Come promesso, venerdì 16 settembre ci siamo ritrovati in molti davanti al portone della casa di Lashad in Via don Bosco, determinati ad impedire lo sfratto dell’ennesima famiglia vittima della crisi economica, delle speculazioni degli avidi palazzinari e della sordità delle Istituzioni.
Lashad e sua moglie hanno vissuto per vent’anni in un alloggio in affitto dove, grazie al lavoro di lui nell’edilizia, sono riusciti a costruire una famiglia con tre bambini: una di dieci anni, con una disabilità mentale, uno di sette e una di due. A causa della crisi economica, Lashad, come molti, ha perso la sua unica fonte di reddito e per evitare di accumulare troppe morosità ha chiesto alla proprietaria di casa di poter rateizzare il debito.
La proprietaria di casa (proprietaria, tra l’altro, della maggior parte degli alloggi e degli esercizi commerciali del condominio) si è mostrata sorda davanti alle sue richieste e da “brava palazzinara” non ha esitato a richiedere lo sfratto di Lashad e della sua famiglia.
Lashad ha cercato immediatamente l’aiuto delle istituzioni e altrettanto immediatamente ne ha sperimentato la totale latitanza ed inadeguatezza: le porte dell’emergenza abitative gli sono state sbattute in faccia a causa dei soliti cavilli burocratici, costruiti e pensati ad hoc per diminuire sempre di più il numero delle persone che possono accedere a tale diritto.
I servizi sociali, dopo aver visionato la richiesta per la casa popolare con un punteggio di 15 punti assegnato da più di un anno, non hanno trovato altro da offrire a Lashad che due settimane di prova al Sermig. A giugno vicino a via Don Bosco Lashad si è imbattuto in uno dei nostri muri popolari a difesa di un suo conoscente: è cosi che abbiamo iniziato insieme un percorso che già a luglio ci aveva portato al suo fianco per impedire lo sfratto, rinviato al 16 settembre, tra le grida offensive della proprietaria di casa, la mortificazione della bimba di Lashad che ha dovuto subire la visita di un medico legale dell’Asl che verificasse le sue condizioni di salute, e la presenza delle Forze dell’ordine sempre più massiccia, si sa, quando c’è da andare a braccetto con gli interessi di qualche avido palazzinaro.
Nella prima metà di settembre Lashad si è recato più volte ai servizi sociali cercando un aiuto, ma la risposta è sempre stata unica: due settimane di prova al Sermig. Prendere o lasciare.
Così nei giorni precedenti lo sfratto abbiamo tentato di diffondere il più possibile la storia di Lashad mettendo in risalto la vacuità istituzionale che circonda tutte le vicende simili alla sua. Così, come per magia, a metà della mattinata di resistenza allo sfratto, Lashad e la sua famiglia ricevono una telefonata da parte della stessa assistente sociale che, non più tardi del giorno prima, “non sapeva proprio cosa farci” che tira fuori per loro dal cappello una sistemazione abitativa gratuita fino all’assegnazione della casa popolare.
Ma grazie: grazie per aver sbattuto la porta in faccia per un anno a questa famiglia, grazie per esservi nascosti per mesi dietro a mille cavilli burocratici e alle menzogne. Quante famiglie in difficoltà si sentono dire “non sappiamo cosa farci”, “non possiamo fare altro”??
Nel caso in cui, però, ci si organizzi per essere in tanti pronti a resistere e stufi di farsi prendere in giro da Lor Signori, le cose iniziano a cambiare e le soluzioni sbocciano improvvisamente.
La storia di Lashad è l’ennesima dimostrazione che se si esce dalla solitudine in cui le istituzioni ci confinano e ci si auto-organizza le risposte non tardano ad arrivare: la lotta dal basso è l’unica strada possibile! Casa, reddito, dignità per tutti!