Il vero cambiamento: il 4 dicembre C’è chi dice No! Renzi a casa, manifestazione il 27/11 a Roma

cechidicenoIl territorio dove viviamo e cresciamo i nostri figli è l’ambito che più ci interessa, ma le situazioni che lì si manifestano sono spesso dirette emanazioni di un piano politico nazionale che all’oggi è rappresentato da Renzi e il suo partito , il PD. Quindi, quali sono le politiche riformiste di questo governo? Indebolimento delle tutele sul lavoro, ad opera del Jobs Act; investimenti in grandi opere inutili, tra le quali addirittura il famoso ponte di Messina; aumento del costo della sanità, sempre più per pochi; sempre meno risorse alle scuole, quindi tetti che crollano. Non ultimo, la svendita dell’edilizia pubblica, stabilita dall’art.3 del Piano Casa.

Le politiche nazionali parlano chiaro, perseguono una direzione che è quella che ogni giorno si traduce in abbassamento della qualità della vita per fasce sempre più ampie di popolazione, mentre la ricchezza è trattenuta nelle mani di pochi. Tuttavia al governo Renzi serve concentrare maggiormente il potere nelle proprie mani e avere maggiore facilità di manovra per promuovere le politiche di austerità che le leggi del mercato e dell’economia globale vorrebbero imporci.

Vogliono cambiare la costituzione per staccarsi ulteriormente dai cittadini, rendendo i “professionisti” della politica (o della corruzione?) sempre più autonomi e sempre meno espressione della volontà popolare. A questo proposito siamo chiamati a votare al referendum del 4 dicembre: la scelta è tra un Sì che porta con sé la conferma alle politiche promulgate dal governo Renzi in questi anni e l’assenso a quelle che potrà varare in futuro, o un No di rifiuto a questa strumentale modifica della costituzione e a questo sistema di governance che ci vuole sempre più poveri, soli, precari, flessibili e silenziosi di fronte alle scelte della politica istituzionale. Ma quello che possiamo fare non è poco: votare NO sarà il primo passo, ma non basta. Bisogna fare in modo che questo voto sia solo l’inizio di una lotta contro il governo Renzi, una lotta capace di far arrivare la propria voce fin dentro ai palazzi dove i politici stanno bene attaccati alle loro poltrone. Sulle nostre vite vogliamo essere noi a decidere. Per questo, senza alcun partito che ci rappresenti e sotto un governo nemmeno eletto che ci fa pagare la crisi, c’è chi dice NO andando a votare ma anche scendendo nelle strade di Roma il 27 Novembre, per una grande manifestazione nazionale.

In quella data orecchie abituate a essere sorde di fronte alla voce di chi in questo Paese ci vive e ha deciso che così non si può più andare avanti saranno obbligate ad ascoltarci.

Pagina Facebook: C’èChiDiceNo

La lotta per la casa non si arresta!

E se la lotta per la casa non si arresta, sono i militanti ad essere arrestati. Sembrerebbe questa la logica perversa con la quale ieri la magistratura capitolina ha inasprito le misure cautelari per i compagni Paolo e Luca, esponenti rispettivamente dei Blocchi Precari Metropolitani e del Coordinamento Cittadino di lotta per la casa di Roma.

Al termine di una settimana di mobilitazione che ha visto scendere nelle piazze romane – e non soltanto in quelle – migliaia di persone determinate a ribadire il più vivo dissenso verso il “Piano-Casa”, dopo un percorso su scala nazionale di mobilitazione e di lotte intrapreso il 19 ottobre e mai arrestatosi, la risposta delle istituzioni reitera quel carattere intimidatorio col quale la magistratura italiana tenta di soffocare la libertà dei compagni/e e ogni variegata forma di conflitto sociale.

E infatti proprio ieri – giornata in cui un copioso corteo ha sfilato per le strade della capitale sino al Colosseo (sfidando il novello protocollo sulla sicurezza per Roma Capitale, presentato due giorni fa dal ministro dell’Interno Angelino Alfano) – al termine della conferenza stampa indetta dai movimenti per il diritto all’abitare in seguito all’approvazione definitiva alla Camera del “Piano-Casa” (passato con 272 voti favorevoli e 92 contrari), gli agenti della Digos capitolina hanno arrestato Luca e Paolo, colpevoli di lottare insieme a un movimento che, di arrestarsi, non ci pensa lontanamente.

Le motivazione del magistrato inquirente sembrerebbero configurarsi come un monito per chi continua a lottare ed esprime alti livelli conflittuali: le misure cautelari, infatti, sarebbero scattate a causa della recidività che ha contraddistinto il percorso di lotta dei due compagni.

Luca e Paolo infatti, dopo la richiesta di revoca dell’obbligo di firma imposto dopo i fatti del 31 ottobre di via del Tritone, si sono visti notificare in piazza, davanti agli occhi resistenti del movimento romano – anziché nelle loro abitazioni – gli arresti domiciliari, che parrebbero ordinati dalla magistratura in seguito ai fatti del 12 aprile. Ed è proprio questo modus operandi, che ammonisce pubblicamente chi, nonostante i divieti della magistratura, continua a resistere (non a caso poco prima dell’arresto il movimento di lotta per la casa aveva indetto un’assemblea pubblica per oggi), a palesare la natura del tutto intimidatoria di queste misure restrittive, tese a colpire chi si batte nella lotta per quel diritto inalienabile che è la casa.

L’approvazione alla Camera del cosiddetto “Piano-Casa” ha, infatti, tutto il sapore di un attacco ai movimenti per il diritto all’abitare: se decreti fatti ad hoc per inibire le occupazioni e le riappropriazioni non riescono a fermare un movimento di lotta forte e determinato, se un governo risponde all’emergenza abitativa con un decreto (l’articolo 5, fortemente pregno di incostituzionalità) contestatissimo in tutto il territorio nazionale, ecco che, qui come in Val di Susa, arriva la magistratura, che tenta di impedire le lotte territoriali e di movimento accanendosi giuridicamente su alcuni compagni/e.

Il collettivo PrendoCasa di Torino, insieme agli occupanti e agli sfrattati, esprime la più viva solidarietà a Luca e Paolo, ribadendo con forza che quella lotta che abbiamo così a cuore, quella della casa, non si fermerà nédopo questi arresti né in seguito all’approvazione di questo decreto che salvaguardia solamente gli interessi dei palazzinari, della banche e del potere costituito.

Luca e Paolo liberi, liberi subito!

Solidarietà agli occupanti della Montagnola

Stamane, alle 8 del mattino, violento risveglio per gli abitanti della novella occupazione abitativa di via Baldassarre Castiglione, nel quartiere romano della Montagnola: un ingentissimo dispiegamento di forze del disordine ha proceduto allo sgombero di uno stabile occupato lo scorso 7 aprile, durante il terzo “tsunami tour“, promosso dai movimenti per il diritto all’abitare.

Dei cinque stabili occupati durante quest’ondata di riappropriazioni (3 dei quali erano stati sgomberati il giorno stesso dell’occupazione) questo era più grande: ospitava, infatti, circa duecento famiglie che, in quest’enorme palazzo di proprietà dell’Inarcassa (Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti), avevano finalmente trovato una sistemazione dignitosa.

Intorno alle 8 del mattino numerosi blindati di polizia e carabinieri hanno proceduto alla militarizzazione dell’intero quartiere, nel tentativo di isolare la zona ed impedire l’accesso ai solidali prontamente intervenuti. Nonostante l’immediata risposta resistente degli occupanti, saliti sul tetto per impedire l’accesso alle forze dell’ordine, la polizia ha proceduto allo sgombero violento della palazzina: numerosi, infatti, sono i/ le compagn* ferit* (con tanto di testa spaccata!).

La determinazione degli sfrattati/e non ha tardato a farsi sentire: nel pomeriggio, infatti, è stato occupato il Municipio VIII, nella cui aula consiliare è stato affisso uno striscione per rivendicare casa e reddito per tutti e tutte.

In una città che annovera 245 mila case vuote (86 mila della quali possedute da privati o grandi società) sembrerebbe che l’unica risposta del governo renziano all’emergenza abitativa – problema che ormai investe, in maniera incalzante, tutta la penisola – sia quella degli sgomberi coatti; in un paese che conta migliaia di famiglie sfrattate per morosità incolpevole, in cui cortei meticci e caparbi ribadiscono con forza il proprio no alle politiche di austerità e precarietà, la replica del governo centrale sembra viaggiare puntualmente in difesa degli interessi e delle ambizioni speculative di amministrazioni comunali e palazzinari.

Gli episodi di quest’oggi, unitamente alla violenta risposta delle forze dell’ordine contro chi è sceso in piazza il 12 aprile per manifestare il proprio dissenso verso il job act, il piano casa, le politiche di austerity e di precarietà, palesano la natura del tutto politica dell’operazione di stamattina, tesa a scoraggiare (con manganelli e lacrimogeni ad libitum) le pratiche di riappropriazione di un diritto imprescindibile, quello all’abitare.

Il collettivo Prendocasa Torino, insieme agli/alle occupanti di Pietra Alta e C.so Traiano, esprime con forza la propria solidarietà e vicinanza a tutti gli/le sfrattat*, ai/alle resistent*e a tutt* coloro i quali, con dignità e coraggio, cercano di riconquistare ‘a spinta’ i propri diritti.

Dai quartieri in lotta, con gli occupant*, gli sfrattat* e con quant* si mobilitano per il diritto all’abitare, un grido diviene incessante: la lotta per la casa non si arresta!

Il Collettivo Prendocasa Torino

Gli/le occupanti di Pietra Alta e C.so Traiano.

Nessuna compatibilità

reddito-600x330Tanto si è detto sulla manifestazione di sabato scorso a Roma, sulla variegata e numerosa partecipazione, sull’assedio ai ministeri e la tendopoli ancora esistente, sulla rabbia sprigionata da parte di molti giovani davanti al ministero dell’economia ma non si è esplicitato, o forse troppo poco, sulla legittimità politica e il suo portato di illegalità della manifestazione romana.

Entra a gamba tesa nell’agenda politica dei palazzi la questione casa e non solo, non perché in questi mesi (anni ormai..) le resistenze agli sfratti, le iniziative di occupazione abitative e simboliche non ci siano state o non siano state efficaci – strumenti dell’agire politico dal basso capaci di far emergere la questione abitativa da un punto di vista politico e la sua diretta rivendicazione a chi dovrebbe garantire il diritto all’abitare ponendosi a muso duro contro le istituzioni – ma perché lor signori pensano di far entrare, dopo la grandiosa manifestazione di sabato, nel quadro della compatibilità non solo una manifestazione numericamente numerosa, ma una rivendicazione vincente dal punto di vista politico e ricompositivo degli strati sociali stanchi, rabbiosi, che gridano a gran voce che questa crisi non vogliamo pagarla che altrimenti gli scapperebbe di mano, non riuscendo a controllare un portato così grande di protagonismo autorganizzato capace di rappresentarsi collettivamente senza bisogno di sigle né di sindacati né di partiti politici, attraverso l’uso di assemblee e momenti di partecipazione diretta senza deleghe, nelle quali tutti e tutte portano il loro contributo.
Ulteriore dimostrazione della legittimità politica del #19o è la partecipazione numerosa (non stiamo a fare la guerra dei numeri è un dato di fatto) trasversale, attraversata da vari soggetti sociali, oltre ai movimenti presenti sui territori– disoccupati, cassa integrati, occupanti, sfrattati, migranti, studenti, precari, pubblico impiego etc – che vogliono contare e pretendono di essere protagonisti sul piano politico, su il piano della trasformazione politica e sociale che, seppur con piccoli passi, si fa breccia. “Non ci rappresenta nessuno” è il pensiero collettivo che, insieme a varie istanze di lotta, agita le manifestazioni, le lotte, propulsore di una voglia di cambiamento radicale e radicato.

Dicevamo, allora, legittimità politica ma non solo. Le migliaia di persone dietro allo striscione “Una sola grande opera casa reddito per tutt*” erano e sono occupanti e/o sfrattati in procinto di occupare degli stabili vuoti, lasciati all’abbandono totale dalle istituzioni, case vuote buone per la rendita dei soliti noti. Questo per dire che l’occupazione è quell’atto di illegalità che la manifestazione di sabato portava con se; azione diretta di riappropriazione non solo di un diritto calpestato, ma delle città, del territorio. Oggi quell’atto illegale diventa per noi legittimo. Occupare perché cosci dell’incapacità politica dei palazzi di dare soluzione reali alle migliaia di famiglie senza casa. Una pratica agita dal basso, attraverso la lotta, le resistenze agli sfratti, perché diventa un atto politico praticato da molti che dilaga nelle città che si fa strumento di classe, di pratica di lotta negli ambiti urbani delle nostre città. E quindi non accettiamo che venga sdoganato dai politici avvoltoi, giornalisti, informazione embeded, procuratori come Caselli che parla di manifestazione – quella di sabato scorso – “ nel pieno diritto della legalità”. Totalmente il contrario, illegalità diffusa, praticata quotidianamente attraverso le occupazioni di quelle migliaia di persone che sabato hanno percorso le vie di Roma e che continueranno a costruire percorsi di lotta e di riappropriazione perché il #19o sia tutti i giorni. Una possibilità di cambiamento reale che si apre per tutti e tutte, un inizio per continuare a sollevarci e assediare i palazzi del potere…la sfida per una riscossa sociale praticabile. A noi spetta costruire il futuro, riprenderci il presente.

Libertà per tutti gli/le arrestati/e! Con questo pensiero, con questa volontà nel cuore, continuiamo a costruire pratiche di rottura e di contrapposizione nelle nostre città, partendo da oggi con un presidio sotto il comune di Torino e con la partecipazione alle giornate fiorentine.

Sfratto con cariche a Torino, a Roma occupata sede Anci.

blocco-sfrattiSolito terzo martedì del mese a Torino con l’accorpamento nello stesso giorno degli sfratti, ormai da tempo la questura adotta questa strategia nel tentativo di dividere chi partecipa ai picchetti con gli sfrattati, ma che non sta servendo a far diminuire la sempre maggior solidarietà nei quartieri con chi ha uno sfratto.

Nello sfratto di Corso Agnelli la resistenza e la determinazione dei partecipanti al picchetto sono riusiti ad ottenuto un rinvio.

In via Berthollet invece la polizia si è presentata con 6 camionette, per eseguire uno sfratto di 3 persone i celerini non hanno avuto remore di caricare il picchetto 2 volte con scene di inseguimento per le vie del quartiere. Diverse persone sono state fermate durante le cariche e portate in commissariato per essere identificate, 5 di queste, tra cui un abitante del quartiere che solidarizzava, sono state trattenute e portate in questura per essere schedate.

Per il comune più indebitato d’Italia il problema abitativo è solo un mero aspetto di ordine pubblico da demandare alla questura; comune presente, unico tra l’altro, al Forum Scenari Immobiliari che la dice lunga che l’unico vero interesse è fare cassa per il bilancio anche a costo di fare speculazioni edilizie.

 

Nel frattempo a Roma i movimenti per il diritto all’abitare hanno occupato la sede dell’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) in via dei Prefetti, esponendo uno striscione che punta il dito contro la situazione sempre più insostenibile del diritto all’abitare in tutta Italia, chiedendo il blocco immediato degli sfratti e rilanciando verso la giornata di mobilitazione nazionale del 19 ottobre.

Alle 11:30 circa è arrivata la celere ma il presidio non si è fatto intimidire, centinaia di sfrattati e attivisti dei movimenti per il diritto all’abitare hanno continuato a presidiare interno ed esterno dell’edificio per esigere risposte concrete sull’emergenza casa.

Verso e oltre il 19 ottobre

roma15m-300x157Domenica 1° Settembre alle ore 11 assemblea Abitare nella crisi verso il #19ottobre

” Dalla valle alla metropoli”

Presso il campeggio Notav di Venaus

Dalla Valle alla Metropoli” che si è tenuta il 20 ed il 21 Luglio scorso presso il campeggio di lotta NO TAV, allo scopo di rendere concreti ed operativi i propositi ed i contenuti emersi nelle partecipate assemblee di luglio, per costruire la MANIFESTAZIONE NAZIONALE convocata per il 19 Ottobre prossimo a Roma, dentro un autunno di conflitto, lotte, autorganizzazione.

Riportiamo qui di seguito il comunicato uscito dalla due giorni di discussione assembleare tenutasi al campeggio notav di Venaus il 20 e 21 luglio 2013).

Movimenti di lotta per la casa e per il diritto all’abitare, centri sociali e spazi occupati, collettivi studenteschi e precari, militanti del movimento no tav e di altre lotte a difesa del territorio, ci siamo incontrati al campeggio di lotta di Venaus – tra cariche nei boschi e momenti di lotta e condivisione – per costruire un percorso comune che guardi avanti, verso un autunno di conflitto di cui tutt* condividiamo l’urgenza.
Abbiamo individuato nella data del 19 ottobre (già indicata dalla 2 giorni sull’abitare a Porto Fluviale) un’occasione utile per mettere a verifica un percorso e intrecciarne molti altri. Una giornata in cui assediare i Ministeri che traducono le direttive della troika in leggi e decreti che distruggono le nostre vite. Un punto di partenza dunque e non di arrivo. Non una scadenza ma un processo in costruzione, da articolare nei differenti territori da cui proveniamo.
Raccogliamo la proposta uscita dagli incontri avvenuti al campeggio del Monte Amiata di una mobilitazione diffusa sul territorio in occasione del 12 ottobre sul tema del colonialismo sui territori, attendiamo la conferma di una giornata di mobilitazione transnazionale dall’Hub Meeting di Barcellona per il prossimo 15 ottobre e c’impegnamo nella costruzione di iniziative territoriali di avvicinamento, sostenendo lo sciopero del sindacalismo conflittuale e di base del 18 ottobre. Non una data ma una settimana di mobilitazione.
Una riflessione comune ha registrato una necessità che è anche un auspicio: c’è bisogno di un salto di qualità nell’agire dei movimenti; non si può continuare a condurre battaglie divise che si consumano nel proprio ciclo fisiologico o nella separatezza della propria specificità, quando il comando che ci governa dall’alto impone ogni giorno nuove misure di austerità che decidono le finanziarie di interi paesi. Lottare contro il Tav non è diverso dall’occupare una palazzina per dare un tetto a chi non ce l’ha, difendere uno sfratto, lottare per l’erogazione di un reddito dignitoso per tutt*, difendere servizi essenziali alla persona o sostenere attivamente le lotte che si producono nel mondo del lavoro.
Il tema della riappropriazione è emerso con forza come necessario corollario alla difesa dei territori dalla valorizzazione capitalistica. La parole d’ordine del “Non pago!” e dell’“Occupiamo tutto!” le poniamo come metodo e programma, da agire nella quotidianità dei nostri percorsi. Battaglie concrete da iniziare a proporre e attivare dentro quella composizione sociale fluida di nuovi poveri che vede sempre più simili nelle condizioni di vita e nei bisogni precari, migranti, studenti fuori sede, operai e ceti medi. Riprendendoci le case di cui abbiamo bisogno per vivere, auto-riducendoci le bollette del gas, dell’acqua e della luce, per iniziare a ridurre il ricatto di un lavoro salariato sempre più esiguo e costretto in una competizione al ribasso.
Su tutti questi temi, nella costruzione di questa settimana di mobilitazioni, verso e oltre il 19 ottobre, invitiamo tutti quei soggetti, quei collettivi e quelle singolarità che non abbiamo ancora avuto modo o occasione di incontrare a raggiungerci e confrontarsi con noi, aperti nella discussione e nel confonto, con la discriminante precisa però di mantenere il profilo di indipendenza e autonomia di un percorso che si vuole sganciato da interessi partitici e di rappresentanza istituzionale. C’impegnamo quindi fin da ora a costruire momenti assembleari e di organizzazione nei singoli territori di provenienza e una giornata di assemblea generale da costruire a Roma nella seconda metà di settembre.
Assemblea “Dalla valle alle metropoli”
Venaus, campeggio di lotta notav, 20-21 luglio 2013

Roma, movimenti per il diritto all’abitare piazzano la tenda

Già il 27 settembre scorso erano scesi in piazza, in Campidoglio. I movimenti per il diritto all’abitare si opponevano alla svendita dei beni pubblici, e per chiedere l’attuazione della novità di un fondo per l’edilizia residenziale pubblica nel bilancio. Solo in questo modo infatti, si potrebbe dare sostanza alle 6mila case popolari che da marzo 2012 esistono soltanto sulla carta di una delibera approvata dal consiglio comunale.

Ieri invece, i movimenti per il diritto all’abitare sono di nuovi scesi in Campidoglio, questa volta con le tende, in occasione del voto del consiglio comunale di Roma sulla delibera che prevede la svendita ai privati di molti pezzi del patrimonio pubblico tra cui le aree destinate all’edilizia popolare. La svendita de patrimonio pubblico d’altronde, non è una novità e piano piano sta diventando realtà, pensata come l’ennesima misura per far fronte alla crisi.

I movimenti di lotta per la casa sono stati chiamati ieri ad un incontro con l’assessore al Patrimonio e il capogruppo del Pdl. Un incontro che non ha fatto altro che confermare la determinazione da parte della maggioranza e dell’opposizione, di cedere il patrimonio comunale, in quanto rappresenta l’unico modo per l’amministrazione, per far fronte al disavanzo delle casse del Comune, devastare dal malaffare. Nel frattempo per domani è prevista una nuova manifestazione, dopo che più di un migliaio di persone hanno dato vita ieri sera ad un corteo che, partito dal Campidoglio, ha bloccato piazza Venezia. Il corteo si è concluso nella vicina piazza Madonna di Loreto dove sono state montate le tende. La discussione in Consiglio Comunale sul bilancio si riapre domani pomeriggio e i movimenti presenti in piazza rilanciano per un corteo per tornare in Campidoglio in concomitanza con la discussione in Consiglio comunale.

da infoaut