Solidarietà agli abitanti del Giambellino e dei quartieri popolari di MIlano

Gli abitanti del Giambellino, quartiere popolare di Milano, ormai hanno capito molto bene quali affari si nascondono dietro gli sgomberi delle palazzine occupate dell’Aler (ente che gestisce le case popolari del capoluogo lombardo) se no non si spiegherebbero tanti sgomberi – 200 dovrebbero essere effettuati con il beneplacito del PD nella veste del sindaco Pisapia e del presidente della regione Maroni – per far uscire a colpi di manganello famiglie per poi chiudere con lastre di metallo quelle case che fino a ieri avevano dato un tetto a molti. Sembra assurda una logica di questo tipo quando in una città come Milano il disagio abitativo è fortissimo, le liste per la case popolari sono lunghissime proprio perché le abitazioni popolari ci sono ma non vengono assegnate, con scuse assurde come “non sono agibili” perché ci sono i sanitari rotti invece di intervenire affinché il patrimonio pubblico non vada perso e rovinato dall’incuria dell’istituzioni locali.

Gli abitanti del Giambellino sanno benissimo come organizzare un picchetto resistente contro chi oggi li vuole in mezzo a una strada, sanno benissimo di chi sono le responsabilità di tanta violenza, sanno molto bene che la presenza delle istituzioni, incapaci di dare risposte concrete e serie al disagio abitativo, si palesano solo attraverso plotoni di sbirri pronti a far capire quanto dure possono essere le ragioni del profitto e della tutela dei potenti di turno, pronti a fare nuovi affari sulla pelle della gente.

Gli abitanti del Giambellino oggi hanno capito che è possibile organizzarsi per resistere, riconoscersi fra simili e aiutarsi collettivamente e se per quanto forza messa in campo non riusciranno a fermare centinaia di agenti in tenuta antisommossa equipaggiati a puntino per la mattanza sociale, oggi la gente dei quartieri popolari di Milano, sapranno che resistere a chi ci affama è possibile.

Solidarietà agli abitanti dei quartieri sotto sgombero.

Contro l’uso dell’art. 610, lo “sfratto a sorpresa”

stop_610I picchetti antisfratto nascono a Torino ormai 4 anni fa, nei primi mesi del 2010. Da allora centinaia sono le famiglie che si sono rivolte agli sportelli casa sorti in città e molteplici sono le occupazioni abitative che si sono susseguite nella metropoli. Sempre più famiglie e singoli decidono di resistere, di organizzarsi, di alzare la testa e di non accettare di essere sbattuti in mezzo ad una strada senza ricevere alcun aiuto da parte delle istituzioni.

La crisi ha messo in ginocchio migliaia di famiglie: 4000 sono gli sfratti eseguiti lo scorso anno nella nostra città nella più totale indifferenza di Comune e Regione.

La risposta delle istituzioni cittadine sulla questione dell’abitare è stata la progressiva abolizione di tutti gli strumenti destinati alle famiglie che affrontano questa situazione emergenziale.

Ottenere una casa popolate mediante emergenza abitativa è ormai un miraggio. I cavilli burocratici studiati dal comune fanno sì che nessuna famiglia possa soddisfare contemporaneamente tutti i requisiti: è di fatto sempre troppo povera o troppo ricca o comunque inadeguata.

Negli ultimi mesi, per sottrarsi alle proteste sempre più frequenti di coloro che vivono sulla propria pelle il problema abitativo, il comune ha eliminato gli sportelli dedicati alle famiglie e sulle scale degli uffici di via corte d’appello sono comparsi solerti vigili per impedire agli utenti di rivolgersi direttamente ai responsabili del servizio. Sembra quindi chiara la volontà delle istituzioni cittadine di sottrarsi al confronto con coloro che hanno perso o stanno perdendo la casa.

Lo stesso atteggiamento si riscontra nella gestione degli sfratti. Le istituzioni ormai incapaci di proporre soluzioni reali alle famiglie che vivono il disagio abitativo delegano e legittimano la questura a trattare il problema politico e sociale dell’abitare come un mero problema di ordine pubblico.

Per evitare il clamore mediatico derivato dallo sgombero di nuclei familiari con bambini piccoli o con storie che possano suscitare attenzione da parte dell’opinione pubblica, comune e questura hanno elaborato ormai da tempo un nuovo strumento: l’articolo 610.

Ciò rappresenta una conferma in più della non volontà del comune di confrontarsi con l’emergenza che sta colpendo la nostra città. Strategia che prevede la chiusura degli spazi di dialogo con le famiglie e demanda la gestione degli sfratti alla questura e rende chiara la volontà di non assumersi la responsabilità politica di quanto sta accadendo.

Assistiamo all’applicazione di nuovi strumenti destinati da una parte a colpire quelle famiglie che attivano percorsi di resistenza, siano essi picchetti antisfratto o riappropriazioni di edifici pubblici abbandonati ormai al degrado. Nell’ultimo anno si è vista la negazione della residenza a coloro che hanno scelto il percorso dell’occupazione e l’applicazione del 610 alle famiglie che hanno organizzato picchetti.

L’articolo in questione permette all’ufficiale giudiziario di presentarsi senza preavviso per eseguire lo sfratto. Questa disposizione mira ad aggiungere precarietà alla precarietà di quanti sono già gravati dal peso di uno sfratto, potendo l’ufficiale giudiziario presentarsi ad eseguirlo in qualunque data, in qualunque momento.

Il 610 permette soprattutto al comune di non prendersi le proprie responsabilità neanche di fronte all’esecuzione materiale dello sfratto. Si evita infatti in tal modo il clamore mediatico derivato dagli sgomberi coatti, mascherandosi dietro un articolo infame e trincerandosi dietro questura e tribunali.

Siamo invece convinti che la situazione attuale sia frutto delle politiche attuate dalle istituzioni cittadine, prime fra tutte le decisioni inerenti l’utilizzo delle risorse pubbliche. Si sponsorizzano progetti inutili e devastanti come le grandi opere; si svende patrimonio pubblico senza una reale redistribuzione degli introiti sul territorio; si sperperano soldi per costruire il grattacielo della Regione, che non verrà utilizzato, mentre si distrugge sistematicamente il welfare.

Emblematici sono i casi di Hassan e Ahmed, che hanno sperimentato prima la lotta sul posto di lavoro contro lo sfruttamento al quale erano soggetti e dopo quella per l’affermazione del diritto ad una casa. Il primo denunciando il datore di lavoro che non lo ha mai regolarizzato, il secondo al CAAT contro le condizioni disumane di lavoro.

Il 5 e 6 novembre di fronte ai picchetti per la resistenza al loro sfratto gli ufficiali giudiziari in accordo con proprietà e questura hanno dato l’infame 610 ed il comune ha così trasformato una responsabilità istituzionale in un cavillo giuridico.

Ad oggi le due famiglie, nonostante le domande di casa popolare ed emergenza abitativa, l’essersi rivolti a lo.ca.re e all’ assistenza sociale non hanno ottenuto nessuna risposta.

Crediamo non sia più tollerabile la totale assenza delle istituzioni incapaci di proporre politiche socio abitative in grado di dare soluzioni reali, l’assoluta mancanza di presa di responsabilità in merito alla situazione attuale e l’applicazione di norme inaccettabili come l’art.610.

L’utilizzo dell’art. 610 non può essere infatti un ulteriore strumento in mano alle istituzioni incapaci di intervenire con soluzioni reali all’emergenza abitativa. A partire dalla situazione di Hassan e Ahmed pretendiamo che il comune trovi soluzioni concrete e prenda posizione sul dilagare dell’utilizzo dell’art. 610 applicando la moratoria per gli sfratti!

Nel frattempo per rispondere ai bisogni reali delle famiglie riteniamo l’occupazione abitativa l’unico e immediato strumento per garantire il diritto all’abitare, nonché una legittimazione politica dello strumento della riappropriazione.

Torino, sfratto rinviato ma continua l’infame pratica dell’art. 610

hassan_viacapuaPer questa mattina a Torino era programmato lo sfratto di una famiglia residente in via Capua. Assam, la moglie e i due figli vivono in un appartamento di proprietà di un noto palazzinaro (che possiede l’intero edificio, assieme ad altri…), il quale, non appena la famiglia non è più stata in grado di pagare l’affitto a causa della perdita del lavoro di Assam, non ha esitato ad avviare la procedura di sfratto.

Quello di oggi era il terzo accesso e Assam e la sua famiglia, ancora in attesa di una risposta dall’emergenza abitativa, avevano deciso di resistere e opporsi alla prospettiva di finire in mezzo alla strada assieme ai due figli, di cui una – una bambina di 4 anni – in condizioni di salute precaria.

Fin dalle prime ore dell’alba alcune decine di solidali si sono riuniti in via Capua per resistere attivamente assieme alla famiglia. In tarda mattinata è arrivato infine l’Ufficiale giudiziario, scortato dall’avvocato e da alcuni agenti della Questura, che ha comunicato la decisione da parte del proprietario di casa di rinviare lo sfratto. La decisione, però, è stata ufficializzata tramite la procedura dell’articolo 610, l’infame pratica che permette di eseguire sfratti a sorpresa e che sempre più spesso Questura e Comune stanno applicando per tentare di ostacolare le forme di resistenza. In pratica, questo significa condannare la famiglia a vivere in un limbo di incertezza col rischio di ritrovarsi da un giorno all’altro buttata fuori di casa.

Emblematiche le dichiarazioni dell’Ufficiale giudiziario, che non ha voluto sentire ragioni e ha rifiutato qualsiasi confronto con la famiglia e i solidali, sostenendo che la questione non fosse un problema suo e che il suo lavoro terminasse con la comunicazione della procedura di rinvio a sorpresa. In una città con un’emergenza abitativa altissima e istituzioni rivelatesi da tempo incapaci di fornire qualsiasi tipo di risposta, continua il rimpallo delle responsabilità e l’applicazione di pratiche infami come quella del 610.

Domani mattina dalle 8 nuovo appuntamento di resistenza a uno sfratto in lungo Dora Siena 18!

da infoaut

Appuntamenti resistenti

Torino_Due gli appuntamenti di resistenza agli sfratti di questa settimana, il primo il 5 e il secondo il 6 di novembre. Due date nelle quali le famiglie sotto sfratto si contrapporranno alla Questura, se questa deciderà di intervenire con la forza, che ormai ha il mandato del Comune di Torino sulla gestione degli sfratti in città. Una questione politica, visto i numerosi sfratti per morosità nella nostra città, ma che le istituzioni continuano a  delegare alle forze dell’ordine trattando il diritto all’abitare come una mera questione di ordine pubblico. Le responsabilità delle istituzioni locali e del Governo Renzi, sono quelle di non garantire il diritto alla casa ma anzi passano all’attacco, con il piano casa, contro le occupazioni abitative nelle quali molte famiglie trovano riparo dopo gli sgomberi coatti. Notizia di qualche giorno fa è che il ministro Lupi incoraggiava le prefetture a staccare le utenze basilari, luce e acqua, alle occupazioni abitative. Una presa di posizione arrogante pur sapendo che il Governo nulla sta facendo per risolvere l’emergenza abitativa nel paese. Le resistenze agli sfratti, le occupazioni di stabili lasciati vuoti insieme alle mobilitazioni sulla casa sono gli unici strumenti che abbiamo per rispondere alle politiche degli sgomberi, al business della speculazione edilizia, alla mala gestione delle case popolari che continuano a rimanere chiuse e non assegnate, a un intero sistema politico che attraverso il rigore e l’austerità porta molte  famiglie e singoli al limite della sopravvivenza. L’emergenza casa è solo un anello della catena di impoverimento che le istituzioni stanno attuando contro di noi: la disoccupazione, la ristrutturazione del mondo del lavoro sempre più precario e sfruttato grazie al Jobs Act, gli aumenti delle tasse, i tagli dei servizi primari, lo spreco di denaro pubblico (che viene dirottato nelle grandi opere invece di essere investito in politiche sociali per far fronte ai bisogni e necessità di tutti e tutte), sono consequenziali alla perdita della propria casa (e quando non ci sono le istituzioni e/o i palazzinari a sgomberarci ci pensano le banche attraverso i pignoramenti).  A tutto questo noi dobbiamo opporci con forza affinché le nostre vite riconquistino quella dignità che le istituzioni ci stanno togliendo.

Qui sotto le storie delle famiglie che resisteranno agli sgomberi del 5 e 6 novembre. Per tutti l’appuntamento è alle le ore 8 del mattino sotto le abitazioni delle famiglie

 

Lyazil vive in quest’appartamento insieme alla moglie e ai 2 figli. Lyazil ha sempre regolarmente pagato l’affitto fino a quando l’unico sostentamento dovuto al suo lavoro e’ venuto a mancare. Lyazil ha lavorato per tanti anni in nero in una fabbrica alle porte di Torino, e quando ha richiesto al suo datore di lavoro la regolarizzazione ha ottenuto in cambio il licenziamento in tronco!. La causa di lavoro portata avanti e vinta ha permesso a Lyazil di continuare a pagare l’affitto fino a quando i soldi ricevuti dal datore di lavoro sono finiti e Lyazil e’ diventato moroso incolpevole.
Il proprietario di casa, che come spesso avviene possiede numerosi appartamenti in Torino, ha celermente provveduto a inviare lo sfratto per morosità’.
Proprietario di casa che affittava l’appartamento in cui Lyazil vive in condizioni che superavano l’agibilita’ e, proprio per le condizioni di degrado in cui sono stati costretti a vivere, la figlia piu’ piccola di Lyazil ha avuto dei seri problemi di salute tanto da doversi recare piu’ volte all’ospedale per sottoporsi a delle cure mediche piuttosto serie!!
Anche Lyazil, come tutte le famiglie che si trovano sotto sfratto, ha provato a seguire le vie istituzionali rivolgendosi all’emergenza abitativa che, come ormai prassi consolidata, ha respinto la sua domanda. Lyazil ha provato anche a fare ricorso e a tutt’oggi e’ ancora in attesa di una risposta dall’emergenza abitativa.

MERCOLEDÌ 5  NOVEMBRE, VIA CAPUA 30 Torino

 

 

Da sette anni Ahmed vive con sua moglie e le tre figlie, di nove, sei e tre anni nell’appartamento di Lungo Dora Siena 18.
La storia di Ahmed, è come quella di tanti, fatta di sacrifici sul lavoro in cui si viene sfruttati e dell’aumento costante del costo della vita aggravato dalle spese mediche sostenute per la bambina più grande invalida.
La storia di Ahmed, è però soprattutto una storia di lotta e dignità: sul lavoro dove è stato tra i promotori delle battaglie per la regolarizzazione dei contratti – per la casa contro istituzioni che non sono in grado di dare nessuna risposta e palazzinari pronti a qualsiasi cosa per entrare nel business dell’affitto agli studenti – e contro il sistema dell’assistenza sociale che ad oggi non ha fornito nessun aiuto per la figlia invalida.
Per sette anni Ahmed, con lo stipendio di facchino al CAAT (Centro Agroalimentare di Torino) ha infatti sempre pagato puntualmente affitto e spese condominiali.
Nel 2012 è stato tra i promotori della lotta al CAAT contro le condizioni di lavoro inumane imposte dalle cooperative del centro di smistamento: turni di 14 ore, paga spesso inferiore ai 3 euro/ora, nessun diritto alla mutua ed alla retribuzione delle ferie. Per questo lo stesso anno, nonostante le nottate di lavoro, non gli sono stati versati molti stipendi e non è riuscito a pagare la rata esorbitante, di 1.700 euro di riscaldamento, richiesto dalla proprietaria.
Ahmed ha subito cercato di trovare un accordo con la proprietaria, proponendo di saldare il debito a rate e continuando a pagare puntualmente l’affitto.
La proprietaria ha invece deciso di cogliere la palla al balzo per sfrattare la famiglia di Ahmed, in modo da destinare l’appartamento, come gli altri di sua proprietà al ben più lucroso business di affitto agli studenti.
Ahmedha provato a seguire le vie istituzionali rivolgendosi all’emergenza abitativa che, come ormai prassi consolidata, ha respinto la sua domanda.
Ahmed ha diritto con le sue tre figlie ad una casa popolare, è cinquantasettesimo in graduatoria ed ha 17 punti, ma il Comune ha risposto che fino a gennaio non se ne parla
Il 6 Novembre, Ahmed resisterà allo sfratto rivendicando il diritto ad una vita dignitosa per se e le sue figlie.
Con determinazione non piegherà la testa di fronte ad un Comune, che ha cancellato il diritto all’abitare trasformando con le sue politiche Torino nella capitale degli sfratti.
Perché la situazione attuale è frutto delle politiche scellerate di Comune e Regione che sottraggono costantemente le risorse al welfare per destinarle alla costruzione di una città vetrina inesistente ed a progetti di devasto ambientale come il TAV.
Assistiamo al progressivo disfacimento dei palazzi costruiti per le Olimpiadi 2006, ad oggi abbandonati o gestiti da palazzinari senza scrupoli ed allo smantellamento dell’edilizia popolare.
Le case ATC vengono affittate a prezzi di mercato con LOCARE, le risorse per la casa vengono investite per promuovere contributi per i costruttori in una città che ha più di 30.000 alloggi vuoti.
Per tutti questi motivi Ahmed ha deciso di continuare a lottare con determinazione e non uscirà di casa fino a che il Comune di Torino non gli assegni la casa popolare o gli garantisca una soluzione alternativa adatta alla sua famiglia.

GIOVEDÌ 6 NOVEMBRE, LUNGO DORA SIENA 18 Torino

 

Sotto il segno del Mattone

porta-nuovaI danni di uno “sviluppo” tutto centrato sul rapporto tra speculazione immobiliare e disponibilità al credito (solo per i costruttori).

 

Alberto Ziparo (Professore Associato in Pianificazione Urbanistica all’Università degli Studi di Firenze) ha condotto per conto dell’Istat un dettagliato rapporto sull’entità del patrimonio immobiliare inutilizzato nel nostro paese. Ne emerge un quadro sorprendente e distopico al tempo, dove all’abbondanza di alloggi vuoti e inutilizzati corrisponde una politica urbanistica e del territorio che spinge a una forsennata corsa alla costruzione di nuovi immobili, con la complicità di banche che, mentre tiranneggiano su prestiti e investimenti in altri settori, elargiscono senza posa nuovo credito agli immobiliaristi.

 

I dati che mergono, in sintesi, sono questi:

• Raddoppio del consumo di suolo negli ultimi 20 anni (percentuale della cementificazione del territorio in termini assoluti) 
 
• 7 milioni di abitazioni vuote (una su quattro)

• Aumento del processo di svuotamento delle case del 350% negli ultimi 10 anni

Uno scandalo conclamato a fronte di un bisogno-casa che, complice l’approfondirsi della crisi, interessa sempre più famiglie, migranti, giovani precari e studenti. I dati Istat sull’abnorme quantità di case inutilizzate raccontano di un inarrestabile declino e di un modello sbagliato. Lo stesso del decreto Sblocca Italia, che in realtà sblocca solo le speculazioni finanziarie e la cementificazione selvaggia, licenzierà un’infinità di nuove autorizzazioni finalizzate alla costruzione di nuove case, nuiovi centri commerciali e “nuove infrastrutture” in un territorio già pesantemente compromesso sul profilo idrico-orografico. Alluvioni, disatri ambientali, corruzione sitematica e infiltrazione mafiosa nella realizzazione di grandi opere inutili si tengono insieme in un sistema profondamente anti-sociale, che promuove la follia egoistica di una società-di-proprietari a scapito dell’investimento in servizi collettivi e tutela dei beni comuni.

Lo scorso anno, un movimento variegato e composito ha provato  a mettere insieme il bisogno sociale diffuso di casa con la questione dello sperpero delle risorse e del denaro pubblico. La risposta del “governo del fare” è stato un Piano Casa diretto esplicitamente contro quella parte di poveri che ha  alzato la testa iniziando a riprendersi quello che dovrebbe essere garantito come diritto costituzionale (e umano).

Oltre la repressione dei movimenti e la sordità conclamata di una classe dirigente tutta votata al far circolare denaro dalle casse pubbliche alle segreterie dei partiti e dei grandi costruttori, c’è un altro aspetto che deve essere evidenziato e che ci racconta di un meccanismo perverso che istituisce un ciclo economico basato sulla formula banche-cemento-banche in cui il capitale immobilizzato nelle costruzioni (spesso vuote) viene utilizzato per ottenere nuovo credito per l’edificazione di ulteriori abitazioni che magari resteranno anch’esse invendute ma serviranno da garanzia per l’elargizione di nuovo credito, mentre il paese si impoverisce,  gli investimenti latitano, il debito pubblico aumenta… Un circolo vizioso perfettamente illustrato dallo stesso Zipparo in un articolo pubblicato oggi su Il Manifesto (Il Belpaese affoga in un mare di case, p.2):

«Ci siamo chie­sti a lungo per­ché nel nostro paese si con­ti­nuasse a costruire, a dispetto del declino demo­gra­fico (la quota di immi­gra­zione appare tut­tora rela­tiva) e socioeconomico. La spie­ga­zione è stata for­nita dagli stu­diosi di mar­ke­ting immo­bi­liare: da tempo non si costrui­sce più per la domanda sociale (che infatti — nono­stante tutto il patri­mo­nio vuoto citato — resta in parte ine­vasa): la ren­dita fon­dia­ria, poi immo­bi­liare si è tra­sfor­mata sem­pre più in finan­zia­ria. I «nuovi vani» dove­vano costi­tuire le «basi con­crete» per «costru­zioni vir­tuali» di fondi d’investimento o rispar­mio gestito. A parte la quota di edi­fi­cato — «lavan­de­ria», ovvero fina­liz­zata al rici­clag­gio di capi­tale ille­gale, facil­mente intrec­ciata al primo».

 

Su questi temi abbiamo condotto (dai microfoni di Radio Blackout) un’intervista con Luca Martinelli, giornalista del periodico AltraEconomia

Il piano-casa del Comune di Torino? Speculare sui bisogni e svendere tutto

Fassino-1-maggio-2012-contestatoFinita la pausa estiva, il Comune di Torino torna letteralmente a “fare i conti” con uno dei maggiori problemi che grava sull’amministrazione locale da qualche anno a questa parte, in particolare dal post-olimpiadi del 2006: la voragine di bilancio di una città indebitata fino al collo.

Stando alle notizie degli ultimi giorni sembra proprio che Fassino&Co. abbiano in mente grandi piani per affrontare il problema. E la ricetta con cui svilupperanno le politiche dei prossimi mesi non sarà che un acuirsi di quella già sperimentata in questi anni di amministrazione targata Pd: svendita del patrimonio pubblico, speculazioni e privatizzazioni.

D’altronde gli effetti sono ben visibili già oggi: da un lato tagli selvaggi a servizi, formazione e cultura, vendita delle aziende municipalizzate, un’emergenza abitativa sempre più alta, mentre dall’altra si moltiplicano inutili colate di cemento buone solo a ingrossare le tasche di banchieri e palazzinari. E’ il caso, ad esempio, dei due grattacieli in costruzione: quello quasi ultimato di Intesa San Paolo e quello destinato a ospitare la Regione Piemonte. Entrambi, a quanto pare, sono sovra-dimensionati e destinati a rimanere vuoti, e c’è già chi pensa a venderne delle parti, magari per farne qualche appartamento di lusso..

In questo quadro, l’idea del Comune per provare a tappare qualche buco di bilancio è presto detta: nel consiglio comunale di questa settimana, l’assessore di riferimento, Gianguido Passoni, ha proposto di mettere sul mercato otto edifici storici della città, con un incasso atteso di 50 milioni di euro. E per quanto riguarda i compratori sembra ci sia già chi è pronto a farsi avanti per acquistare il patrimonio cittadino: la Cassa depositi e prestiti. Insomma, il modello già sperimentato per la Cavallerizza Reale (per ora sventato solo grazie all’occupazione e all’iniziativa di chi – da qualche mese a questa parte – si sta opponendo a queste politiche scellerate) sembra ora estendersi al resto del centro storico..

Ma non è finita qua: sul versante della questione abitativa le proposte del Comune di Torino sono se possibile ancora più sconcertanti. Il piano-casa presentato dal vicesindaco Elide Tisi si articola infatti in due direzioni principali: da un lato la messa in vendita di case popolari, in una città in cui le liste di attesa per l’assegnazione di una di queste sono diventate da tempo un limbo di attesa senza fine e gli appartamenti vuoti si contano a migliaia. Ma il peggio deve ancora venire: con il ricavato della vendita di alloggi popolari il Comune intende acquistare gli immobili di proprietà delle fasce anziane e più povere della popolazione, il tutto in cambio di assistenza domiciliare e medica. Detto in altre parole: messo di fronte alle conseguenze della mancanza di servizi di assistenza, in particolare per gli anziani (situazione che non è “capitata” ma è l’effetto di anni di prosciugamento dei fondi per il welfare cittadino approvati dal Comune stesso), la giunta di Fassino ha pensato bene di costruire un ricatto degno dei peggiori speculatori e affaristi. Se vuoi assistenza, prima ti tolgo la casa, così a quel punto risulterai abbastanza povero da rientrare nei parametri di chi ha diritto a qualche spicciolo di elemosina.

Insomma, di fronte a politiche sempre più predatorie e senza scrupoli non può che tornare alla mente lo slogan che riecheggiò per tutto il corteo del 1 maggio di un paio di anni fa, quando il sindaco sfilò tra due cordoni di polizia sommerso dai fischi di studenti, precari, disoccupati, lavoratori delle cooperative, insegnanti: “Fassino, vergogna di Torino…”.

da infoaut

Torino: famiglie accampate sotto la Prefettura. Stop sfratti!

prettura La lunga e calda giornata si è conclusa e il prefetto Paola Basilone ha confermato la linea dura sulla questione emergenziale degli sfratti. Pur avendo gli strumenti per attivare     una moratoria degli sfratti in città, il prefetto preferisce non fare nulla continuando a non intervenire sulla questione dell’emergenza abitativa. Le istituzioni continuano a rimanere in silenzio, facendo passare per la normalità i migliaia di sfratti che le famiglie subiscono nella città di Torino.

La richiesta della moratoria degli sfratti fatta dalla famiglie occupanti e dagli sfrattati è un provvedimento che la prefettura può realizzare ma non intende intervenire sulla questione, non c’è nessuna volontà politica di risolvere l’emergenza abitativa, ormai divenuta una vera piaga sociale in città.

Quello che invece continua ad esserci è l’arroganza di un potere che muove i propri organi contro chi oggi pretende dignità. La questura in modo scomposto a più volte intimato l’intervento delle forze dell’ordine sui manifestanti, più volte si è presentata davanti al presidio sbraitando che l’immagine della prefettura non poteva essere danneggiata dal presidio delle famiglie e sfrattati.

La questione abitativa non può e non vuole essere risolta perché gli interessi della politica, del PD, sono rivolti altrove, nelle grandi opere, nei grandi eventi, nei grandi affari a scapito della gente che oggi vive il disagio abitativo ed economico.

Il presidio si è sciolto, le tende sono state risposte, si attende che il comune sblocchi il corto circuito che si è creato con la prefettura, visto che quest’ultima aveva dato esito positivo ad un incontro sull’emergenza abitativa in concerto con le parti istituzionali. Nell’attesa che il teatrino della politica si svolga, il presidio lascia piazza castello convinto che quella legittimità politica che oggi gli è stata negata vada riconquistata con la lotta.

 Aggiornamento ore 11.30: Le famiglie hanno passato la notte e si trovano tuttora davanti alla Prefettura, dimostrando la propria determinazione a non retrocedere davanti all’ennesimo ribalzamento di responsabilità. Da un’ora è in corso la conferenza stampa convocata già da ieri. Stop sfratti, una casa per tutti/e subito!

Aggiornameto ore 20: un numeroso gruppo di agenti della questura, sostenuti della presenza di reparti della celere, provoca ripetutamente il presidio delle famiglie, obbligandolo a spostarsi di alcuni metri da sotto il portico della prefettura. La provocazione, non a caso, arriva proprio approfittando del momento di minore affluenza in cui le famiglie e i bambini si allontananano dal presidio per recarsi a recuperare quanto necessario per trascorrere la notte davanti al palazzo.  Sembrerebbe che il prefetto, il quale stamane ha rifiutato di incontrare le famiglie, si sia  infastidito dalla determinazione del presidio che, di smuoversi dal palazzo, non ha nessuna intenzione: occupanti, sfrattati e senza casa hanno deciso, infatti, di rimanere tutta la notte. L’appuntamento è per domani mattina alle 10 davanti la prefettura, ove si terrà la conferenza stampa. Per la serata sono previsti spettacoli e letture per i bambini organizzati dalla cavallerizza 14.45 occupata.

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Continuano le mobilitazioni per il diritto all’abitare, contro gli sfratti e il decreto Lupi. Se il mese scorso, a Torino (e in molte altre città) il movimento per il diritto all’abitare è tornato nuovamente in piazza contro il “nuovo piano casa” del governo Renzi, occupando gli uffici dell’assessorato alla casa, dell’emergenza abitativa e recandosi direttamente dall’assessore welfare e politiche sociali Elide Tisi, ancora nessuna risposta viene data dalle istituzioni, se non finte promesse di convocazione di tavoli truffa, che di fatto non coinvolgevano neanche tutti gli attori istituzionali coinvolti. Primo grande assente infatti risulta essere il Prefetto, che ha la possibilità di graduare gli sfratti o di deciderne una moratoria. Nel frattempo, il Comune di Torino, rimbalza la patata bollente proprio alla Prefettura, per quelle che sono le richieste avanzate dalle centinaia di sfrattati e sfrattate, tra cui tra le altre cose, la moratoria degli sfratti, sgomberi e pignoramenti, oltre alla sospensione dell’art. 610 e dell’articolo 5 del Decreto Lupi sulla casa.

Questa mattina quindi, centinaia di sfrattati e senza casa si sono recati sotto la prefettura per chiedere un incontro, affinchè le parole e i rimbalzamenti non proseguano più e per chiedere che il prefetto si faccia carico di trovare una soluzione all’emergenza abitativa. La risposta, come ci si poteva aspettare, è stata negativa. Trovandosi di fronte all’ennesima situazione e davanti all’ennesimo rifiuto riguardo all’assunzione delle proprie responsabilità, le molte famiglie hanno deciso di non andarsene, continuando il presidio sotto l’edificio, con l’intenzione di non andarsene così facilmente. Dopo aver approntato un pranzo, i molti sfrattati e senza casa continuano a rimanere sotto la Prefettura determinati a non retrocedere di un solo passo davanti all’ennesimo ‘no’.

La lotta per la casa non si arresta!

Sfratto evitato oggi in via Buriasco 20/15, zona Mirafiori Sud.

Come ben sappiamo, la tendenza politica dei governi precedenti (perpetuate grazie al Piano Casa del governo Renzi) riguardante gli immobili pubblici è stata quella della svendita totale di questo patrimonio, per riuscire a raffazzonare qualche soldo in più da mettere nelle casse dello stato sepolto da un debito che ovviamente fa pagare a caro prezzo ai suoi cittadini.

Concetta Buscemi vive in affitto in un appartamento che era di proprietà del demanio, in cui pagava un canone calmierato. Lei è stata vittima di questa tendenza alla svendita: la sua casa è stata venduta all’asta (in quanto non aveva i soldi per comprarla lei stessa). La nuova proprietaria, una donna che ha l’abitudine di frequentare aste di immobili, ha comprato l’appartamento ad una cifra veramente irrisoria. Da brava speculatrice non poteva certo accontentarsi del canone calmierato che le pagava Concetta. Scaduto il contratto, non ha avuto ripensamenti: o si stipulava un altro contratto d’affitto a 350/400 euro o Concetta avrebbe dovuto andarsene.

Concetta è da qualche anno disoccupata e non poteva certo accettare una proposta del genere e di certo non aveva intenzione di andarsene da casa sua. Così qualche mese dopo si è ritrovata con in mano un’ingiunzione di sfratto per finita locazione.

Arrivato l’ufficiale giudiziario con proprietaria, avvocato e fabbri, quello che si sono trovati davanti è stata la volontà di continuare a lottare per il diritto alla casa. A causa delle tendenze di quest’ultimo anno, abbiamo deciso di aspettare in casa il loro arrivo, così che si arrivasse ad un confronto faccia a faccia e non rischiare che l’ufficiale vedendo il picchetto, se ne andasse senza dare una risposta. Purtroppo però le pressioni da parte della proprietà e del suo avvocato erano talmente forti che l’ufficiale, nonostante si fosse rifiutato di chiamare la forza pubblica, ha applicato la legge 610.

Ci siamo già espressi su quanto sia infame questo provvedimento, chiara risposta politica delle istituzioni a chi decide di resistere contro chi cerca di togliere un diritto fondamentale come quello di avere un tetto sulla testa. Quella dell’abolizione del 610, infatti, è stata una delle richieste portate avanti durante l’occupazione degli uffici dell’Emergenza Abitativa e durante il tavolo ottenuto con il vicesindaco Elide Tisi. Peccato che la risposta sia sempre stata il rimpallo delle proprie responsabilità: “Non è di nostra competenza”.

Grazie alla determinazione del picchetto anti-sfratto si almeno riusciti a fare in modo che Concetta non si ritrovasse dall’oggi al domani senza una casa. Ma é anche un altro messaggio che questo picchetto ha voluto mandare: nonostante la duro attacco che il movimento per il diritto all’abitare ha dovuto subire due giorni fa, noi non ci lasciamo intimidire e avvilire da queste misure repressive.

La lotta per il diritto all’abitare non si arresta, continua ad andare avanti a testa alta. Continuerete a trovarci nei picchetti, continueremo a resistere con determinazione, non abbiamo paura delle vostre minacce. Mandiamo la nostra solidarietà a tutti e tutte coloro che sono stati colpiti/e da questo tentativo di depotenziarci.

Liberi tutti! Libere tutte! Liberi/e subito!

E anche per questo… #civediamolundici !

Maxi operazione della questura contro la lotta per la casa

Torino_All’interno di una maxi operazione della questura di Torino contro le realtà che si battono per il diritto all’abitare, oggi 3 giugno arrivano anche le denunce per gli attivisti del collettivo Prendocasa che il 15 maggio del 2013 contestarono Elvi Rossi, presidente di Atc. La continua malagestione da parte del presidente dell’ATC, veniva denunciata dalle famiglie sfrattate e occupanti di case cogliendo di sorpresa il signor Rossi in un ristorante di lusso. Riproponendo l’Escrache argentino-spagnolo, il presidente dell’Atc veniva contestato, prima all’interno del ristorante e poi dopo all’esterno mentre velocemente si dirigeva verso la propria automobile di lusso, a suon di cori e sonagli.

Ascolta Luca del collettivo Prendocasa-torino:

 

Continuano gli attacchi ai movimenti sociali a chi si batte quotidianamente contro un sistema politico sempre più lontano dalle esigenze e dai bisogni delle persone. Parlare di violenza privata e minaccia come capo d’imputazione e fuori dalla realtà, quando la contestazione, legittima, a Elvi Rossi aveva lo scopo di denunciare pubblicamente i risultati di una gestione fallimentare delle case popolari: migliaia di famiglie senza case, sfrattate e senza nessuna soluzione reale da parte delle istituzioni locali.

I movimenti per la casa sono parte di un corpo sociale che oggi sente l’acuirsi del disagio abitativo, provocato dalle istituzioni che invece di garantire il diritto alla casa, affrontano la questione abitativa come mera questione di ordine pubblico. Come avvenuto per il movimento di lotta per la casa romano e per tutti i movimenti sociali che oggi alzano la testa per opporsi alle politiche di impoverimento del governo Renzi – incapace di portare soluzione reali all’emergenza abitativa che attraversa il nostro paese – anche a Torino si manifesta l’inadeguatezza delle istituzioni (targate PD) le quali delegano, per incapacità e mancata volontà politica di risolvere le questioni sociali, alla magistratura il ruolo tutto politico che quest’ultima esercita nei territori attraverso arresti e denunce nella speranza di intimorire o debellare forme di contrapposizione sociale.

Non saranno le denunce a fermarci, continueremo a lottare a fianco delle famiglie e di coloro che si battono per la casa, per la dignità, per una vita migliore.

Solidarietà agli arrestati, alle arrestate, inquisit*, domiciliat*!

 

 

 

 

Assemblea popolare a Settimo Torinese

settimoL’11 luglio Renzi e i capi d’Europa si riuniranno a Torino per un vertice sull’occupazione giovanile

Mentre loro spendono parole inutili la disoccupazione sale alle stelle e la povertà aumenta in una città che ha visto più di 4mila sfratti in un solo anno. Le scuole cadono a pezzi e chiudono gli ospedali.Intanto aumentano le tasse e ci prendono in giro promettendoci 80 euro quando il prezzo della crisi è ben più alto!

Vogliamo decidere noi sul nostro futuro!

Partecipa all’assemblea pubblica di quartiere insieme agli inquilini e alle inquiline delle case popolari di Settimo Torinese.

Venerdì 6 giugno ore 17.30 allo Chalet di Parco Lama in via Don Gnocchi

Contatti fb: civediamolundiciluglio  

torinonordversol’11 – blocchiamo Renzi

Torinosudversol11-blocchiamo-Renzi