Sicurezza e degrado. Questi i temi trattati ieri dal capo della polizia Franco Gabrielli davanti ai parlamentari della Commissione sulle condizioni di sicurezza e degrado delle città e periferie.
In particolare Torino viene messa sotto la lente di ingrandimento per le continue mobilitazione sul tema della casa, soprattutto per quanto riguarda le resistenze agli sfratti e le 24 occupazioni abitative sostenute dalle realtà organizzate e comitati popolari presenti in città.
Durante la sua audizione il capo della polizia Gabrielli afferma che il problema è politico e non certo di ordine pubblico. Peccato però che se è vero che la questione abitativa riguarda le politiche – fallimentari in tutti questi anni partendo dal Piano Casa dell’ex ministro Lupi fino ad arrivare all’insufficienza e inadeguatezza delle politiche locali – non è altrettanto vero che l’emergenza abitativa non sia vista come un problema di ordine pubblico perché gli sgomberi coatti effettuati con l’utilizzo della polizia sono all’ordine del giorno, in tutte le città non certo solo a Torino. Infatti, quasi a rimettere in chiaro la natura del suo ruolo, Gabrielli continua “Noi non abbiamo problemi a sgomberare le palazzine, ma se buttiamo in strada centinaia di persone creiamo un problema di ordine sociale e pubblico”
Il riferimento è sia alle resistenze agli sfratti e quindi alla difesa della propria casa, sia alle occupazioni abitative di stabili pubblici come quello delle palazzine occupate dell’Ex Moi sulle quali pende un ordine di sgombero che si dovrebbe effettuare in primavera. Ed è proprio su questo che Gabrielli sembra preoccupato, consapevole che prima dello sgombero le istituzioni devono trovare soluzioni reali e concrete per gli oltre mille migranti presenti nelle palazzine, così da evitare possibili problemi di ordine pubblico.
La questione è l’impoverimento sociale come sostenuto dallo stesso Gabrielli, ma non ci basta che sia solo segnalato, fra l’altro sotto gli occhi di tutti. Bisogna rendere noto anche il perché di tanta povertà per non relegarla ad una sola questione sociologica. L’impoverimento e l’esclusione sono le conseguenze di una politica ormai lontana dai bisogni reali delle persone e che continuano a salvaguardare gli interessi delle banche, dei palazzinari e degli speculatori. Contro queste politiche la lotta per la casa si muove e si organizza, resistendo e occupando.
In ultima battuta Gabrielli accenna ai 18 milioni destinati al comune di Torino per un primo intervento del piano delle periferie, al quale i comitati popolari guardano con attenzione sapendo che non basteranno una serie di “riqualificazioni” a far superare delle istanze di attivazione che si stanno dando nei quartieri periferici della città. Servono soluzioni strutturali per chi vive il disagio abitativo, riattivazioni di servizi e interventi che siano migliorativi per la vita dei quartieri popolari.