Sotto il segno del Mattone

porta-nuovaI danni di uno “sviluppo” tutto centrato sul rapporto tra speculazione immobiliare e disponibilità al credito (solo per i costruttori).

 

Alberto Ziparo (Professore Associato in Pianificazione Urbanistica all’Università degli Studi di Firenze) ha condotto per conto dell’Istat un dettagliato rapporto sull’entità del patrimonio immobiliare inutilizzato nel nostro paese. Ne emerge un quadro sorprendente e distopico al tempo, dove all’abbondanza di alloggi vuoti e inutilizzati corrisponde una politica urbanistica e del territorio che spinge a una forsennata corsa alla costruzione di nuovi immobili, con la complicità di banche che, mentre tiranneggiano su prestiti e investimenti in altri settori, elargiscono senza posa nuovo credito agli immobiliaristi.

 

I dati che mergono, in sintesi, sono questi:

• Raddoppio del consumo di suolo negli ultimi 20 anni (percentuale della cementificazione del territorio in termini assoluti) 
 
• 7 milioni di abitazioni vuote (una su quattro)

• Aumento del processo di svuotamento delle case del 350% negli ultimi 10 anni

Uno scandalo conclamato a fronte di un bisogno-casa che, complice l’approfondirsi della crisi, interessa sempre più famiglie, migranti, giovani precari e studenti. I dati Istat sull’abnorme quantità di case inutilizzate raccontano di un inarrestabile declino e di un modello sbagliato. Lo stesso del decreto Sblocca Italia, che in realtà sblocca solo le speculazioni finanziarie e la cementificazione selvaggia, licenzierà un’infinità di nuove autorizzazioni finalizzate alla costruzione di nuove case, nuiovi centri commerciali e “nuove infrastrutture” in un territorio già pesantemente compromesso sul profilo idrico-orografico. Alluvioni, disatri ambientali, corruzione sitematica e infiltrazione mafiosa nella realizzazione di grandi opere inutili si tengono insieme in un sistema profondamente anti-sociale, che promuove la follia egoistica di una società-di-proprietari a scapito dell’investimento in servizi collettivi e tutela dei beni comuni.

Lo scorso anno, un movimento variegato e composito ha provato  a mettere insieme il bisogno sociale diffuso di casa con la questione dello sperpero delle risorse e del denaro pubblico. La risposta del “governo del fare” è stato un Piano Casa diretto esplicitamente contro quella parte di poveri che ha  alzato la testa iniziando a riprendersi quello che dovrebbe essere garantito come diritto costituzionale (e umano).

Oltre la repressione dei movimenti e la sordità conclamata di una classe dirigente tutta votata al far circolare denaro dalle casse pubbliche alle segreterie dei partiti e dei grandi costruttori, c’è un altro aspetto che deve essere evidenziato e che ci racconta di un meccanismo perverso che istituisce un ciclo economico basato sulla formula banche-cemento-banche in cui il capitale immobilizzato nelle costruzioni (spesso vuote) viene utilizzato per ottenere nuovo credito per l’edificazione di ulteriori abitazioni che magari resteranno anch’esse invendute ma serviranno da garanzia per l’elargizione di nuovo credito, mentre il paese si impoverisce,  gli investimenti latitano, il debito pubblico aumenta… Un circolo vizioso perfettamente illustrato dallo stesso Zipparo in un articolo pubblicato oggi su Il Manifesto (Il Belpaese affoga in un mare di case, p.2):

«Ci siamo chie­sti a lungo per­ché nel nostro paese si con­ti­nuasse a costruire, a dispetto del declino demo­gra­fico (la quota di immi­gra­zione appare tut­tora rela­tiva) e socioeconomico. La spie­ga­zione è stata for­nita dagli stu­diosi di mar­ke­ting immo­bi­liare: da tempo non si costrui­sce più per la domanda sociale (che infatti — nono­stante tutto il patri­mo­nio vuoto citato — resta in parte ine­vasa): la ren­dita fon­dia­ria, poi immo­bi­liare si è tra­sfor­mata sem­pre più in finan­zia­ria. I «nuovi vani» dove­vano costi­tuire le «basi con­crete» per «costru­zioni vir­tuali» di fondi d’investimento o rispar­mio gestito. A parte la quota di edi­fi­cato — «lavan­de­ria», ovvero fina­liz­zata al rici­clag­gio di capi­tale ille­gale, facil­mente intrec­ciata al primo».

 

Su questi temi abbiamo condotto (dai microfoni di Radio Blackout) un’intervista con Luca Martinelli, giornalista del periodico AltraEconomia

Per un corteo cittadino per il diritto alla casa, contro sfratti e speculazioni

Nel corso dell’ultimo paio d’anni sono cresciuti fino a diventare appuntamenti quasi quotidiani i picchetti e le iniziative contro gli sfratti e i pignoramenti. Si sono moltiplicate le nuove occupazioni abitative che hanno coinvolto e visto protagonisti nuclei familiari, anziani soli, giovani precar*, student* e rifugiati politici espulsi dal circuito del business dell’emergenza nord Africa.

D’altronde le cifre della “questione casa” nella nostra città parlano da sole: poco meno di 4mila le persone sfrattate senza una casa, poco meno di 50mila gli appartamenti vuoti nella nostra città; circa un migliaio le case popolari che potrebbero essere sistemate e assegnate, invece che lasciate vuote, protette da serrature sempre più blindate che la polizia municipale installa su ordine di ATC.

Le istituzioni, primo fra tutti il Comune di Torino, non perdono occasione per dimostrare ancora una volta la loro inconsistenza: parlano di legalità per non assumersi le proprie responsabilità politiche, e ogni volta che famiglie, uomini, donne e bambini senza casa si impossessano di un edificio abbandonato, gridano allo scandalo e invocano soluzioni di ordine pubblico. Intanto lasciano a marcire l’edilizia popolare, e tramite società di cartolarizzazione e fondi immobiliari speculativi il Comune continua a vendersi parti sempre più considerevoli di patrimonio immobiliare pubblico, per coprire la voragine che il grande evento olimpico ha aperto nelle casse comunali.

Queste lotte sempre più protagoniste in diversi quartieri della nostra città sono uno dei pochi argini alla crisi economica che stanno pagando solo quei settori sociali subalterni che certamente non hanno la responsabilità di averla prodotta. Sono lotte importanti perché partendo dall’auto-organizzazione rappresentano una risposta concreta alla precarietà e a quella difficoltà ormai diffusa di arrivare alla fine del mese. E certo non si tratta di lotte esclusivamente rivendicative: attraverso l’occupazione di stabili pubblici e privati, le lotte per il diritto all’abitare focalizzano il conflitto sul terreno della riappropriazione diretta, dimostrando una possibilità reale di liberare la vita dalle politiche di austerità e di riconquistare parte del reddito di cui veniamo quotidianamente derubati.

Per questo le occupazioni sono fastidiose per chi governa questa città: perché con la loro semplice presenza testimoniano che esiste la possibilità di organizzarsi, mettere in piedi una rete di solidarietà, opporsi concretamente agli sfratti, e garantirsi collettivamente una casa in cui vivere. Perché la loro presenza ostacola progetti speculativi, e la loro esistenza fa emergere con forza e rabbia la questione della casa a Torino.

Anche nella nostra città come nel resto del paese ci troviamo a dover fronteggiare politiche che hanno favorito soltanto gli interessi dei grandi proprietari immobiliari, con un’edilizia residenziale pubblica ridotta all’osso, con la svendita di case e palazzine pubblici, con le truffe del cosiddetto housing sociale.

Tutto questo mentre l’intera gestione del territorio e dell’urbanistica provoca ogni giorno un vero e proprio saccheggio della città, dove gli spazi pubblici sono sempre di meno e dove i grandi gruppi immobiliari vanno a braccetto con i soliti Banca Intesa e Unicredit per continuare a costruire case che quasi nessuno avrà i soldi per comprare. La salvaguardia del territorio spetta a noi opponendoci alla cementificazione selvaggia che sottrae territorio per dare spazio ad opere inutili che invece di migliorare le nostre vite le peggiorano.

 Crediamo dunque che le questioni sul piatto siano molte, e che le vicende degli ultimi mesi impongano di allargare ragionamenti e prospettive per mettere in comune pratiche di lotta e resistenza per il diritto alla casa insieme alle varie vertenze che prendono vita nella nostra città.

 Per questi motivi proponiamo un incontro pubblico di avvicinamento al corteo cittadino del 15 giugno per il diritto alla casa e all’abitare, contro sgomberi e pignoramenti, blocco degli sfratti e affitti calmierati, per un ritorno all’edilizia residenziale pubblica (ERP), contro le speculazioni edilizie e la svendita del patrimonio pubblico in difesa delle case occupate, per il diritto alla residenza negli stabili occupati.

Lunedì 3 giugno ore 21 al Centro di Incontro San Salvario in via Lombroso 16 Torino

Spazi Occupati zona San Paolo – Sportello casa zona San Salvario – Progetto PrendocasaTorino – USB – Verdi15Occupata – ExMoi – Comitato di Solidarietà con Rifugiati e Migranti – Pietra Alta Occupata – Movimento Migranti Rifugiati – Asia Torino