Prosegue la guerra portata avanti dal governo Renzi contro i poveri, i precari, gli studenti, contro i territori. Mentre si intravedono, grazie alle lotte che vengono portate avanti, alcune tiepide (anzi tiepidissime e per ora anche scivolose) crepe nel muro della Legge Lupi sulla casa, infatti, lo spirito di questa stessa legge che difende esclusivamente la proprietà privata e la rendita ora cerca di affermarsi nei nostri territori, “cancellando” i settori sociali incompatibili con i regimi del mercato e reprimendo pesantemente chi alza la testa e occupa. L’esempio più lampante è certamente quello della famigerata legge “Saccardi” che si vuole approvare in Toscana, che vorrebbe privare chiunque occupa del diritto all’assegnazione dell’alloggio popolare, contro la quale i movimenti per il diritto all’abitare della regione hanno ingaggiato uno scontro frontale che ha visto anche, come rappresaglia, lo sgombero di due importanti occupazioni abitative. Ma di esempi siamo pieni in tutta Italia, dove gli sgomberi di occupazioni e di case popolari e gli sfratti vengono oramai eseguiti quotidianamente manu militari con enormi spiegamenti di forze e sempre più spesso senza fornire nessuna alternativa.
Allo stesso tempo il conflitto, capillare, netto, cruciale che stiamo portando avanti sul terreno della casa, è soltanto una parte di uno scontro che coinvolge per intero settori sociali precari e sfruttati ed i territori del nostro paese. Un processo globale di ristrutturazione messo in atto dal governo Renzi che vuole imporre la schiavitù totalitaria del mercato e della accumulazione capitalistica, provando ad asservire completamente le nostre vite agli interessi della grande finanza, delle banche e dei grandi potentati industriali ed economici. In questa direzione, va certamente lo Sblocca Italia attraverso il quale si regala il suolo ed i sottosuolo alle grandi multinazionali con il rischio matematico di produrre nuove devastazioni e saccheggi. Con il Jobs Act che attraverso la falsa idea di occuparsi di coloro dei quali nessuno si è mai occupato – in particolare i giovani precari – si afferma in realtà lo strapotere dell’impresa sul lavoratore assumendo la precarietà come paradigma assoluto al quale le vite di tutti e tutte noi devono piegarsi e lasciarsi sussumere. A questo scenario si sta per aggiungere il provvedimento sulla cosiddetta “Buona Scuola” attraverso la quale il governo in carica vorrebbe disegnare delle scuole – caserme con presidi che divengono dittatori assoluti in grado di disporre sia degli insegnanti che degli studenti, di selezionare, di far entrare i privati nella scuola privatizzando la scuola stessa, piegandola e rendendola definitivamente funzionale ai dettami della produttività e quindi agli interessi di pochi.
Contro questo violento attacco si dispiegano lungo tutta la penisola importanti resistenze e lotte che impediscono a questo progetto di affermarsi pienamente: i picchetti antisfratto che quotidianamente si frappongono alla barbarie della legalità, della rendita e della polizia; le barricate che nascono nei quartieri contro gli sgomberi delle case popolari insieme alle nuove occupazioni; le lotte, coraggiose, dei lavoratori della logistica e dei precari; le mobilitazioni degli studenti e di una “generazione che non si arrende” e rilancia; le lotte in difesa dei territori contro la devastazione delle grandi opere, dei grandi eventi, delle trivelle e delle cementificazioni dimostrano che è possibile organizzarsi, difendere i territori, conquistare dal basso migliori condizioni sociali, strappare tempo di vita e reddito. Da qui occorre intrecciare le lotte e la loro composizione sociale meticcia, facendo emergere, nella sperimentazione, un tessuto in grado di aprire spazi di accumulo e moltiplicazione, capace di mettere in campo nuovi e larghi processi di insubordinazione e sabotaggio, nuove pratiche di riappropriazione e di autonomia decisionale sui territori.
In questo contesto le risorse che vengono impegnate nel sistema delle grandi opere o per sostenere banche e grandi eventi, dobbiamo riconquistarle ad una redistribuzione sociale che inverta i diktat dell’austerità e del liberismo per finanziare la scuola e l’università, l’edilizia popolare, la salute ed il welfare, la manutenzione ed il risanamento del territorio. In ogni territorio e quartiere, del resto, vogliamo costruire pratiche di mutualismo e autorganizzazione, rompere le gabbie delle tassazioni e delle vessazioni, squarciare il velo della frammentazione sociale, mettere al centro di nuovi conflitti il tema cruciale del reddito. Solo così, riprendendoci le strade e i quartieri possiamo diventare anticorpo di ogni rigurgito razzista e fascista e potremo ricostruire, contro opportunismi e rassegnazione, il sogno e la realtà di uno mondo diverso.
Per queste e mille altre ragioni proponiamo a tutti e tutte, il 28 Marzo di impegnarsi nei territori ad organizzare una giornata di mobilitazione ed azione dislocata, per rilanciare dal basso la minaccia delle lotte e dell’autorganizzazione nei confronti del governo, della troika e dei potenti. Il 29 Marzo poi, a Milano, discuteremo insieme nello Spazio di Mutuo Soccorso di piazza Selinunte, sul come costruire la partecipazione dei quartieri e dei territori in lotta alla manifestazione del 1 Maggio e sull’ipotesi di uno spezzone meticcio dell’abitare e del conflitto sociale in quella giornata.