Torino, anno nuovo stessa storia: arresti e misure per aver resistito ad uno sfratto

Questa mattina, 3 gennaio 2017, ci siamo trovati a dover affrontare la notizia di alcune misure cautelari ( tra queste addirittura due detenzioni in carcere e un arresto domiciliare) a scapito di alcuni militanti ed attivisti del collettivo Prendocasa e più in generale a scapito di persone generose che contribuiscono a portare in luce, riuscendo talvolta ad evitare, gli innumerevoli sfratti presenti nella città di Torino.
Queste misure preventive in particolare sono state richieste per la resistenza allo sfratto di Said e della sua famiglia (nucleo con tre minori).
Era il 14 di Ottobre (circa tre mesi fa), quando alcuni sgherri del noto palazzinaro Giorgio Molino insieme ad un ingente numero di forze dell’ordine hanno eseguito lo sfratto a sorpresa (pluricitato articolo 610). In quell’occasione furono moltissimi i solidali accorsi e ci fu una resistenza attiva partecipata da gran parte del quartiere.
La famiglia risiedeva da anni in corso regina 51, non potendo più pagare l’affitto a causa della crisi impellente si rivolse allo sportello ed iniziò il percorso di resistenze e picchetti che ha fatto conoscere la storia di emergenza in tutta Vanchiglia.
Quel 14 Ottobre l’infamia del ras delle soffitte (Giorgio Molino) si era superata, quando alcuni suoi adepti avevano fatto incursione nell’abitazione della famiglia sotto sfratto, distruggendo tutto quello che si parava loro davanti (per fortuna i bambini erano a scuola!)! I brutti ceffi, ascoltando la sola “legge dell’immobile libero”, avevano iniziato a portare via oggetti di proprietà di Said e ad eseguire lo sgombero dell’appartamento, il tutto con la tacita connivenza del comune e della questura; infatti in loco non erano presenti né l’ ufficiale giudiziario, né i servizi sociali, ovvero gli organi di competenza in questi casi (l’uno per far sì che l’esecuzione avvenga, gli altri per i minori in carico). In seguito allo scempio appena raccontato erano accorsi i molti solidali, (alcuni militanti del centro sociale Askatasuna, vicinissimo all’appartamento, alcuni ragazzi dello sportello Prendocasa, giovani e meno giovani del quartiere tutto); quindi era giunta la polizia che attraverso l’impiego di numerosi blindati aveva paralizzato corso Regina Margherita (nodo centrale della nostra città).
Quello che è successo successivamente, quello per cui otto persone sono inquisite (alcune addirittura rinchiuse alle Vallette) sono atti di resistenza e di denuncia a questo scempio! Da una parte vi era la famiglia di Said, ancora una volta isolata, ma che non voleva perdere la dignità, il diritto ad un’esistenza migliore; dall’altra la polizia a difesa del ricco palazzinaro Giorgio Molino, il silenzio delle istituzioni, la non voglia di risolvere i problemi che soffocano la città sabauda(tra questi l’emergenza abitativa appunto).
Ci chiediamo come sia possibile che procura e magistratura continuino a firmare insensate richieste di detenzione?
Le volontà sono ancora una volta politiche. Troppo comodo è mantenere questo stato di cose, dove in pochi continuano a mangiare sulle teste dei molti che hanno pochissimo.
Quel 14 Ottobre Said fu sbattuto fuori di casa. Dopo una notte di testimonianza, passata al gelo, fuori dalle mura del comune di Torino, ancora adesso attende una soluzione.
Quello con cui ci troviamo a fare i conti è un infame atto repressivo nei confronti di persone generose, le quali non credono che la soluzione sia nascondere la testa sotto la sabbia e fare finta di nulla!
Chiediamo la libertà immediata per tutti quelli che quel giorno hanno resistito al fianco di Said, che altre volte si sono trovati a chiedere spiegazioni a chi, in teoria, dovrebbe essere responsabile e stipendiamo attraverso le tasse che cerchiamo di pagare.
La risposta all’emergenza abitativa non può essere né di ordine pubblico, né risolta attraverso atti repressivi contro chi cerca di portare in luce determinate questioni.
Vogliamo una casa per Said, per tutti e tutte!
Chiediamo che l’articolo 610 venga eliminato e quindi chiediamo il blocco degli sfratti, degli sgomberi e dei pignoramenti!
Gridiamo a gran voce: libertà per Donato e Stefano detenuti alle Vallette e per Riccardo agli arresti domiciliari!
Libertà per Stella, Valeria, Mattia, Forgi e Cecca sottoposti all’obbligo di presentazione quotidiana alla Pg (richiesta fatta anche per Donato e Riccardo..addirittura due misure? ).
Basta con questi continui attacchi contro chi lotta per un tetto ed una dignità per tutti e tutte!

Solidarietà agli studenti arrestati dalle famiglie dello Spazio Popolare Neruda

Abbiamo appreso che questa mattina 7 ragazzi universitari sono stati arrestati per aver espresso il loro determinato dissenso contro chi all’interno dell’ateneo cerca di diffondere il razzismo e l’odio verso l’altro. Questi ragazzi noi li conosciamo, ci hanno dato una mano. Potrebbero addirittura essere i nostri figli.
Tutti sanno che la nostra casa di Corso Ciriè è abitata da italiani e migranti che vivono e lottano fianco a fianco per delle condizioni di vita più dignitose per tutti e tutte. Per questo siamo vicini e solidali a questi ragazzi e li ringraziamo per il loro coraggio, perchè quella giornata hanno difeso anche noi.
Troviamo inaccettabile che chi semina odio non abbia nessuna ripercussione e chi invece manifesta il proprio diritto a dissentire venga così severamente punito.
Noi stessi abbiamo subito questa sorte circa due mesi fa ed è anche perchè ci siamo passati che dobbiamo dire basta a questa giustizia che contiene due pesi e due misure!
LIBERTA’ PER MARIA EDGARDA, DIEGO, UMBERTO, DAVIDE, MATTIA, SILVESTRO E SIMONE!
‪#‎libertàdidissenso‬ ‪#‎libertàdistudiare‬ ‪#‎libertàdiresistere‬

libertadissenso

Solidarietà da Torino alla lotta per la casa di Padova

A Padova 11 attivisti del comitato di lotta per la casa sono state raggiunte da svariate misure cautelari che vanno dagli arresti domiciliari a obblighi di firma e divieti di dimora.
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L’assurdo reato contestato è “associazione a delinquere”, per aver partecipato a decine di picchetti anti-sfratto e aver difeso il diritto di tante famiglie ad avere una casa. Con queste misure cautelari le istituzioni provano ad intimidire gli attivisti e le famiglie che si battono quotidianamente per i loro diritti, e inoltre, magistratura e amministrazioni locali, diventano meri esecutori di una vendetta voluta da speculatori e palazzinari nei confronti di chi lotta per la casa.
Da Torino, dove quotidianamente ci battiamo contro la violenza degli sfratti a fianco delle molte famiglie alle quali viene negata la possibilità di una vita dignitosa, non possiamo che sentirci vicini ed esprimere solidarietà verso i compagni e le compagne di Padova.
La lotta per la casa è un dovere per tutti coloro che oggi si sentono minacciati dalle politiche liberticide del governo Renzi e dall’insufficienza con cui viene trattata l’emergenza abitativa nel paese.
Se le resistenze allo sfratto costituiscono un problema per le istituzioni, significa che stiamo andando nella direzione giusta, quella percorsa dal basso con famiglie e attivisti pronti a lottare per migliorare le proprie condizioni di vita.
A fianco dei compagn* di Padava, Liberi tutti!
Le famiglie occupanti dello Spazio Popolare Neruda e Progetto Prendocasa Torino

Maxi operazione della questura contro la lotta per la casa

Torino_All’interno di una maxi operazione della questura di Torino contro le realtà che si battono per il diritto all’abitare, oggi 3 giugno arrivano anche le denunce per gli attivisti del collettivo Prendocasa che il 15 maggio del 2013 contestarono Elvi Rossi, presidente di Atc. La continua malagestione da parte del presidente dell’ATC, veniva denunciata dalle famiglie sfrattate e occupanti di case cogliendo di sorpresa il signor Rossi in un ristorante di lusso. Riproponendo l’Escrache argentino-spagnolo, il presidente dell’Atc veniva contestato, prima all’interno del ristorante e poi dopo all’esterno mentre velocemente si dirigeva verso la propria automobile di lusso, a suon di cori e sonagli.

Ascolta Luca del collettivo Prendocasa-torino:

 

Continuano gli attacchi ai movimenti sociali a chi si batte quotidianamente contro un sistema politico sempre più lontano dalle esigenze e dai bisogni delle persone. Parlare di violenza privata e minaccia come capo d’imputazione e fuori dalla realtà, quando la contestazione, legittima, a Elvi Rossi aveva lo scopo di denunciare pubblicamente i risultati di una gestione fallimentare delle case popolari: migliaia di famiglie senza case, sfrattate e senza nessuna soluzione reale da parte delle istituzioni locali.

I movimenti per la casa sono parte di un corpo sociale che oggi sente l’acuirsi del disagio abitativo, provocato dalle istituzioni che invece di garantire il diritto alla casa, affrontano la questione abitativa come mera questione di ordine pubblico. Come avvenuto per il movimento di lotta per la casa romano e per tutti i movimenti sociali che oggi alzano la testa per opporsi alle politiche di impoverimento del governo Renzi – incapace di portare soluzione reali all’emergenza abitativa che attraversa il nostro paese – anche a Torino si manifesta l’inadeguatezza delle istituzioni (targate PD) le quali delegano, per incapacità e mancata volontà politica di risolvere le questioni sociali, alla magistratura il ruolo tutto politico che quest’ultima esercita nei territori attraverso arresti e denunce nella speranza di intimorire o debellare forme di contrapposizione sociale.

Non saranno le denunce a fermarci, continueremo a lottare a fianco delle famiglie e di coloro che si battono per la casa, per la dignità, per una vita migliore.

Solidarietà agli arrestati, alle arrestate, inquisit*, domiciliat*!