No allo sgombero di Via Marsala

fonte: www.infoaut.org

Pisa-Questa mattina è arrivata l’ordinanza di
sequestro dell’immobile di Via Marsala occupato il 13 marzo scorso.Le
forze dell’ordine si preparano duque allo sgombero degli occupanti. Le
famiglie e il comitato territoriale Pisa Est hanno subito lanciato una
mobilitazione sotto il Comune di Pisa per questo pomeriggio alle 16. E’
cominciata inoltre la diffusione di un appello tra le realtà di
movimento.

Di seguito il volantino che verrà distribuito oggi durante il presidio:

NO ALLO SGOMBERO!

Siamo otto famiglie che da un mese hanno occupato una palazzina vuota
dal 2002 in via Marsala a Riglione. I percorsi di vita che ci hanno
portato alla scelta dell’occupazione sono vari, ma tutti accomunati
dalle difficoltà economiche (licenziamenti, cassintegrazione,
disoccupazione) imposte dalla crisi e dall’assenza di risposte
istituzionali al nostro bisogno di casa: tutti noi, infatti, abbiamo
fatto richiesta per la casa popolare, ma non abbiamo ottenuto un
alloggio. Quando sono arrivati gli sfratti per morosità, a fronte della
totale incapacità del Comune e degli assistenti sociali di darci una
risposta, abbiamo scelto di riprenderci quello che consideriamo un
diritto per noi e per i nostri figli. La nostra è stata una scelta di
dignità!

La scelta di occupare la palazzina di via Marsala 34 a Riglione non è
stata casuale. Questi appartamenti e i grandi fondi sottostanti,
infatti, sono di proprietà Pampana. La famiglia Pampana è nota per
possedere un’eccezionale quantità di immobili a Pisa (circa 150
appartamenti), tanti che farne una mappatura completa è praticamente
impossibile. Ma è anche nota per lasciare o aver lasciato sfitti per
anni edifici enormi che, da soli, risolverebbero l’emergenza abitativa
di centinaia di persone. Ma i palazzinari come Pampana spesso
preferiscono lasciare sfitta una grande parte del loro patrimonio per
far sì che ci siano poche case sul mercato e i prezzi degli affitti
restino alti: è questo il motivo per cui a Pisa ci sono 4000 case
sfitte!

Anche la palazzina di via Marsala fa parte delle decine di case
lasciate sfitte dalla famiglia Pampana: terminata di costruire nel
2002, non è mai stata abitata e, per questioni giudiziarie, non lo sarà
fino al 2013. La nostra proposta alla proprietà è stata fin da subito
quella di poter abitare l’immobile fino a che non avesse avuto un’altra
destinazione d’uso, pagando un affitto equo, che abbiamo già cominciato
a versare su un libretto che la proprietà può ritirare in qualsiasi
momento.
Questa proposta è stata sostenuta anche da tutto il quartiere di
Riglione, che si è costituito nel Comitato territoriale Pisa Est,
avviando fin da subito numerosi progetti sociali aperti a tutti
all’interno dei fondi: una ludoteca, una palestra popolare, una sala
prove. Via Marsala in questo mese non è stata solo una casa per otto
famiglie, ma un punto di aggregazione e socialità per tutto il
quartiere!

Oggi ci è stato notificata un’ordinanza di sequestro dell’immobile, con
l’invito ad abbandonare le nostre case entro tre giorni. Nell’ordinanza
si legge che l’immobile deve essere sgomberato perché non è dimostrata
"l’urgenza assoluta e improrogabile di procurarsi un alloggio, che sola
avrebbe potuto rendere necessaria l’occupazione".

La nostra storia lo dimostra, gli affitti arretrati che non abbiamo
potuto pagare lo dimostrano, le richieste di casa popolare che abbiamo
rivolto al Comune lo dimostrano. La nostra storia è la stessa delle
migliaia di famiglie che sempre più si scontrano con affitti troppo
cari, bollette arretrate, stipendi insufficienti a garantire una vita
dignitosa ai propri figli.

Il Comune non può nascondere la testa sotto la sabbia di fronte
all’eventualità che otto famiglie finiscano in mezzo a una strada!
Chiediamo al Comune di prendere una posizione. È l’ora di scegliere da
che parte stare: se dalla parte dei bisogni o dalla parte della
speculazione! Il Comune deve requisire i grandi immobili sfitti in
città!

CONTRO LA SPECULAZIONE E LO STRAPOTERE DEI PRIVATI
PER IL DIRITTO ALLA CASA E A UNA VITA DIGNITOSA
VIA MARSALA RESISTE!

Appello Coordinamento Asti-EST

LETTERA APERTA al
VESCOVO, al SINDACO, e al
PREFETTO, alle ASSOCIAZIONI
SINDACALI degli inquilini, ai
segretari CGIL-CISL-UIL, alle
ASSOCIAZIONI della piccola
proprietà immobiliare, ai
CONSIGLIERI del COMUNE e
della PROVINCIA, ai semplici
CITTADINI che hanno a cuore la
vita civile della città.

 Sono nove mesi, esattamente da luglio del
2009, che ci prodighiamo – volontari di nove
associazioni e famiglie in emergenza abitativa – per tutelare un diritto riconosciuto
da tutte le Carte, il diritto all’abitare. Nove mesi di azioni consapevoli, di proposte, di
analisi, in cerca di interlocutori istituzionali. Nove mesi di investimenti in relazioni e in denaro
per costruire un approccio trasparente e socialmente sostenibile a questo gravissimo
problema. Un problema che abbiamo sintetizzato più volte con cifre inoppugnabili, rilievi
statistici che hanno il solo difetto di lasciare sotto traccia la vita reale, delle persone in carne
ed ossa che si sentono minacciate nello spazio degli affetti e della condivisione. Una arida
procedura di sfratto può minare la coesione di una famiglia.

Ripetiamo queste cifre: una quarantina di emergenze abitative, famiglie già
sfrattate o minacciate di sfratto, 600 famiglie in attesa di una casa popolare, in
condizioni abitative spesso insostenibili. Ridotta al lumicino – due decine all’anno – la
disponibilità di alloggi a canone sociale, vale a dire alla portata di redditi falcidiati dalla crisi,
nulli, modesti, intermittenti. Un buco nero di indisponibilità che solo nei primi mesi del
2012, comincerà ad essere colmato dai primi alloggi popolari di nuova costruzione (108
alloggi già cantierati).

Con queste cifre, e considerando che il bisogno abitativo insoddisfatto tende a crescere,
una gestione dell’emergenza che riduca almeno il danno sociale di situazioni familiari già
difficili, è impossibile. Dunque è necessario disporre al più presto di nuovi
alloggi.

Sono nove mesi che segnaliamo pubblicamente, con cifre, cartelli indicatori e proposte,
l’esistenza in questa città di un patrimonio inutilizzato di edilizia residenziale
pubblica e privata nonché di un patrimonio dismesso di edilizia originariamente destinata
a Servizi. E’ il lascito dell’incuria ma soprattutto di una sfrenata attività immobiliare
speculativa nonché dell’idea, sarebbe meglio dire dell’ideologia, che tutto debba per forza
essere trasformato in merce o in valore di scambio da realizzare sul mercato.

Nove mesi di azioni in difesa del diritto all’abitare che hanno avuto l’eco dei giornali e il
disinteresse per non dire l’ostilità degli Enti. Un comportamento in cui si è distinto
l’assessorato ai Servizi Sociali, con risposte irricevibili e una visione del problema filantropica
e xenofoba.

In questa situazione, dopo decine e decine di sfratti contrastati, di rinvii pagati dalle
associazioni, di contratti di locazione favoriti dalle stesse associazioni, la scelta di
occupare l’edificio di edilizia residenziale di via Allende, è stata
praticamente obbligata dall’incalzare di altri sfratti. Quell’edificio simboleggia più
di altri l’incuria e l’abbandono nonché il prevalere dell’ideologia mercantile sui bisogni delle
famiglie. Ma la scelta è stata anche moralmente obbligata, perché non si poteva
opporre un problema di astratta legalità ad un problema di giustizia, di tutela della coesione
delle famiglie, e indirettamente di salvaguardia del legame sociale della comunità cittadina.

Ci viene detto che la nostra azione può compromettere la realizzazione di un “accordo di
programma” , di cui ci sarebbero già le premesse, tra Ministero della Difesa (il proprietario
dell’edificio di via Allende), il Comune, e l’atc per un utilizzo temporaneo dell’edificio che
abbiamo “occupato”. Noi invece siamo convinti del contrario e ci proponiamo come il
quarto dei protagonisti di questo accordo, avendone tutti i titoli, anche quelli formali
(molte delle nostre associazioni sono delle Onlus). Certo, non abbiamo chiesto il permesso a
nessuno, salvo quello della nostra coscienza e del nostro modo di costruire relazioni
consapevoli, per varcare quella soglia, ma se la questione della legalità non viene
agitata in modo strumentale e dunque con una totale mancanza di rispetto per ciò che
siamo e ciò che facciamo, è un ostacolo facilmente superabile. E’ sufficiente che il Ministero
anticipi al Comune la cessione in uso dello stabile e che il Comune concordi con noi e le
famiglie le modalità di inserimento di questi sei alloggi nella procedura delle assegnazioni di
alloggi a canone sociale.

D’altra parte perfezionare un accordo di programma richiede un tempo di almeno tre mesi
(ad essere ottimisti), dunque assumiamo questo tempo per perfezionare l’accordo
con il Comune e facciamo in modo che quel che abbiamo fatto e stiamo facendo
(costruire socialità direbbe un sociologo interessato alla cosa) non vada disperso in scenari di
tutela dell’ordine pubblico. Scenari che noi non vogliamo nemmeno evocare.

Allora è bene che si sappia cosa stiamo facendo nello stabile “occupato”
(senza dimenticare che era vuoto e abbandonato da 3 anni). Abbiamo già reso l’ambiente
pulito e in ordine e stiamo procedendo a spese nostre al ripristino di infissi e di parti
dell’impianto idrico che abbiamo trovato danneggiati da atti di vandalismo. Stiamo
organizzando la vita in comune di sei famiglie, i momenti di discussione e di
dialogo necessari per condividere le difficoltà e il senso di ciò che facciamo, la
sistemazione degli ambienti circostanti in modo che il cortile e la parte a prato e alberi siano
frequentabili, soprattutto dai bambini, che sono tredici e molti in età scolare, facciamo
tutto quello che è necessario per evitare che il quartiere o la città ci
vedano come un fortino assediato o una zona franca. Una cosa è certa, il nostro
comportamento non è ispirato dalla morale, purtroppo corrente, “ognuno per sé e dio per
tutti” ma dalla morale opposta, della responsabilità di se e degli altri, della condivisione, della
solidarietà e dalla idea che ci sono beni, come questo stabile di proprietà pubblica, da
sottrarre al mercato.

Concludendo: ci aspettiamo delle conferme, degli atti
di solidarietà (ci servono condivisione e soldi, il Banco
Alimentare ha già fatto la sua parte) e una vera
interlocuzione con gli Enti pubblici. Intanto
sarebbe bene che questi ultimi dessero prova di voler aprire
un dialogo, attivando le utenze dello stabile (luce, gas,
acqua).

 

Asti, nella parte occidentale del pianeta, aprile 2010, le
famiglie sfrattate, il Coordinamento delle associazioni per il
diritto alla casa.

diario dell’occupazione

Sabato 10 Aprile


1° giorno d’occupazione

   (h 5.30) In una quarantina, tra famiglie, volontari e compagni ci
ritroviamo dentro la palazzina vuota di via Allende. L’aria fredda e il
buio ci mantengono vicini nella prima assemblea dello Spazio Abitativo
Occupato, ma c’è calore nell’aria. Parliamo di come comportarci con le
Ff.Oo, di come avviare la prima mattinata e soprattutto del corteo
pomeridiano, sul quale ancora non siamo in grado di fare previsioni.
Tante cose tutte insieme. Si prospetta una faticosa giornata.

   Attorno alle 8 si presentano i primi due digos. Ascoltano le
nostre richieste e le nostre motivazione dalla voce di uno dei nostri
delegati, mentre tutti gli altri sono all’erta. Non ci sono collusioni,
il dialogo si conclude tranquillamente e noi possiamo rimetterci al
lavoro.

   Sotto l’insostituibile direzione pragmatica di Pinuccia puliamo
due appartamenti e attiviamo tre servizi. Nonostante la mancanza
d’acqua (manca l’allacciamento) il risultato è più che soddisfacente.

   Nel cortile, mentre i bambini giocano incuranti, i ragazzi del
collettivo scrivono gli striscioni per il corteo e volantinano per il
quartiere il testo di auto-presentazione delle famiglie.

   Arrivano i primi compagni di Prendocasa Torino, anche loro presi,
come tutti, nelle lotte per il diritto alla casa. Fanno domande,
chiedono, li sentiamo nostri complici su tutti i fronti.

   Oreste e Luca non riescono a staccarsi dall’ingresso per il
viavai di gente che chiede informazioni e dimostra la propria
solidarietà.

   Una insegnante precaria, in affitto nel palazzo di fronte al
nostro ci chiama. Chiede se abbiamo bisogno di qualcosa, chiediamo di
riempire una tanica d’acqua e torniamo con una borsata di bevande,
birra, caffè.

   Il quartiere sembra rispondere positivamente. Questo ci da forza!

   Pranzo frugale e veloce, per riuscire ad arrivare in tempo al
concentramento del corteo. Abbiamo qualche timore, temiamo in un flop.
Per la strada incontriamo i compagni di Alessandria, sono arrivati in
forze, si informano sull’occupazione, ci portano due bruciatori per
cucinare. Insieme a loro ci dirigiamo verso Piazza San Secondo
improvvisando un mini-corteo fra le bancarelle del mercato.

   Il furgone con la musica ci sta già aspettando in zona. Lo hanno
portato i compagni di un altro sportello per la casa di Torino:
“Il-legale”, che danno così un grande contributo al corteo.

   Partiamo in più di duecentocinquanta, una folla festosa ma
determinata: Asti ha risposto al nostro appello! Questa determinazione
la facciamo sentire tutta, dal microfono, nei cori improvvisati davanti
alle bancarelle, negli striscioni che rivendicano il diritto alla casa:
“VOGLIAMO TUTTO, SOPRATTUTTO UN TETTO”, “CI VOLETE SOTTO I PONTI, CI
VEDRETE NELLE STRADE”, “MAI PIÙ CASE VUOTE, MAI PIÙ FAMIGLIE NELLA
STRADA”, ecc…

 
   Ricordiamo al microfono che Asti è piena di palazzi vuoti . Ci
fermiamo davanti all’ex-ospedale, davanti all’ex-enel e ribadiamo che
lo spazio c’è, gli alloggi ci sono, basta prenderli. Importante è anche
la tappa finale, la Way-Assauto, simbolo della crisi ad Asti, simbolo
delle casse-integrazioni, della precarietà, della mancanza di lavoro,
di reddito, di crisi.

   Ma il corteo non finisce dove previsto. Tutti e tutte vogliono
andare a vedere e solidarizzare con gli occupanti, dentro lo spazio
occupato. E allora via, ci si gira e allunghiamo fino a via Allende 13.

    Un ingresso fiero, quello del corteo dentro i cancelli aperti. Un ingresso gioioso, in un giorno di riappropriazione di un diritto
più che di quattro mura. La meta inevitabile di un percorso (quello dei
contrasti e dei presidi sotto l’assessorato) che non ha ricevuto
risposte da una amministrazione che crede di avere dita tanto grosse da
potercisi nascondere.

   La giornata finisce con una cena solidale tra gli occupanti e le
persone che dopo il corteo o prima di buttarsi nella movida astigiana
del sabato passano a salutare e a dare cenni di consenso.     

   Ringraziamo ancora la solidarietà senza parsimonia offertaci
dagli sportelli di Torino e Alessandria. Stiamo combattendo un unica
battaglia.

Nella stanchezza finisce la prima giornata.

 

2° giorno d’occupazione

 
   La mattina della domenica inizia presto, la voglia di cominciare
a rendere vivibile lo stabile si fa sentire, cominciano i primi lavori
(quelli più grossolani). La palazzina è vuota da anni, ma mostra segni
di passaggi notturni di persone che in passato molto probabilmente
l’hanno già usata, come dimostrano le porte interne quasi tutte
sfondate. Vengono tolte le macerie e gli oggetti ingombranti, tolto
ragnatele, cambiato aria e i primi due alloggi si rendono vivibili.

   Dopo la mattinata intensa qualcuno scrive l’ordine del giorno
dell’assemblea del pomeriggio, la voglia di riflettere sulla
manifestazione del giorno precedente e di cosa ci aspetterà lunedi è
tanta.

   Nella mattinata passa anche l’avvocato che ci annuncia che la
palazzina, essendo del Ministero della Difesa demaniale potrà essere
sgomberata solo da un ordinanza del prefetto. Non sappiamo come
prendere questa notizia. Ad oggi, i rapporti con il prefetto, nei
contrasti, nei presidi sotto l’assessorato, nelle occupazioni del
comune, lo hanno dimostrato essere l’unica istituzione locale
intenzionata ad un confronto serio e alla valutazione di una revisione
generale delle politiche abitative… ma non possiamo prevederne la
risposta in questo caso. Attendiamo tranquilli e sicuri…

   Il pomeriggio passa velocemente, il cortile si riempie di bambini
rumorosi che ci confermano come quello che stiamo facendo sia giusto.
Di fronte alla prospettiva dell’assessorato (la possibilità di vedere
le famiglie divise) sappiamo che questa è l’unica soluzione.

   Alle 18 in punto inizia l’assemblea, cominciamo una riflessione
sulla manifestazione del giorno precedente. L’entusiasmo che il corteo
ha suscitato è palpabile.

   Gradevole interruzione delle cuoche e dei cuochi con vassoi di manicaretti da tutto il mondo.

   Concludiamo la serata con un film. Riff-Raff, di Ken Loach. Ci
immedesimiamo senza troppi dubbi nelle dinamiche che avvolgono la trama.

   L’attesa del lunedì comincia a farsi sentire, visto che fino adesso reazioni non ce ne sono state.    

   L’attenzione rimane alta

 

3° giorno d’occupazione

    Anche questa notte le famiglie insieme ai volontari delle
associazioni hanno dormito presso la palazzina occupata.  Alcuni di
loro si danno i turni in modo da tenersi pronti a possibili sgomberi,
ma a parte qualche passaggio di polizia e carabinieri la notte passa
tranquilla

   Alle 6 già qualcuno si alza. Un papà si deve presentare sul posto
di lavoro: se tutto va bene per qualche mese ci potrà essere un
contratto. La disoccupazione è finita già da qualche mese per lui,
quindi un contratto temporaneo vuol dire avere un minimo di
tranquillità economica al primo stipendio (misero).

   Verso le 7 e 30 si alzano poco alla volta tutti. Caffè caldo per
svegliarci e riscaldare i muscoli intorpiditi. Ci mettiamo in moto. La
voglia di fare non manca. Se ieri sono stati fatti i lavori più
grossolani, oggi si passerà ai lavori più particolari che prenderanno
sicuramente le prossime giornate .

   Anche i rifiuti non mancano. L’A.s.p. ha i depositi poco
distanti. Degli operatori ci hanno messo a disposizione dei bidoni
all’esterno, in modo che almeno l’immondizia possa essere portata via.
Finalmente non avremo più decine di sacconi in mezzo al cortile.

   Uno dei tanti abitanti del quartiere intorno alle 8 passa davanti
al nostro cancello, ci chiede come va e ci regala dei sacchi neri.

   Verso le nove cominciano ad arrivare altre famiglie del
coordinamento insieme agli altri volontari. Arriva anche un’altra
emergenza. Un padre di famiglia che ieri ci ha visti in corteo confida
ad Egle la propria situazione e, al tavolo dello sportello allestito
alla bell’e meglio nell’atrio, compila la relativa scheda.

   Questa giornata può essere importante. C’è un appuntamento per le
12 con il prefetto in piazza Alfieri. Dobbiamo valutare la sua
posizione.

   All’incontro vanno Carlo, Luca, Stefano e due famiglie. Il vice
prefetto non si fa attendere. Dopo l’incontro si ritorna alla palazzina
e decidiamo di indire una riunione per le 21, bisogna informare tutti e
discutere della vitalità da dare allo spazio.

   Intanto i lavori procedono e si comincia a stilare l’elenco del
materiale da usare per fare del cemento o dare il bianco. Passa un
amico idraulico che ci dice lo stato degli impianti. Le notizie
purtroppo non sono buonissime soprattutto per quanto riguarda le
caldaie.

   Il sottofondo di tutto ciò sono sempre i bambini che rientrando dalla scuola colorano numerosi il cortile .

   La sera si conclude con la tanto attesa riunione, dove finalmente
tutti saranno messi al corrente sulle posizioni del prefetto.

   La tesi della prefettura è semplice: bisogna ristabilire la
legalità per poter aprire qualsiasi trattativa e poter intraprendere la
strada per far rientrare la palazzina in un progetto che potrebbe
vederla passare in uso per le emergenze abitative.

   La nostra delegazione ha risposto che se “ristabilire la
legalità” significa sgombero, noi scaveremo un fossato intorno al
palazzo.

   Sabato mattina non abbiamo certo fatto qualcosa di simbolico e
ritornare nuovamente (per chissà quanti mesi) ad una situazione
insostenibile non è una prospettiva che si può considerare. Vogliamo
stabilire la legalità con le famiglie in emergenza dentro.

   Di questa  palazzina si era a conoscenza da tanti mesi e
rientrava all’interno di un pacco di possibili luoghi da utilizzare.
Nei mesi precedenti ne abbiamo parlato fino alla nausea. Perché
continuare a temporeggiare?

   Comunque di uscita dalla palazzina senza una proposta seria non
se ne discute. Noi chiediamo che almeno venga usata come alloggi per le
emergenze e che si rimettano in discussione tutte le emergenze. Al
momento sono una 40tina, non solo le 6 che al momento occupano lo
stabile. Visto che tante altre tra pochissimo si troveranno nella loro
stessa situazione, è ovvio che bisogna trovare altri alloggi.

   La serata si conclude parecchio tardi. I bimbi sono stanchi, ci
sistemiamo su brande e materassini e comincia la terza notte….

  


Le famiglie di Via Allende 13_Asti


Coordinamento Asti-est.