La lotta per la casa non si arresta!

E se la lotta per la casa non si arresta, sono i militanti ad essere arrestati. Sembrerebbe questa la logica perversa con la quale ieri la magistratura capitolina ha inasprito le misure cautelari per i compagni Paolo e Luca, esponenti rispettivamente dei Blocchi Precari Metropolitani e del Coordinamento Cittadino di lotta per la casa di Roma.

Al termine di una settimana di mobilitazione che ha visto scendere nelle piazze romane – e non soltanto in quelle – migliaia di persone determinate a ribadire il più vivo dissenso verso il “Piano-Casa”, dopo un percorso su scala nazionale di mobilitazione e di lotte intrapreso il 19 ottobre e mai arrestatosi, la risposta delle istituzioni reitera quel carattere intimidatorio col quale la magistratura italiana tenta di soffocare la libertà dei compagni/e e ogni variegata forma di conflitto sociale.

E infatti proprio ieri – giornata in cui un copioso corteo ha sfilato per le strade della capitale sino al Colosseo (sfidando il novello protocollo sulla sicurezza per Roma Capitale, presentato due giorni fa dal ministro dell’Interno Angelino Alfano) – al termine della conferenza stampa indetta dai movimenti per il diritto all’abitare in seguito all’approvazione definitiva alla Camera del “Piano-Casa” (passato con 272 voti favorevoli e 92 contrari), gli agenti della Digos capitolina hanno arrestato Luca e Paolo, colpevoli di lottare insieme a un movimento che, di arrestarsi, non ci pensa lontanamente.

Le motivazione del magistrato inquirente sembrerebbero configurarsi come un monito per chi continua a lottare ed esprime alti livelli conflittuali: le misure cautelari, infatti, sarebbero scattate a causa della recidività che ha contraddistinto il percorso di lotta dei due compagni.

Luca e Paolo infatti, dopo la richiesta di revoca dell’obbligo di firma imposto dopo i fatti del 31 ottobre di via del Tritone, si sono visti notificare in piazza, davanti agli occhi resistenti del movimento romano – anziché nelle loro abitazioni – gli arresti domiciliari, che parrebbero ordinati dalla magistratura in seguito ai fatti del 12 aprile. Ed è proprio questo modus operandi, che ammonisce pubblicamente chi, nonostante i divieti della magistratura, continua a resistere (non a caso poco prima dell’arresto il movimento di lotta per la casa aveva indetto un’assemblea pubblica per oggi), a palesare la natura del tutto intimidatoria di queste misure restrittive, tese a colpire chi si batte nella lotta per quel diritto inalienabile che è la casa.

L’approvazione alla Camera del cosiddetto “Piano-Casa” ha, infatti, tutto il sapore di un attacco ai movimenti per il diritto all’abitare: se decreti fatti ad hoc per inibire le occupazioni e le riappropriazioni non riescono a fermare un movimento di lotta forte e determinato, se un governo risponde all’emergenza abitativa con un decreto (l’articolo 5, fortemente pregno di incostituzionalità) contestatissimo in tutto il territorio nazionale, ecco che, qui come in Val di Susa, arriva la magistratura, che tenta di impedire le lotte territoriali e di movimento accanendosi giuridicamente su alcuni compagni/e.

Il collettivo PrendoCasa di Torino, insieme agli occupanti e agli sfrattati, esprime la più viva solidarietà a Luca e Paolo, ribadendo con forza che quella lotta che abbiamo così a cuore, quella della casa, non si fermerà nédopo questi arresti né in seguito all’approvazione di questo decreto che salvaguardia solamente gli interessi dei palazzinari, della banche e del potere costituito.

Luca e Paolo liberi, liberi subito!

MERCOLEDì 21 MAGGIO, CORSO TRAIANO 128 OCCUPATO presenta: Jobs Act e Piano Casa: cosa ci aspetta in futuro?

PIANO CASA e JOB ACT sono le soluzioni alla crisi che il governo renziano vorrebbe attuare, spianando le strada alla deriva di precarietà che già colpisce milioni di lavoratori, disoccupati e studenti.
Ci sembra doveroso interrogarci sul contenuto di un Piano Casa che svende gli alloggi pubblici, mette a disposizione fondi fittizi per il sostegno agli affitti, vieta di ottenere la residenza e gli allacci delle utenze a chi, spinto da necessità, occupa case altrimenti lasciate al degrado.
Lo stesso piano casa prevede inoltre l’esclusione per 5 anni dalle liste per l’assegnazione delle case popolari, come se non fosse abbastanza degradante aspettare di raggiungere la quota di punti necessaria per un diritto fondamentale come quello alla casa.
Ci sembra doveroso interrogarci sul contenuto di un Job Act che legittima i licenziamenti ingiustificati, aumenta la possibilità per le aziende di assumere tramite apprendistato senza alcuna offerta formativa, allunga esponenzialmente i tempi di inserimento lavorativo all’Traiano 21insegna della richiesta di maggiore flessibilità.
Rifiutiamo fermamente un modello sociale che privilegia i soliti speculatori e palazzinari, che non si occupa delle reali esigenze dei cittadini,che anzi li tiene ogni giorno in un bilico precario, in condizione di non poter pensare al domani.
Rivendichiamo e pretendiamo il diritto alla casa, al lavoro e alla dignità per tutti e tutte.

Interverranno:
Sportello Prendocasa Torino
A. Ariotto – avvocato-
Mariacristina – sudentessa I.M.S. “Regina Margherita”

ORE 18 APERITIVO BENEFIT CIRCOLO RICREATIVO di CORSO TRAIANO 128 OCCUPATO.

ORE 19 DIBATTITO PUBBLICO SU JOBS ACT E PIANO CASA.

Ci vediamo l’11!!!

Torino, mattinata di mobilitazione contro sfratti e decreto Lupi

Mattinata di mobilitazione anche a Torino contro il decreto Lupi e per il diritto all’abitare: in seguito all’occupazione degli uffici dell’emergenza abitativa avvenuta pochi giorni fa, infatti, senza casa, sfrattati e occupanti avevano ottenuto per questa mattina l’apertura di un tavolo politico con la giunta sul problema dell’emergenza abitativa torinese.

Intorno alle 10, quindi, una delegazione è salita negli uffici del Comune, mentre nella piazza antistante al palazzo prendeva vita un presidio per fare pressioni sulla giunta affinché non continuasse a ignorare le richieste di chi lotta per la casa.

Molto chiare le rivendicazioni che sono state portate alla giunta e in particolare al vice-sindaco e assessore alle politiche sociali, Elide Tisi: una moratoria immediata degli sfratti e la sospensione dell’infame articolo 610 col quale vengono eseguiti sfratti a sorpresa, apertura di un tavolo politico sull’emergenza abitativa, censimento attuale delle case vuote di proprietà dell’ATC, requisizione degli immobili sfitti e abolizione dell’articolo 5 del decreto Lupi sulla casa.

Durante il presidio abbiamo raccolto la testimonianza di Antonio, a rischio sfratto e senza lavoro:

Nel corso dell’incontro, gli assessori presenti hanno balbettato il solito rimpallo di responsabilità sugli altri enti locali (Regione e Prefettura in particolare), senza prendersi nessun impegno concreto per risolvere l’emergenza abitativa (pur riconoscendo apertamente la fattibilità di molte delle richieste avanzate questa mattina!) e mostrando una buona dose di arroganza verso la delegazione presente (nel bel mezzo dell’incontro il vicesindaco si è infatti alzato lasciando il tavolo come se nulla fosse). Insomma, ancora una volta orecchie da mercanti, perlomeno finché c’è da tutelare la propaganda per le elezioni…

Non più disposti ad aspettare e a ricevere solo false promesse, alla conclusione del tavolo il presidio si è trasformato in un corteo che si è diretto sotto la Prefettura, che nonostante le richieste fatte questa mattina ha disertato l’incontro, per gridare le proprie ragioni. Qui i manifestanti hanno preteso un incontro con il Prefetto Paola Basilone ma, dopo quasi un’ora di attesa, si sono sentiti rispondere che all’interno del palazzo “non c’era nessuno con cui parlare” (!) e che il Prefetto era impegnato dietro questioni più importanti…

Insomma, palazzi del potere deserti e una classe politica che si conferma sorda, arrogante e immobile di fronte alla richiesta di far fronte all’emergenza abitativa e ai problemi reali di una città sempre più impoverita…il presidio si è comunque sciolto con la promessa di continuare a mobilitarsi nei prossimi giorni e soprattutto:

#civediamolundici!

 

Il video del corteo verso la Prefettura:

Leggi il comunicato degli sportelli per il diritto all’abiatere

Torino. Sfrattati e senza casa occupano uffici dell’emergenza abitativa

05Mentre si discute in senato l’applicazione del decreto Lupi sulla casa, in molte città continuano le mobilitazioni per il diritto all’abitare. Il movimento per il diritto all’abitare romano è tornato in piazza ieri contro il “nuovo piano casa” del governo Renzi e contro tutti i decreti che amplificano i processi di impoverimento e precarietà.

Questa mattina a Torino occupanti, sfrattati e senza casa, in continuità con le mobilitazioni per il diritto alla casa e contro le politiche di austerity, hanno occupato gli uffici dell’Assessorato alla casa e dell’Emergenza abitativa. Dopo vari colloqui con i responsabili delle istituzioni le famiglie sono riuscite ad ottenere un tavolo politico presso il comune sull’emergenza abitativa che si terrà venerdì 16 maggio alle ore 10.

 

Centinaia di sfrattati e senza casa dei vari sportelli casa cittadini hanno occupato questa mattina gli uffici dell’Assessorato alla casa e dell’Emergenza abitativa di Torino in via Corte d’Appello, tornando a porre al centro dell’attenzione il problema casa che a Torino ha raggiunto cifre senza precedenti.

Da un anno a questa parte la pratica dello sfratto a sorpresa (autorizzato dall’art. 610) risulta essere pratica d’ufficio come risposta a chi resiste allo sfratto. La questione abitativa a Torino viene pertanto affrontata su una mera questione di ordine pubblico mentre le istituzioni cittadine continuano a non dare risposte soddisfacenti delegando il tutto al tribunale di Torino.

Questa mattina, i moltissimi sfrattati e sfrattate così come molte famiglie di senza casa, si sono quindi recati direttamente dall’assessore welfare e politiche sociali nonchè presidente della Commissione per l’emergenza abitativa Elide Tisi, per chiedere una soluzione degna partendo dalla cancellazione dell’art.610, oltre ad una moratoria sugli sfratti, l’apertura di un tavolo politico sull’emergenza abitativa, censimento attuale delle case vuote ATC, la requisizione degli immobili sfitti e l’abolizione dell’articolo 5 del Decreto Lupi sulla casa. Mentre l’occupazione è ancora in corso, con decine e decine di famiglie dentro gli uffici, è iniziato da qualche ora il colloquio con l’assessore al welfare e un rappresentante della prefettura per stabilire l’apertura di un tavolo politico sull’emergenza casa. Da segnalare inoltre l’atteggiamento ignobile della digos che spintona i giornalisti presenti sul luogo per evitare che facciano foto.

Qui sotto il comunicato dell’iniziativa

PRETENDIAMO SOLUZIONI, NON FALSE PROMESSE!

L’assenza di politiche sulla casa e  il silenzio delle istituzioni locali sul fenomeno dilagante dell’emergenza abitativa, costringe molte famiglie a opporsi allo sgombero coatto tramite la pratica dei picchetti anti-sfratto. Le famiglie organizzandosi, resistono contro l’arroganza delle istituzioni che, invece di trovare soluzioni reali all’emergenza casa, delega alla questura il vuoto politico-sociale che ha lasciato chi dovrebbe invece garantire il diritto all’abitare.

Forze dell’ordine ed  istituzioni, allarmate da questo crescendo di resistenza e solidarietà, decidono di affrontare il problema casa non sotto il profilo sociale e politico, ma sotto quello dell’ordine pubblico, studiando sempre nuove strategie per combattere il fenomeno dei picchetti. La strategia messa in campo consiste nell’applicazione dell’art. 610 c.p.c, conosciuto come sfratto a sorpresa. Questa disposizione consiste nel permette all’ufficiale giudiziario di presentarsi senza preavviso per eseguire lo sfratto aggiungendo precarietà alla precarietà di quanti sono già gravati dal peso di uno sfratto, potendo l’ufficiale giudiziario presentarsi ad eseguirlo in qualunque data, in qualunque momento.

I 4mila sfratti che ogni anno si registrano nella nostra città non possono essere valutati come questione di ordine pubblico, la dignità delle persone non può essere subordinata a punitive strategie politiche. Il comune deve trovare una soluzione all’emergenza abitativa, non colpire chi alza la testa, chi si ribella, chi resiste.
Molte famiglie sono costrette a trovare autonomamente una soluzione al disagio abitativo attraverso l’occupazione di edifici vuoti. Pratica che viene attaccata sia dalle istituzioni locali, sia dal governo Renzi che tramite il “nuovo piano casa” inserisce nel decreto legge l’articolo 5 che mira a colpire, negando la residenza e l’utilizzo delle utenze basilari, le famiglie occupanti.
Chi ha già vissuto la brutalità di uno sfratto, chi lo sta per vivere, gli occupanti di case o semplicemente chi ritiene inaccettabile  che le persone vengano messe in mezzo alla strada sono qui oggi per denunciare pubblicamente questa situazione, pretendendo che le istituzioni si pronuncino prendendosi le proprie responsabilità.

Rivendichiamo e pretendiamo il diritto alla casa e alla dignità per tutti. Pretendiamo soluzioni reali e non promesse buone solo in campagna elettorale. Non ce ne andremo da qui fino a che le istituzioni e i responsabili non si siano pronunciati sui seguenti punti:

Moratoria degli sfratti e sospensione dell’articolo 610; apertura di un tavolo politico sull’emergenza abitativa; censimento attuale delle case vuote ATC; requisizione degli immobili sfitti; abolizione dell’articolo 5 del Decreto Lupi sulla casa.

Occupanti, sfrattati e senza casa

Dopo Piano Casa e Jobs act prepariamoci ad accogliere Renzi l’11 luglio! Cominciamo con l’assemblea nazionale del 31 maggio in città!

Il prossimo undici luglio i primi ministri dell’Unione Europea si incontreranno a Torino in un vertice in cui si parlerà di “occupazione giovanile”. Ma forse è di disoccupazione giovanile che sarebbe più lecito parlare. Se guardiamo ai dati europei la media dei senza lavoro sotto i 25 anni si aggirà intorno al 24 % ma nel Sud del continente si sfonda ampiamente il 40% e in Spagna e Grecia si va ben oltre il 50%. Questi dati rappresentano una brutta vetrina per un’Unione Europea che continua a chiedere sacrifici e austerità in nome di una ripresa che non arriva.

La scelta della città di Torino come sede dell’evento è da questo punto di vista sintomatica, presentata come fulgido esempio di sorpassamento del modello della città-fabbrica in un oltre di cui quel che si intravvede oggi è soprattutto l’indebitamento, la riduzione progressiva di servizi e welfare e l’impoverimento di ampie fasce di popolazione. Qui, dove non ha mai attecchito il modello berlusconiano, vige e domina da 20 anni il cosiddetto “Sistema-Torino”: un’intricatissima rete di rapporti economici, politici e personali tra grandi banche, fondazioni, ex-dirigenti di Pci-Ds-Pd e Fiat. Un modello che a quanto pare ha fatto scuola: la versione “di sinistra” del capitalismo neoliberista.

Su questa ordinaria gestione del paese si innesta oggi un’accelerazione dettata dalla crisi e dalle misure europee imposte dalla Trojka col Fiscal Compact, il pareggio di bilancio fatto entrare di forza nelle costituzioni nazionali, la riduzione del rapporto fra debito pubblico e PIL. La cancellazione della spesa pubblica per stare dentro questi parametri è la sola risposta comune messa in campo da governi nazionali complici e subalterni. Privatizzazione dei servizi, finanziarizzazione del welfare ed espropriazione dei beni comuni ne sono i corollari necessari. Le reti familiari/comunitarie, dove ci sono, restano le ultime ancore di salvezza prima dell’inferno dell’indebitamento individuale. Per un’Europa costruita sul primato della finanza, le richieste non hanno mai fine. Per quanto denaro pubblico e risparmi vi si getti dentro, la voragine non è mai colma.

Per i giovani il futuro si mostra sotto una prospettiva ancora più radicale, senza collocazione o prospettive che non siano quelle di un’infinita disponibilità ad assecondare le esigenze del capitale. Non importa quanto hai studiato e quali siano le tue aspettative, devi essere pronto e flessibile a ogni richiesta. Il punto non è “tirare la cinghia per stare nei parametri” ma farci tirare la cinghia per abituarci a dare di più e chiedere di meno. Produttività, flessibilità, competitività, merito sono le parole d’ordine di questo programma nemico di cui Renzi è il nome italiano. Le prime misure varate dal suo governo – Piano Casa e Jobs Actsono espliciti momenti di una più generale guerra ai pobveri. Sono anche risposte politiche a quanto posto sul piatto dai movimenti, dalle vertenze sui luoghi di lavoro e nelle lotte territoriali.

Dobbiamo rovesciare questo programma, invertire l’ordine delle priorità. Ordinare un’altra agenda politica, sostanziata dalle lotte, legittimata nei territori, capace di gettare sabbia nei loro ingranaggi e porre sul medio-termine la questione strategica del come, cosa, quanto e per chi produrre. Lo sviluppo tecnologico (automazione, informatizzazione) permetterebbe oggi una riduzione netta e generalizzata del lavoro socialmente necessario, eppure ci troviamo ancora presi dentro le maglie di un ricatto che ci chiede di lavorare di più e più intensamente per mantenere in vita un sistema diseguale e mortifero. Il problema è quindi di del chi e a nome di chi decide.

Voremmo che la giornata dell’11 luglio metta all’ordine del giorno queste questioni e che lo faccia all’altezza dei tempi che stiamo vicendo, individuando pratiche efficaci e massificabili, in grado di indicare un percorso anche per i tempi futuri. Per questo invitiamo i movimenti, le lotte territoriali , i sindacati conflittuali e quanti e quante in questi anni si sono battuto contro i piani del neoliberismo e della trojka, a partecipare ad un’assemblea nazionale dei movimenti per discutere insieme e costruire collettivamente la giornata di lotta dell’11 luglio. La data che indichiamo è quella di sabato 31 maggio, h 14 a Palazzo Nuovo (Università di Torino).

#renzistaisereno #civediamolundici

#11L #nojobsact #notroika #nopianocasa

Movimenti sociali contro l’austerity e la precarietà – Torino

Analisi critica del “piano casa” del governo Renzi

renziberluscaIl decreto legge recante “Misure urgenti per l’emergenza abitativa” varato dal Consiglio dei Ministri del 12.03.2014 comprende al suo interno un insieme di misure applicate con costanza negli ultimi decenni che di certo non rappresentano una scatto in avanti per affrontare l’emergenza abitativa evocata nel titolo, misure che non hanno assolutamente intaccato l’enormità del problema abitativo in Italia e che risulta irritante vedere riproposte tali e quali dopo anni e anni di fallimenti.
L’ambito normativo in cui ci si muove è sempre quello dalla legge 431 del 1998 che ha introdotto la liberalizzazione degli affitti e ha lasciato mano libera ai proprietari di casa nel fissare le condizioni di mercato degli affitti. Gli interventi dello stato sono, anche con questo decreto, al massimo rivolti a contenere gli effetti nefasti della liberalizzazione senza andare ad intaccare la supremazia assoluta dell’interesse della rendita e della proprietà, cercando anche di stroncare, con l’art. 5 del decreto, i movimenti di riappropriazione dal basso di valore d’uso. Al massimo potranno avere qualche giovamento le famiglie che si potranno permettere l’housing sociale o l’affitto concordato, con prezzi sempre più vicini a quelli di mercato, quindi famiglie con reddito medio/medio-basso. Completamente escluse le situazioni di vero disagio, gli sfrattati, le famiglie con un solo reddito precario o senza reddito, condannati sempre di più all’emarginazione. Altro che cambio di tendenza!

Questo piano casa è uguale a quello di Berlusconi,
rispolverando la vendita del patrimonio erp, facendone un perno centrale della manovra, andando a impoverire ulteriormente la dotazione già misera (meno del 4% del totale delle abitazioni) dei comuni italiani.
In continuità con le manovre precedenti sulla casa sembra fatto per offrire facili occasioni di intervento alle imprese del settore edile, che si vedono riconosciuti anche benefici fiscali (art.6). Non si accenna a misure minimali come il blocco degli sfratti, la tassazione dello sfitto o il recupero a fini di edilizia pubblica di aree edificate abbandonate (caserme per esempio).
La classe proprietaria è una casta i cui interessi non devono essere essere sfiorati e costoro sono i veri beneficiari di una manovra che si presenta sotto mentite spoglie. Noi restiamo persuasi, anche di fronte al fallimento già verificato delle misure pedissequamente riproposte con questo decreto, che il bisogno di casa vissuto da centinaia di migliaia di famiglie, giovani, studenti sia risolvibile, in completa controtendenza con il piano casa di Renzi e Lupi, andando a intaccare pesantemente la grande proprietà immobiliare, con la requisizione dello sfitto, il blocco degli sfratti, un piano di edilizia popolare da avviare su aree già edificate e abbandonate, la conversione dell’edilizia sociale/housing sociale in edilizia residenziale pubblica.

Veniamo a un’analisi più approfondita del provvedimento tanto sbandierato come dirompente e innovativo
All’art 1 si definiscono gli importi per gli anni a venire del fondo nazionale per il sostegno alle abitazioni in locazione e per la morosità incolpevole.
Il primo fondo è stato istituito sempre con la legge 431/98 per permettere agli inquilini di sostenere il pagamento del costo dell’affitto anche in caso di difficoltà. Il fondo nel 1999 era di 388 milioni di euro, oggi in una situazione di crisi devastante e con un numero infinitamente più alto di famiglie in difficoltà con il pagamento degli affitti il fondo è passato a 100 milioni di euro. A ben poco vale ricordare che nel 2013 il fondo era stato addirittura azzerato. Si tratta comunque di soldi che passano direttamente dallo stato al proprietario che affitta, garantendo con soldi pubblici la rendita del proprietario al quale i soldi vengono versati direttamente. Stesso discorso per il fondo della morosità incolpevole: in cambio della sospensione momentanea della procedura di sfratto il proprietario riceve dallo stato quanto gli spetterebbe. Anche in questo caso si distribuisce miseria. Di fronte alla marea montante degli sfratti i 60 milioni scarsi di Euro previsti per il 2014 e 2015 di questo che possiamo considerare il surrogato del blocco degli sfratti, sono un insulto all’emergenza sociale. Il sistema dei fondi come abbiamo da sempre denunciato giova principalmente ai proprietari e garantisce la rendita, vero interesse tutelato da questa misura.

Con l’art 2 e l’art 9 il decreto intende rilanciare il secondo canale di contrattazione, quello a canone concordato. In cambio di agevolazioni fiscali il proprietario si impegna in questo caso ad affittare a un livello d’affitto definito sulla base di contrattazioni territoriali tra rappresentanti dei proprietari e degli inquilini. Stiamo parlando di canoni un po’ più bassi del libero mercato ma comunque ben remunerativi per i proprietari. Questo secondo canale, introdotto sempre dalla legge 431/98 è stato per anni completamente soppiantato dal canale di contrattazione libero. Ultimamente si cerca in tutti i modi di rilanciarlo con l’aumento delle agevolazioni fiscali come in questo caso con la riduzione dal 15% al 10 % della cedolare secca. Rimane il fatto che questo tipo di contratto decolla solo nelle provincie dove si aggiornano gli accordi territoriali cioè dove si aumenta il livello dei canoni concordati. Lasciando il pallino nelle mani dei privati naturalmente questi si orientano verso le soluzioni più redditizie e non certo verso la soluzione dell’emergenza casa.
All’art 2 si prevede anche la possibilità di coinvolgere e finanziare tramite convenzione coi comuni le cooperative edilizie che affittano a canone concordato.

All’art.3 e 4 si parla del patrimonio residenziale pubblico. Da un lato art 4 per avviare un piano di recupero degli alloggi ERP non assegnati per i quali verranno utilizzati fondi già esistenti nel bilancio del ministero delle infrastrutture e non spesi per un massimo di 500 milioni di euro più 67,9 milioni di euro non spesi da programmi di edilizia residenziale precedenti. Nella relazione tecnica del decreto si parla di 12.000 alloggi l’anno, staremo a vedere, ma sono ben poca cosa rispetto alle 650.000 famiglie attualmente in lista d’attesa nelle graduatorie.
All’art. 3, però, in piena contraddizione con il progetto di estendere la disponibilità di alloggi ERP esposto all’art.4, si prevede di accelerare il piano di dismissione di alloggi ERP già previsto dal Governo Berlusconi nel 2008.
Gli alloggi vengono offerti con diritto di prelazione agli inquilini ma come si è sempre riscontrato nel caso di procedimenti analoghi,in mancanza di prelazione dell’inquilino l’alloggio viene venduto al privato che vuole fare la speculazione, ma questo non è l’unico limite naturalmente di provvedimenti di questo tipo perché anche se gli introiti della vendita degli alloggi devono essere reinvestiti nel campo dell’edilizia residenziale pubblica la partita ha un risultato netto sempre a perdere e ciò significa che il patrimonio complessivo si impoverisce inevitabilmente, anche perché gli standard per le nuove costruzioni sono sempre molto più costosi del vecchio.

Dell’art.5 abbiamo già accennato. Si vuole stroncare qualsiasi movimento che vada ad intaccare gli interessi della speculazione e che cerchi di orientare la proprietà privata inutilizzata verso finalità sociali. Impedire l’acquisizione della residenza e l’allaccio delle utenze negli stabili occupati significa tentare di eliminare uno strumento concreto e diretto di risoluzione del bisogno abitativo, unico strumento esistente per migliaia e migliaia di persone che vi fanno ricorso, il tutto di fronte al nulla prospettato a livello istituzionale anche con questo decreto. Se si abbandona la pratica della riappropriazione diretta l’emergenza sociale diventerà ancora più drammatica proprio perché le soluzioni offerte dal mercato e dalle istituzioni non sono raggiungibili.

Art.6 prevede agevolazioni fiscali per le imprese che affittano alloggi sociali.

Art.7 prevede detrazioni fiscali per chi è titolare di contratto di locazione di alloggi di social housing.

Art.8 altro articolo che prende in considerazione chi la casa ce l’ha già (alloggio sociale) per favorirne in questo caso il riscatto in proprietà tramite agevolazioni fiscali.

Art. 9 vedi art.2 di cui sopra si parla di agevolazioni fiscali per chi affitta a canone concordato.

Art.10 detrazioni Irpef per l’acquisto di mobili e arredi.

Art.11 ha la finalità di accelerare i piani di social house già avviati o di tramutare in social housing progetti edilizi destinati ad altre finalità.

Art.12 e 13 sono articoli di definizione operativa e copertura finanziaria.

Che dire tutto già visto, sperimentato, fallito, metà degli articoli riguardano chi la casa ce l’ha già, altri sono fatti esplicitamente o implicitamente per i proprietari, i piani sul recupero erp sono annullati da quelli sulla vendita. Bisogna a questo punto chiedersi se la povertà e l’emergenza casa siano un problema o un’opportunità per questo governo.
Il senso di questa manovra è per noi chiaro, attaccare pesantemente la dignità di chi oggi vive, incolpevolmente, senza reddito sufficiente per arricchire a dovere gli speculatori. Minacciare chi prova sollevarsi contro una legalità ingiusta e un destino che non bisogna cambiare. Garantire ai soliti noti rendite e potere a scapito dei diritti di tutti. Vogliono creare una nuova classe di schiavi, disposti ad accettare tutto, impauriti ed isolati. Sta a noi impedirglielo, ne va del nostro futuro, della nostra dignità, della nostra vita.

AVANTI CON LA LOTTA
RETE DIRITTI IN CASA PARMA

Fonte: parmantifascista

Sgomberati gli ex bagni pubblici occupati dalle famiglie

Questa mattina del 12 febbraio a Torino gli ex bagni pubblici di via Roccavione (appena dietro la stazione Dora) sono stati sgomberati a meno di una settimana dall’ sgomberooccupazione. Lo stabile era vuoto dal 2009 e da qualche giorno ospitava due famiglie e due ragazzi che insieme ad altri nuclei avevano precedentemente occupato una palazzina di via Spano(zona torino sud) da cui erano stati al medesimo modo sbattuti fuori su richiesta del privato palazzinaro proprietario. La riappropriazione dei Bagni(stavolta di proprietà pubblica ,comunale) da parte dei senza casa è stata proprio la prima risposta che, insieme agli sportelli casa della città, si era voluta dare a questo precedente sgombero: infatti l’occupazione ha consentito da un lato di dare una soluzione abitativa immediata alle famiglie con più urgenza di un tetto,e dall’altro tramite una conferenza stampa si è voluto chiamare ad un confronto pubblico il Comune in tutti i suoi apparati atti alle politiche sulla casa e all’emergenza abitativa affinchè si esponessero pubblicamente nel garantire una soluzione alternativa per gli altri occupanti ancora senza casa. Dal momento che sono le inadeguate politiche comunali la causa di una situazione di assoluta emergenza abitativa in città, che vede sempre più sfratti e sfrattati a fronte di speculazioni edilizie pubbliche e private che lasciano alloggi a marcire e ingrassano assessori e palazzinari, era dovere del comune dare una risposta. E la risposta è stata data con lo sgombero di questa mattina .Anziché requisire alloggi sfitti o ridistribuire le case atc vuote il Comune preferisce  ridurre il problema a mera questione di ordine pubblico e presentare dieci camionette sotto una occupazione abitativa e lasciare le famiglie in mezzo a una strada; anziché calmierare gli affitti o lavorare per una moratoria degli sfratti, a Torino  entra in vigore l’articolo 610,che prescrive lo sfratto a sorpresa: non ti diciamo quando avrai lo sfratto così non ti organizzi per contrastarlo-e non importa se il prezzo che paghi è vivere nell’ansia di perdere la casa da un momento all’altro. Soluzioni per una tutela istituzionale del diritto alla casa ce ne sono, ma evidentemente comune e regione preferiscono spendere i soldi in altro modo, e privatizzazioni e svendita del demanio pubblico sono all’ordine del giorno mentre la vivibilità dei territori si fa sempre più difficile e la vita di chi paga i costi della crisi sempre più precaria.  All’interno dell’occupazione sgomberata stamattina viveva anche una giovane coppia nigeriana ,Elena e Denis che avevano festeggiato la nascita del loro bambino proprio il giorno dello sgombero da via Spano: una simile storia si è naturalmente dimostrata più che appetibile per media mainstream che ne hanno scritto sui loro giornali( non appena appurato che non era tutta un’invenzione, né che stavamo sequestrando una donna incinta all’interno di una occupazione- voci queste arrivate da più parti) e per l’assessore alle politiche sociali Tisi che si è dimostrata da subito interessata alla vicenda, promettendo una sistemazione per la giovane famiglia: quale migliore pubblicità infatti avrebbe potuto trovare? E infine il comune una sistemazione per Elena l’ha tirata fuori dal cappello questa mattina: un monolocale soppalcato senza spese dove potranno vivere tutti e tre per un massimo di nove mesi: Elena aveva infatti espresso il rifiuto categorico di accettare qualsiasi proposta che prevedesse lo spaccamento del nucleo famigliare e quindi il rifiuto di  rivolgersi agli assistenti sociali per la concreta paura che la separassero dal marito o dal figlio, prassi abituale in questi casi. Sicuramente il succedersi di due sgomberi violenti in poco più di una settimana testimonia la volontà di Comune e Questura di mostrare i muscoli nei confronti delle occupazioni ma mostra anche la paura che hanno  nel radicamento e nella legittimazione nei quartieri degli spazi occupati, e nell’estendersi di questa pratica di riappropriazione che diventa sempre più riproducibile e  accettata da chi vive i territori. Cresce infatti il numero delle occupazioni sull’intero territorio nazionale, e cresce il numero di abitanti che si autoorganizzano e con il supporto degli sportelli casa dei centri sociali e dei comitati di quartieri ( che sopperiscono de facto all’assenza politica sul tema casa) costruiscono dal basso un’alternativa reale a un presente di crisi, austerità  e soppressione dei diritti. Continueremo per la nostra strada e torneremo ad occupare con chi è ancora senza un tetto, seguendo quel filo che va dalla riappropriazione della casa alla riappropriazione di utenze, servizi e delle mille altre forme di reddito che ci viene negato.

#21G Ottenuta proroga grazie al picchetto anti-sfratto in una casa A.t.c. a Settimo Torinese

stop_sfrattiSfratto evitato oggi a Settimo Torinese alle case A.t.c. di via Primo Levi.

Luigi, cassa integrato, stretto dalla morsa della crisi, rimane indietro nei pagamenti; per colpa del comune che non comunicava all’A.t.c. che il signore è in cassa integrazione l’istituto ci ha messo un anno per adeguare il canone al suo redditto che si è ridotto; comune che, veniamo a scoprire dalla stessa A.t.c., non ha ancora versato la sua quota del fondo regionale degli scorsi 3 anni

Alla sua disponibilità di dargli intanto i 300€ che tirando la cinghia era riuscito a mettere da parte per loro l’istituto ha rifiutato e la soluzione da loro proposta è stata di prelevargli direttamente dalla sua busta paga 200€ ogni mese per 120 mesi per ridargli molto di più del debito che gli deve, quando lui già con lo stipendio ridotto per finanziamenti e cassa integrazione dovrà pur mangiare.

Lui ha anche chiesto di fare cambio con un alloggio più piccolo per pagare meno e riuscire più facilmente a rientrare degli arretati ma l’A.t.c., contro anche i suoi stessi interessi, non gli viene incontro con la solita motivazione del fatto che lui risulta moroso.

L’unico “aiuto” invece degli assistenti sociali è stato di togliergli il figlio di 17 anni per darlo in affidamento!

Come al solito per le mancanze delle istituzioni preposte una persona rischiava di venire privata del diritto di avere un tetto sulla testa.

Si sono dunque presentati il funzionario A.t.c. con ufficiale giudiziario, fabbro e 2 furgoni già pronti per portargli via i mobili, alla loro intransigenza di effettuare lo sfratto il picchetto ha risposto con fermezza e nonostante loro chiamassero una pattuglia dei carabinieri e minacciassero l’intervento della forza pubblica ribadiva che sarebbe rimasto fino a che non si fosse data una soluzione al signor Luigi.

Grazie alla determinazione del picchetto anti-sfratto si é quindi riusciti a venire a un accordo per evitare che Luigi perda la casa e a un piano di rientro più “umano” e più compatibile col suo redditto di cassa integrato; hanno anche accettato di cambiargli la casa troppo grande e onerosa con una più piccola e più compatibile con i suoi bisogni.

Come sempre la lotta paga e alle minacce di sfratti saremo sempre pronti a rispondere con un picchetto per difendere il diritto all’abitare.

#20G a Torino: ‘Ribaltiamo l’austerity con il taglio delle bollette pt. 2

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Questa mattina alle 10, sotto la sede IREN di via Confienza 10 a Torino, più di un centinaio di persone, tra cui molti occupanti di case, si sono riuniti in un presidio in merito alla nuova campagna contro il caro bollette avviata nella settimana di mobilitazione 15-22 gennaio. Un partecipato presidio che mirava a chiedere una moratoria per i distacchi delle forniture di almeno un anno, l’erogazione di un servizio minimo e garantito delle utenze per tutti! (anche gli utenti con morosità incolpevole devono poter fruire delle utenze) e la possibilità di un allaccio e di fornitura anche nelle case occupate per necessità.

Con queste richieste, che necessitano una risposta sul breve periodo, una delegazione è stata ricevuta da uno dei responsabili della sede che ha accolto l’istanza e la presenterà agli organi competenti. Il delegato IREN ha cercato però di scaricare tutta la responsabilità sull’authority per l’energia di Torino, un ente che pare abbia veramente facoltà a livello nazionale di poter accogliere e mettere in pratica le sollecitazioni portate sul tavolo, ma questo è ancora da verificare.

Ma i movimenti per il diritto all’abitare e gli occupanti di case non si sono lasciati abbindolare, consapevoli che, tra gli altri, l’azienda di fornitura elettrica deve prendersi le proprie responsabilità. Per questo motivo, si ripeterà l’appuntamento, in data da destinarsi, sotto la sede per ascoltare quale sarà la risposta che l’Iren si è riservata di dare entro due settimane. Se quest’ ultima non sarà soddisfacente tante e continue saranno le iniziative per ottenere le istanze fatte questa mattina, così come è accaduto a dicembre a Parma in cui le realtà per il diritto all’abitare sono riuscite ad ottenere una moratoria sui distacchi della corrente elettrica.

Qui sotto il volantino distribuito durante l’iniziativa

“Quotidianamente e da troppo tempo ci troviamo nella condizione di doverci confrontare con questa crisi economica che pur non avendo contribuito a creare sentiamo pesare solo sulle nostre spalle, di noi lavoratori, disoccupati, migranti, studenti, precari, pensionati, madri e padri di famiglia che hanno figli da mantenere, un mutuo da pagare, che non riescono ad arrivare a fine mese. Ci dicono che noi dobbiamo vivere in un regime di austerità perchè le casse dello Stato sono vuote e poi assistiamo a uno scenario di  soldi pubblici gettati in opere inutili e stipendi da capogiro.

La casta politica ha perso ogni credibilità, ancora di più in Piemonte recentemente segnato da squallide storie di assurdi rimborsi e corruzione che ha infangato l’amministrazione regionale e comunale, che da quando ha la pretesa di amministrarci altro non ha fatto se non tagliare fondi all’istruzione, alla sanità, ai servizi, e che va a braccetto con un governo che ci prende in giro, e adesso vuole ulteriormente strozzinarci con vecchie nuove tasse, prima su tutte la Tares.
Sempre più però sono coloro che a fronte di tutto questo cercano un’alternativa si ribellano: dagli scioperi dei facchini e dei lavoratori del settore del trasporto, dalla resistenza agli sfratti per non perdere la propria casa, dalla riappropriazione di quelle case lasciate per anni vuote dal comune, creando spazi aggregativi come palestre e comitati di quartiere e alzando la voce contro le bollette sempre più care.

Per il 20 di gennaio in tutta Italia sono previste mobilitazioni e blocchi. A Torino abbiamo deciso di andare a chiedere conto del caro bolletta alle grandi aziende che gestiscono le utenze, andando ad indicare i responsabili di uno strozzinaggio che si fa maggiormente pesante in tempi di crisi, e portando con determinazione la nostra vertenza: ADEGUARE IL COSTO DELLE BOLLETTE AL REDDITO DI CHI DEVE PAGARLE; chi non ha niente quindi, non deve pagare niente e non può per questo rimanere senza acqua e luce: queste devono infatti essere garantite per tutti!

E non ci fermiamo a questo:
* vogliamo una moratoria per i distacchi delle forniture di almeno un anno!
* vogliamo l’erogazione di un servizio minimo e garantito delle utenze per tutti! (anche gli utenti con morosità incolpevole devono poter fruire delle utenze)
* vogliamo la possibilità di un allaccio e di fornitura anche nelle case occupate per necessità!”