L’assemblea nazionale di “abitare nella crisi” che si è tenuta a Napoli domenica 1 Marzo ha visto la partecipazione di delegazioni dei movimenti per l’abitare provenienti da tante città del paese a testimoniare la pervasività e il respiro che ha assunto questa rete. Gruppi di attivisti sono venuti, oltre che da Napoli, da Roma, Cosenza, Palermo, Bologna, Pisa, Torino, Firenze, Milano, Modena, Parma. Ne è scaturita una discussione inevitabilmente ampia, ma di cui è possibile rintracciare una serie di fili comuni.
Innanzitutto il bilancio di una fase complicata, caratterizzata nei mesi scorsi dall’ondata repressiva degli sfratti e degli sgomberi particolarmente aggressiva in alcune città come Milano, Roma, Firenze sostenuta da autentiche campagne di stampa per delegittimare socialmente gli occupanti-casa, da teoremi giudiziari, arresti e restrizioni della libertà personale, mentre strumenti normativi come l’art. 3 e il famigerato art. 5 del “piano casa” intervenivano a incidere direttamente sull’esperienza sociale delle occupazioni e su tutti quei dispositivi di riappropriazione diretta che hanno rappresentato una pratica diffusa di resistenza e di risposta alle politiche di austerity e di precarizzazione.
Un quadro che ha visto però il dispiegarsi di una resistenza sociale significativa capace, ad esempio a Milano, di suscitare la nascita di comitati antisfratto e relazioni mutualistiche anche fuori dai quartieri storicamente più interessati dalle occupazioni e dai processi di autorganizzazione dei subalterni. Grazie al conflitto sociale si sono aperte contraddizioni nello stesso partito di governo (il Pd), come verificato dai movimenti per l’abitare di Roma, almeno in merito a quelle parti del piano casa che sono diventate immediatamente riconoscibili come una forma di “guerra ai poveri”. Crepe da allargare mantenendo alta la pressione sugli enti locali, cercando risposte concrete al disagio di norme che ledono fondamentali diritti (dalla scuola all’assistenza sanitaria) tramite una vertenzialità diffusa ed iniziative di lotta che si stanno riproducendo in parecchie città, da Napoli a Pisa, Bologna e Palermo, per inceppare l’applicazione della legge, puntare alla eliminazione definitiva di questi articoli che finora hanno retto alla prova dei ricorsi amministrativi, oltre che al ribaltamento complessivo di un provvedimento che, attraverso i soldi investiti a pioggia nella politica dei “buoni” e la truffa dell’housing sociale, sostiene i privati e il mercato cancellando l’edilizia residenziale pubblica e con essa larghi settori di popolazione che soffrono una sempre più acuta precarietà ed emergenza abitativa.
Alle misure contenute nel “piano casa” si è aggiunta la riforma del modello ISEE che nei fatti rende invisibili gli occupanti casa come altre categorie di precari e di poveri, cercando di escluderli in tal modo dall’accesso a forme di sostegno al reddito, mense scolastiche, agevolazioni e quant’altro. Dello stesso tenore molte leggi regionali sulla casa, pensate pero lo più come strumenti urbanistici, che già da anni si erano caratterizzate per la sudditanza agli interessi dei costruttori. Lalegge in corso di approvazione in Toscana fa un ulteriore passo connaturandosi tout court come una versione locale della “Legge Lupi”, con l’esclusione degli occupanti dai bandi per le case popolari e la svalutazione del ruolo delle rappresentanze degli inquilini. Su proposta del movimento della casa di Firenze si è deciso perciò di lanciare il 10 Marzo iniziative dislocate nelle città in contrapposizione a questo modello. Successivamente si è pensato di tenere un’assemblea a Firenze con delegazioni nazionali e un’iniziativa congiunta contro l’art.5. Passaggi in vista di un nuovo ciclo di mobilitazioni che abbia come controparti, oltre al governo, le regioni e individui nella battaglia contro le risorse sperperate nel sistema delle grani opere e dei grandi eventi e quindi anche dei fondi europei, un terreno di lotta per sostenere il diritto all’abitare.
Del resto, laddove non si determinano in scelte esclusivamente repressive, le politiche pubbliche per la casa hanno comunque un profilo sempre più emergenziale, escludente e precario. La governance locale, infatti, spesso preferisce moltiplicare le emergenze piuttosto che affrontarle, per garantire lauti profitti alle lobby speculative, cercando allo stesso tempo di calmierare le contraddizioni e i conflitti, come dimostra la vicenda di mafia capitale. Uscire dalle politiche emergenziali, pur valorizzando i risultati parziali delle lotte, è l’orizzonte indispensabile dei movimenti per l’abitare che non intendono in nessun modo “gestire” l’emergenza ma piuttosto moltiplicare ed estendere i conflitti. Un risultato di riferimento si può individuare per ora nella delibera approvata dalla Regione Lazio in conseguenza dell’imponente ciclo di occupazioni abitative determinato a Roma con le giornate degli “tsunami”. Si tratta di un passaggio importante, perché stanzia quasi duecento milioni per il diritto alla casa per la sola città di Roma, punta all’allargamento del patrimonio ERP senza consumo di suolo, tramite l’autorecupero del patrimonio pubblico e la riconversione di quello privato, procede al riconoscimento/censimento del diritto degli occupanti casa. Evidenti le contraddizioni con la logica del piano casa, ma forti anche le resistenze istituzionali e burocratiche ad attuarla.
Il percorso di “abitare nella crisi” colloca l’esperienza della lotta per la casa nella cornice più generale delle battaglie per il diritto al reddito, al territorio e alla città, ribaltando il piano della guerra ai poveri e ai migranti su cui specula la destra per dare piuttosto il proprio contributo contro i processi di polverizzazione e assorbimento del conflitto sociale in Italia. Lo testimonia ancora una volta il sostegno significativo alle grandi manifestazioni che a Milano e Roma si sono contrapposte alle kermesse del fascio-leghismo. Ma pure la scelta, dopo la tappa di Cosenza, di tenere anche quest’assemblea in una città del sud, si lega all’attenzione e alla relazione con il ciclo di lotte sviluppatosi soprattutto nel meridione contro l’approvazione dello “Sbloccaitalia”. Una convergenza che non riguarda soltanto quei punti della legge che agevolano la speculazione immobiliare, ma più in generale quell’ aspetto speculare alla dismissione del patrimonio pubblico che è il sequestro del territorio e delle sue risorse per cicli di sfruttamento e di devastazione ambientale il cui controllo è totalmente sottratto alla sovranità delle comunità locali. Autorecupero, riutilizzo e difesa del patrimonio pubblico, difesa del territorio e della salute, resistenza all’esproprio di democrazia e controllo popolare sull’uso delle risorse sono nessi da interconnettere nel contrastare gli assi strategici dello sblocca-italia e più in generale di devastazione dei territori e delle vite.
Perciò l’assemblea di abitare nella crisi ha deciso di rilanciare il proprio impegno in questa direzione, con assemblee territoriali e una giornata di iniziative dislocate contro sbloccaitalia, job act, legge lupi, riforma della “buona scuola” il 28 marzo, proponendo nel contempo al più ampio circuito di esperienze territoriali che si contrappongono a questi provvedimenti di verificarsi sulla costruzione di una nuova assemblea nazionale, possibilmente in Aprile, per dar vita a momenti di lotta unitari che attraversino il paese. Una mobilitazione, quella del 28 Marzo, che sappia interconnettere lotte e figure sociali diverse, allargando lo spazio della partecipazione e del conflitto per contrastare e rovesciare le sempre più feroci politiche di austerità, precarizzazione, saccheggio delle nostre vite messe in atto dal governo Renzi e dalla Troika.
L’agenda di questi mesi, passando per l’appuntamento europeo del 18 Marzo a Francoforte, ha un riferimento fondamentale nel semestre dell’Expo che si inaugura il primo maggio a Milano. Proprio l’intervento delle realtà milanesi ha chiarito una volta di più la volontà di organizzare per il 1° Maggio un largo spezzone delle lotte sociali e delle lotte per il diritto all’abitare, immaginando questo appuntamento come il prologo di un semestre di lotta, una sorta di Alter Expo che attraverso iniziative condivise di conflitto e di riappropriazione traduca socialmente i temi dello scontro con “l’evento” delle multinazionali: l’opposizione ai processi di gentrificazione e di precarizzazione di cui l’Expo è un modello, la difesa del diritto alla salute, al suolo ecc.
Il 29 marzo a Milano si terrà una giornata di confronto sulle strategie e gli appuntamenti per realizzare quest’obiettivo.
La proposta infine di un campeggio dei movimenti per l’abitare a Palermo questa estate.