Mobilitiamoci contro gli sfratti

stop-evictionsPer il diritto alla casa, per l’assegnazione delle case popolari lasciate vuote da ATC, contro sfratti e sgomberi, contro l’aumento delle bollette, per non vedere più famiglie costrette a vivere senza casa: MOBILITIAMOCI VENERDÌ 12 DICEMBRE “SPEZZONE SOCIALE” ORE 9 PIAZZA VITTORIO, TORINO.

Nella nostra città l’emergenza abitativa preoccupa sempre più famiglie che vivono con l’incubo dello sfratto, consapevoli che le istituzioni non faranno nulla per trovare loro delle soluzioni reali. Il Comune di Torino è impassibile di fronte ad una emergenza sociale in continua crescita: gli sfratti per morosità incolpevoli sono passati dal 2004 al 2013 da 2.056 a quasi 4mila nella sola città di Torino. A questo si aggiungono i problemi legati ad ATC nel gestire il patrimonio pubblico di case popolari: più di mille alloggi vuoti, che potrebbero essere subito destinati alle famiglie sfrattate, aumenti delle utenze da parte di ATC a inquilini che vivono un disagio economico, lavori di ordinaria manutenzione che non vengono effettuati e quindi degrado degli alloggi popolari e disagio per le famiglie che ci vivono.

Tutti questi problemi hanno dei responsabili che nel corso degli anni nulla hanno fatto per poterli risolvere: il Comune incapace di garantire il diritto alla casa, ATC di essere un ente pubblico assolutamente irresponsabile di fronte alle richieste di emergenza abitativa e infine il governo che attua dei provvedimenti che contribuiscono ad alimentare il disagio abitativo (il Piano Casa del governo Renzi è un esempio delle scellerate scelte che ricadono come dei massi sulla schiena delle gente già in difficoltà per colpa della crisi economica).

Qualcuno potrebbe obbiettare dicendo che i problemi sono “normali” quando le condizioni generali non sono delle migliori (lo stesso presidente uscente Elvi Rossi ha definito “normale” una gestione difficoltosa del patrimonio pubblico) ma qui non si tratta di piccole difficoltà di percorso a cui trovare delle soluzioni.

La situazione che abbiamo di fronte, case atc non assegnate e lasciate vuote, immobili comunali abbandonati, mancanza di case a canone agevolato, graduatorie per le liste dell’emergenza abitative infinite, famiglie in mezzo a una strada, è volutamente lasciata a sè stessa. Perché il Comune di Torino con i propri assessori non rivede i requisiti per accedere alle liste per le case popolari? Perchè il Comune non requisisce gli immobili pubblici per restituirli alla città per arginare il disagio abitativo? Perché ATC non propone soluzioni ai problemi di gestione, manutenzione, assegnazione degli alloggi vuoti e delle case popolari, magari rilanciando anche l’edilizia residenziale pubblica ormai scomparsa in città?

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Tutti questi interrogativi trovano una loro risposta in quelle che sono le vere politiche sociali e di sviluppo della città: si favorisce la svendita del patrimonio pubblico, le speculazioni e le privatizzazioni. È notizia di qualche giorno fa che il Comune di Torino si prepara a un’operazione di vendita del patrimonio pubblico senza precedenti: per far fronte al buco di bilancio, causato dallo spreco di denaro pubblico per le Olimpiadi del 2006 a firma Chiamparino, il sindaco Fassino è pronto a vendere una serie di palazzi storici della nostra città che frutteranno alle casse comunali 50 milioni di euro. Gli immobili pubblici verranno acquistati dalla Cassa Deposito e Prestiti formato per l’80% dal Ministero dell’Economia, da fondazioni bancarie e da alcuni azionisti fra cui, guarda caso, anche il sindaco Fassino.

Si favorisce la speculazione edilizia lasciando vuoti e abbandonati immobili per far crescere il loro valore sul mercato; si favorisce la privatizzazione, non solo dei servizi come ad esempio la sanità, ma anche per quanto riguarda la costruzione di alloggi di lusso destinati a privati facoltosi, cancellando la costruzione di case popolari ad affitto calmierato in proporzione al reddito.

Ma non è finita qui: il piano-casa, presentato dal vicesindaco Elide Tisi, prevede la messa in vendita di case popolari – riducendo così ulteriormente il numero di alloggi disponibili – e con il ricavato della vendita il Comune intende acquistare gli immobili di proprietà delle fasce anziane e più povere della popolazione, il tutto in cambio di assistenza domiciliare e medica. Detto in altre parole: mentre Saitta e Chiamparino si preparano a chiudere e declassare gli ospedali del torinese e di fronte alle conseguenze della mancanza di servizi di assistenza, la giunta di Fassino ha pensato bene di costruire un ricatto degno dei peggiori speculatori e affaristi. Se vuoi assistenza, prima ti tolgo la casa, così a quel punto risulterai abbastanza povero da rientrare nei parametri di chi ha diritto a qualche spicciolo di elemosina.
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Questa è la condizione in cui versa la nostra città. Dal canto nostro – famiglie, disoccupati, precari, studenti, pensionati – non possiamo accettare questi giochi di potere fatti sulla nostra pelle; l’impoverimento non è una condizione naturale dell’essere umano ma è perpetrata da un sistema di potere che pensa solo a sè stesso e alle proprie tasche. Il nostro compito è smascherare e lottare contro questo sistema corrotto e trovare delle soluzioni reali ai nostri bisogni primari.
Le occupazioni abitative, oltre a far riprendere quello che è pubblico sottraendolo alla vendita ai privati, sono una soluzione immediatamente praticabile per chi ha perso la casa. Mobilitiamoci affinché le nostre vite possano riprendersi quella dignità che oggi le istituzioni ci stanno togliendo.

Appuntamenti resistenti

Torino_Due gli appuntamenti di resistenza agli sfratti di questa settimana, il primo il 5 e il secondo il 6 di novembre. Due date nelle quali le famiglie sotto sfratto si contrapporranno alla Questura, se questa deciderà di intervenire con la forza, che ormai ha il mandato del Comune di Torino sulla gestione degli sfratti in città. Una questione politica, visto i numerosi sfratti per morosità nella nostra città, ma che le istituzioni continuano a  delegare alle forze dell’ordine trattando il diritto all’abitare come una mera questione di ordine pubblico. Le responsabilità delle istituzioni locali e del Governo Renzi, sono quelle di non garantire il diritto alla casa ma anzi passano all’attacco, con il piano casa, contro le occupazioni abitative nelle quali molte famiglie trovano riparo dopo gli sgomberi coatti. Notizia di qualche giorno fa è che il ministro Lupi incoraggiava le prefetture a staccare le utenze basilari, luce e acqua, alle occupazioni abitative. Una presa di posizione arrogante pur sapendo che il Governo nulla sta facendo per risolvere l’emergenza abitativa nel paese. Le resistenze agli sfratti, le occupazioni di stabili lasciati vuoti insieme alle mobilitazioni sulla casa sono gli unici strumenti che abbiamo per rispondere alle politiche degli sgomberi, al business della speculazione edilizia, alla mala gestione delle case popolari che continuano a rimanere chiuse e non assegnate, a un intero sistema politico che attraverso il rigore e l’austerità porta molte  famiglie e singoli al limite della sopravvivenza. L’emergenza casa è solo un anello della catena di impoverimento che le istituzioni stanno attuando contro di noi: la disoccupazione, la ristrutturazione del mondo del lavoro sempre più precario e sfruttato grazie al Jobs Act, gli aumenti delle tasse, i tagli dei servizi primari, lo spreco di denaro pubblico (che viene dirottato nelle grandi opere invece di essere investito in politiche sociali per far fronte ai bisogni e necessità di tutti e tutte), sono consequenziali alla perdita della propria casa (e quando non ci sono le istituzioni e/o i palazzinari a sgomberarci ci pensano le banche attraverso i pignoramenti).  A tutto questo noi dobbiamo opporci con forza affinché le nostre vite riconquistino quella dignità che le istituzioni ci stanno togliendo.

Qui sotto le storie delle famiglie che resisteranno agli sgomberi del 5 e 6 novembre. Per tutti l’appuntamento è alle le ore 8 del mattino sotto le abitazioni delle famiglie

 

Lyazil vive in quest’appartamento insieme alla moglie e ai 2 figli. Lyazil ha sempre regolarmente pagato l’affitto fino a quando l’unico sostentamento dovuto al suo lavoro e’ venuto a mancare. Lyazil ha lavorato per tanti anni in nero in una fabbrica alle porte di Torino, e quando ha richiesto al suo datore di lavoro la regolarizzazione ha ottenuto in cambio il licenziamento in tronco!. La causa di lavoro portata avanti e vinta ha permesso a Lyazil di continuare a pagare l’affitto fino a quando i soldi ricevuti dal datore di lavoro sono finiti e Lyazil e’ diventato moroso incolpevole.
Il proprietario di casa, che come spesso avviene possiede numerosi appartamenti in Torino, ha celermente provveduto a inviare lo sfratto per morosità’.
Proprietario di casa che affittava l’appartamento in cui Lyazil vive in condizioni che superavano l’agibilita’ e, proprio per le condizioni di degrado in cui sono stati costretti a vivere, la figlia piu’ piccola di Lyazil ha avuto dei seri problemi di salute tanto da doversi recare piu’ volte all’ospedale per sottoporsi a delle cure mediche piuttosto serie!!
Anche Lyazil, come tutte le famiglie che si trovano sotto sfratto, ha provato a seguire le vie istituzionali rivolgendosi all’emergenza abitativa che, come ormai prassi consolidata, ha respinto la sua domanda. Lyazil ha provato anche a fare ricorso e a tutt’oggi e’ ancora in attesa di una risposta dall’emergenza abitativa.

MERCOLEDÌ 5  NOVEMBRE, VIA CAPUA 30 Torino

 

 

Da sette anni Ahmed vive con sua moglie e le tre figlie, di nove, sei e tre anni nell’appartamento di Lungo Dora Siena 18.
La storia di Ahmed, è come quella di tanti, fatta di sacrifici sul lavoro in cui si viene sfruttati e dell’aumento costante del costo della vita aggravato dalle spese mediche sostenute per la bambina più grande invalida.
La storia di Ahmed, è però soprattutto una storia di lotta e dignità: sul lavoro dove è stato tra i promotori delle battaglie per la regolarizzazione dei contratti – per la casa contro istituzioni che non sono in grado di dare nessuna risposta e palazzinari pronti a qualsiasi cosa per entrare nel business dell’affitto agli studenti – e contro il sistema dell’assistenza sociale che ad oggi non ha fornito nessun aiuto per la figlia invalida.
Per sette anni Ahmed, con lo stipendio di facchino al CAAT (Centro Agroalimentare di Torino) ha infatti sempre pagato puntualmente affitto e spese condominiali.
Nel 2012 è stato tra i promotori della lotta al CAAT contro le condizioni di lavoro inumane imposte dalle cooperative del centro di smistamento: turni di 14 ore, paga spesso inferiore ai 3 euro/ora, nessun diritto alla mutua ed alla retribuzione delle ferie. Per questo lo stesso anno, nonostante le nottate di lavoro, non gli sono stati versati molti stipendi e non è riuscito a pagare la rata esorbitante, di 1.700 euro di riscaldamento, richiesto dalla proprietaria.
Ahmed ha subito cercato di trovare un accordo con la proprietaria, proponendo di saldare il debito a rate e continuando a pagare puntualmente l’affitto.
La proprietaria ha invece deciso di cogliere la palla al balzo per sfrattare la famiglia di Ahmed, in modo da destinare l’appartamento, come gli altri di sua proprietà al ben più lucroso business di affitto agli studenti.
Ahmedha provato a seguire le vie istituzionali rivolgendosi all’emergenza abitativa che, come ormai prassi consolidata, ha respinto la sua domanda.
Ahmed ha diritto con le sue tre figlie ad una casa popolare, è cinquantasettesimo in graduatoria ed ha 17 punti, ma il Comune ha risposto che fino a gennaio non se ne parla
Il 6 Novembre, Ahmed resisterà allo sfratto rivendicando il diritto ad una vita dignitosa per se e le sue figlie.
Con determinazione non piegherà la testa di fronte ad un Comune, che ha cancellato il diritto all’abitare trasformando con le sue politiche Torino nella capitale degli sfratti.
Perché la situazione attuale è frutto delle politiche scellerate di Comune e Regione che sottraggono costantemente le risorse al welfare per destinarle alla costruzione di una città vetrina inesistente ed a progetti di devasto ambientale come il TAV.
Assistiamo al progressivo disfacimento dei palazzi costruiti per le Olimpiadi 2006, ad oggi abbandonati o gestiti da palazzinari senza scrupoli ed allo smantellamento dell’edilizia popolare.
Le case ATC vengono affittate a prezzi di mercato con LOCARE, le risorse per la casa vengono investite per promuovere contributi per i costruttori in una città che ha più di 30.000 alloggi vuoti.
Per tutti questi motivi Ahmed ha deciso di continuare a lottare con determinazione e non uscirà di casa fino a che il Comune di Torino non gli assegni la casa popolare o gli garantisca una soluzione alternativa adatta alla sua famiglia.

GIOVEDÌ 6 NOVEMBRE, LUNGO DORA SIENA 18 Torino

 

Comunicato per lo sgombero di Corso Traiano 128: la lotta per il diritto alla casa non si ferma!

prendo_casaDopo 11 mesi di occupazione, la palazzina di Corso Traiano 128 è stata sgomberata. Tredici famiglie, di cui undici bambini e due donne incinte hanno perso la casa. Per lo sgombero della palazzina la questura di Torino si è fatta sporgere l’atto di “sgombero coatto”, giustificato dal sequestro giudiziario dell’immobile, dal pm Padalino, un nome tristemente noto per chi su tutto il territorio si batte per i propri diritti.
La proprietà privata non aveva richiesto lo sgombero, ma la questura e la magistratura hanno provveduto a trovare il cavillo giudiziario pur di far “rispettare la legalità”, non pensando minimamente alle conseguenze reali: hanno messo in mezzo a una strada delle persone che ora non hanno nessuna altra soluzione abitativa. Il cosiddetto “rispetto della legalità” si scontra così con un diritto fondamentale come quello all’abitare, che a Torino, città ferita da migliaia di sfratti, con molte famiglie senza casa e un contesto di continuo impoverimento delle classi sociali meno agiate, ha palesato l’insufficienza delle politiche locali sulla casa.
Il continuo rifugiarsi sotto la bandiera della “legalità” stride di fronte alla necessità e ai bisogni di migliaia di persone (a Torino nel 2013 sono stati compiuti 4000 sfratti) che oggi non hanno un posto dove poter vivere. Se parlare di “legalità” significa trattare come problema di ordine pubblico un problema di bisogni reali, agire con la forza contro le persone che cercano di tutelare i propri bisogni, i propri diritti, ma soprattutto la propria dignità, allora questo significa che le istituzioni locali, responsabili dell’emergenza abitativa in città, non si preoccupano, o proprio non capiscono la situazione che hanno di fronte.
Il Comune e la Regione, in linea con tutti i governi che si sono succeduti, hanno privilegiato politiche di svendita del patrimonio pubblico, di privatizzazione dei servizi sociali essenziali, di speculazione immobiliare (vedi il grattacielo della Regione Piemonte in costruzione proprio a pochi passi dalla palazzina sgomberata), invece di investire sull’edilizia popolare o su una moratoria degli sfratti.
L’unica proposta che il Comune ha dato ad alcune famiglie (non a tutte), è stata quella di trasferirsi in una pensione per anziani in provincia di Alessandria, non pensando alle iscrizioni alle scuole per l’infanzia e le elementari del quartiere (una spesa non indifferente per delle famiglie a reddito quasi nullo) o quei pochi lavoretti, unica fonte di sostentamento, che dovrebbero essere disdetti in caso di un trasferimento così lontano. Ma non solo per questo le famiglie non hanno accettato la proposta: queste persone non sono un problema da spostare altrove e poi dimenticarsene il prima possibile, sono persone reali e in quanto tali necessitano di una soluzione reale.
Se è questa la legalità a cui dobbiamo sottostare, allora continueremo ad opporre una illegalità costruita sui bisogni reali delle persone, sui loro desideri, sulla loro voglia di cambiamento, per una vita e un futuro capaci di portare miglioramenti effettivi e non effimeri. Quelli che oggi vengono additati come atti illegali, diventano per sempre più persone atti legittimi per opporsi alle politiche di impoverimento, precarietà e sfruttamento.
Lo sgombero della palazzina di Corso Traiano 128, gli arresti di inizio giugno, i continui attacchi ai Movimenti per il diritto alla casa di tutta Italia che da Alessandria a Palermo lottano per un futuro migliore, mettono in luce le direttive di questa classe politica che cerca di mettere in difficoltà le istanze di lotta di chi oggi non si sente più rappresentato da loro e trova nuove speranze all’interno dei percorsi dei movimenti i quali praticano una contrapposizione politica e sociale al sistema vigente.
Corso Traiano 128 non è stata la prima occupazione abitativa e sicuramente non sarà l’ultima. Le tredici famiglie sgomberate, quelle sotto sfratto e senza casa non si faranno mai abbattere da questi attacchi. La loro dignità è più forte di uno sgombero, più forte dell’abbandono che hanno subito dalle istituzioni o del tentativo di oscurare la loro situazione.
Ci faremo sentire molto presto, sempre più forte, da chi ha deciso che non vuole ascoltarci.
LA DIGNITA’ NON SI SGOMBERA!

 

Torino. Sfrattati e senza casa occupano uffici dell’emergenza abitativa

05Mentre si discute in senato l’applicazione del decreto Lupi sulla casa, in molte città continuano le mobilitazioni per il diritto all’abitare. Il movimento per il diritto all’abitare romano è tornato in piazza ieri contro il “nuovo piano casa” del governo Renzi e contro tutti i decreti che amplificano i processi di impoverimento e precarietà.

Questa mattina a Torino occupanti, sfrattati e senza casa, in continuità con le mobilitazioni per il diritto alla casa e contro le politiche di austerity, hanno occupato gli uffici dell’Assessorato alla casa e dell’Emergenza abitativa. Dopo vari colloqui con i responsabili delle istituzioni le famiglie sono riuscite ad ottenere un tavolo politico presso il comune sull’emergenza abitativa che si terrà venerdì 16 maggio alle ore 10.

 

Centinaia di sfrattati e senza casa dei vari sportelli casa cittadini hanno occupato questa mattina gli uffici dell’Assessorato alla casa e dell’Emergenza abitativa di Torino in via Corte d’Appello, tornando a porre al centro dell’attenzione il problema casa che a Torino ha raggiunto cifre senza precedenti.

Da un anno a questa parte la pratica dello sfratto a sorpresa (autorizzato dall’art. 610) risulta essere pratica d’ufficio come risposta a chi resiste allo sfratto. La questione abitativa a Torino viene pertanto affrontata su una mera questione di ordine pubblico mentre le istituzioni cittadine continuano a non dare risposte soddisfacenti delegando il tutto al tribunale di Torino.

Questa mattina, i moltissimi sfrattati e sfrattate così come molte famiglie di senza casa, si sono quindi recati direttamente dall’assessore welfare e politiche sociali nonchè presidente della Commissione per l’emergenza abitativa Elide Tisi, per chiedere una soluzione degna partendo dalla cancellazione dell’art.610, oltre ad una moratoria sugli sfratti, l’apertura di un tavolo politico sull’emergenza abitativa, censimento attuale delle case vuote ATC, la requisizione degli immobili sfitti e l’abolizione dell’articolo 5 del Decreto Lupi sulla casa. Mentre l’occupazione è ancora in corso, con decine e decine di famiglie dentro gli uffici, è iniziato da qualche ora il colloquio con l’assessore al welfare e un rappresentante della prefettura per stabilire l’apertura di un tavolo politico sull’emergenza casa. Da segnalare inoltre l’atteggiamento ignobile della digos che spintona i giornalisti presenti sul luogo per evitare che facciano foto.

Qui sotto il comunicato dell’iniziativa

PRETENDIAMO SOLUZIONI, NON FALSE PROMESSE!

L’assenza di politiche sulla casa e  il silenzio delle istituzioni locali sul fenomeno dilagante dell’emergenza abitativa, costringe molte famiglie a opporsi allo sgombero coatto tramite la pratica dei picchetti anti-sfratto. Le famiglie organizzandosi, resistono contro l’arroganza delle istituzioni che, invece di trovare soluzioni reali all’emergenza casa, delega alla questura il vuoto politico-sociale che ha lasciato chi dovrebbe invece garantire il diritto all’abitare.

Forze dell’ordine ed  istituzioni, allarmate da questo crescendo di resistenza e solidarietà, decidono di affrontare il problema casa non sotto il profilo sociale e politico, ma sotto quello dell’ordine pubblico, studiando sempre nuove strategie per combattere il fenomeno dei picchetti. La strategia messa in campo consiste nell’applicazione dell’art. 610 c.p.c, conosciuto come sfratto a sorpresa. Questa disposizione consiste nel permette all’ufficiale giudiziario di presentarsi senza preavviso per eseguire lo sfratto aggiungendo precarietà alla precarietà di quanti sono già gravati dal peso di uno sfratto, potendo l’ufficiale giudiziario presentarsi ad eseguirlo in qualunque data, in qualunque momento.

I 4mila sfratti che ogni anno si registrano nella nostra città non possono essere valutati come questione di ordine pubblico, la dignità delle persone non può essere subordinata a punitive strategie politiche. Il comune deve trovare una soluzione all’emergenza abitativa, non colpire chi alza la testa, chi si ribella, chi resiste.
Molte famiglie sono costrette a trovare autonomamente una soluzione al disagio abitativo attraverso l’occupazione di edifici vuoti. Pratica che viene attaccata sia dalle istituzioni locali, sia dal governo Renzi che tramite il “nuovo piano casa” inserisce nel decreto legge l’articolo 5 che mira a colpire, negando la residenza e l’utilizzo delle utenze basilari, le famiglie occupanti.
Chi ha già vissuto la brutalità di uno sfratto, chi lo sta per vivere, gli occupanti di case o semplicemente chi ritiene inaccettabile  che le persone vengano messe in mezzo alla strada sono qui oggi per denunciare pubblicamente questa situazione, pretendendo che le istituzioni si pronuncino prendendosi le proprie responsabilità.

Rivendichiamo e pretendiamo il diritto alla casa e alla dignità per tutti. Pretendiamo soluzioni reali e non promesse buone solo in campagna elettorale. Non ce ne andremo da qui fino a che le istituzioni e i responsabili non si siano pronunciati sui seguenti punti:

Moratoria degli sfratti e sospensione dell’articolo 610; apertura di un tavolo politico sull’emergenza abitativa; censimento attuale delle case vuote ATC; requisizione degli immobili sfitti; abolizione dell’articolo 5 del Decreto Lupi sulla casa.

Occupanti, sfrattati e senza casa

#15G #RIBALTIAMO L’AUSTERITY CON…IL BLOCCO DEGLI SFRATTI! pt.2

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Nonostante il governo Letta abbia parlato di una moratoria degli sfratti di sei mesi, paventata dal decreto Milleproroghe, ci troviamo nuovamente a difendere chi rischia di perdere la casa. Come sempre dal governo riceviamo solo vane promesse.
Roberto, 62 anni, aveva un’officina, ma a causa della crisi sempre più opprimente, ha dovuto chiudere i battenti. A causa della sua età non è più riuscito a trovare un lavoro e allo stato attuale non percepisce alcun reddito per poter pagare la minima spesa. Essendo solo, Roberto non ha nessuno a cui chiedere aiuto, se non le istituzioni che dovrebbero occuparsi di casa e assistenza, che però l’hanno già abbandonato. Roberto ha cercato di rivolgersi a tutti gli enti competenti, dall’emergenza abitativa ai servizi sociali, fino al Comune stesso. Le risposte sono state le stesse che ormai anche molte famiglie in difficoltà si sentono ripetere: negazione dell’emergenza abitativa, non avente diritto alla casa popolare. Destinato a perdere la casa. Roberto ha cercato di mantenersi facendo qualche lavoretto e ha trovato sostegno presso l’ Associazione Progetto Leonardo, ma ovviamente non è bastato.  Dal marzo del 2012 non è più riuscito a pagare l’affitto e gli è arrivata l’ingiunzione di sfratto.
La casa in cui abita in vi
a Ragusa 5, è un piccolo (e non troppo confortevole) appartamento, il cui affitto di 500 euro pare sproporzionato. Sicuramente un uomo solo senza lavoro non può affrontare una spesa del genere. La proprietaria, oltre a possedere tutto il palazzo, pare abbia altre proprietà.
Dietro la storia di Roberto, che può essere simile a quella di tante persone e famiglie che a Torino subiscono un’ingiunzione di sfratto, c’è una forte volontà di non perdere la dignità e riprendersi la giusta qualità della vita. Ed è per questo che ha deciso di resistere, di affermare che la casa è un diritto cui non vuole rinunciare e denunciare i responsabili della sua situazione, coloro i quali gli hanno sbattuto più volte la porta in faccia: il Comune di Torino, chi di loro dovrebbe occuparsi di emergenza abitativa e il governo che parla di una moratoria fantasma degli sfratti, col fine di ottenere solo qualche consenso in più.
Questo è l’ennesimo esempio dell’inadeguatezza delle istituzioni; di loro non possiamo fidarci! Alziamo allora la testa contro gli sfratti, teniamoci stretta la casa e la dignità! E se non ce le daranno ce le riprenderemo!

 Progetto Leonardo Onlus
INTERVISTA A ROBERTO 62 ANNI SOTTO SFRATTO
IMMINENTE
Porta Susa 10 Gennaio 2014 a cura di Moreno D’Angelo

Chiunque voglia portare solidarietà a Roberto e partecipare al picchetto anti-sfratto, l’appuntamento è alle ore 06.30 in Via Ragusa 5. Vi aspettiamo!!

#15G #RIBALTIAMO L’AUSTERITY CON…IL BLOCCO DEGLI SFRATTI!

 

bannerSfratti

All’ interno della mobilitazione del 15-22 gennaio, a Torino si comincia con una resistenza ad uno sfratto. Nonostante le vane promesse di una moratoria paventata dal decreto Milleproroghe, ci troviamo nuovamente a difendere chi rischia di perdere la casa. Accorrete numerosi!
Dalle ore 6 picchetto:
– Via Ragusa 5

In centinaia assediano il Comune di Torino per ottenere la residenza

torino_residenzaCirca 400 persone tra i quali rifugiati, rifugiate e occupanti di case dei diversi quartieri di Torino hanno assediato questo pomeriggio il Comune per richiedere nuovamente a gran voce la residenza che per mesi e mesi, dopo due occupazioni all’anagrafe centrale, 5 incontri e tante vane promesse, il comune di Torino continua a negare. Col passare delle settimane, infatti, è diventato evidente come le parole dei vari assessori che si erano impegnati a far fronte a questa richiesta fossero in effetti solo tali e che le intenzioni dell’amministrazione rimanevano ancorate nel continuare a negare un diritto fondamentale, costringendo così centinaia di persone in una condizione di precarietà e di non-esistenza. Senza la residenza, infatti, rifugiati e occupanti di case si vedono negato l’accesso a molti contratti di lavoro, ai servizi sociali, agli asili nido per i propri figli, così come ai corsi di formazione professionale e, in alcuni casi, la possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno.

Per questo motivo oggi centinaia di persone si sono date appuntamento in piazza Palazzo di Città, sede della Sala Rossa dove era in corso un consiglio comunale, per rivendicare casa, reddito e dignità. Ancora una volta l’accesso al Comune era stato completamente militarizzato e blindato dalla polizia, l’unica risposta che l’amministrazione locale in questi anni si è dimostrata capace di dare di fronte alle numerose proteste contro le politiche di tagli ai servizi e alla rivendicazione di diritti tesi a garantire a tutti/e una vita dignitosa.

Solo dopo un paio di ore e su pressione della piazza gli assessori Tisi e Gallo hanno lasciato il Comune dentro il quale erano asserragliati e sono scesi nella piazza per incontrare una delegazione di occupanti. Qui è iniziata una discussione che ha fatto emergere quanto per la giunta locale la residenza sia concepita come qualcosa legata alle risorse finanziarie, una problematica che in tempo di crisi, quindi – nelle parole dell’assesore Tisi – “obbligherebbe” l’amministrazione a non concedere la residenza, sommata alla questione della “legalità” nel riconoscere ufficialmente che centinaia di persone occupano ed esistono…

Durante l’incontro la delegazione presente ha ribadito una volta di più di voler rifiutare l’ipotesi di una residenza collettiva affidata ad associazioni e comitati (una sorta di exit strategy da parte del Comune per sollevarsi da qualsiasi responsabilità), così come l’ipotesi che la residenza venga riconosciuta assieme, però, ad una denuncia per il reato di occupazione delle varie palazzine (cosa purtroppo già accaduta in altri contesti). Dopo più di 40 minuti di discussione, comunque, gli assessori hanno promesso che in tempi brevi verrà creata una soluzione apposita e temporanea per rifugiati e occupanti che dia accesso a tutti i diritti e i servizi legati alla residenza, in attesa che dal governo giunga una direttiva uniforme (e a lungo termine) sulla questione.

Questa volta l’impegno dei due assessori è stato preso di fronte ad un’intera piazza ormai a corto di pazienza nell’attendere il riconoscimento dei propri diritti e nel giro di qualche giorno dovrebbero quindi esserci aggiornamenti sulla questione… rifugiati e occupanti hanno però imparato a diffidare di politicanti bravi solo a parole e hanno promesso di tornare presto ad assediare il Comune per mettere a verifica gli impegni assunti pubblicamente dall’amministrazione!

da infoaut

Sfratto con cariche a Torino, a Roma occupata sede Anci.

blocco-sfrattiSolito terzo martedì del mese a Torino con l’accorpamento nello stesso giorno degli sfratti, ormai da tempo la questura adotta questa strategia nel tentativo di dividere chi partecipa ai picchetti con gli sfrattati, ma che non sta servendo a far diminuire la sempre maggior solidarietà nei quartieri con chi ha uno sfratto.

Nello sfratto di Corso Agnelli la resistenza e la determinazione dei partecipanti al picchetto sono riusiti ad ottenuto un rinvio.

In via Berthollet invece la polizia si è presentata con 6 camionette, per eseguire uno sfratto di 3 persone i celerini non hanno avuto remore di caricare il picchetto 2 volte con scene di inseguimento per le vie del quartiere. Diverse persone sono state fermate durante le cariche e portate in commissariato per essere identificate, 5 di queste, tra cui un abitante del quartiere che solidarizzava, sono state trattenute e portate in questura per essere schedate.

Per il comune più indebitato d’Italia il problema abitativo è solo un mero aspetto di ordine pubblico da demandare alla questura; comune presente, unico tra l’altro, al Forum Scenari Immobiliari che la dice lunga che l’unico vero interesse è fare cassa per il bilancio anche a costo di fare speculazioni edilizie.

 

Nel frattempo a Roma i movimenti per il diritto all’abitare hanno occupato la sede dell’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) in via dei Prefetti, esponendo uno striscione che punta il dito contro la situazione sempre più insostenibile del diritto all’abitare in tutta Italia, chiedendo il blocco immediato degli sfratti e rilanciando verso la giornata di mobilitazione nazionale del 19 ottobre.

Alle 11:30 circa è arrivata la celere ma il presidio non si è fatto intimidire, centinaia di sfrattati e attivisti dei movimenti per il diritto all’abitare hanno continuato a presidiare interno ed esterno dell’edificio per esigere risposte concrete sull’emergenza casa.

Torino, più di mille persone in corteo per il diritto all’abitare

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Oltre mille persone oggi sono scese in piazza a Torino per rivendicare il diritto alla casa.

Ad aprire il corteo le famiglie delle diverse occupazioni cittadine che partendo da corso Marconi ha attraversato il centro cittadino passando per piazza San Carlo poi piazza Castello per poi concludersi a Porta Nuova.

Un corteo lungo e partecipato che non ha mancato di indicare i responsabili della crisi e chi ci specula sopra. Durante il percorso, ricco di interventi di tutte le realta’ presenti, sono state indicate le agenzie immobiliari che con il loro pizzo legalizzato di fatto rappresentano un ulteriore ostacolo a chi cerca un tetto sotto cui stare, cosi’ come la Banca Intesa San Paolo vera proprietaria della citta’ che non ha dimenticato di premiare l’ex-sindaco Chiamparino con una poltrona nel consiglio d’amministraizone della sua Fondazione per essere stato un fedele alleato durante il suo mandato (ricordiamo ad esempio delibere all’ordine del giorno mandate direttamente all’allora sindaco  dal cda della banca) ma soprattutto vera forza determinante le politiche speculative notevolmente incrementate dalle olimpiadi in poi.

Azioni sono state anche fatte per indicare alcuni grossi stabili vuoti presenti nel centro citta’.

Un primo momento ricompositivo che ha visto tutte le realta’ che in citta’ e non solo fanno intervento per il diritto alla casa rivendicare il proprio diritto alle occupazioni  e la propria determinazione.