Finita la pausa estiva, il Comune di Torino torna letteralmente a “fare i conti” con uno dei maggiori problemi che grava sull’amministrazione locale da qualche anno a questa parte, in particolare dal post-olimpiadi del 2006: la voragine di bilancio di una città indebitata fino al collo.
Stando alle notizie degli ultimi giorni sembra proprio che Fassino&Co. abbiano in mente grandi piani per affrontare il problema. E la ricetta con cui svilupperanno le politiche dei prossimi mesi non sarà che un acuirsi di quella già sperimentata in questi anni di amministrazione targata Pd: svendita del patrimonio pubblico, speculazioni e privatizzazioni.
D’altronde gli effetti sono ben visibili già oggi: da un lato tagli selvaggi a servizi, formazione e cultura, vendita delle aziende municipalizzate, un’emergenza abitativa sempre più alta, mentre dall’altra si moltiplicano inutili colate di cemento buone solo a ingrossare le tasche di banchieri e palazzinari. E’ il caso, ad esempio, dei due grattacieli in costruzione: quello quasi ultimato di Intesa San Paolo e quello destinato a ospitare la Regione Piemonte. Entrambi, a quanto pare, sono sovra-dimensionati e destinati a rimanere vuoti, e c’è già chi pensa a venderne delle parti, magari per farne qualche appartamento di lusso..
In questo quadro, l’idea del Comune per provare a tappare qualche buco di bilancio è presto detta: nel consiglio comunale di questa settimana, l’assessore di riferimento, Gianguido Passoni, ha proposto di mettere sul mercato otto edifici storici della città, con un incasso atteso di 50 milioni di euro. E per quanto riguarda i compratori sembra ci sia già chi è pronto a farsi avanti per acquistare il patrimonio cittadino: la Cassa depositi e prestiti. Insomma, il modello già sperimentato per la Cavallerizza Reale (per ora sventato solo grazie all’occupazione e all’iniziativa di chi – da qualche mese a questa parte – si sta opponendo a queste politiche scellerate) sembra ora estendersi al resto del centro storico..
Ma non è finita qua: sul versante della questione abitativa le proposte del Comune di Torino sono se possibile ancora più sconcertanti. Il piano-casa presentato dal vicesindaco Elide Tisi si articola infatti in due direzioni principali: da un lato la messa in vendita di case popolari, in una città in cui le liste di attesa per l’assegnazione di una di queste sono diventate da tempo un limbo di attesa senza fine e gli appartamenti vuoti si contano a migliaia. Ma il peggio deve ancora venire: con il ricavato della vendita di alloggi popolari il Comune intende acquistare gli immobili di proprietà delle fasce anziane e più povere della popolazione, il tutto in cambio di assistenza domiciliare e medica. Detto in altre parole: messo di fronte alle conseguenze della mancanza di servizi di assistenza, in particolare per gli anziani (situazione che non è “capitata” ma è l’effetto di anni di prosciugamento dei fondi per il welfare cittadino approvati dal Comune stesso), la giunta di Fassino ha pensato bene di costruire un ricatto degno dei peggiori speculatori e affaristi. Se vuoi assistenza, prima ti tolgo la casa, così a quel punto risulterai abbastanza povero da rientrare nei parametri di chi ha diritto a qualche spicciolo di elemosina.
Insomma, di fronte a politiche sempre più predatorie e senza scrupoli non può che tornare alla mente lo slogan che riecheggiò per tutto il corteo del 1 maggio di un paio di anni fa, quando il sindaco sfilò tra due cordoni di polizia sommerso dai fischi di studenti, precari, disoccupati, lavoratori delle cooperative, insegnanti: “Fassino, vergogna di Torino…”.
da infoaut