le migliaia di richieste di emergenza abitativa, lascia vuoti centinaia di alloggi che potrebbero essere usati.
I risultati infatti sono ben visibili, come si sa, tra gli oltre 4700 sfratti dell’ultimo anno, la continua cementificazione selvaggia dei quartieri, i servizi di assistenza quasi inesistenti nonostante le migliaia di spazi abbandonati pubblici e privati, quel vuoto normativo che impedisce a chi è senza fissa dimora di avere una residenza, quindi l’accesso ai servizi essenziali e polizia usata sempre più come “manu militari” per sbattere fuori casa chi non può più pagare affitti o bollette esorbitanti.
Diverse sono state le azioni di “sanzionamento” simbolico durante il corteo contro gli istituti bancari e le strutture abbandonate che, nonostante siano in pieno centro, producono solo muffa anziché fornirgli nuova vita per poter essere utili a qualcuno.
Dunque una denuncia con forza quella rivolta alla giunta Appendino rea di essere troppo attendista e che davanti il suo chiedere tempo c’è troppa gente che, al contrario, quel tempo l’ha esaurito da un pezzo. E con esso anche la pazienza.
Un allarme è stato lanciato anche per la nuova svolta securitaria che i sindaci rischiano di mettere in pratica su tutto il territorio italiano grazie al nuovo decreto Minniti, cosiddetto dei “sindaci-sceriffo”, capace di imporre misure di daspo dai centri città (come negli stadi) a tutti coloro saranno beccati ad imbrattare, deturpare, addirittura bivaccare o comunque non far parte del “decoro urbano”, creando delle nuove periferie-ghetto nelle quali gettare tutti i reietti che tra le sfavillanti vetrine del centro non saranno più i ben voluti. E chissà quali usi politici se ne potranno fare…
Tanti gli slogan anche per i compagni vittime di attacchi giudiziari come Stefano e Donato arrestati nel gennaio scorso per essersi opposto ad uno sfratto a sorpresa del famigerato Giorgio Molino; Jacopo, giovane No Tav da sempre solidale nelle lotte per l’abitare costretto ai domiciliari da oltre un anno; Giorgio, libero e che vogliamo rimanga tale ma in attesa di giudizio per una domanda di sorveglianza speciale.
Solidarietà anche dalle altre città che, nella stessa giornata di oggi, hanno manifestato con altrettanta voglia di cambiamento, tra le quali Firenze, Pisa e Roma, mettendo al centro, soprattutto quest’ultima, le responsabilità della nuova giunta Raggi rea di proseguire in continuità con le vecchie politiche nell’attacco alle classi sociali più povere con nuovi sgomberi di famiglie senza casa, decreti impopolari contro il rovistamento nei cassoni della spazzatura e, filo comune, il decreto Minniti, portando la protesta fin sotto la sede dell’assessorato alle politiche sociali.
Nuovo appuntamento ed obiettivo comune: Roma 25 Marzo contro le celebrazioni dei 60 anni dei “trattati di Roma” creatori di quel mostro che rappresenta oggi l’Unione Europea: dai padroni della città ai padroni dell’Europa.

COMPAGNIE E FONDAZIONI: storie di ordinari guadagni e amicizie

Il progetto di sgombero assistito, se ancora cosi si può chiamare, dell’ex Moi sarà coordinato e gentilmente sponsorizzato dalla Compagnia di San Paolo.
Ecco che rispuntano i soliti nomi, quelli del famoso “Sistema Torino”, costituito da banche, lobby, speculatori e palazzinari che gestiscono e governano, nei fatti, la nostra città. Questi nomi da un lato tengono per il bavero il comune più indebitato d’Italia, dall’altro si propongono come i filantropi salvatori di un welfare sempre più residuale e meno ridistributivo. Riassumiamo le critiche sulla gestione privata del welfare:
Gli enti privati devono essere produttivi e guadagnare aumentando il loro profitto attraverso l’acquisizione agevolata di territorio pubblico, sottraendo possibilità e risorse ai cittadini. Inoltre i privati si rifanno il lifting proponendo un’ immagine da vendere attraverso la propria pubblicità che poi si tramuterà in guadagni materiali. Sempre e solo per loro.
Gli enti privati non agiscono nel sociale perché filantropi, questa è l’immagine che ci trasmettono e che gli è comoda per continuare l’operato della banca di cui sono una branchia. La loro azione è finalizzata a guadagnare dall’enorme business che sta nascendo attorno alle questioni sociali, mentre è in atto la sfrenata privatizzazione del welfare. Quindi, la ridistribuzione della ricchezza non è contemplata nei loro propositi, anzi…
Oltre a non garantire la ridistribuzione della ricchezza per gli utenti dei loro servizi, non la garantiscono nemmeno per i lavoratori delle innumerevoli organizzazioni no profit che circolano e sostengono l’operato di questi enti privati di welfare, spesso volontari del sociale inconsapevoli del business alla base del loro operato.
Gli enti privati sono tutelati dalle onnipresenti regole sulla concorrenza, oltre spesso ad avere strutture organizzative complesse e ramificate sul territorio. Quindi, il mitico e spesso invocato potere democratico non può nulla nei suoi confronti.
In conclusione, bisogna disarticolare e rompere la catena di potere che negli anni delle varie giunte PD ha fondato il “Sistema Torino”, non continuare a perpetuarlo.

Respinte le richieste di domiciliari per Donato e Stefano, ma noi continuiamo a resistere

Due settimane fa a 8 attivisti/e del collettivo PrendoCasa sono state inflitte misure cautelari, tra le quali la reclusione di Donato e Stefano nel carcere delle Vallette. Misure cautelari imposte a seguito della resistenza per lo sfratto della famiglia di Said, colpita dall’infame articolo 610 (che prevede lo sfratto a sorpresa) ad opera del palazzinaro Giorgio Molino, proprietario di 2000 appartamenti che lucra sui bisogni dei più ricattabili, dispensatore di 610, e più volte indagato per sfruttamento della prostituzione.
Al riesame, accompagnato all’esterno da un presidio solidale, mentre il mega palazzinaro si è presentato al processo scortato e difeso dalla polizia per assicurarsi di essere difeso dalla magistratura per l’ennesima colpa, le richieste per trasferire Donato e Stefano dalla prigione ai domiciliari sono state respinte. Poiché i tempi delle procedure giuridiche sono lunghi, questo significa che Donato e Stefano dovranno passare ancora molto tempo in carcere.
L’esito negativo del riesame mette in chiaro qual è l’operato della procura torinese: quello di essere una macchina repressiva per colpire chi si batte per difendere i diritti e la dignità di chi deve scegliere tra mangiare o pagare l’affitto, e allo stesso tempo di proteggere gli interessi e gli affari di speculatori e palazzinari.
Di fronte a istituzioni e tribunali che si pongono come priorità quella di difendere la proprietà privata, le banche e chi alimenta le disuguaglianze sociali, l’unica strada degna che si può percorrere è quella della lotta, dell’azione e rivendicazione diretta. Un tetto sopra la testa, un’infanzia felice, la sanità e la possibilità di vivere al sicuro sono diritti che tutti devono avere, e se non sono accessibili è giusto e necessario riprenderseli. La violenza vera sta negli sfratti a sorpresa, nel Piano Casa che non permette di avere una residenza e allacci del gas sicuri a chi abita nelle occupazioni, negli sgomberi che ci sono stati in questi giorni a Milano e a Roma.
Mandiamo a Donato e Stefano tutta la nostra solidarietà, perché quel giorno sotto casa di Said, Kadija e i loro figli c’eravamo tutti e tutte: attivisti/e del collettivo PrendoCasa e del centro sociale Askatasuna, molti/e solidali del quartiere, le famiglie dello Spazio Popolare Neruda, e altre famiglie sotto sfratto che si sono unite al picchetto spontaneo che andò avanti tutto il giorno.
Assieme a Donato e Stefano quella volta c’eravamo, e continuiamo a esserci ogni giorno nei picchetti contro i numerosissimi sfratti che avvengono in questa città e in ogni momento in cui possiamo mettere i bastoni tra le ruote alle infami procedure che lasciano molto famiglie sulla strada.
Sappiamo che da dentro il carcere Donato e Stefano sono con noi, con la testa e con il cuore. Con questa consapevolezza li aspettiamo a braccia aperte, ansiosi di poter lottare di nuovo fianco a fianco.
Liber* tutt*
Stop Sfratti
Per scrivere e/o mandare telegrammi a Donato Laviola e Stefano Mangione:
Casa Circondariale Lorusso e Cutugno – Via Maria Adelaide Aglietta, 35, 10149 Torino

MOLINO SI PRESENTA AL PRESIDIO..CON LA SCORTA!

Oggi, 19 gennaio, un nutrito gruppo di persone si è trovato davanti al tribunale di Torino per manifestare solidarietà agli arrestati del 3 gennaio, per cui era previsto il riesame.

Nella città di Torino, capitale degli sfratti e dell’ormai noto 610 (sfratto a sorpresa), la vendetta della procura è arrivata in fretta e ben otto persone hanno ricevuto denunce e misure cautelari.

Donato e Stefano addirittura sono rinchiusi nel carcere delle Vallette. Vendetta contro chi il 14 ottobre é sceso in strada, insieme a tanti solidali del quartiere Vanchiglia, per resistere allo sfratto della famiglia di Said e Kadija.

Uno sfratto brutale e violento, ad opera di una squadraccia di Giorgio Molino, noto palazzinaro e speculatore, che procura e polizia continuano a difendere senza scrupoli!

Proprio oggi questo losco individuo, che solitamente si guarda bene dal materializzarsi, soprattutto durante gli sfratti quando manda avanti i suoi sgherri sottopagati a buttare in strada famiglie che non riescono nemmeno a portarsi via i propri effetti personali, mentre era in corso il presidio, è apparso in carne ed ossa fuori dal tribunale, non sappiamo se per provocazione o per accertarsi che il lavoro della magistratura venga compiuto egregiamente. Sta di fatto che la rabbia dei solidali e delle famiglie sfrattate dalle sue proprietà presenti al presidio si è fatta sentire tanto da far prontamente intervenire le forze dell’ordine che si sono precipitate per “proteggerlo” e scortarlo fin dentro il tribunale.

In questo paese dunque le persone da difendere sono quelle che rappresentano i poteri forti, veri padroni delle città, e guai a chi osa interferire nei loro interessi.

Ma c’è chi continua a resistere!!!

Donato e Stefano liberi subito!

Tutt* liber*

Basta sfratti!

L'immagine può contenere: 1 persona, sMS

Città e periferie, fra occupazioni e resistenze agli sfratti

Sicurezza e degrado. Questi i temi trattati ieri dal capo della polizia Franco Gabrielli davanti ai parlamentari della Commissione sulle condizioni di sicurezza e degrado delle città e periferie.

In particolare Torino viene messa sotto la lente di ingrandimento per le continue mobilitazione sul tema della casa, soprattutto per quanto riguarda le resistenze agli sfratti e le 24 occupazioni abitative sostenute dalle realtà organizzate e comitati popolari presenti in città.

Durante la sua audizione il capo della polizia Gabrielli afferma che il problema è politico e non certo di ordine pubblico. Peccato però che se è vero che la questione abitativa riguarda le politiche – fallimentari in tutti questi anni partendo dal Piano Casa dell’ex ministro Lupi fino ad arrivare all’insufficienza e inadeguatezza delle politiche locali – non è altrettanto vero che l’emergenza abitativa non sia vista come un problema di ordine pubblico perché gli sgomberi coatti effettuati con l’utilizzo della polizia sono all’ordine del giorno, in tutte le città non certo solo a Torino. Infatti, quasi a rimettere in chiaro la natura del suo ruolo, Gabrielli continua “Noi non abbiamo problemi a sgomberare le palazzine, ma se buttiamo in strada centinaia di persone creiamo un problema di ordine sociale e pubblico”

Il riferimento è sia alle resistenze agli sfratti e quindi alla difesa della propria casa, sia alle occupazioni abitative di stabili pubblici come quello delle palazzine occupate dell’Ex Moi sulle quali pende un ordine di sgombero che si dovrebbe effettuare in primavera. Ed è proprio su questo che Gabrielli sembra preoccupato, consapevole che prima dello sgombero le istituzioni devono trovare soluzioni reali e concrete per gli oltre mille migranti presenti nelle palazzine, così da evitare possibili problemi di ordine pubblico.

La questione è l’impoverimento sociale come sostenuto dallo stesso Gabrielli, ma non ci basta che sia solo segnalato, fra l’altro sotto gli occhi di tutti. Bisogna rendere noto anche il perché di tanta povertà per non relegarla ad una sola questione sociologica. L’impoverimento e l’esclusione sono le conseguenze di una politica ormai lontana dai bisogni reali delle persone e che continuano a salvaguardare gli interessi delle banche, dei palazzinari e degli speculatori. Contro queste politiche la lotta per la casa si muove e si organizza, resistendo e occupando.

In ultima battuta Gabrielli accenna ai 18 milioni destinati al comune di Torino per un primo intervento del piano delle periferie, al quale i comitati popolari guardano con attenzione sapendo che non basteranno una serie di “riqualificazioni” a far superare delle istanze di attivazione che si stanno dando nei quartieri periferici della città. Servono soluzioni strutturali per chi vive il disagio abitativo, riattivazioni di servizi e interventi che siano migliorativi per la vita dei quartieri popolari.

Torino, anno nuovo stessa storia: arresti e misure per aver resistito ad uno sfratto

Questa mattina, 3 gennaio 2017, ci siamo trovati a dover affrontare la notizia di alcune misure cautelari ( tra queste addirittura due detenzioni in carcere e un arresto domiciliare) a scapito di alcuni militanti ed attivisti del collettivo Prendocasa e più in generale a scapito di persone generose che contribuiscono a portare in luce, riuscendo talvolta ad evitare, gli innumerevoli sfratti presenti nella città di Torino.
Queste misure preventive in particolare sono state richieste per la resistenza allo sfratto di Said e della sua famiglia (nucleo con tre minori).
Era il 14 di Ottobre (circa tre mesi fa), quando alcuni sgherri del noto palazzinaro Giorgio Molino insieme ad un ingente numero di forze dell’ordine hanno eseguito lo sfratto a sorpresa (pluricitato articolo 610). In quell’occasione furono moltissimi i solidali accorsi e ci fu una resistenza attiva partecipata da gran parte del quartiere.
La famiglia risiedeva da anni in corso regina 51, non potendo più pagare l’affitto a causa della crisi impellente si rivolse allo sportello ed iniziò il percorso di resistenze e picchetti che ha fatto conoscere la storia di emergenza in tutta Vanchiglia.
Quel 14 Ottobre l’infamia del ras delle soffitte (Giorgio Molino) si era superata, quando alcuni suoi adepti avevano fatto incursione nell’abitazione della famiglia sotto sfratto, distruggendo tutto quello che si parava loro davanti (per fortuna i bambini erano a scuola!)! I brutti ceffi, ascoltando la sola “legge dell’immobile libero”, avevano iniziato a portare via oggetti di proprietà di Said e ad eseguire lo sgombero dell’appartamento, il tutto con la tacita connivenza del comune e della questura; infatti in loco non erano presenti né l’ ufficiale giudiziario, né i servizi sociali, ovvero gli organi di competenza in questi casi (l’uno per far sì che l’esecuzione avvenga, gli altri per i minori in carico). In seguito allo scempio appena raccontato erano accorsi i molti solidali, (alcuni militanti del centro sociale Askatasuna, vicinissimo all’appartamento, alcuni ragazzi dello sportello Prendocasa, giovani e meno giovani del quartiere tutto); quindi era giunta la polizia che attraverso l’impiego di numerosi blindati aveva paralizzato corso Regina Margherita (nodo centrale della nostra città).
Quello che è successo successivamente, quello per cui otto persone sono inquisite (alcune addirittura rinchiuse alle Vallette) sono atti di resistenza e di denuncia a questo scempio! Da una parte vi era la famiglia di Said, ancora una volta isolata, ma che non voleva perdere la dignità, il diritto ad un’esistenza migliore; dall’altra la polizia a difesa del ricco palazzinaro Giorgio Molino, il silenzio delle istituzioni, la non voglia di risolvere i problemi che soffocano la città sabauda(tra questi l’emergenza abitativa appunto).
Ci chiediamo come sia possibile che procura e magistratura continuino a firmare insensate richieste di detenzione?
Le volontà sono ancora una volta politiche. Troppo comodo è mantenere questo stato di cose, dove in pochi continuano a mangiare sulle teste dei molti che hanno pochissimo.
Quel 14 Ottobre Said fu sbattuto fuori di casa. Dopo una notte di testimonianza, passata al gelo, fuori dalle mura del comune di Torino, ancora adesso attende una soluzione.
Quello con cui ci troviamo a fare i conti è un infame atto repressivo nei confronti di persone generose, le quali non credono che la soluzione sia nascondere la testa sotto la sabbia e fare finta di nulla!
Chiediamo la libertà immediata per tutti quelli che quel giorno hanno resistito al fianco di Said, che altre volte si sono trovati a chiedere spiegazioni a chi, in teoria, dovrebbe essere responsabile e stipendiamo attraverso le tasse che cerchiamo di pagare.
La risposta all’emergenza abitativa non può essere né di ordine pubblico, né risolta attraverso atti repressivi contro chi cerca di portare in luce determinate questioni.
Vogliamo una casa per Said, per tutti e tutte!
Chiediamo che l’articolo 610 venga eliminato e quindi chiediamo il blocco degli sfratti, degli sgomberi e dei pignoramenti!
Gridiamo a gran voce: libertà per Donato e Stefano detenuti alle Vallette e per Riccardo agli arresti domiciliari!
Libertà per Stella, Valeria, Mattia, Forgi e Cecca sottoposti all’obbligo di presentazione quotidiana alla Pg (richiesta fatta anche per Donato e Riccardo..addirittura due misure? ).
Basta con questi continui attacchi contro chi lotta per un tetto ed una dignità per tutti e tutte!

Nella città vetrina noi veniamo prima! Presidio sotto il tribunale di Torino

noolimpiadiDomani, Martedì 13 dicembre, ci riuniremo in presidio davanti al tribunale di Torino per portare solidarietà ad alcune persone, attivisti del collettivo Prendocasa e occupanti della scuola di corso Cirié, inquisite a causa di una contestazione all’ex sindaco di Torino: il democratico Piero Fassino.

Questa vergognosa udienza è un riesame ottenuto grazie ad un ricorso del pm Padalino, il pubblico ministero ha richiesto per alcuni di noi delle misure cautelari che vanno dagli arresti domiciliari all’obbligo di firma quotidiana, misure rifiutate dal gip del procedimento nel luglio scorso.

Non ci viene difficile immaginare come mai queste misure fossero state rigettate: la contestazione all’ex sindaco svoltasi nel mese di febbraio in occasione del decennale dei giochi olimpici invernali era stata tranquilla: si era letto un volantino e si erano pretese delle risposte da chi questa città la governava da tempo e da chi in continuità con i sindaci passati, si era fatto portatore delle politiche dello sfarzo e della città vetrina, a scapito di investimenti in ammortizzatori sociali, in case popolari, in sanità e scuola pubblica.

Fassino non aveva voluto/saputo rispondere alle tante domande della gente senza casa, che con dignità aveva deciso di interrompere un momento di festa superfluo; da una parte vi era il ricordo delle olimpiadi del 2006: il trampolino di lancio della città vetrina; dall’altra le famiglie impoverite da questo tipo di manovre.

Caro Padalino la tua spocchia repressiva ci ha stufato: noi continueremo a metterci in gioco come sempre resistendo agli sfratti (dopo gli accessi dell’iter esecutivo non vengono mai fornite soluzioni dignitose da comune e servizi sociali), scendendo nelle strade, riempendo le aule di tribunale, interrompendo e varcando la soglia dei palazzi del potere, gridando forte nelle sale in cui il potere viene celebrato.

Nella città vetrina noi veniamo prima, l’abbiamo gridato allora e continueremo a gridarlo fino a quando non ci sarà una distribuzione differente delle risorse di cui dobbiamo poter usufruire! Abbiamo diritto ad una casa per tutti, dobbiamo poter sognare e aspirare a delle condizioni di vita più dignitose!

Non si possono misurare i passi di chi continua a camminare con tenacia, di chi porta avanti queste istanze!

Le famiglie dello Spazio Popolare Neruda

L’ex roccaforte PD rimane spaccata, immagine di un voto di classe oltre il sistema dei partiti

vallette_fotoA Torino si è riproposta una forte spaccatura nel voto referendario del 4 Dicembre. Se da una parte permangono delle fette sociali ancora legate al PD e a Renzi, queste sono relegate in una ben determinata parte della città, il centro addobbato per i grandi eventi e l’economia del turismo. Ma questa fetta di torinesi ha altro che li accomuna, ovvero la voglia di rimanere legati ad un conservatorismo che oggi ha il volto del PD, esprimendo tramite il SI i voleri di quella classe che riesce ancora a guadagnare e speculare in questo periodo di crisi continua.

Invece, il voto che più ci interessa descrivere e quello che viene dalle periferie dove ieri il NO ha vinto in maniera forte, con un distacco che superava i 20 punti percentuali, palesando un rifiuto al sistema dei partiti e delle lobby che continuano a cambiare volto ma non la quotidianità della crisi. Questa frammentazione netta si era già verificata nelle elezioni di Giugno, ed ora si ripropone, ad evidenziare che quel rifiuto non è cambiato nella sua grandezza a discapito degli enormi investimenti investiti nella campagna “Basta un SI”.

Ovviamente, le istituzioni hanno la volontà di tornare al più presto su nidi stabili e sicuri. Per questo, dopo il referendum si sentono già inneggiare spauracchi come quelli dei mercati, dello spread, e quelli più vicini a noi, ovvero le promesse di Renzi alla città di Torino (i fondi per l’alluvione e quelli per il Parco della Salute). Questo ci fa subito capire la struttura istituzionale e il suo essere satura di promesse durante le campagne elettorali, senza una visione strutturale delle politiche e della ridistribuzione della ricchezza.

La seconda considerazione che possiamo fare sui dati del voto a Torino riguarda l’affluenza: al referendum costituzionale a Torino ha votato il 71,47% degli aventi diritto; mentre a giugno al primo turno delle elezioni comunali avevano votato il 57,18 degli aventi diritto. Percentuale ancora più bassa quindici giorni dopo quando Appendino aveva battuto Fassino: 54,41% era stato il numero dei torinesi che si erano recati alle urne. Questa affluenza rivela la volontà di esprimersi, anche solo attraverso un voto, ancor più se la posta in gioco è una rottura netta ed il voto può significare la sfiducia nei confronti di un sistema di partiti ormai omogeneo che si sforza solo a perpetuare i privilegi che loro stessi possiedono.

Tuttavia, la presa di posizione netta dei torinesi stufi di vivere la crisi cerca subito di essere affossata dietro il partito che oggi governa la città, il Movimento 5 Stelle. Ma la realtà che esce dalle bocche delle persone è un’altra. Questa realtà ha il volto di una sfiducia più generale che vede nel partito di Grillo l’alternativa meno peggio, rimanendo però consapevole dei vincoli a cui la politica istituzionale si deve conformare appena varca la soglia sedendosi nelle poltrone del potere.

Quindi, questo non è un salto in braccio al partito che comunque forse avrà la meglio nelle prossime elezioni, ma un salto in un vuoto fatto di maggiori speranze rispetto al quotidiano, una reazione di pancia ad un malessere reale. Reazione che ora ha bisogno di essere ascoltata e incanalata per riuscire a creare un forte e compatto Popolo del NO capace di ottenere le rivendicazioni che sul territorio porta avanti, dal diritto alla casa, allo studio, al lavoro ecc…

In questa direzione va letta la mobilitazione che ha portato in piazza 50mila persone a Roma il 27 Novembre, tutte accomunate da un rifiuto al piano politico portato avanti da Renzi. Questo tipo di politiche rimane comunque orizzontale al sistema dei partiti, Renzi e il PD ne è solo il volto ed il promotore in questa specifica fase. Dunque, la posta in gioco ora, dopo il referendum, è quella di rompere definitivamente con questo modus operandi europeo fatto di perpetuamento dello status quo a discapito di chi la crisi la paga realmente, dovendo scegliere se mangiare o pagare l’affitto.

Nella stessa direzione, l’appuntamento di Lunedì 5 Dicembre in piazza Palazzo di Città vuole essere un momento in cui, oltre a festeggiare il risultato referendario per nulla scontato, vista la onnipresente campagna del Si, ricomporre un insieme di persone che ritengono il voto insufficiente e che ora vogliono rivendicare insieme i diritti che si vedono giornalmente negati dalle istituzioni a partire dal ritiro delle riforme approvate dal PD: Jobs Act, Piano Casa e Buona Scuola.

Torino, la marcia popolare dei Comitati nel quartiere Vallette-Lucento

comitati_marciaUna prima protesta dei Comitati popolari torinesi si era svolta sotto gli uffici di Atc, agenzia territoriale case popolari, denunciando lo stato di abbandono che l’agenzia ha verso il patrimonio pubblico, la carenza di manutenzione ordinaria e straordinaria e il caro bollette. La richiesta di mobilitazione che arriva dalle periferie ha portato ad una prima attivazione di famiglie e singoli che vivono nelle case popolari ed è proseguita in questi mesi con le assemblee dei comitati, strumento organizzativo di lotta e momento per ritrovarsi e discutere insieme le questioni legate al proprio territorio.

In queste assemblee è nata l’esigenza di creare un momento di visibilità nel quartiere Vallette-Lucento che ha spinto il comitato di quartiere, insieme al comitato Madonna di Campagna e quello di Borgata Paradiso di Grugliasco, a scendere per le vie del quartiere Vallette portando le proprie rivendicazioni legate all’abitare ma non solo: contro il taglio dei servizi pubblici – emblematico è il caso del teatro Isabella, luogo di socialità che per anni ha garantito al quaritere la fruibilità di eventi gratuiti e che il Comune vorrebbe far chiudere per dei cavilli burocratici legati alla mancanza di agibilità del luogo – per la riapertura del supermercato con buoni acquisto per le famiglie in disagio economico e per le assegnazioni delle case popolari tenute vuote ormai da troppo tempo. Altra questione che preme gli abitanti del quartiere Vallette e che ha carattere generale per gli abitanti delle periferie, sono i famosi fondi destinati dal Comune ai quartieri popolari. La richiesta dei comitati è quella di poter prendere parola sulla loro destinazione, proponendo che una parte dei fondi venga investita nella messa a norma delle case Atc e per migliorare i servizi nei vari quartieri periferici della città.

La marcia popolare di Vallette -Lucento si inserisce all’interno delle indicazioni nata dalla rete nazionale di Abitare nella crisi che in queste settimana ha vista mobilitarsi una serie di città per il diritto all’abitare. Infatti durante la marcia popolare occupanti dello Spazio Popolare Neruda, insieme ad occupanti “senza titolo” di case Atc e famiglie sotto sfratto, hanno rivendicato il diritto alla casa per tutti e a una moratoria sugli sfratti, ormai non più situazione emergenziale ma sistemica non solo per la città di Torino. Di fatto, una denuncia pubblica di presa di posizione verso la nuova giunta pentastellata che dovrà rispondere all’esigenze di molte famiglie che chiedono di esercitare una pressione verso le politiche nazionali e regionali sulla casa e il cambiamento dei parametri di assegnazione, troppo rigide ed escludenti per tanti che fanno richiesta di casa popolare.

Una prima marcia delle periferie che contava un centinaio di persone partecipanti che si sono mosse in corteo da Piazza Montale verso il mercato di via Cincinnato, passando vicino all’Istituto Padre Gemelli che oggi attende il ripristino della palestra per poter nuovamente avviare l’attività fisica per gli alunni e le alunne della scuola.

Durante la marcia popolare è stata letta e consegnata alla consigliera del M5stelle, Deborah Montalbano, una lettera indirizzata alla sindaca Chiara Appendino nella quale i comitati rivendicano le proprie ragioni e prendono parola sulle questioni che animano le periferie della città.

Un primo momento importante per i quartieri popolari che, passo dopo passo, cominciano ad inserirsi nell’ agenda politica della città, manifestando una voglia di attivazione di fasce sociali non più disposte ad essere semplici spettatori ma che rivendicno protagonismo e spazi di decisionalità nelle politiche che riguardano i territori.

Dalla pagina Fb del Comitato Popolare Vallette-Lucento, il resoconto sulla marcia popolare di sabato 19 novembre:

È appena finita una grande giornata! In più di cento abitanti delle Vallette e di Lucento oggi abbiamo attraversato il nostro quartiere trovando tantissima solidarietà. BASTA SUBIRE È L’ORA DI REAGIRE è quello che abbiamo scritto sullo striscione, basta subire i ricatti di atc, le minacce di sfratto, i disagi dei disservizi e l’abbandono delle nostre periferie. UNIAMOCI E LOTTIAMO è il modo in cui tante persone, a partire dalla marcia di oggi, hanno deciso di ripensare al proprio futuro. Ivestimenti per l’edilizia pubblica, per la sanità, per i trasporti e per i servizi di quartiere è quello che vogliamo. Abbiamo scritto una lettera aperta alla sindaca Appendino e l’abbiamo consegnata alla consigliera Deborah Montalbano che si è impegnata a consegnargliela personalmente. Non c’è più tempo, abbiamo scritto alla Sindaca. Non possiamo più aspettare, le periferie non possono più aspettare. No carobollette, no sfratti e ricatti da parte di Atc, no alla divisione tra abitanti con e senza titolo.
vediamoci giovedì in piazza montale alle 18 per decidere tutti insieme come proseguire la lotta!
#noicontiamo #bastasubire #vallette #lucento #comitatipopolari

Il vero cambiamento: il 4 dicembre C’è chi dice No! Renzi a casa, manifestazione il 27/11 a Roma

cechidicenoIl territorio dove viviamo e cresciamo i nostri figli è l’ambito che più ci interessa, ma le situazioni che lì si manifestano sono spesso dirette emanazioni di un piano politico nazionale che all’oggi è rappresentato da Renzi e il suo partito , il PD. Quindi, quali sono le politiche riformiste di questo governo? Indebolimento delle tutele sul lavoro, ad opera del Jobs Act; investimenti in grandi opere inutili, tra le quali addirittura il famoso ponte di Messina; aumento del costo della sanità, sempre più per pochi; sempre meno risorse alle scuole, quindi tetti che crollano. Non ultimo, la svendita dell’edilizia pubblica, stabilita dall’art.3 del Piano Casa.

Le politiche nazionali parlano chiaro, perseguono una direzione che è quella che ogni giorno si traduce in abbassamento della qualità della vita per fasce sempre più ampie di popolazione, mentre la ricchezza è trattenuta nelle mani di pochi. Tuttavia al governo Renzi serve concentrare maggiormente il potere nelle proprie mani e avere maggiore facilità di manovra per promuovere le politiche di austerità che le leggi del mercato e dell’economia globale vorrebbero imporci.

Vogliono cambiare la costituzione per staccarsi ulteriormente dai cittadini, rendendo i “professionisti” della politica (o della corruzione?) sempre più autonomi e sempre meno espressione della volontà popolare. A questo proposito siamo chiamati a votare al referendum del 4 dicembre: la scelta è tra un Sì che porta con sé la conferma alle politiche promulgate dal governo Renzi in questi anni e l’assenso a quelle che potrà varare in futuro, o un No di rifiuto a questa strumentale modifica della costituzione e a questo sistema di governance che ci vuole sempre più poveri, soli, precari, flessibili e silenziosi di fronte alle scelte della politica istituzionale. Ma quello che possiamo fare non è poco: votare NO sarà il primo passo, ma non basta. Bisogna fare in modo che questo voto sia solo l’inizio di una lotta contro il governo Renzi, una lotta capace di far arrivare la propria voce fin dentro ai palazzi dove i politici stanno bene attaccati alle loro poltrone. Sulle nostre vite vogliamo essere noi a decidere. Per questo, senza alcun partito che ci rappresenti e sotto un governo nemmeno eletto che ci fa pagare la crisi, c’è chi dice NO andando a votare ma anche scendendo nelle strade di Roma il 27 Novembre, per una grande manifestazione nazionale.

In quella data orecchie abituate a essere sorde di fronte alla voce di chi in questo Paese ci vive e ha deciso che così non si può più andare avanti saranno obbligate ad ascoltarci.

Pagina Facebook: C’èChiDiceNo