Comitati popolari occupano uffici Atc

madonna_newsDopo una serie di incontri e discussioni sul tema delle case popolari, i Comitati di Vallette-Lucento insieme a quello di Madonna di Campagna hanno deciso di portare le proprie ragioni sotto il palazzo di Atc. Infatti intorno alle 13.30 di oggi, giovedì 29 settembre, una cinquantina di persone si sono radunate sotto gli uffici di Corso Dante a Torino con striscioni e trombette per far sentire la loro voce e le loro rivendicazioni individuando in Atc il responsabile dell’incuria che colpisce le case popolari, soprattutto per quanto riguarda la manutenzione ordinaria inesistente. Ma non solo, i Comitati hanno voluto portare anche una serie di problemi legati al caro bollette e ai conguagli arretrati, chiedendo inoltre di attivare una procedura di regolarizzazione per le famiglie che occupano alloggi lasciati vuoti da anni e non ancora assegnati.

In un primo momento i Comitati hanno formato un presidio sotto gli uffici dell’Agenzia Territoriale per la Casa “addobbando” l’ingresso principale con alcuni striscioni e cartelli fra cui “ C’è chi dice No al caro bollette” e “Basta sfratti e sgomberi”. Inutile l’invito dei Comitati al presidente Mazzù, del PD, di scendere per un confronto e dopo una serie di interventi il presidio si è spostato all’ottavo piano del palazzo, proprio dove si trova l’ufficio del presidente Mazzù.

Decisi a non lasciare il piano senza aver ottenuto una data per un incontro con Atc, i Comitati hanno ribadito le loro ragioni davanti a un presidente che cercava di trincerarsi dietro le solite frasi che in qualche modo lo sollevavano da ogni responsabilità legata alla gestione delle case popolari, ma la determinazione delle persone presenti hanno strappato e ottenuto un incontro per il 13 ottobre alle ore 9.

Leggi il comunicato del Comitato Vallette-Lucento e Madonna di Campagna:

Dopo settimane di incontri e discussioni sulle problematiche legate alle case popolari fatte nei quartieri popolari, come Comitati di Vallette-Lucento e Madonna di Campagna, abbiamo deciso di denunciare le fallimentari politiche di gestione di Atc. Le case popolari nelle quali viviamo sono completamente carenti di lavori di manutenzione ordinaria, paghiamo bollette molto care del riscaldamento oltre ai costi, per noi altissimi, per la gestione delle parti comuni, come il verde all’interno dei cortili.

Per questi motivi oggi siamo andati davanti al palazzo di Atc determinati nel voler portare le nostre ragioni al presidente Mazzù. Visto il nulla di fatto di fronte all’invito che abbiamo fatto al presidente Mazzù di scendere per confrontarsi con noi, abbiamo deciso di salire direttamente noi fino all’ottavo piano. Dopo molte scale, siamo arrivati davanti all’ufficio di Mazzù e abbiamo sollecitato la sua presenza che si è palesata dopo alcuni minuti. Insieme abbiamo denunciato la carenza di manutenzioni, il caro bollette, la difficoltà per molte famiglie nel pagare il piano di rientro per morosità incolpevole (molte famiglie si affidano agli strozzini, indebitandosi, per paura di essere sgomberate dalla propria casa) e le assurde lettere ricattatorie che Atc fa pervenire alle famiglie occupanti con le quali si annuncia che il canone di affitto finora pagato – perché molte famiglie “abusive” pagano l’affitto ad Atc – avrà un rincaro del 130% invitando, inoltre, di sgomberare la propria casa senza nessuna soluzione alternativa da parte delle istituzioni.

Grazie alla nostra determinazione e alla forza delle nostre ragione, abbiamo ottenuto un incontro con Atc per il 13 ottobre alle ore 9.

Per noi questa giornata è stata importante perché abbiamo deciso di mobilitarci insieme, fra famiglie e singoli che vivono le stesse problematiche legate alla casa, dimostrando che insieme possiamo ottenere qualcosa.

Intervista ad Albino, cardiopatico in attesa di sfratto

albino_intervAlbino: 69 anni, cardiopatico, inoccupato, invalido al 75%, in attesa dell’esecuzione dello sfratto. Questo può essere un riassunto verosimile di ciò che appare nel suo modulo di richiesta di contributo economico ai servizi sociali, in quello di richiesta presso gli uffici dell’emergenza abitativa, in quello di richiesta di assegnazione della casa popolare presso ATC. Moduli strutturati e compilati con modalità diverse ma che portano tutti al medesimo esito: NO. Noi però non ci fermiamo al “no” formale, esito programmato e insito nei cavilli burocratici che rendono sempre più arduo accedere all’esercizio dei propri diritti e abbiamo voluto capire con Albino le cause di questo abbandono vergognoso da parte delle Istituzioni.

Albino, come tanti, ha perso il lavoro a causa della crisi economica: lui e sua moglie hanno tentato di sopravvivvere integrando la misera pensione di invalidità di lui con lavori precari di Cinzia, 54 anni. Quando anche questi sono venuti a mancare non sono più riusciti a pagare l’ affitto: la proprietaria di casa ha deciso di procedere allo sfratto.
Eravamo con Albino quando il 21 luglio, in modo abbastanza inusuale per un secondo accesso( fatto che ci ha lasciato non poco perplessi e incuriositi da questo intervento zelante dell’ufficiale giudiziario) gli è stato dato il famoso articolo 610. Non stupisce che sia stato necessario l’intervento di un’ambulanza per soccorrere Albino dopo aver capito la crudeltà che si cela dietro l’esecuzione di questo articolo che, lo ricordiamo, viene applicato quasi esclusivamente a Torino. Lo sfratto a sorpresa ad una persona cardipatica? Questa è stata la risposta che le Istituzioni hanno riservato ad Albino.

L’unica proposta arrivata dai Servizi sociali è stata la casa di riposo per lui con assorbimento completo della pensione di invalidità e il dormitorio pubblico per la moglie e il figlio. Albino ha giustamente rifiutato una soluzione che, oltre a dividere il nucleo familiare, avrebbe portato soprattutto la moglie a dover sopravvivere senza alcun aiuto economico.
Albino e Cinzia vivono ormai segregati in casa, sobbalzano ad ogni rumore, aspettano con terrore che le forze dell’ordine vadano a sbatterli in mezzo alla strada…da due settimane questi due signori di 69 e 54 anni vivono anche senza gas perchè a causa delle morosità accumulate ne è stata interrotta l’erogazione….davanti a questa ennesima brutalità istituzionale, viene da chiedere a Lor Signori, seduti alle scrivanie di ATC e dell’emergenza abitativa, quale senso possa avere che a una persona, che è stata residente a Torino per 30 anni e che si è poi trasferita per otto in provincia per poi fare ritorno definitivamente a Torino, venga negato il diritto all’emergenza abitativa perchè non può contare ad oggi su tre anni di residenza continuativa. I trent’anni precedenti non contano nulla?

Sono più importanti i conti, gli anni, i mesi, i cavilli costruiti ad hoc per poter dire no, per poter negare il diritto, per poter schiacciare la dignità di chi, fiducioso, si era rivolto alle Istituzioni per avere un sostegno in un momento di difficoltà.
Noi continuiamo ad essere insieme ad Albino e alla sua famiglia che ogni mattina si chiedono se sarà il giorno in cui le Istituzioni e le forze dell’ordine li sbatteranno in mezzo alla strada.

Davanti alla latitanza delle istituzioni Albino sta imparando che quello che ci viene tolto, noi ce lo riprendiamo! La lotta è l’unica strada possibile: casa, reddito, dignità per tutti!

Video intervista ad Albino, cardiopatico in attesa di sfratto

Il muro popolare vince!

foto articoloCome promesso, venerdì 16 settembre ci siamo ritrovati in molti davanti al portone della casa di Lashad in Via don Bosco, determinati ad impedire lo sfratto dell’ennesima famiglia vittima della crisi economica, delle speculazioni degli avidi palazzinari e della sordità delle Istituzioni.

Lashad e sua moglie hanno vissuto per vent’anni in un alloggio in affitto dove, grazie al lavoro di lui nell’edilizia, sono riusciti a costruire una famiglia con tre bambini: una di dieci anni, con una disabilità mentale, uno di sette e una di due. A causa della crisi economica, Lashad, come molti, ha perso la sua unica fonte di reddito e per evitare di accumulare troppe morosità ha chiesto alla proprietaria di casa di poter rateizzare il debito.

La proprietaria di casa (proprietaria, tra l’altro, della maggior parte degli alloggi e degli esercizi commerciali del condominio) si è mostrata sorda davanti alle sue richieste e da “brava palazzinara” non ha esitato a richiedere lo sfratto di Lashad e della sua famiglia.

Lashad ha cercato immediatamente l’aiuto delle istituzioni e altrettanto immediatamente ne ha sperimentato la totale latitanza ed inadeguatezza: le porte dell’emergenza abitative gli sono state sbattute in faccia a causa dei soliti cavilli burocratici, costruiti e pensati ad hoc per diminuire sempre di più il numero delle persone che possono accedere a tale diritto.

I servizi sociali, dopo aver visionato la richiesta per la casa popolare con un punteggio di 15 punti assegnato da più di un anno, non hanno trovato altro da offrire a Lashad che due settimane di prova al Sermig. A giugno vicino a via Don Bosco Lashad si è imbattuto in uno dei nostri muri popolari a difesa di un suo conoscente: è cosi che abbiamo iniziato insieme un percorso che già a luglio ci aveva portato al suo fianco per impedire lo sfratto, rinviato al 16 settembre, tra le grida offensive della proprietaria di casa, la mortificazione della bimba di Lashad che ha dovuto subire la visita di un medico legale dell’Asl che verificasse le sue condizioni di salute, e la presenza delle Forze dell’ordine sempre più massiccia, si sa, quando c’è da andare a braccetto con gli interessi di qualche avido palazzinaro.

Nella prima metà di settembre Lashad si è recato più volte ai servizi sociali cercando un aiuto, ma la risposta è sempre stata unica: due settimane di prova al Sermig. Prendere o lasciare.

Così nei giorni precedenti lo sfratto abbiamo tentato di diffondere il più possibile la storia di Lashad mettendo in risalto la vacuità istituzionale che circonda tutte le vicende simili alla sua. Così, come per magia, a metà della mattinata di resistenza allo sfratto, Lashad e la sua famiglia ricevono una telefonata da parte della stessa assistente sociale che, non più tardi del giorno prima, “non sapeva proprio cosa farci” che tira fuori per loro dal cappello una sistemazione abitativa gratuita fino all’assegnazione della casa popolare.

Ma grazie: grazie per aver sbattuto la porta in faccia per un anno a questa famiglia, grazie per esservi nascosti per mesi dietro a mille cavilli burocratici e alle menzogne. Quante famiglie in difficoltà si sentono dire “non sappiamo cosa farci”, “non possiamo fare altro”??

Nel caso in cui, però, ci si organizzi per essere in tanti pronti a resistere e stufi di farsi prendere in giro da Lor Signori, le cose iniziano a cambiare e le soluzioni sbocciano improvvisamente.

La storia di Lashad è l’ennesima dimostrazione che se si esce dalla solitudine in cui le istituzioni ci confinano e ci si auto-organizza le risposte non tardano ad arrivare: la lotta dal basso è l’unica strada possibile! Casa, reddito, dignità per tutti!

Torino, contro l’arroganza dei palazzinari: resistenza!

Lashad e sua moglie hanno tre figli: uno di due anni, uno di otto e la più grande di dieci, nata con una disabilità mentale. Dopo venti anni di lavoro e vita a Torino, Lashad perde il lavoro e inizia a faticare a pagare regolarmente l’affitto.

Chiede più volte alla proprietaria di poter rateizzare le morosità accumulate. La risposta di colei che vanta la proprietà della maggior parte degli alloggi ed esercizi commerciali dell’intero stabile in cui vive Lashad? SFRATTO.

Da brava palazzinara speculatrice non ci ha pensato due volte.

La risposta delle istituzioni?

Lashad e i suoi bambini non hanno diritto all’emergenza abitativa per i soliti cavillosi pretesti burocratici e attendono da quasi un anno la casa popolare avendo 15 punti.

E i servizi sociali?

Due settimane “di prova” al Sermig oppure una soluzione in un “albergo” a carico quasi interamente di Lashad.

Venerdì 16 settembre saremo al fianco di Lashad e della sua famiglia per impedire che vengano sbattuti in mezzo ad una strada nel silenzio incurante delle Istituzioni.

L’appuntamento per chi vuole impedire con noi questa ennesima brutalità è venerdì 16 dalle ore 8.00 in Via Don Bosco 31.

BASTA GENTE SENZA CASA; BASTA CASE SENZA GENTE