Torino, anno nuovo stessa storia: arresti e misure per aver resistito ad uno sfratto

Questa mattina, 3 gennaio 2017, ci siamo trovati a dover affrontare la notizia di alcune misure cautelari ( tra queste addirittura due detenzioni in carcere e un arresto domiciliare) a scapito di alcuni militanti ed attivisti del collettivo Prendocasa e più in generale a scapito di persone generose che contribuiscono a portare in luce, riuscendo talvolta ad evitare, gli innumerevoli sfratti presenti nella città di Torino.
Queste misure preventive in particolare sono state richieste per la resistenza allo sfratto di Said e della sua famiglia (nucleo con tre minori).
Era il 14 di Ottobre (circa tre mesi fa), quando alcuni sgherri del noto palazzinaro Giorgio Molino insieme ad un ingente numero di forze dell’ordine hanno eseguito lo sfratto a sorpresa (pluricitato articolo 610). In quell’occasione furono moltissimi i solidali accorsi e ci fu una resistenza attiva partecipata da gran parte del quartiere.
La famiglia risiedeva da anni in corso regina 51, non potendo più pagare l’affitto a causa della crisi impellente si rivolse allo sportello ed iniziò il percorso di resistenze e picchetti che ha fatto conoscere la storia di emergenza in tutta Vanchiglia.
Quel 14 Ottobre l’infamia del ras delle soffitte (Giorgio Molino) si era superata, quando alcuni suoi adepti avevano fatto incursione nell’abitazione della famiglia sotto sfratto, distruggendo tutto quello che si parava loro davanti (per fortuna i bambini erano a scuola!)! I brutti ceffi, ascoltando la sola “legge dell’immobile libero”, avevano iniziato a portare via oggetti di proprietà di Said e ad eseguire lo sgombero dell’appartamento, il tutto con la tacita connivenza del comune e della questura; infatti in loco non erano presenti né l’ ufficiale giudiziario, né i servizi sociali, ovvero gli organi di competenza in questi casi (l’uno per far sì che l’esecuzione avvenga, gli altri per i minori in carico). In seguito allo scempio appena raccontato erano accorsi i molti solidali, (alcuni militanti del centro sociale Askatasuna, vicinissimo all’appartamento, alcuni ragazzi dello sportello Prendocasa, giovani e meno giovani del quartiere tutto); quindi era giunta la polizia che attraverso l’impiego di numerosi blindati aveva paralizzato corso Regina Margherita (nodo centrale della nostra città).
Quello che è successo successivamente, quello per cui otto persone sono inquisite (alcune addirittura rinchiuse alle Vallette) sono atti di resistenza e di denuncia a questo scempio! Da una parte vi era la famiglia di Said, ancora una volta isolata, ma che non voleva perdere la dignità, il diritto ad un’esistenza migliore; dall’altra la polizia a difesa del ricco palazzinaro Giorgio Molino, il silenzio delle istituzioni, la non voglia di risolvere i problemi che soffocano la città sabauda(tra questi l’emergenza abitativa appunto).
Ci chiediamo come sia possibile che procura e magistratura continuino a firmare insensate richieste di detenzione?
Le volontà sono ancora una volta politiche. Troppo comodo è mantenere questo stato di cose, dove in pochi continuano a mangiare sulle teste dei molti che hanno pochissimo.
Quel 14 Ottobre Said fu sbattuto fuori di casa. Dopo una notte di testimonianza, passata al gelo, fuori dalle mura del comune di Torino, ancora adesso attende una soluzione.
Quello con cui ci troviamo a fare i conti è un infame atto repressivo nei confronti di persone generose, le quali non credono che la soluzione sia nascondere la testa sotto la sabbia e fare finta di nulla!
Chiediamo la libertà immediata per tutti quelli che quel giorno hanno resistito al fianco di Said, che altre volte si sono trovati a chiedere spiegazioni a chi, in teoria, dovrebbe essere responsabile e stipendiamo attraverso le tasse che cerchiamo di pagare.
La risposta all’emergenza abitativa non può essere né di ordine pubblico, né risolta attraverso atti repressivi contro chi cerca di portare in luce determinate questioni.
Vogliamo una casa per Said, per tutti e tutte!
Chiediamo che l’articolo 610 venga eliminato e quindi chiediamo il blocco degli sfratti, degli sgomberi e dei pignoramenti!
Gridiamo a gran voce: libertà per Donato e Stefano detenuti alle Vallette e per Riccardo agli arresti domiciliari!
Libertà per Stella, Valeria, Mattia, Forgi e Cecca sottoposti all’obbligo di presentazione quotidiana alla Pg (richiesta fatta anche per Donato e Riccardo..addirittura due misure? ).
Basta con questi continui attacchi contro chi lotta per un tetto ed una dignità per tutti e tutte!

Cresce la disuguaglianza sociale

europa21Dall’inizio della crisi economica sempre più fasce sociali vengono investite dai processi di proletarizzazione dato dal continuo livellamento verso il basso dovuto alle politiche di austerità e alla trasformazione sistemica.

Se la crisi e i suo effetti – leggi gestione capitalistica di scarico dei costi ai danni delle fasce più poveri e/o in fase di impoverimento – da un lato producono povertà ed esclusione sociale, dall’altro lato la ricchezza prodotta e non redistribuita rimane nelle mani di quel 1% della popolazione mondiale che possiede la totalità della ricchezza prodotta.

Nel rapporto diffuso da Oxfam alla vigilia del Forum economico mondiale di Davos, rivela che negli ultimi 12 mesi il divario tra i più ricchi e il resto del mondo è cresciuto drasticamente. La crescente disuguaglianza sociale ed economica si abbatte in modo catastrofico sulle fasce sociali più povere: i dati diffusi da Oxfam rivelano come dal 2010, 3,6 miliardi di persone, la metà della popolazione mondiale, ha visto la propria quota di ricchezza ridursi di circa 1.000 miliardi di dollari, mentre i 62 super ricchi invece registrano un incremento di oltre 500 miliardi di dollari, arrivando così ad un totale di 1.760 miliardi di dollari, in un contesto che continua a lasciare le donne in condizione di grave svantaggio (perfino tra i 62 super-ricchi solo 9 sono donne).

Sempre dai dati diffusi da Oxfam, questa disuguaglianza sociale viene registrata anche in Italia. I dati sulla distribuzione nazionale della ricchezza del 2015 evidenziano come l’1% più ricco degli italiani sia in possesso del 23,4% della ricchezza nazionale netta.

Dal 2010 al 2015 l’incremento della ricchezza prodotta è finita tutta nelle mani di quel 10% più ricco degli italiani. Se a questo si aggiungono la perdita del posto di lavoro, i licenziamenti facilitati dalla riforme del governo Renzi attraverso il Jobs Act, lo smantellamento del welfare e l’ esclusione dai servizi dovuti alla rigidità dei parametri di gerarchizzazione sociale, il 2016 non porterà quei miglioramenti tanto decantati dal governo Renzi dove tutto o quasi è in continua ripresa e dove l’ottimismo di propaganda politica sostituisce il dato di realtà sociale odierno.

Non saranno i dati registrati dalla società Oxfam a smuovere i potenti per sanare il divario fra ricchi e poveri ma starà a noi munirci di quegli anticorpi sociali e di contrapposizione all’impoverimento crescente.

Nella città vetrina…NOI VENIAMO “PRIMA”! #SenzaCasaNonSOStare

Dopo l’iniziativa di protesta di ieri sera, lunedì 28 dicembre, davanti al Teatro Regio di Torino durante la prima di “Roberto Bolle and Friends” ,le famiglie occupanti dello Spazio Popolare Neruda hanno scritto un comunicato nel quale descrivono il senso politico della manifestazione che, oltre alla lotta per la casa, ha supportato anche le rivendicazioni dei lavoratori dello spettacolo:

Abbiamo da poco concluso un lungo, ma efficace presidio ad un’importante prima teatrale del Regio di Torino. Era da tanto tempo che sentivamo l’esigenza di fare in modo che tutti si ricordassero che Torino è soprattutto la capitale degli sfratti.
Siamo arrivati di sorpresa davanti all’ingresso del teatro verso le 19 e lì abbiamo preso posizione affinchè i bambini, insieme ad alcuni lavoratori dello spettacolo, riuscissero ad eseguire la performance (nonostante un ingente dispiegamento di agenti in anti sommossa) che si erano preparati: una delle nostre rivendicazioni era infatti il diritto ad una cultura libera ed accessibile a tutti e per questo abbiamo scelto il Teatro Regio, simbolo della cultura d’elitè, della cultura dei pochi che se la possono permettere.
 

regio_casa00Una bimba dell’occupazione durante la preparazione del loro spettacolo

Il nostro presidio è durato più di 2 ore, in cui molti di noi hanno preso parola per raccontare, non più i drammi di chi ha perso il lavoro, la casa e le possibilità di una vita agiata, ma la determinazione di chi ha deciso di lottare per riprendersela.
Abbiamo cominciato col riprenderci la casa, occupando una scuola abbandonata. Abbiamo continuato col riprenderci le “comodità” minime (che dovrebbero essere garantite a tutti), costruendo con i nostri pochi soldi docce e cucine. Ora ci siamo ripresi il posto che ci spetta: in prima fila, davanti a tutti coloro che sono abituati a guardare da un’altra parte al nostro passaggio, obbligandoli a confrontarsi con noi.
Come abbiamo spiegato in quella sede, ci siamo stufati di dover fare la parte di quelli che chiedono la carità, parte che non ci siamo cuciti noi addosso, ma che ci è stata affibiata da altri. Ora che siamo tanti e siamo uniti, il percorso della lotta è quello che abbiamo deciso di percorrere.


regio_casa01Un momento del presidio

E nonostante qualcuno pensi il contrario, decidere di lottare per la dignità e per il miglioramento delle nostre condizioni di vita è una precisa scelta politica, indipendentemente dal fatto che si tratti di lotta per la casa, per la propria terra, per l’istruzione o contro un lavoro (sempre se c’è) precarizzato e precarizzante.

Verso le 8.30, poco prima dell’inizio dello spettacolo, siamo riusciti a far entrare una nostra delegazione che parlasse davanti al pubblico impellicciato dello spettacolo. Questo è il volantino che abbiamo letto sul palco:

“Noi siamo coloro che lottano per la propria dignità.
Noi siamo le famiglie costrette ad occupare una casa per poter dormire al caldo d’inverno.
Noi siamo disoccupati o lavoratori precari.
Noi siamo coloro che sognano un futuro migliore per i nostri figli.
Alcuni di noi hanno fatto molti chilometri per inseguire questo sogno.
Noi, nonostante tutte le difficoltà e differenze, siamo uniti nella ricerca e nella lotta per realizzare questo desiderio.
Ma siamo anche quelli che vengono messi al margine della società, relegati a chiedere assistenza o carità.
Noi siamo quelli che, nonostante le scarsissime risorse, facciamo la nostra parte per far circolare l’economia di cui tanto ci si preoccupa.
Ci siamo stancati di tendere la mano per un tozzo di pane.
Oggi vogliamo riprenderci un po’ di visibilità, uscire dall’oscurità in cui ci hanno relegato perchè vogliamo riprenderci la vita che ci hanno tolto, anche se l’interruzione della sfilata infastidisce.
Oggi siamo qui, alla prima del Teatro Regio perché vogliamo mostrare l’altra faccia di Torino, quella dei disoccupati, dei precari, degli sfrattati, e che si contrappone alla vetrina che ci vogliono propinare.
La città del futuro, la smart city, è solo un’ illusione, perché la realtà è quella di migliaia di persone che continuano a pagare la crisi, che perdono il lavoro e di conseguenza la casa. La città del futuro è quella in cui il denaro pubblico viene utilizzato per opere inutili, dove gli ospedali chiudono e le scuole crollano; dove centinaia di case sono vuote, sfitte, mentre colate di cemento vengono versate per costruire edifici, grattacieli che non servono certo a noi, ma a riempire le tasche dei soliti palazzinari, banchieri e politicanti.
Bisogna costruire e riqualificare le case popolari, offrire i servizi essenziali come scuola e servizi sanitari gratuiti, assistenza sociale reale e trasporti funzionanti e accessibili.
Lo sfarzo e il lusso che la minoranza dei Torinesi sfoggiano in queste occasioni non può nascondere il disagio sociale che ormai dilaga.
La “ povertà economica” è sempre più sinonimo di “povertà culturale”.
Anche noi vorremmo vedere il balletto al teatro regio, ma il prezzo di un biglietto corrisponde ad una parte dell’affitto o al costo della spesa per i nostri bambini.
Il diritto ad una cultura libera ed accessibile a tutti è un’esigenza che siamo qui oggi a rivendicare insieme a tutti i diritti fondamentali, primo tra tutti avere un tetto.
Facciamo infine un grandissimo ringraziamento a tutti i lavoratori dello spettacolo che ci hanno sostenuto e che ci hanno aiutato a preparare questa iniziativa. Grazie di cuore, ci siamo divertiti molto a lottare insieme!

“Tuttavia, pur girando a vuoto, chi è costretto ad abbandonare il proprio paese mantiene la propria identità e si improvvisa un tetto. Fatto di cosa? Di abitudini, credo, della materia prima della ripetizione, trasformata in rifugio. Le abitudini vogliono dire parole, opinioni, gesti, azioni, persino il modo di portare il cappello”.

( John Berger, E i nostri volti, amore mio, leggeri come foto)

Come muore una città: in risposta a Fassino

torino_presidio_occupLe famiglie dello spazio popolare Neruda si sono recate all’ex caserma De Sonnaz dove si teneva un incontro sulla “Torino che cambia” alla presenza del sindaco Piero Fassino, del governatore della Regione Piemonte Sergio Chiamparino e dell’ex sindaco Castellani. Un’occasione per portare all’attenzione dell’amministrazione locale la questione del diritto alla casa, ma arrivate sul posto ancora una volta le famiglie occupanti si sono trovate davanti i cordoni della polizia che non hanno esistato ad aggredire il presidio, nel quale c’erano anche molti bimbi dell’occupazione. Di seguito il comunicato dele famiglie dello spazio popolare Neruda in risposta alle dichiarazioni del sindaco Fassino:

Questa è la domanda che vorremmo fare al sindaco Fassino. Oggi in occasione di una pomposa festa per celebrare il trentennale del piano regolatore della città il nostro Piero ha affermato che le tesi e le teorie di chi lotta per il diritto alla casa avrebbero portato alla morte di Torino.

Un affresco della città reale però ci racconta altro, ci racconta dei sussulti di uno stremato tessuto sociale. Ci racconta dei servizi e dei trasporti praticamente ridotti all’osso, alcune aree della città sono raggiungibili solo a piedi, ci racconta di una sanità attaccata duramente dalle politiche regionali e del governo. Ci racconta di una delle metropoli più indebitate d’Italia, costretta a svendere per quattro denari il proprio patrimonio e a privatizzare i diritti. Ci racconta di 4500 sfratti l’anno a fronte di mega speculazioni edilizie e grandi eventi. Ci racconta dell’abbandono in cui versano i quartieri popolari ed i loro abitanti. Ci racconta lo stato continuo di emergenza in cui ci è imposto vivere e l’incertezza a cui le nostre vite sono ridotte.

Fassino ci deve dire quali grandi successi vorrebbe festeggiare, quelli della sua incompetenza o quelli della volontà di riempire le tasche dei soliti noti per mandare la barca avanti, mentre tutti gli altri naufragano nel devasto sociale che opprime questa città?

Noi con umiltà crediamo che nel corpo morente di questa città chi alza la testa per rivendicare la propria dignità sia linfa vitale per alimentare un cambiamento. Solo i grigi burocrati e i loro tecnici chiusi nei buffet e aperitivi alla moda possono credere ancora a una classe politica per lo meno incompetente se non complice.

Se Fassino oppone la vita di migliaia di persone ai profitti di pochi, ci chiediamo chi si sta macchiando realmente dell’omicidio di questa città e dei suoi abitanti…

Noi per conto nostro continueremo a cercare di costruire un’alternativa per i nostri figli e per i molti bambini che vivono nello Spazio Popolare Neruda, per chi vive con vergogna e difficoltà una crisi che di certo non ha provocato, per la città migliore che si sta mettendo in movimento.

Poche righe vanno anche ai media che oggi hanno tratteggiato una giornata diversa da quella che abbiamo realmente vissuto. I video e le foto dimostrano chiaramente che non c’è stato alcun tentativo di entrare nella sala in cui si teneva la festicciola della compagnia di Fassino, ma che la polizia è intervenuta a freddo e senza evidenti motivi di sicurezza. Siamo abituati ormai da anni in questa città a vedere questioni sociali gestite come problemi di ordine pubblico. Lì dove soluzioni non si trovano o non vogliono essere trovate interviene come sempre l’arroganza del manganello e dei caschi blu. A Fassino vogliamo dire che reprimere il dissenso e le questioni sociali è proprio uno dei modi per uccidere questa città e ridurla al silenzio, purtroppo per lui i nostri polmoni sono ancora pieni di aria, il nostro cuore batte forte e la nostra gioia e la nostra rabbia sono vive e vegete.

Le famiglie dello Spazio Popolare Neruda

Centinaia di fiaccole in marcia ad Alessandria per il diritto all’abitare

alessandria_fiaccolataSabato sera il Movimento per la Casa ha attraversato le strade di Alessandria con fiaccole e striscioni per riportare il tema dell’emergenza abitativa al centro dell’attenzione cittadina e per ribadire, ancora una volta, che la casa è un diritto che deve essere garantito a tutti. Più di trecento persone si sono date appuntamento al Cristo, sotto l’occupazione abitativa di Corso Acqui 289, per poi raggiungere insieme Piazza Santo Stefano. Gli alloggi di Corso Acqui, che Rita Rossa (proprietaria dello stabile in quanto presidente della Provincia) vorrebbe vedere sgomberati in nome di una legalità cieca e disumana, rappresentano oggi una soluzione reale per 12 famiglie che altrimenti sarebbero sotto sfratto o in mezzo ad una strada. A poche centinaia di metri di distanza un altro stabile abbandonato da anni, questa volta di proprietà del demanio militare, ha ridato dignità e riparo ad altre 17 famiglie che, dopo averlo ristrutturato e messo a posto, ne hanno fatto le loro case. Tra le due occupazioni il Villaggio Profughi, uno dei luoghi simbolo della malagestione del patrimonio pubblico, in cui decine di alloggi dimenticati e lasciati vuoti dall’ATC sono stati occupati da chi, stanco di attendere i tempi eterni delle assegnazioni e delle graduatorie, ha deciso di riprendersi da solo una casa in cui vivere.

La scelta di indire il concentramento della fiaccolata al Cristo ha voluto rappresentare una risposta chiara e diretta alle politiche abitative messe in campo dal governo Renzi e dal PD, che con l’approvazione del Piano Casa e dell’Articolo 5 hanno pensato di poter fermare le migliaia di occupazioni abitative che ogni giorno nascono nelle città italiane. Se Renzi pensava che una legge scritta su un pezzo di carta avrebbe fermato il bisogno e la dignità di chi non ha una casa in cui vivere, beh, la quotidianità del mondo reale dimostra che l’obiettivo non è stato raggiunto e che le occupazioni abitative rimangono oggi l’unica risposta concreta ad un dramma che ogni anno coinvolge sempre più persone e a cui le istituzioni non sanno dare risposte.

Sullo striscione di apertura del corteo la scritta “Prima i poveri” – scelta in risposta allo slogan del “Prima gli italiani” con cui partiti come la Lega Nord spingono razzismo e guerra tra poveri – ha voluto mettere in primo piano la dignità di chi, per colpa della crisi e del malgoverno, ha perso il lavoro e non riesce più a sostenere i prezzi degli affitti e delle bollette. Nessuna vergogna, ma solo desiderio di riscatto per chi è povero e sceglie di uscire dalla solitudine e dall’invisibilità per iniziare a camminare a testa alta insieme a tanti altri per riconquistare i propri diritti. Insieme alle donne e agli uomini del Movimento per la Casa erano in piazza anche delegazioni delle famiglie occupanti e sotto sfratto di Asti e Torino e del Presidio Permanente di Castelnuovo che hanno voluto portare la loro solidarietà e che venerdì prossimo, insieme al Movimento alessandrino e a tutte le altre realtà italiane che da anni portano avanti nei propri territori percorsi sul diritto all’abitare, saranno a Roma sotto Palazzo Chigi per chiedere un volta per tutte la cancellazione dell’articolo 5.

La fiaccolata di sabato era aperta dai bambini e dalle bambine delle occupazioni, che hanno voluto contribuire alla costruzione dell’iniziativa con disegni e cartelloni preparati insieme alle loro mamme nei giorni scorsi; sono loro i veri protagonisti della battaglia che i loro genitori hanno intrapreso per ottenere una casa, perché tutti i bambini hanno diritto di essere felici e un tetto sopra la testa è la condizione necessaria perché questo possa avvenire. Ancora una volta, nonostante le tante parole gonfie di legalità e ordine di cui gli adulti che governano si riempiono la bocca, gli sguardi e i sorrisi di quei bambini non lasciano dubbi su quale sia la parte giusta da cui stare.

Ogni sfratto sarà una barricata, ogni struttura vuota una nuova occupazione!

Casa, diritti, dignità!

Movimento per la Casa Alessandria

Sportello per il diritto all’abitare tutti i martedì dalle ore 18 alle ore 21,30 presso il Laboratorio Sociale di via Piave 65

Le foto della fiaccolata

Verso la fiaccolata del 10 Ottobre, continuano i blocchi degli sfratti ad Alessandria

alessandria_resifrattiÈ ricominciato l’autunno e con la caduta delle prime foglie tornano ad aumentare le letterine verdi che comunicano a centinaia di famiglie le procedure di sfratto avviate nei loro confronti.

Alessandria è in cima alle classifiche nel rapporto fra numero di abitanti e sfratti esecutivi avviati ed ogni anno i dati sono in crescita; se la crisi, la perdita del lavoro e l’aumento degli affitti hanno gettato migliaia di famiglie nella povertà, la responsabilità reale del problema non può che essere individuata nelle scelte del Governo Renzi e di chi amministra il Comune e l’ATC.

Il continuo aumento di iscrizioni alle graduatorie per case popolari e le richieste di intervento per venire a capo dell’emergenza abitativa sembrano essere inversamente proporzionali alla volontà della giunta Rossa di affrontare il problema e ormai il silenzio dei palazzi è interrotto solo da brevi sfuriate in cui si inneggia alla legalità e si condannano le famiglie che, di fronte alla mancanza di risposte, hanno scelto di trovare soluzioni dal basso e autonomamente.

Quel che è peggio è che alle sfuriate si accompagnano sempre più spesso gli unici fatti concreti messi in campo dall’alto, primo fra tutti il tentativo di sgomberare le tante case di proprietà dell’ATC occupate: a partire dall’inizio di quest’anno sono molte le famiglie occupanti per necessità che si sono rivolte allo sportello del Movimento per la Casa con l’obiettivo di costruire rete e impedire agli ufficiali giudiziari di commettere l’ennesima ingiustizia effettuando gli sgomberi.

Intanto i tentativi di sfratto di famiglie che non riescono a pagare gli affitti esorbitanti imposti negli alloggi privati sono ormai diventati una quotidianità.

Nel corso dell’ultima settimana le donne e gli uomini del Movimento per la Casa sono intervenuti due volte per evitare che altre famiglie finissero in mezzo a una strada. Lo sfratto previsto questa mattina in Via Tiziano, dove vivono Dino con sua moglie e la loro bambina di appena 9 mesi, è stato rimandato al 19 Novembre, mentre lunedì scorso un altro sfratto ha avuto una proroga al 7 Luglio.

Di fronte alla scelta di affrontare il tema dell’emergenza abitativa con sgomberi e sfratti vince la determinazione di chi decide di creare solidarietà e rete con chi vive la stessa situazione, di chi rivendica la propria esistenza difendendo la propria casa, una casa in cui vive da anni e che altrimenti sarebbe rimasta vuota.

L’unica strada possibile per rispondere alla violenza di chi governa questa città è una strada collettiva, fatta di relazioni, dignità, condivisione e resistenza; è la strada che percorreranno insieme sabato 10 ottobre tutti gli uomini, le donne e i bambini di Alessandria determinati a difendere le proprie case e stanchi di aspettare le sempre più improbabili soluzioni promesse dall’alto dei palazzi.

La fiaccolata si svolgerà sabato 10 Ottobre, con ritrovo ore 20.30 presso le palazzine occupate di Corso Acqui 289 (piazzale LIDL, quartiere Cristo).

Movimento per la Casa

www.alessandriainmovimento.info
www.abitarenellacrisi.org

Sportello per il diritto all’abitare tutti i martedì dalle 18 alle 21,30 presso il Laboratorio Sociale di via Piave 63

Riprendono le resistenze in città

prendocasa_stellaSono riprese le resistenze agli sfratti. La tanto decantata proroga annunciata dal comune ancora non si vede ma soprattutto non ne sortiscono gli effetti. Molte famiglie torinesi continuano a rivolgersi agli sportelli casa sparsi in città continuando a fidarsi sempre più di compagn*, attivist* e solidali per cercare di strappare insieme a loro una proroga che possa permettergli di avere del tempo necessario per potersi organizzare di fronte all’imminente sfratto.

Anche oggi la resistenza della famiglia di Joy è riuscita ad ottenere un rinvio. Al contrario di quello che vorrebbero farci credere le istituzioni, gli sfratti non si fermano e le famiglie continuano a ricevere risposte negative dagli enti preposti per la casa popolare (sempre meno, pronta a scomparire per dare spazio alla truffa del housing sociale): la richiesta di emergenza abitativa ormai è pura formalità. È un ufficio nel quale vieni inserito in una lunghissima lista in attesa di poter accedere (per i più fortunati) ad una casa popolare. Ad oggi questa lunghissima lista rimane tale, i requisiti per accedervi diventano sempre più irraggiungibili dai più. Insomma, uno strumento reso inutile dalle politiche fallimentari sulla casa che crea sconforto e isolamento nelle persone che cercano di ottenere delle soluzioni concrete al disagio abitativo dilagante in città.

Rompere l’isolamento delle famiglie e/o dei singoli si può. Potrà sembrare uno slogan ma non è così: la lotta per la casa rompe l’isolamento; non solo regala piccole soddisfazioni (o vittorie fate voi) riuscendo ad ottenere le proroghe ma permette anche di creare comunità, gruppi di persone che si aiutano reciprocamente.

Questo permette l’unica vera moratoria sugli sfratti in città. La ripresa della dignità ridà ossigeno e vitalità alle famiglie che intraprendono questo percorso. Incontrare la solidarietà della gente comune che magari non ha il tuo problema ma ne condivide le ragioni rimette in moto quella fiducia in se stessi persa o abbandonata.

Per questo facciamo appello a quanti vogliono contribuire ad aiutare le famiglie che in questi giorni scenderanno in strada per difendere la propria casa. I prossimi appuntamenti sono: 17/9 via bergamo 11; 17/9 via vanchiglia 41; 18/9 via rocciamelone 16.

In tempo di crisi, creare spazi di solidarietà attiva e costruire comunità in lotta sono modi per uscire dall’apatia e dall’individualismo nelle quali le istituzioni ci vorrebbero relegare.

Ci vediamo nelle strade! Per tutti l’appuntamento è alle ore 8

Francesca e Donato liberi subito!

dona_libberoFrancesca e Donato, due nostri compagni del collettivo Prendocasa, sono stati arrestati giovedì scorso per aver partecipato alla manifestazione ‪#‎MaiConSalvini‬ del 28 marzo a Torino.

Come accaduto in molte altre città con lo slogan #MaiConSalvini, nelle settimane precedenti il comizio venne convocato un corteo cittadino per respingere la presenza di Salvini e il suo accolito di leghisti e neofascisti.
La manifestazione di studenti, precari e migranti venne violentemente caricata a pochi metri dalla partenza mentre cercava di raggiungere piazza Solferino, luogo del comizio.
Durante la carica 8 persone furono fermate e poi rilasciate in serata con una denuncia a piede libero, con l’eccezione di Daniele, giovane studente antifascista torinese, che venne trattenuto in carcere e poi trasferito agli arresti domiciliari per alcuni mesi.

A cinque mesi di distanza da quella giornata un’operazione di polizia arresta Francesca e Donato – portati al carcere delle Vallette, mentre altri 4 – Mattia, Damiano, Nicola e Luca – si trovano agli arresti domiciliari.

Notizia di queste ore, per Francesca è stata accolta la richiesta per gli arresti domiciliari mentre per Donato il responso, purtroppo, è stato negativo. Donato rimane dunque l’unico compagno ancora detenuto alle Vallette per il corteo antirazzista e antifascista di #MaiConSalvini

Francesca e Donato li avrete sicuramente visti a uno dei tanti picchetti antisfratto, pronti a portare solidarietà alle famiglie, determinati a strappare la proroga all’ufficiale giudiziario, coraggiosi nell’affrontare le divise chiamate per uno sgombero coatto.

Francesca è la compagna che per contrastare lo sgombero del Neruda era salita sul tetto con altri solidali, pronta a mettersi in gioco in prima persona. Effettuando lo sgombero del Neruda, le istituzioni hanno tolto un luogo dove vivere non solo a Donato, ma anche a decine di famiglie.

Convinti che le persone valgono più delle leggi brutali che buttano in mezzo a una strada migliaia di famiglie, questi nostri compagni oggi sono privati della libertà,

Come collettivo Prendocasa insieme alle famiglie con le quali abbiamo intrapreso un percorso di lotta per la casa, vogliamo Donato e Francesca liberi! Scendere in piazza per la loro immediata liberazione vuol dire ribadire che non siamo spettatori di ciò che accade, ma scegliamo da che parte stare, proprio come stanno facendo i migranti in queste settimane.

Partecipare al corteo di domani sera significa dimostrare a chi ci butta fuori di casa, a chi ci nega la dignità, a chi ci priva della libertà, che le brutalità delle istituzioni e la violenza con cui si impongono non ci spaventano!

L’appuntamento è per domani sera alle 20.30 di fronte alla stazione di Porta Nuova.

Francesca e Donato liberi! Liberi tutti/e!

Torino: terza giornata conclusiva di resistenza agli fratti

foto.resizedLe tre giornate di resistenza agli sfratti si concludono oggi ottenendo un ulteriore rinvio per Alì e la sua famiglia. Alì, lavoratore egiziano del Catt che si è battuto durante le lotte per migliorare le condizioni di lavoro all’interno del consorzio alimentare, vive nell’alloggio di C.so Svizzera 72 con suo fratello, le rispettive mogli e tre bambini. L’alloggio è stato pignorato dalla banca perché la sua famiglia non era più in grado di garantire il pagamento del mutuo. Le famiglie, insieme al nutrito picchetto antisfratto, sono riuscite ad ottenere un rinvio fino a settembre. Come per le precedenti giornate di resistenza, l’ufficiale giudiziario non si è presentato davanti all’abitazione di Alì ma ha preferito depositare direttamente negli uffici preposti il suddetto rinvio; in questi giorni si capirà la data esatta della proroga per poter così nuovamente organizzare le resistenze nel mese di settembre.

Questo tipo di approccio degli ufficiali giudiziari non è nuovo a Torino: nei mesi scorsi, una serie di resistenze allo sfratto ha ottenuto rinvii come quello di Alì. Questo tipo di gestione degli sfratti in città sembra sia diventata la norma. Se non si intende intervenire con la forza pubblica per effettuare lo sfratto, la questura preferisce, in concerto con il proprietario, evitare qualsiasi confronto pubblico fra l’ufficiale giudiziario e il picchetto resistente. Questo succede perché molto probabilmente oltre al periodo estivo, le istituzioni locali temono che la pratica di resistenza allo sfratto diventi strumento comune per ogni tipo di occasione di sfratto in città mettendo in seria difficoltà la controparte. La questura, quindi, evitando che l’ufficiale giudiziario si presenti, cerca di dare meno visibilità possibile alle giornate di resistenza e si augura che il fenomeno di opposizione agli sfratti non si continui a generalizzare fra le famiglie in difficoltà abitativa.

Con la giornata di oggi, dicevamo, chiudiamo con le resistenze agli sfratti in occasione dell’estate (in agosto, infatti, gli sfratti subiscono uno stop temporaneo in vista della chiusura degli uffici preposti) rimandando l’ulteriore impegno con le famiglie resistenti a settembre. Il dato che ci sembra debba essere valorizzato, oltre hai risultati ottenuti nelle tre giornate di resistenza, è la maggior partecipazione delle famiglie che si aggiungono a quelle che già praticano la resistenza agli sfratti. Questo non solo perché permette di allargare un fronte di contrapposizione reale con le controparti in gioco – proprietà e questura – ma anche e sopratutto perché permette di attivare attori sociali che fra migranti e italiani cominciano a formare un corpo unico di lotta per la casa, disarticolando i discorsi di becero populismo che Lega, Casapound e altri partiti reazionari come Fratelli d’Italia, invece, vorrebbero alimentare fra loro scatenando la cosiddetta guerra fra poveri.

Oggi le fasce impoverite dalla crisi iniziano pian piano a considerarsi una cosa sola e la lotta per la casa diventa strumento di aggregazione sociale e di forza reale per bisogni comuni. Continuare in questa direzione significa anche ostacolare le politiche xenofobe e razziste di una destra reazionaria e fascista.

Rilanciamo la battaglia contro il Piano casa! Ci vediamo il 24 luglio in Val di Susa

stop-evictionsIn tutta Italia continuano a susseguirsi episodi drammatici sul fronte abitativo. L’ultimo ieri [ 9 luglio, N.d.E.] a Cologno Monzese, dove il sostegno alla resistenza a uno sfratto per morosità è stato represso con 6 arresti.

Negli ultimi giorni a Bologna c’è stato l’ennesimo suicidio di una persona sotto sfratto, mentre la magistratura ha emesso un provvedimento contro l’ingiunzione del comune per il legittimo riallaccio della fornitura idrica all’occupazione dello stabile ex Telecom e ai due palazzi di via Mario de Maria.

Proseguono anche gli sgomberi in varie città di spazi abitativi e sociali, come lo spazio popolare Neruda a Torino.

Una stagione estiva sempre più costellata di segnali negativi e di rinnovata aggressività contro i movimenti sociali che provano a produrre resistenze e conflitto, mentre mancano completamente iniziative di sostegno alla povertà e di welfare. Anzi, sia i diritti che le tutele sociali minime vengono lentamente e inesorabilmente attaccati o completamente soppressi.

L’appuntamento del 24 luglio prossimo di Abitare nella Crisi in Val di Susa deve necessariamente assumere il connotato che serve. Il confronto che abbiamo avuto a Firenze è stato sicuramente utile e le iniziative che in diverse città si sono prodotte testimoniano una buona e diffusa vitalità sul piano territoriale. Ma l’articolo 5, le minacce e gli sgomberi delle case popolari, gli sfratti, l’assoluta assenza di politiche abitative pubbliche rimangono una necessità da affrontare come questione nazionale.

Il cosiddetto “piano casa” dell’ex ministro Lupi, l’utilizzo delle risorse, il tema del reddito e dell’organizzazione delle lotte contro carovita/bollette/affitti sono l’orizzonte con il quale da tempo proviamo a misurarci e quindi riteniamo utile rivederci in uno spazio del conflitto come la Val di Susa per condividere ipotesi e percorsi di mobilitazione prossimi futuri.

Facciamo in modo che l’attivismo impegnato sul fronte dell’abitare, dalle lotte contro gli sfratti alle battaglie contro le devastazioni ambientali, si incontri numeroso e si confronti sulle pratiche, sui bisogni e sui desideri.

Ci vediamo in Valle!

Abitare nella Crisi