
Lo sportello casa è aperto tutti i martedì dalle 19.30 alle 21 presso il centro sociale Askatasuna in corso Regina Margherita 47 a Torino.
Lo sportello casa è aperto tutti i martedì dalle 19.30 alle 21 presso il centro sociale Askatasuna in corso Regina Margherita 47 a Torino.
Tanto si è detto sulla manifestazione di sabato scorso a Roma, sulla variegata e numerosa partecipazione, sull’assedio ai ministeri e la tendopoli ancora esistente, sulla rabbia sprigionata da parte di molti giovani davanti al ministero dell’economia ma non si è esplicitato, o forse troppo poco, sulla legittimità politica e il suo portato di illegalità della manifestazione romana.
Entra a gamba tesa nell’agenda politica dei palazzi la questione casa e non solo, non perché in questi mesi (anni ormai..) le resistenze agli sfratti, le iniziative di occupazione abitative e simboliche non ci siano state o non siano state efficaci – strumenti dell’agire politico dal basso capaci di far emergere la questione abitativa da un punto di vista politico e la sua diretta rivendicazione a chi dovrebbe garantire il diritto all’abitare ponendosi a muso duro contro le istituzioni – ma perché lor signori pensano di far entrare, dopo la grandiosa manifestazione di sabato, nel quadro della compatibilità non solo una manifestazione numericamente numerosa, ma una rivendicazione vincente dal punto di vista politico e ricompositivo degli strati sociali stanchi, rabbiosi, che gridano a gran voce che questa crisi non vogliamo pagarla che altrimenti gli scapperebbe di mano, non riuscendo a controllare un portato così grande di protagonismo autorganizzato capace di rappresentarsi collettivamente senza bisogno di sigle né di sindacati né di partiti politici, attraverso l’uso di assemblee e momenti di partecipazione diretta senza deleghe, nelle quali tutti e tutte portano il loro contributo.
Ulteriore dimostrazione della legittimità politica del #19o è la partecipazione numerosa (non stiamo a fare la guerra dei numeri è un dato di fatto) trasversale, attraversata da vari soggetti sociali, oltre ai movimenti presenti sui territori– disoccupati, cassa integrati, occupanti, sfrattati, migranti, studenti, precari, pubblico impiego etc – che vogliono contare e pretendono di essere protagonisti sul piano politico, su il piano della trasformazione politica e sociale che, seppur con piccoli passi, si fa breccia. “Non ci rappresenta nessuno” è il pensiero collettivo che, insieme a varie istanze di lotta, agita le manifestazioni, le lotte, propulsore di una voglia di cambiamento radicale e radicato.
Dicevamo, allora, legittimità politica ma non solo. Le migliaia di persone dietro allo striscione “Una sola grande opera casa reddito per tutt*” erano e sono occupanti e/o sfrattati in procinto di occupare degli stabili vuoti, lasciati all’abbandono totale dalle istituzioni, case vuote buone per la rendita dei soliti noti. Questo per dire che l’occupazione è quell’atto di illegalità che la manifestazione di sabato portava con se; azione diretta di riappropriazione non solo di un diritto calpestato, ma delle città, del territorio. Oggi quell’atto illegale diventa per noi legittimo. Occupare perché cosci dell’incapacità politica dei palazzi di dare soluzione reali alle migliaia di famiglie senza casa. Una pratica agita dal basso, attraverso la lotta, le resistenze agli sfratti, perché diventa un atto politico praticato da molti che dilaga nelle città che si fa strumento di classe, di pratica di lotta negli ambiti urbani delle nostre città. E quindi non accettiamo che venga sdoganato dai politici avvoltoi, giornalisti, informazione embeded, procuratori come Caselli che parla di manifestazione – quella di sabato scorso – “ nel pieno diritto della legalità”. Totalmente il contrario, illegalità diffusa, praticata quotidianamente attraverso le occupazioni di quelle migliaia di persone che sabato hanno percorso le vie di Roma e che continueranno a costruire percorsi di lotta e di riappropriazione perché il #19o sia tutti i giorni. Una possibilità di cambiamento reale che si apre per tutti e tutte, un inizio per continuare a sollevarci e assediare i palazzi del potere…la sfida per una riscossa sociale praticabile. A noi spetta costruire il futuro, riprenderci il presente.
Libertà per tutti gli/le arrestati/e! Con questo pensiero, con questa volontà nel cuore, continuiamo a costruire pratiche di rottura e di contrapposizione nelle nostre città, partendo da oggi con un presidio sotto il comune di Torino e con la partecipazione alle giornate fiorentine.
Diverse famiglie occupanti di case ed inquilini ATC oggi si sono ritrovati insieme sotto la sede centrale dell’ATC per pretendere un incontro con il presidente Elvi Rossi. Il gesto ha voluto rimandare al mittente le lettere di minacce ricevute da molti inquilini in merito al paventato sfratto se non avessero provveduto a pagare entro il 30 dicembre i 480 euro obbligatori da versare ogni anno alle casse dell’ente. Oltre a questo i presenti denunciavano la malagestione dell’ente da parte della dirigenza che continua a percepire lauti stipendi nonostante un assoluto fallimento della gestione e 5 funzionari indagati per corruzione e turbativa d’asta proprio in relazione alla manutenzione delle case popolari.
Dopo aver occupato per una mezz’oretta l’atrio con gli sportelli dell’ente i presenti hanno ottenuto di essere ricevuti dal presidente nelle loro totalità, nonostante i tentativi da parte della digos di proporre la solita manfrina della delegazione.
Determinati e giustamente arrabbiati, con l’aggiunta di molte persone presenti agli sportelli che ne condividevano la protesta, è stato richiesto che:
Di seguito il volantino distribuito durante l’iniziativa:
ATC VERGOGNA!
Nella Torino ormai balzata agli onori delle cronache come capitale degli sfratti (4000 sfratti dall’inizio dell’anno), l’ATC cerca di metterci del suo mandando lettere (ne sono già arrivate almeno 4000) agli abitanti delle case popolari minacciando lo sfratto se non provvedono al pagamento di almeno 480 euro per le bollette arretrate entro 30 giorni.
L’ATC però forse dimentica che per almeno 20 anni gli stessi abitanti delle case popolari hanno pagato direttamente dalle buste paga il contributo GESCAL che a quanto pare agli inizi degli anni 2000 era di quasi 5,4 milardi di euro.
Crediamo che a questo punto l’ATC debba dare delle risposte sull’uso di questi soldi che appartengono alla collettività.
L’ATC dovrebbe anche rispondere sul perchè abbia circa 1.000 sue case vuote che vengono lasciate al totale abbandono, uno scandalo quando migliaia di persone che hanno fatto domanda per la casa popolare aspettano anni per avere una casa che è un loro diritto.
E che dire degli stipendi di tutti i funzionari, alcuni dei quali ultimamente indagati per corruzione e turbativa d’asta, e direttori che sono lievitati costantemente negli anni: il proprio consiglio d’amministrazione è passato dai 229.786€ del 2007 ai 320.000€ del 2011 di costi, e compensi esorbitanti anche per i singoli dirigenti, fino a 140.000€ l’anno.
Insomma pare che i soldi per gestire adeguatamente il patrimonio di edilizia popolare della città non ci siano, ma gli stipendi dei manager, pagati con soldi pubblici, continuano ad aumentare e per i funzionari si trova comunque il modo di arrotondare con le tangenti, mentre le persone arrivano tutti i giorni a dover fare i conti con il riuscire a mettere insieme il pranzo con la cena!
Come abitanti delle case popolari del villaggio Snia di Barriera di Milano (Pietra Alta), insieme alle famiglie delle case popolari di Settimo Torinese, della Falchera, San Paolo e altre famiglie e/o singoli di altri quartieri popolari che si trovano nella nostra stessa situazione, rivendichiamo il diritto all’abitare!
Siamo stufi di subire e abbassare la testa!
Siamo famiglie con bambini e pensionati che ricevono la minima con cui dobbiamo arrivare a fine mese, privandoci di molte cose, pensando solo alle spese necessarie per noi e i nostri figli. Ma oggi fare questo diventa sempre più difficile. I problemi che ci perseguitano anche nei sogni, non interessano né ad ATC, né al Comune di Torino. Siamo convinti che in questo momento dove il disagio economico e abitativo diventa sempre più forte, non si possa minare il diritto alla casa attraverso ingiunzioni di sfratto, attraverso lettere intimidatorie che ATC continua a mandare alle famiglie delle case popolari. Oggi la nostra rabbia è indirizzata ad ATC ma anche il Comune ha le sue responsabilità, il quale preferisce vedere famiglie sfrattate che dormono in macchina, nei parchi o sui marciapiedi invece di chiedere il blocco degli sfratti per tutti.
Non dobbiamo più permettere che la nostra dignità venga calpestata da chi vuol farci crede che siamo noi a dover pagare la malagestione del patrimonio pubblico.
Siamo convinti che “uniti si possa vincere” ed è per questo che chiediamo a tutti di partecipare alla nostra protesta martedì 15 ottobre alle 10:30 in Corso Dante davanti all’ATC.
Chiederemo direttamente al presidente Elvi Rossi, presidente di ATC, di darci le risposte che cerchiamo e pretendiamo!
Il diritto alla casa non si minaccia! La dignità non si sfratta!
Famiglie, pensionati e singoli delle case popolari
La polizia ha notificato 20 avvisi di garanzia per occupazione e per resistenza per un’inchiesta, giunta alla chiusura delle indagini, coordinata dai pm Padalino e Rinaudo.
6 denunce sono arrivate per altrettanti abitanti di una occupazione in via Monginevro, 6 invece ad occupanti di via Frejus, 16 denunce per violenza e minacce riguardano invece 3 picchetti antisfratto che erano stati fatti in via Di Nanni 76 nel quartiere San Paolo.
Prosegue dunque la repressione su chi a Torino lotta per il diritto alla casa e su chi in mancanza di risposte dalle istituzioni cittadine è costretto ad occupare colpevole di mettere in luce le loro mancanze; i numeri sono drammatici 4.000 sfratti in città nel 2012 (quest’anno sicuramente anche di più visto il trend in aumento anno dopo anno) 3.400 pignoramenti, circa 55.000 case sfitte, 1.000 case ATC vuote.
Queste denunce; che sicuramente non fermeranno i vari collettivi e sportelli che in città aiutano chi per sfratto e non si vede negato il diritto all’abitare; arrivano proprio in vista del 19 ottobre, giornata in cui sfrattati, sgomberati, occupanti, rifugiati, disoccupati, precari, giovani studenti invaderanno le strade di Roma per pretendere da chi sta nei luoghi di potere il diritto alla casa, il blocco degli sfratti, il diritto alla residenza per chi ha dovuto occupare.
Perché la grande opera di cui c’è bisogno è casa, redditto e dignità per tutti.
Leggi il comunicato del csoa Gabrio:
Nel corso dell’ultima settimana il fiato pesante della Porcura di Torino si è fatto sentire con insistenza sul collo di diversi compagn*, sfrattati, occupanti e attivist* della lotta contro gli sfratti e per il diritto alla casa.
6 denunce per occupazione sono state recapitate ad altrettanti abitanti della casa di via Monginevro, altre 4 denunce sono state recapitate alla casa occupata di via Frejus, 16 denunce per violenza e minacce infine riguardano tre picchetti antisfratto in via Di Nanni 76, indirizzo di una palazzina in quartiere San Paolo, da dove i proprietari stanno sfrattando uno dopo l’altro i diversi inquilini, con l’evidente intenzione di svuotare tutta la casa. A proposito della situazione interna alla palazzina, vale la pena annotare le pressioni che i proprietari stanno mettendo in atto nei confronti dell’inquilinato, pressioni fatte di serrature cambiate con ancora le procedure di sfratto in corso e sospensione dell’erogazione dell’acqua in appartamenti affittati da famiglie con bambini.
Il PM titolare di queste inchiesta (e anche delle altre due!), manco a dirlo, è il dottor Rinaudo, a testimoniare ancora una volta la volontà politica della Procura torinese di continuare l’attacco alle lotte sociali. Ravvisiamo come l’emergenza abitativa nella città di Torino continui a trovare esclusivamente risposte legate alla sfera dell’ordine pubblico e della repressione. A fronte di una città devastata dalla crisi, conosciuta nel giro di qualche anno come “capitale degli sfratti”, le uniche misure messe in campo dalla controparte istituzionale sono state quelle volte a colpire tanto chi resiste agli sfratti (con mezzi quali la concentrazione dei picchetti nel 3° martedì del mese o con l’uso dell’art.610) quanto chi senza casa decide di prendersene una (attraverso sgomberi e intimidazioni).
Per quello che ci riguarda non sono certo questi provvedimenti che ci faranno cambiare rotta sul terreno della lotta per la casa: continueremo a organizzare picchetti antisfratto per evitare che famiglie intere vengano sbattute in mezzo ad una strada, continueremo con convinzione ad aprire ed occupare le case lasciate vuote, sicuri che la riappropriazione organizzata dal basso rappresenti una delle migliori ricette contro gli sfratti e per affrontare realmente il problema casa.
Per il blocco generalizzato di sfratti, sgomberi e pignoramenti
Per la requisizione degli immobili lasciati vuoti e la loro destinazione sociale
Verso il 19 ottobre, la sola grande opera che vogliamo: casa e reddito per tutt*!
#19O #sollevazione #stopsfratti #occupysfitto
Sportello Diritto alla Casa e Spazi Occupati Zona San Paolo
csoa gabrio
Solito terzo martedì del mese a Torino con l’accorpamento nello stesso giorno degli sfratti, ormai da tempo la questura adotta questa strategia nel tentativo di dividere chi partecipa ai picchetti con gli sfrattati, ma che non sta servendo a far diminuire la sempre maggior solidarietà nei quartieri con chi ha uno sfratto.
Nello sfratto di Corso Agnelli la resistenza e la determinazione dei partecipanti al picchetto sono riusiti ad ottenuto un rinvio.
In via Berthollet invece la polizia si è presentata con 6 camionette, per eseguire uno sfratto di 3 persone i celerini non hanno avuto remore di caricare il picchetto 2 volte con scene di inseguimento per le vie del quartiere. Diverse persone sono state fermate durante le cariche e portate in commissariato per essere identificate, 5 di queste, tra cui un abitante del quartiere che solidarizzava, sono state trattenute e portate in questura per essere schedate.
Per il comune più indebitato d’Italia il problema abitativo è solo un mero aspetto di ordine pubblico da demandare alla questura; comune presente, unico tra l’altro, al Forum Scenari Immobiliari che la dice lunga che l’unico vero interesse è fare cassa per il bilancio anche a costo di fare speculazioni edilizie.
Nel frattempo a Roma i movimenti per il diritto all’abitare hanno occupato la sede dell’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) in via dei Prefetti, esponendo uno striscione che punta il dito contro la situazione sempre più insostenibile del diritto all’abitare in tutta Italia, chiedendo il blocco immediato degli sfratti e rilanciando verso la giornata di mobilitazione nazionale del 19 ottobre.
Alle 11:30 circa è arrivata la celere ma il presidio non si è fatto intimidire, centinaia di sfrattati e attivisti dei movimenti per il diritto all’abitare hanno continuato a presidiare interno ed esterno dell’edificio per esigere risposte concrete sull’emergenza casa.
Il nuovo piano per rilanciare Torino sembra pronto o meglio verrà presentato in giunta comunale fra dieci giorni dall’assessore all’urbanistica Stefano Lo Russo. Il “Programma della trasformazione urbana” vuol essere un documento corposo fra una serie di investimenti e operazioni immobiliari. La priorità per il sindaco Fassino è attrarre nuovi capitali in città per attivare un nuovo piano urbanistico attraverso capitali privati. La grande idea, in realtà il territorio urbano è da sempre luogo di nuovi settori di investimenti di capitale e profitto, nasce da un incontro con i boss del mattone tenutosi a Santa Margherita Ligure durante il Forum Scenari Immobiliari. In ballo ci sono diverse aree della città di Torino: dalla Continassa fino all’ ex area Thyssen in corso Romania. In sintesi, il comune di Torino per far cassa (senza tra l’altro redistribuire sul territorio la ricchezza accumulata, in termini di servizi pubblici e/o sociali, sempre più ridotti all’osso) vuole dare in concessione a privati grosse fette di territorio pubblico. Questo già accade, per esempio, per il parcheggio sotterraneo in corso Marconi sul quale esiste un comitato “Salviamo corso Marconi” il quale si oppone alla devastazione dello storico corso, evidenziando i grossi limiti del progetto che, oltre ad essere utile solo a chi può permettersi l’acquisto di un posto auto perché privato (ininfluenti quindi al fine dell’ampliamento dei parcheggi pubblici) intaccherebbe falde acquifere con annessi grossi rischi strutturali per case e palazzi, dovuti alla perforatura del sottosuolo attraverso l’uso di una talpa gigante (oltre al disagio creato da anni di cantiere costruito proprio vicino ad un asilo).
Ovviamente la giunta comunale e il sindaco di Torino in testa hanno ritenuto inutili e faziose le obiezioni esposte dalla gente del quartiere di San Salvario, perché si sa i profitti sono sempre meglio dei benefici di un’opera…
Ma torniamo al “Programma della trasformazione urbana” e alla priorità del sindaco Fassino…
Ci viene da chiedere se non sarebbero altre le priorità da destinare alla città più indebitata d’Italia e con il più alto tasso di sfratti per morosità che costringe molte famiglie a vivere in auto (per chi ce l’ha) o al parco sulle panchine. Basta leggere la cronaca per rendersi conto di quante famiglie e/o singoli vivono il disagio economico e abitativo, ormai trasformato in vera emergenza sulla quale non vi sono soluzioni che il palazzo di città sia in grado di dare. Molte sono le tendopoli che famiglie di immigrati ed italiani fanno sotto il comune passando inosservate dai media e sgomberate appena possibile per non destare una brutta immagine della città, indifferente alle questioni sociali che dovrebbero essere le vere priorità delle istituzioni.
Consegnare la città in mano ai privati, i quali ancor meno del comune si occuperanno dei disagi della popolazione, sottraendo risorse pubbliche, significa essere ciechi di fronte alle emergenze sociali che la città vive. Se le condizioni sono queste sta a noi, disoccupati, precari, studenti, esodati, far sgranare gli occhi ad una amministrazione sorda e cieca di fronte alla questione del diritto all’abitare, rompendo il silenzio e aumentando le occupazioni in città, mobilitandoci insieme a coloro che non vogliono più subire diktat politici ed economici, ed essere noi a dettare le priorità per migliorare le nostre condizioni di vita.
Questa mattina è stato difeso dal Progetto Prendocasa l’ennesimo sfratto, in una situazione in cui non sono mancati momenti di tensione con le forze dell’ordine giunte alle 6 di mattina all’abitazione della famiglia.
Inoltre gli assistenti sociali, duramente attaccati dalle famiglie sotto sfratto pochi mesi fa con le occupazioni degli edifici pubblici in svendita, continuano a dimostrare che non hanno nessuna volontà di agire nella direzione di risolvere il problema che accomuna centinaia di famiglie.
La storia è quella di Islam, lavoratore delle bancarelle del Duomo e la sua famiglia, alle prese con lo sfratto per morosità, dovuto in parte dai pignoramenti della merce in vendita perchè indebitato di 5000 Euro, giunto al sesto tentativo di accesso da parte dell’ufficiale giudiziario. Già alle 7 di mattina mentre alcune famiglie con lo sfratto e altri solidali giungevano al picchetto ci sono stati i primi momenti accesi con la polizia che si è fatta trovare davanti al portone, decisi a buttare in mezzo alla strada la famiglia. Dopo qualche minuto il picchetto anti-sfratto si è fatto molto numeroso e ha acquistato forza tanto da arrivare a far rinviare lo sfratto al 31 ottobre. L’emergenza abitativa continua a dilagare nella città di Pisa: soltanto nei mesi di settembre e ottobre ci saranno centinaia di sfratti in tutta la città soprattutto nei quartieri popolari di Cisanello, Cep e S.Ermete. Proprio da questi quartieri giungono le notizie di come l’amministrazione comunale sta gestendo l’emergenza sfratti: di recente, gli alloggi popolari dell’Apes sfitti invece di essere assegnati vengono blindate le porte o distrutti gli impianti interni e i sanitari, mosse escogitate dal Comune per prevenire le occupazioni in bianco che si stanno moltiplicando in diverse zone della periferia, continuando così il favorimento delle evidenti speculazioni edilizie.
Mentre crisi, sfratti, licenziamenti e disoccupazione diventano sempre di più la normalità che vivono quotidianamente tantissime persone e le Istituzioni continuano a dimostrare il totale distacco con gli strati sociali impoveriti, forme di resistenza come lo sfratto di stamani e nuove occupazioni sociali nei quartieri, sono le fondamentali basi da cui partire per massificare il movimento contro gli sfratti. La partecipazione diretta di chi ha lo sfratto durante i picchetti delle altre famiglie sta dimostrando che la paura e la vergogna di vivere costantemente in uno stato di insicurezza economica e sociale viene meno soltanto con la lotta contro l’arroganza di assistenti sociali, ufficiale giudiziari e amministrazioni comunali.
da infoaut
“Dalla Valle alla Metropoli” che si è tenuta il 20 ed il 21 Luglio scorso presso il campeggio di lotta NO TAV, allo scopo di rendere concreti ed operativi i propositi ed i contenuti emersi nelle partecipate assemblee di luglio, per costruire la MANIFESTAZIONE NAZIONALE convocata per il 19 Ottobre prossimo a Roma, dentro un autunno di conflitto, lotte, autorganizzazione.
Riportiamo qui di seguito il comunicato uscito dalla due giorni di discussione assembleare tenutasi al campeggio notav di Venaus il 20 e 21 luglio 2013).
Contro i pignoramenti delle banche
resistiamo agli sfratti!
Oggi 17 luglio, siamo qui per difendere l’ennesimo sfratto figlio della crisi e della speculazione delle banche con la complicità delle Istituzioni.
Pietro e la sua famiglia vivono, qui in Falchera dal 2005 nella casa che hanno acquistato in Via delle Querce 29.
Per comprarla hanno stipulato un mutuo con la Banca Mediolanum, che li ha convinti ad accettare una proposta a tasso variabile. Dai 400 euro mensili di mutuo la famiglia di Pietro in brevissimo tempo si è trovata a dover pagare 1000 Euro al mese.
A causa della crisi il lavoro da piccolo artigiano di Pietro è diminuito e sua moglie è stata licenziata, di fronte all’impossibilità di pagare una rata così alta hanno provato a rinegoziarla con la Banca, ma l’unica risposta ricevuta è stata lo sfratto e la vendita coatta all’asta della casa. La banca recupererà così tutto il suo credito e la famiglia di Pietro perderà tutti i propri risparmi e la propria casa.
La famiglia di Pietro è entrata così a far parte di quelle 3600 famiglie che quest’anno a Torino hanno subito o subiranno un provvedimento di sfratto.
È sempre più estesa, infatti l’emergenza abitativa che colpisce Torino, frutto di una mala gestione delle istituzioni locali, che come unica risposta attuano una politica di privatizzazioni, svendita del patrimonio pubblico, taglio dei posti di lavoro e impoverimento dei servizi pubblici.
A Torino, grazie alle politiche del Comune e del sindaco Fassino, sono stati smantellati tutti i servizi a sostegno dell’abitare, esistono migliaia di case ATC vuote che stanno ormai cadendo a pezzi e che non vengono assegnate, mentre le famiglie che hanno diritto alla casa popolare nella migliore delle ipotesi devono aspettare anni.
In questo contesto sono sempre più forti ed estese le speculazioni di banche e palazzinari che si arricchiscono alle spalle di chi sta pagando gli effetti di questa crisi.
Di fronte alla continua assenza di politiche sociali, all’immobilità delle istituzioni di fronte alla crescita di sfratti, di cui Torino ne è la capitale, all’incapacità politica di garantire il diritto all’abitare che è sempre più spesso trattato come un mero problema di ordine pubblico, siamo convinti che l’unica risposta sia la resistenza!
La casa è un diritto, quello che ci tolgono ce lo riprenderemo!
Lo sportello casa è aperto tutti i martedì dalle 19.30 alle 21 presso il centro sociale Askatasuna in corso Regina Margherita 47 a Torino.
CELL.+39 327/3569208
prendocasa-torino.noblogs.org prendocasa-torino@autistici.org
La battaglia contro gli sfratti e per il diritto all’abitare ha segnato un nuovo importante risultato quest’oggi a Torino con la nascita di una nuova occupazione in corso Traiano 128, nel quartiere di Mirafiori. Si tratta di una palazzina di proprietà di un’azienda della grande distribuzione rimasta abbandonata ormai da alcuni anni.
L’iniziativa è stata portata avanti da alcune famiglie sfrattate affiancate dallo Sportello per il diritto alla casa Zona San Paolo, dal collettivo Prendocasa e dal comitato di quartiere di San Salvario e si pone in continuità con il corteo di alcune settimane fa che ha avviato un percorso cittadino per il diritto all’abitare e in cui il problema della casa è stato posto con forza di fronte a delle istituzioni ormai da tempo immobili e incapaci di dare risposte agli effetti della crisi.
Ad aver preso casa con l’occupazione di oggi sono ben 10 famiglie di italiani, migranti e rifugiati, tutte accomunate dalla volontà di mobilitarsi assieme per riprendersi il diritto ad un tetto sopra la testa.
Da segnalare l’atteggiamento nervoso delle forze dell’ordine che, poco dopo l’ingresso nella palazzina da parte delle famiglie e dei comitati, ha fatto giungere sul posto due volanti che hanno tentato di trattenere due compagni impegnati nella lotta per la casa e di requisire alcuni strumenti da lavoro utilizzati poco prima per l’ingresso nell’edificio. Di fronte alla reazione e alla determinazione delle persone presenti gli agenti hanno però abbandonato in fretta il tentativo e si sono allontanati.
Nel frattempo sono iniziati i lavori di pulizia e ristrutturazione all’interno dello stabile per renderlo immediatamente disponibile all’abitazione.
In una città come Torino in cui, con la crisi, la questione abitativa ha assunto da tempo i tratti di una vera e propria emergenza e in cui l’amministrazione locale si rifiuta di avviare la moratoria sugli sfratti che da più parti viene richiesta per dare il segnale di un impegno concreto su questo fronte, una decina di famiglie ha deciso oggi di prendersi autonomamente le risposte ai propri bisogni che il Comune non è in grado di dare.
#riprendiamocilacittà!