Sosteniamo il Neruda! Campagna donazioni riscaldamento e bagni!

donazioni nerudaCome evidenziato dal titolo, questa è una richiesta di aiuto.

Il 31 ottobre scorso, in quaranta nuclei familiari, abbiamo occupato l’ex istituto Casale non più utilizzato da anni. Molti di noi hanno subito uno sfratto o un pignoramento, altri una casa non ce l’avevano più da un po’ di tempo ed erano ospitati da amici o giravano per dormitori o peggio dormivano in mezzo alla strada.

Oggi che finalmente abbiamo nuovamente un tetto sopra la testa dobbiamo cercare di renderla più vivibile, e per farlo abbiamo bisogno del vostro sostegno.

Sostenerci oggi vuol dire stare dalla parte del diritto fondamentale di avere un tetto sopra la testa, per riconquistare una vita dignitosa e un futuro per i nostri figli.

In molti hanno già contribuito a migliorare la nostra situazione partendo dalle donazioni di generi di prima necessità, come quelli alimentari, fino ai letti e i giochi per i bambini. Per questo non smetteremo mai di ringraziarvi e speriamo di poter ricambiare con i nostri mezzi, cercando di essere utili per il nostro nuovo quartiere attraverso piccoli progetti a costo zero come ad esempio la ludoteca popolare con il doposcuola.

La nostra nuova casa, l’ex istituto Casale, era un edificio scolastico destinato allo svolgimento di lezioni, di conseguenza mancano alcune delle strutture fondamentali per la vita quotidiana (per esempio cucine, acqua calda, docce, ecc.).

Come famiglie stiamo cercando di mettere ognuna il proprio contributo economico per affrontare i costi dei lavori sopra citati, ma purtroppo le nostre situazioni finanziarie non ci permettono di coprirne la totalità.

Per questo abbiamo bisogno di un aiuto, ci sono mille modi, tutti egualmente importanti di dimostrare sensibilità e sostegno concreto. Uno di questi è contribuire all’acquisto dei materiali occorrenti.

Anche chi non può partecipare fisicamente e direttamente alle iniziative di solidarietà può farlo donando il suo contributo economico.

Abbiamo quindi pensato di attivare un conto corrente postale apposito (poste pay evolution) che vi permette di donare presso qualsiasi sportello postale, tabaccheria o online tramite la vostra carta di credito:

Numero carta: 5333171018955902

Codice fiscale: LVLDNT88L07F280I

Oppure tramite bonifico bancario:

IBAN: IT36S0760105138274300974304
Intestato a: Donato Laviola

Per una totale trasparenza alleghiamo all’appello un primo preventivo del costo dei materiali necessari.

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Emergenza casa. Corso Ciriè: quando occupare serve a tutti

staff-cucine-225x300E’ un abile operazione di riappropiazione sociale quella che da meno di un mese ha portato all’occupazione dell’ex Istituto Tecnico Industriale “G. Baldracco” di corso Ciriè a Torino. Cinquanta famiglie italiane e straniere si sono insediate nello storico edificio scolastico abbandonato da qualche anno al degrado da un Comune che, malgrado ogni emergenza, non ha saputo mettere in opera un progetto di riutilizzo. Molte di quelle cinquanta hanno subito uno sfratto (4643 solo nel 2014) o un pignoramento (+ 10,8% nello stesso anno), altre una casa non ce l’avevano proprio e conducevano un’esistenza difficile tra dormitori o strada. Sono una parte di quei tanti senzatetto abbandonati dall’amministrazione pubblica, dalla politica in generale, vittime della mala gestione dell’Atc, delle tenaglie di Equitalia sui mutui, delle banche torinesi che speculano sull’edilizia, dei palazzinari e delle grandi immobiliari che aumentano gli affitti, lasciano le case vuote perchè si apprezzino e intanto continuano a chiedere di costruire.

Gli occupanti si sono organizzati con cucine, spazi comuni, area giochi e cultura, hanno stabilito rapporti con la vicina scuola materna, hanno in progetto di allestire un orto sinergico e una ludoteca popolare, ma soprattutto hanno messo in pratica una forma di gestione collettiva con tre assemblee settimanali una delle quali con i cittadini del quartiere. In tutti c’è la consapevolezza della natura politica e collettiva della loro azione.

Sono diverse le realtà di lotta sociale impegnate sull’emergenza casa in città e molte sono le occupazioni di locali sfitti o inutilizzati (1400 ma la lista si allunga di giorno in giorno ). I momenti di resistenza sono sovente velleitari e solo momentaneamente ottengono interruzioni o ritardi sugli sfratti in cambio di rapide denunce e duri interventi polizieschi sollecitati in consiglio comunale dai consiglieri della destra. L’ultimo sgombero forzato ha riguardato recentemente la caserma di via Asti dove avevano trovato ricovero anche famiglie di rom, una presenza che il quartierino-bene circostante non aveva gradito.

In corso Ciriè sta andando molto diversamente grazie a un’accorta pianificazione dell’obiettivo: un quartiere popolare che ha accolto senza ostilità i nuovi arrivati e che anzi ha subito portato solidarietà sottoforma di suppellettili e generi di conforto,  un edificio scolastico che nelle sue viscere cela un patrimonio di storia industriale della città, le macchine del laboratorio di conceria e tintoria ancora in buone condizioni ma altrimenti destinate alla rottamazione. Una peculiarità che, secondo gli occupanti organizzati dal Collettivo Prendo Casa di area Askatasuna, lo rende immediatamente un bene comune da preservare e custodire in omaggio alla storia sociale della città stessa. Ecco dunque che attorno al Baldracco e al suo “museo” si sono coagulate forze  diverse e associazioni di vario indirizzo, come Agorà Democrazia che gestisce l’occupazione della Cavallerizza, come il comitato Salvare La Pelle composto da ex docenti e ex studenti dell’istituto e da protagonisti della scena culturale e politica come l’instancabile Livio Pepino, presidente del Controsservatorio Valsusa e promotore della sessione torinese del Tribunale Permanente dei Popoli che solo pochi giorni fa ha deliberato la condanna del Tav per violazioni dei diritti civili, o come la docente Chiara Acciarini ex vicepresidente dell’Anpi provinciale.

Il comitato ha prodotto un appello agli enti pubblici affinchè venga salvaguardato e valorizzato il patrimonio tecnico dell’istituto come parte integrante della storia industriale di Torino. Inutile dire che tale risvolto dà una buona garanzia che la situazione non venga trattata come un problema di illegalità e di ordine pubblico.

Con le parti istituzionali sono in corso contatti per cercare di consolidare la situazione senza ovviamente rinunciare a denunciare le responsabilità politiche e a sollevare le rivendicazioni: blocco immediato degli sfratti per morosità incolpevole, nuova edilizia popolare, destinazione degli edifici pubblici in disuso agli sfrattati, blocco dei pignoramenti, mutui congelati, affitti e bollette calmierati.

L’occupazione del Baldracco nelle sue multiple valenze, si profila dunque come un cuneo profondo nelle non-politiche sociali del Comune di Torino e un esperimento di lunga durata. Chiunque sarà il nuovo sindaco dovrà misurarsi con l’emergenza casa e con le richieste di una massa crescente di senzatetto. Mentre invece l’attuale sindaco si trova tra le mani un’occupazione “antagonista” che gestisce e preserva un luogo storico, un patrimonio tecnico e un bene comune della città: un osso ben duro da masticare.

di Fabrizio Salmoni – valsusanotizie

APPELLO alla cittadinanza e alle istituzioni per salvare l’Istituto Baldracco di Torino

Comitato civico “SALVARE LA PELLE” – Casa & Mestieri

Una efficace azione di riappropriazione sociale ha consentito nei giorni scorsi di trovare un tetto a un gruppo di famiglie sfrattate italiane e di migranti in fuga da guerre e disperazione. Si tratta dei locali dell’antico istituto tecnico industriale per i conciari “G. Baldracco” di Corso Ciriè, poi accorpato all’istituto “Casale”, da anni abbandonato al degrado e all’incuria. Si è così potuto ritrovare anche il laboratorio chimico –tecnologico di conceria sperimentale, in buona parte ancora intatto, con i suoi straordinari macchinari, attrezzature e materiali. L’Istituto Baldracco era stato il primo in Italia a disporre di tali attrezzature d’avanguardia e ad associarle ad una didattica di alto contenuto professionale per un settore industriale importante come quello conciario. Gli operatori sociali impegnati nell’azione di riappropriazione, assistiti volontariamente dagli insegnanti che avevano lavorato in quella scuola, hanno naturalmente provveduto a richiudere e a mettere in sicurezza tali locali e il loro contenuto, avendone anche informato i competenti servizi del Comune.

E’ singolare, ma significativo, che nel corso di una iniziativa per restituire a tutti il diritto di abitare, si sia anche rinvenuto un frammento di quel patrimonio storico-culturale che la città sta perdendo nella sostanziale indifferenza delle istituzioni. Eppure, anche quel laboratorio rappresenta un cimelio, una traccia di memoria di quella Torino industriale cresciuta grazie al lavoro operaio, all’imprenditorialità socialmente responsabile e alla divulgazione didattica di una scuola di elevata qualità culturale.

I sottoscritti cittadini, associazioni e movimenti rivolgono pertanto un appello alla Città e a tutte le sue espressioni operanti sul terreno della cultura e dell’impegno sociale affinché si dia a quel laboratorio ritrovato la dignità di un piccolo ma originale museo. Parte di un disegno più ampio di memoria materiale di un passato costitutivo della identità di Torino e che sia contestualmente occasione di avvio di un progetto di rinnovata formazione professionale giovanile per un settore così importante della produzione. Abitare la città non può essere soltanto uno slogan. Abitare vuol dire, certo, poter disporre di case idonee per tutti, ma insieme di poter nutrire tutti, anche grazie alla cultura, del senso di un’ appartenenza condivisa. Questo appello chiede con forza alle pubbliche amministrazioni di dare finalmente organicità di sistema agli interventi per garantire la casa e insieme la salvezza del patrimonio storico culturale. E di aprire quindi un confronto pubblico, su tali temi, con tutti i soggetti portatori di uno specifico interesse sociale.

Torino, novembre 2015

Qui un video che spiega la storia e la situazione attuale dell’Istituto Baldracco:

https://www.facebook.com/spNeruda/videos/199870240349036/

FIRMATARI

1. Livio Pepino / presidente Controsservatorio Valsusa

2. Chiara Acciarini / docente, già Senatrice

3. Marco Brunazzi / storico

4. Marcella Filippa / storica

5. Emma Schiavon / storica

6. Sabrina Decarlo / scenografa

7. Paola Martignetti / archeologa

8. Natale Alfonso / insegnante, coordinatore provinciale CUB Scuola Università Ricerca

9. Federico Buratti / docente di Elettronica ITIS Mayorana di Grugliasco

10. Marcello Palumbo / ex allievo Istituto Tecnico Conciario G. Baldracco

11. Maurizio Giancola / già funzionario GTT

12. Rosario Bertilaccio / insegnante

13. Alessandro Gaido / direttore festival Piemonte Movie, Comitato Emergenza Cultura

14. Guido Montanari / docente di Ingegneria civile e architettura-Politecnico di Torino, Gruppo Città e Terrritorio-Unione Culturale F. Antonicelli

15. Renzo Chianale / ex docente Istituto Tecnico Conciario G. Baldracco

16. Giovanni Gola / ex allievo ITIS- Baldracco, ex docente di Conceria, ex dirigente azienda chimico-conciaria

17. Giuseppe Turletti / perito conciario, docente in pensione

18. Roberto Petito / docente IIS- Ada Gobetti Marchesini

19. Polisportiva CentroCampo di Barriera Milano

20. Alfredo Tradardi / ISM Italia-International Solidarity Movement palestinese

21. Giulio Ravagnani / perito conciario 1969

22. Davide Ferrario / regista

23. Alex Steiner / developer

24. Antimo Ferraro / perito conciario, direttore Cromogenia (Costarica)

25. Silvio Brignolo / cittadino

26. Adriana Baiocchi / cittadina

27. Vittoria Castagneto / docente IIS-Albe Steiner

28. Luciana Quaranta / docente IIS-Albe Steiner

29. Guido Piraccini / dirigente scolastico in pensione

30. Salvatore Tripodi / docente in pensione

31. Antonio Ferraro / perito conciario

32. Maurizio De Vecchi / artigiano

33. Gianni Bissaca / attore regista

34. Marco Gobetti / attore regista

35. Claudio Decastelli / Sistema Torino

36. Fulvio Gambotto / docente di storia e filosofia, cittadino democratico anti-fascista

37. Carlo Garella / diplomato p.i. chimico-conciario Istituto G. Baldracco

38. Fabio Sagazio / ex allievo Istituto Tecnico Conciario G. Baldracco

39. Ezio Dema / AICS-Associazione Italiana Cultura Sport

40. Maurizio Pagliassotti / scrittore, ciclista

41. Claudio Giorno / Movimento No TAV

42. Jean-Luis Aillon / attivista per la Decrescita Felice di Torino

43. Emilio Soave / presidente ProNatura

44. Roberto Gnavi / Italia Nostra

45. Mariangela Rosolen / Attac Torino- Associazione per la Tassazione delle Transazioni finanziarie

46. Luca Preti / cittadino

47. Gianni Napoli / insegnante, Coordinamento Contro La Buona Scuola di Torino

48. MariaChiara Raviola / pedagoga, coreografa, direttrice artistica progetti Danza di comunità

49. Cristina Riccati / ricercatrice teatrale, advisor festival danza, attivista culturale

50. Patrizia Veglione / giornalista

51. Claudio Zoccola / cittadino sensibile

52. Carlo Airola Tavan / cittadino accogliente

53. Luca Pastore / filmaker

54. Donatella Cambiano / docente tecnico-scientifica IIS “ Ada Gobetti Marchesini – Casale”

55. Gabriella Biggio / impiegata Liceo Artistico “PASSONI”

56. Rosanna Schiavo / impiegata Liceo Artistico “PASSONI”

57. Matteo Sturani / docente di Scienze – Università Milano

58. Alberto Reviglio / grafico

59. Fabrizio Finotello / insegnante di chimica IIS ” Ada Gobetti Marchesini – Casale ”

60. Cinzia Tarallo / insegnante di chimica IIS ” Ada Gobetti Marchesini – Casale ”

61. Franco Orsini / docente IIS “Albe Steiner”

62. Bruno Costa / perito conciario, Dott. Ingegneria Chimica

63. Corrado Borsa / storico

64. Euro Carello / docente in pensione

65. Armando Cametti / perito conciario in attività

66. Roberta Fassiano / ex docente Istituto Casale-Baldracco

Torino: nuova occupazione abitativa a Porta Palazzo

occupaziome_torino_ppNuova occupazione abitativa questa mattina a Torino. Decine uomini, donne e bambini hanno trovato una nuova casa presso un ex istituto tecnico in Corso Ciriè 7.

Così le famiglie sgomberate dallo spazio Neruda (ex CSE), insieme a nuovi nuclei familiari senza casa, hanno aperto le porte dello stabile e sono entrati rilevando lo stato di degrado in cui era ormai sottoposto da molti anni. Ennesimo esempio di come il comune gestisca le politiche abitative della nostra città in cui solo nel 2014 sono state sfrattate oltre 4500 famiglie senza alcun intervento da parte delle istituzioni alle quali ormai rimane il triste primato di aver creato una situazione sociale disastrata.

In un aria pesante come questa, la nuova occupazione riesce a dare respiro e una dignità a decine e decine di famiglie.

Con queste persone anche numerosi solidali che insieme a loro hanno deciso non solo di riappropriarsi dei bisogni e del proprio presente, ma di dare vita a questo spazio anche con attività utili al quartiere in cui è situato: Porta Palazzo.

In uno dei quartieri più popolari e multietnici di Torino, che ha visto negli anni una serie di cambiamenti e riqualificazioni, troviamo appartamenti di lusso o in costruzione che incentivano solamente gli investimenti di privati. Chi vive il quartiere da tempo si ritrova a vivere in alloggi i cui proprietari speculano sulla testa della gente, proponendo soffitte o piccoli alloggi a prezzi esorbitanti sull’affitto.

Il comune non solo non propone alternative concrete a chi butta fuori di casa ogni giorno, ma è il primo attore nell’incentivazione degli affari dei privati sul piano abitativo. L’amministrazione infatti preferisce lavarsi le mani delegando la questione abitativa alle fondazioni private, o alle grandi agenzie immobiliari o ancora alle banche e, a braccetto con i servizi sociali, propone fumose e finte alternative alle persone che tutti i giorni vivono e pagano il prezzo di una situazione di cui non sono responsabili.

Le responsabilità sono infatti di chi siede sulle poltrone dei palazzi, delle istituzioni tutte che non solo creano situazioni di invivibilità per tutta la popolazione, ma sono assolutamente incapaci di gestirla rapportandosi ad un problema di ordine sociale come un problema di ordine pubblico.

 

Leggi il comunicato delle famiglie occupanti:

La casa è un diritto e ce lo riprendiamo!

Questa mattina in circa 40 famiglie abbiamo deciso di riprenderci questo stabile di Corso Ciriè 7. Una scuola di proprietà del comune lasciata da anni in stato di abbandono, come migliaia di altri edifici in città, all’interno di uno dei quartieri più importanti di Torino: Porta Palazzo.

A Porta Palazzo troviamo appartamenti di lusso o in costruzione che incentivano investimenti di privati mentre chi vive nel quartiere da anni si ritrova a vivere in alloggi i cui proprietari speculano sulla pelle della povera gente, proponendo soffitte o piccoli alloggi a prezzi esorbitanti sull’affitto.
Nel corso degli anni questa zona urbana ha visto una serie di cambiamenti e riqualificazioni, dove nuove attività commerciali, soprattutto locali, si sono insediati.
Si è creata così una vera e propria barriera nei confronti di tutta quella fascia di popolazione che come noi non poteva permettersi affitti aumentati per colpa della riqualificazione, e che è stata costretta nel migliore dei casi ad abbandonare la propria zona per trasferirsi e nel peggiore ha perso la casa.

Siamo consapevoli che ormai le storie quotidiane di sfratti e di famiglie costrette a vivere in situazioni di disagio e precarietà quando non in strada non fanno più notizia, come se ormai fossero parte della vita normale di questa città.
Noi, famiglie, uomini e donne che abbiamo vissuto sulla nostra pelle la perdita del lavoro, uno sfratto, la perdita della nostra casa ed ancora l’indifferenza e l’arroganza dei rappresentanti del comune e delle assistenti sociali abbiamo però deciso di non rassegnarci. Insieme, abbiamo deciso di non restare in silenzio, di non continuare ad ascoltare passivamente le false promesse e le velate minacce, ma soprattutto abbiamo deciso di non fare calpestare la nostra dignità.

A giugno abbiamo deciso di trovare una soluzione, che oltre a ridarci una casa ci permettesse di riaffermare il nostro diritto a vivere in modo degno. Abbiamo occupato una palazzina in via Bardonecchia 151, diventato lo Spazio Neruda, di proprietà della cassa depositi e prestiti e come molte altre vuota e destinata a rimanere tale. In pochi giorni quello spazio era tornato a vivere e noi a costruire un presente diverso per noi e per i nostri figli.

Il comune e la prefettura, gli stessi che dichiarano di non avere risorse e soluzioni per tutti quelli che come noi sono in emergenza abitativa, ma che poi improvvisamente trovano milioni per costruire grattacieli regionali e opere inutili, hanno ordinato ed eseguito lo sgombero. Ma questo non ci ha fermati. Siamo ancora qua. E siamo sempre di più.

Non abbiamo ceduto alle minacce, non abbiamo accettato le proposte indegne di dormitori e di dividere le nostre famiglie.

Con l’occupazione a scopo abitativo dello stabile di Corso Ciriè 7, vogliamo oltre ad una casa denunciare non solo gli affari speculativi dei privati con la complicità delle amministrazioni pubbliche, ma anche i continui fallimenti delle politiche socio-abitative del Comune.

Oggi ci riconquistano quella dignità che meritiamo e fin dai prossimi giorni costruiremo con il quartiere nuovi spazi di aggregazione e di discussione.

Invitiamo tutti e tutte a raggiungerci in Corso Ciriè 7.

La casa è un diritto!

Le famiglie dello Spazio Popolare Neruda

Torino: 200 in corteo per sostenere il Neruda contro le minacce di sgombero

neruda_corteo A circa due settimane dall’occupazione, quest’oggi le famiglie dello Spazio Popolare Neruda si sono mosse in corteo per le vie del quartiere Pozzo Strada.

Un corteo nato dalla volontà di presentarsi al quartiere, che in questi giorni di occupazione si è dimostrato solidale e interessato alla nascita di questa nuova esperienza, ma anche per respingere con determinazione le minacce di sgombero che Questura e Prefettura hanno avanzato negli ultimi giorni, proponendosi così di affrontare ancora una volta l’emergenza abitativa nei termini di un problema di ordine pubblico, strada, questa, privilegiata dall’amministrazione comunale in questi anni di crisi.

Nei giorni scorsi la minaccia di rimettere per strada decine di famiglie, molte delle quali con bambini piccoli, aveva fatto nascere da parte degli occupanti e dei compagni dello Sportello Prendocasa un appello alla solidarietà e alla mobilitazione, che è culminato nel corteo di oggi dopo tre giorni di attività e momenti di socialità. Un corteo festoso e determinato, aperto dai bimbi dell’occupazione e composto da circa 200 persone tra occupanti e solidali, che intorno alle 17 è partito dal Neruda per snodarsi per le vie del quartiere. La manifestazione si è più volte fermata lungo il percorso per spiegare le ragioni dell’occupazione, presentandosi agli abitanti e invitandoli a sostenere e attraversare il nuovo spazio per costruirlo assieme e farne non solo una casa per decine di famiglie ma anche un luogo di incontro e socialità, in uno dei tanti quartieri torinesi che da questo punto di vista soffrono la mancanza di spazi adibiti a questo scopo.

Un corteo che ha chiarito l’intenzione di non fare nessun passo indietro rispetto all’occupazione, rivendicando una casa per tutti e tutte e pretendendo soprattutto l’immediato riallaccio dell’acqua corrente nella palazzina da parte dell’amministrazione comunale, che finora ha invece sfruttato la mancanza di acqua come pretesto per richiedere lo sgombero. La manifestazione è stata anche l’occasione per sottolineare l’importanza di esperienze di occupazione e rioccupazione come strumento per riprendersi diritti e dignità quotidianamente negati, respingendo al tempo stesso le retoriche razziste della guerra tra poveri.

Il corteo si è concluso ritornando al Neruda e rilanciando l’invito a sostenere lo spazio nei prossimi giorni.

da infoaut

Torino, nuova occupazione. Decine di famiglie prendono casa in via Bardonecchia

torino_occupazioneNuova occupazione a scopo abitativo a Torino. Decine di famiglie con bambini hanno trovato casa in un’edificio (ex scuola) in via Bardonecchia 151, di proprietà comunale fino al 2013, quando il comune ha deciso di venderlo alla Cassa Depositi e Prestiti, società per azioni finanziaria partecipata dallo Stato all’80%, che a sua volta ha intenzione di venderlo all’ennesimo palazzinaro e speculatore immobiliare per costruire case che con molta probabilità rimarranno vuote. Così questa mattina, famiglie e solidali hanno aperto le porte dell’edificio e sono entrati, rilevando lo stato di abbandono a cui era ormai sottoposto e con l’intenzione ora di fare un senso all’ennesimo edificio lasciato vuoto. Con le famiglie anche numerosi solidali che insieme a loro hanno deciso non solo di riappropriarsi del bisogni e della dignità, ma di dare vita a questo spazio anche con attività utili al quartiere in cui è situato.

In una Torino in cui solo nel 2014 sono state sfrattate oltre 4500 famiglie senza alcun intervento da parte delle istituzioni alle quali ormai rimane il triste primato di aver creato una situazione sociale disastrata, questa nuova occupazione riesce a dare respiro e una dignità a decine e decine di famiglie.

Intanto gli occupanti rilanciano già per sabato 27 giugno con un’iniziativa nella nuova occupazione di via Bardonecchia, per un pomeriggio di giochi e merenda per i più piccoli, un aperitivo e un’assemblea aperta a tutti e tutte per approcciarsi al quartiere e farsi conoscere.

Leggi il comunicato del collettivo Prendocasa – Torino:

Nella mattinata di domenica 21giugno, 30 famiglie hanno occupato lo stabile di via Bardonecchia 151, uno degli innumerevoli edifici pubblici da anni abbandonato dall’amministrazione comunale torinese. La riappropriazione dello stabile si inserisce in quel percorso di azione diretta che molte famiglie stanno attuando in città: di fronte all’immobilismo delle istituzioni locali incapaci di dare soluzioni reali agli innumerevoli sfratti, le famiglie si organizzano e occupano, trovando una soluzione immediatamente praticabile allontanando la paura di subire uno sfratto coatto attraverso l’uso della forza pubblica.

La storia dello stabile occupato è simile a quella di altri immobili di proprietà comunale: acquisito nel 1958, il comune nel 1997 affida l’immobile al Consorzio per lo Sviluppo dell’Elettronica e dell’Automazione (CSE), una delle tante “municipalizzate” svendute ai privati. Fallito il consorzio nel 2012, il Comune lo vende all’attuale proprietà, la Cassa Depositi e Prestiti, società finanziaria partecipata dallo Stato all’80% . L’immobile viene messo all’asta ma non trova, per ben tre volte, nessun acquirente. Attualmente l’edificio risulta ancora di proprietà della Cassa Depositi e Prestiti ma sembra che sia stato adocchiato da uno dei tanti marchi della grande distribuzione che per adesso non ha avanzato nessuna offerta.

Come dicevamo una storia che si ripete per quegli edifici pubblici che diventano occasione di speculazione e profitto per l’interesse privato. Il solito esempio di soldi e risorse pubbliche mal gestite dalle istituzioni.

Con l’occupazione a scopo abitativo dello stabile di via Bardonecchia si vogliono denunciare non solo gli affari speculativi dei privati con la complicità delle amministrazioni pubbliche, ma anche i continui fallimenti delle politiche socio-abitative del Comune che svende patrimonio pubblico ai privati per fare cassa senza redistribuire sul territorio la ricchezza acquisita dalla vendita degli immobili.

Oggi le 30 famiglie che si sono riappropriate dello stabile, riconquistano quella dignità che meritano e si riprendono un bene pubblico che, nell’interesse della collettività, viene sottratto alla rendita privata. Le famiglie occupanti, inoltre, a breve si confronteranno con gli abitanti del quartiere di Pozzo Strada e San Paolo per capire quali attività potranno essere svolte negli spazi che non verranno adibiti ad uso abitativo.

Cosenza: dall’occupazione alla requisizione

La requisizione dell’ex istituto delle Canossiane segna un punto importante nel percorso del movimento di lotta per diritto all’abitare di questa città che, in questi anni, ha sfidato e ribaltato la logica clientelare da sempre sottesa al bisogno casa, mettendo al centro il protagonismo dei senza casa. Con determinazione si è riusciti a portare le istituzioni a mettere in discussione 40 anni di gestione clientelare, di speculazione e corruzione attorno al bisogno casa che hanno determinato la cementificazione selvaggia, lo spreco delle risorse e il non soddisfacimento del bisogno stesso. La valenza della “via cosentina” all’emergenza abitativa raddoppia se letta all’indomani dell’ennesima inchiesta sulla mala gestione calabrese dell’erp (che vede coinvolta l’intera ex giunta regionale) e lo scandalo che ha travolto l’ormai ex ministro Lupi assieme alla losca cricca d’affari che sta dietro alle (inutili) grandi opere.

Una giornata storica per questa città, per il diritto all’abitare in generale e per tutti quelli che quotidianamente lottano contro la protervia di uno stato che affronta i disagi sociali secondo i dettami della troika, investendo negli sgomberi e nella repressione di tutti quei movimenti che rispondono alla crisi con l’autorganizzazione e la riappropriazione dei diritti. Tra i diritti irrinunciabili e qualificanti di un sistema sociale c’è quello ad un’abitazione dignitosa che strappi la gente al ricatto dell’affitto o, peggio, al dramma della strada.

Una requisizione che inserisce un’ulteriore tassello nel percorso della lotta per la casa cosentina che dal 2010 in poi ha visto una evoluzione positiva, riuscendo a sensibilizzare le orecchie dell’amministrazione comunale. Dall’istituzione di una delega specifica per l’emergenza casa passando alla requisizione di palazzo Francini per arrivare fino ad oggi. Altri segni che il percorso del Comitato Prendocasa ha agito propositivamente – non solo per slogan- è il ripristino della destinazione d’uso ad alloggi popolari dei sette palazzi del centro storico precedentemente ed impropriamente assegnati all’unical e l’apertura di un tavolo interistituzionale (con Regione, Aterp, Comune e Comitato) che affronti il diritto alla casa non più in chiave emergenziale ma strutturale cambiando una legge regionale inadeguata e logora. Questo ciclo importante è la dimostrazione di come le misure di giustizia che proponiamo possano diventare ricette amministrative concrete per intervenire nel dramma abitativo, misure di “buon senso” contro l’arroganza della speculazione edilizia e gli effetti dell’emergenza casa.

L’ordinanza stessa porta il segno di questo confronto e per la prima volta non si parla più di nuovi metri cubi di cemento bensì di recupero e autorecupero dell’esistente, Canossiane permettendo! E già. L’ordinanza infatti è un atto forte ma temporaneo, 90 giorni nei quali l’amministrazione proverà ad acquisire l’immobile per poi sperimentare l’autorecupero dell’immobile assieme agli occupanti stessi e durante i quali le suore potrebbero fare ricorso al Tar avverso l’ordinanza. Vedremo.

Cinque anni di manifestazioni, partecipazione, denunce, sgomberi, sacrifici e lotta per arrivare ad un risultato che, anche se parziale, è storico. Una battaglia vinta grazie a tutti quelli che in questi mesi ci hanno dimostrato la solidarietà: compagni e compagne dalle molteplici appartenenze, persone senza appartenenza politica e tantissimi cattolici che cercano per altri sentieri le nostre stesse risposte. Questo composito mosaico ci mostra una Cosenza solidale e ribelle che oggi gioisce per una vittoria collettiva, patrimonio comune di chi sogna ancora pari diritti e dignità per tutt* e giustizia sociale.

da prendocasa-cosenza

Torino, sgomberata occupazione abitativa di via Spano

via_spanoNella mattinata di Martedì 6 febbraio la polizia ha fatto irruzione in uno degli stabili occupati il 17 gennaio scorso nell’ambito della settimana nazionale di mobilitazioni indetta dalla rete Abitare nella crisi dal 15 al 22 gennaio e che già nei giorni precedenti aveva visto numerose città in mobilitazione. In quell’occasione, nella città di Torino, sono state effettuate 3 occupazioni in diversi punti della città, tra cui una palazzina in via Spano che dava un tetto a 13 famiglie. Intorno alle 8.30 di questa mattina, la polizia ha effettuato lo sgombero entrando all’interno della palazzina e sfondando le porte degli appartamenti e obbligando tutti e tutte le occupanti a permanere all’interno dello stabile.

Singolare, quanto meno ignobile, il modo in cui la polizia ha condotto questa operazione: nelle prime ore del mattino la digos ha infatti seguito un occupante che si recava al lavoro, per poi fermarlo e portarlo in questura, dove è stato trattenuto per diverse ore. Lì è stato privato delle chiavi dello stabile che ha permesso a polizia e digos un primo accesso all’interno dello stabile. Che la polizia si serva di nuovi espedienti beceri per praticare uno sgombero è sicuramente una novità ma non ci soffermiamo più di tanto sulla questione, se non rilevando l’assurdità del gesto.

A richiedere lo sgombero, il proprietario della palazzina che dopo aver lasciato il palazzo abbandonato per anni, ora tira fuori dalla tasca un fantomatico progetto di residence. Polizia, questura e proprietario quindi hanno dato il via allo sgombero, lasciando da oggi in mezzo alla strada 13 famiglie, tra cui alcuni bambini. Tra le  occupanti anche una donna incinta, in questi giorni in ospedale per l’imminente parto. Non crediamo sia un caso che lo sgombero effettuato sia stato fatto proprio in sua assenza, di fronte alla difficoltà mediatica (nel gestire la situazione) che altrimenti questo avrebbe comportato. Ma di certo questo non cambia lo stato delle cose, a trovarsi in mezzo alla strada non solo da oggi ci sarà una donna con un neonato, ma le molte famiglie che cercano di appropriarsi di un diritto, quello all’abitare, e di darsi delle risposte, laddove istituzioni e compagnia non sono in grado di dare.

Le famiglie sgomberate non mancheranno di dare la giusta risposta a chi oggi continua a negare il diritto all’abitare…stay tuned!

Nuova occupazione a Torino, 10 famiglie prendono casa

prendo_casaLa battaglia contro gli sfratti e per il diritto all’abitare ha segnato un nuovo importante risultato quest’oggi a Torino con la nascita di una nuova occupazione in corso Traiano 128, nel quartiere di Mirafiori. Si tratta di una palazzina di proprietà di un’azienda della grande distribuzione rimasta abbandonata ormai da alcuni anni.

L’iniziativa è stata portata avanti da alcune famiglie sfrattate affiancate dallo Sportello per il diritto alla casa Zona San Paolo, dal collettivo Prendocasa e dal comitato di quartiere di San Salvario e si pone in continuità con il corteo di alcune settimane fa che ha avviato un percorso cittadino per il diritto all’abitare e in cui il problema della casa è stato posto con forza di fronte a delle istituzioni ormai da tempo immobili e incapaci di dare risposte agli effetti della crisi.

Ad aver preso casa con l’occupazione di oggi sono ben 10 famiglie di italiani, migranti e rifugiati, tutte accomunate dalla volontà di mobilitarsi assieme per riprendersi il diritto ad un tetto sopra la testa.

Da segnalare l’atteggiamento nervoso delle forze dell’ordine che, poco dopo l’ingresso nella palazzina da parte delle famiglie e dei comitati, ha fatto giungere sul posto due volanti che hanno tentato di trattenere due compagni impegnati nella lotta per la casa e di requisire alcuni strumenti da lavoro utilizzati poco prima per l’ingresso nell’edificio. Di fronte alla reazione e alla determinazione delle persone presenti gli agenti hanno però abbandonato in fretta il tentativo e si sono allontanati.

Nel frattempo sono iniziati i lavori di pulizia e ristrutturazione all’interno dello stabile per renderlo immediatamente disponibile all’abitazione.

In una città come Torino in cui, con la crisi, la questione abitativa ha assunto da tempo i tratti di una vera e propria emergenza e in cui l’amministrazione locale si rifiuta di avviare la moratoria sugli sfratti che da più parti viene richiesta per dare il segnale di un impegno concreto su questo fronte, una decina di famiglie ha deciso oggi di prendersi autonomamente le risposte ai propri bisogni che il Comune non è in grado di dare.

#riprendiamocilacittà!

Basta case vuote!

basta_case_vuote19 marzo, ennesima giornata di sfratti a Torino, sempre più capitale di questa infame pratica. Ma in via Gaglianico, i solidali che alle 6 arrivano per mettere in atto il picchetto trovano un’amara sorpresa: la strada è occupata da celere e digos, blindati e volanti, che giunti intorno alle 5, e dopo aver sfondato la porta di fatto stanno già eseguendo lo sgombero della famiglia, composta da 5 persone. 5 persone che per comune questura e prefettura possono tranquillamente trovare posto sotto un ponte. I solidali, a distanza ed immediatamente identificati dalla digos, non possono far altro che assistere agli eventi e concordare il trasporto delle masserizie della famiglia. Come sempre è da sottolineare la sensibilità delle forze dell’ordine che, di fronte ad una situazione drammatica, ad una donna che piange perché non sa della propria sorte, non trovano di meglio che sghignazzare e rivolgere insulti razzisti. Complimenti.

Va meglio all’altro picchetto in zona San Paolo, che forte di una presenza di trenta persone tra compagn* ed occupanti di case, strappa una proroga fino a giugno.
Resta però il fatto che una famiglia (ad un terzo accesso) ha dovuto abbandonare l’alloggio e rischia seriamente di rimanere per strada, nell’assoluto disinteresse delle istituzioni. Per l’assessora Tisi e per il sindaco Fassino il problema della casa è solo un problema di ordine pubblico, al quale rispondere con strategie pseudo-militari.

Non così per i/le compagn* dello sportello Casa di Zona San Paolo e per gli occupanti degli edifici del quartiere: perché la casa è un diritto e Torino è piena di alloggi, intere palazzine vuote. Perché non ci si può rassegnare alla crisi che morde tutti i giorni, come non si può delegare alle istituzioni la risoluzione di un problema come quello della casa, istituzioni che sanno solo regalare pezzi di patrimonio pubblico a banche e finanziarie.
Per questo nel pomeriggio, dopo un corteo per il quartiere, tra slogan e i tamburi della SambaBand, viene occupato un alloggio ATC all’interno del complesso di case popolari di Corso Racconigi in zona San Paolo. Una risposta immediata ad un problema impellente, una scelta di dignità per una famiglia che non si rassegna alla propria condizione.
Evidentemente toccare direttamente gli interessi dell’ATC deve aver infastidito non poco. Nel tardo pomeriggio si materializzava in modo massiccio una digos molto nervosa e minacciosa. La presenza di un paio di blindati parcheggiati in Piazza Adriano pare facesse presagire ad un intervento immediato, ma probabilmente il fatto di essersi dovuti confrontare con la presenza di decine e decine di solidali arrivati in pochi minuti a sostegno della nuova occupazione, ha scoraggiato al momento uno sgombero.
Chi crede che in questo modo si possa intimidire o stancare chi porta avanti le lotte per il diritto all’abitare è parecchio fuori strada.

Sappiano lor signori che non ci sfiancheranno, perché chi lotta è vivo/a.
“Basta case vuote” con queste parole d’ordine ci si è mossi ieri, ogni sfratto deve avere una risposta immediata, non si possono tollerare uomini, donne, bambini in mezzo alla strada. Se le case ci sono e rimangono vuote, si possono requisire, è una scelta politica, altrimenti non possiamo che continuare ad occupare.

Sportello Diritto alla Casa Zona San Paolo

da csoagabrio