Torino, la marcia popolare dei Comitati nel quartiere Vallette-Lucento

comitati_marciaUna prima protesta dei Comitati popolari torinesi si era svolta sotto gli uffici di Atc, agenzia territoriale case popolari, denunciando lo stato di abbandono che l’agenzia ha verso il patrimonio pubblico, la carenza di manutenzione ordinaria e straordinaria e il caro bollette. La richiesta di mobilitazione che arriva dalle periferie ha portato ad una prima attivazione di famiglie e singoli che vivono nelle case popolari ed è proseguita in questi mesi con le assemblee dei comitati, strumento organizzativo di lotta e momento per ritrovarsi e discutere insieme le questioni legate al proprio territorio.

In queste assemblee è nata l’esigenza di creare un momento di visibilità nel quartiere Vallette-Lucento che ha spinto il comitato di quartiere, insieme al comitato Madonna di Campagna e quello di Borgata Paradiso di Grugliasco, a scendere per le vie del quartiere Vallette portando le proprie rivendicazioni legate all’abitare ma non solo: contro il taglio dei servizi pubblici – emblematico è il caso del teatro Isabella, luogo di socialità che per anni ha garantito al quaritere la fruibilità di eventi gratuiti e che il Comune vorrebbe far chiudere per dei cavilli burocratici legati alla mancanza di agibilità del luogo – per la riapertura del supermercato con buoni acquisto per le famiglie in disagio economico e per le assegnazioni delle case popolari tenute vuote ormai da troppo tempo. Altra questione che preme gli abitanti del quartiere Vallette e che ha carattere generale per gli abitanti delle periferie, sono i famosi fondi destinati dal Comune ai quartieri popolari. La richiesta dei comitati è quella di poter prendere parola sulla loro destinazione, proponendo che una parte dei fondi venga investita nella messa a norma delle case Atc e per migliorare i servizi nei vari quartieri periferici della città.

La marcia popolare di Vallette -Lucento si inserisce all’interno delle indicazioni nata dalla rete nazionale di Abitare nella crisi che in queste settimana ha vista mobilitarsi una serie di città per il diritto all’abitare. Infatti durante la marcia popolare occupanti dello Spazio Popolare Neruda, insieme ad occupanti “senza titolo” di case Atc e famiglie sotto sfratto, hanno rivendicato il diritto alla casa per tutti e a una moratoria sugli sfratti, ormai non più situazione emergenziale ma sistemica non solo per la città di Torino. Di fatto, una denuncia pubblica di presa di posizione verso la nuova giunta pentastellata che dovrà rispondere all’esigenze di molte famiglie che chiedono di esercitare una pressione verso le politiche nazionali e regionali sulla casa e il cambiamento dei parametri di assegnazione, troppo rigide ed escludenti per tanti che fanno richiesta di casa popolare.

Una prima marcia delle periferie che contava un centinaio di persone partecipanti che si sono mosse in corteo da Piazza Montale verso il mercato di via Cincinnato, passando vicino all’Istituto Padre Gemelli che oggi attende il ripristino della palestra per poter nuovamente avviare l’attività fisica per gli alunni e le alunne della scuola.

Durante la marcia popolare è stata letta e consegnata alla consigliera del M5stelle, Deborah Montalbano, una lettera indirizzata alla sindaca Chiara Appendino nella quale i comitati rivendicano le proprie ragioni e prendono parola sulle questioni che animano le periferie della città.

Un primo momento importante per i quartieri popolari che, passo dopo passo, cominciano ad inserirsi nell’ agenda politica della città, manifestando una voglia di attivazione di fasce sociali non più disposte ad essere semplici spettatori ma che rivendicno protagonismo e spazi di decisionalità nelle politiche che riguardano i territori.

Dalla pagina Fb del Comitato Popolare Vallette-Lucento, il resoconto sulla marcia popolare di sabato 19 novembre:

È appena finita una grande giornata! In più di cento abitanti delle Vallette e di Lucento oggi abbiamo attraversato il nostro quartiere trovando tantissima solidarietà. BASTA SUBIRE È L’ORA DI REAGIRE è quello che abbiamo scritto sullo striscione, basta subire i ricatti di atc, le minacce di sfratto, i disagi dei disservizi e l’abbandono delle nostre periferie. UNIAMOCI E LOTTIAMO è il modo in cui tante persone, a partire dalla marcia di oggi, hanno deciso di ripensare al proprio futuro. Ivestimenti per l’edilizia pubblica, per la sanità, per i trasporti e per i servizi di quartiere è quello che vogliamo. Abbiamo scritto una lettera aperta alla sindaca Appendino e l’abbiamo consegnata alla consigliera Deborah Montalbano che si è impegnata a consegnargliela personalmente. Non c’è più tempo, abbiamo scritto alla Sindaca. Non possiamo più aspettare, le periferie non possono più aspettare. No carobollette, no sfratti e ricatti da parte di Atc, no alla divisione tra abitanti con e senza titolo.
vediamoci giovedì in piazza montale alle 18 per decidere tutti insieme come proseguire la lotta!
#noicontiamo #bastasubire #vallette #lucento #comitatipopolari

Il vero cambiamento: il 4 dicembre C’è chi dice No! Renzi a casa, manifestazione il 27/11 a Roma

cechidicenoIl territorio dove viviamo e cresciamo i nostri figli è l’ambito che più ci interessa, ma le situazioni che lì si manifestano sono spesso dirette emanazioni di un piano politico nazionale che all’oggi è rappresentato da Renzi e il suo partito , il PD. Quindi, quali sono le politiche riformiste di questo governo? Indebolimento delle tutele sul lavoro, ad opera del Jobs Act; investimenti in grandi opere inutili, tra le quali addirittura il famoso ponte di Messina; aumento del costo della sanità, sempre più per pochi; sempre meno risorse alle scuole, quindi tetti che crollano. Non ultimo, la svendita dell’edilizia pubblica, stabilita dall’art.3 del Piano Casa.

Le politiche nazionali parlano chiaro, perseguono una direzione che è quella che ogni giorno si traduce in abbassamento della qualità della vita per fasce sempre più ampie di popolazione, mentre la ricchezza è trattenuta nelle mani di pochi. Tuttavia al governo Renzi serve concentrare maggiormente il potere nelle proprie mani e avere maggiore facilità di manovra per promuovere le politiche di austerità che le leggi del mercato e dell’economia globale vorrebbero imporci.

Vogliono cambiare la costituzione per staccarsi ulteriormente dai cittadini, rendendo i “professionisti” della politica (o della corruzione?) sempre più autonomi e sempre meno espressione della volontà popolare. A questo proposito siamo chiamati a votare al referendum del 4 dicembre: la scelta è tra un Sì che porta con sé la conferma alle politiche promulgate dal governo Renzi in questi anni e l’assenso a quelle che potrà varare in futuro, o un No di rifiuto a questa strumentale modifica della costituzione e a questo sistema di governance che ci vuole sempre più poveri, soli, precari, flessibili e silenziosi di fronte alle scelte della politica istituzionale. Ma quello che possiamo fare non è poco: votare NO sarà il primo passo, ma non basta. Bisogna fare in modo che questo voto sia solo l’inizio di una lotta contro il governo Renzi, una lotta capace di far arrivare la propria voce fin dentro ai palazzi dove i politici stanno bene attaccati alle loro poltrone. Sulle nostre vite vogliamo essere noi a decidere. Per questo, senza alcun partito che ci rappresenti e sotto un governo nemmeno eletto che ci fa pagare la crisi, c’è chi dice NO andando a votare ma anche scendendo nelle strade di Roma il 27 Novembre, per una grande manifestazione nazionale.

In quella data orecchie abituate a essere sorde di fronte alla voce di chi in questo Paese ci vive e ha deciso che così non si può più andare avanti saranno obbligate ad ascoltarci.

Pagina Facebook: C’èChiDiceNo

Cosa significa essere sfrattati dal palazzinaro Giorgio Molino

molino_infameIl 14 ottobre, quasi un mese fa, è stato eseguito lo sfratto a sorpresa di Said nel quartiere Vanchiglia. La violenza è stata inaudita, come già raccontato l’appartamento è stato distrutto alla famiglia sono stati sequestrati gran parte dei mobili e diversa roba, caricata sui furgoni degli “uomini” di Molino e portata in direzione “chissà dove”, senza alcuna possibilità di fare un inventario delle cose, né foto.
Dopo la prepotenza mafiosa con cui lo sfratto è stato eseguito, la violenza da parte del famoso “ras delle soffitte” continua.
I casi di persone sfrattate da Molino che hanno perso per sempre gran parte delle proprie cose sono tanti, ci sono diverse testimonianze anche da parte di alcuni occupanti dello Spazio Popolare Neruda; e nel caso qualcuno cerchi di recuperarle si trova davanti a ricatti, mobili spaccati, e parecchia roba persa. Qui di seguito riportiamo la testimonianza di uno dei membri del collettivo PrendoCasa che ha accompagnato Said nell’impresa del recupero mobili.
“L’appuntamento è il pomeriggio appena dopo pranzo, chi scrive oltre che membro del collettivo PrendoCasa è amico di Said, quindi tanti gli interrogativi e la speranza di ritrovare tutta la sua roba quanto più integra possibile dopo lo sfratto violento di qualche giorno prima.
Zero ufficiale giudiziario, zero possibilità di fare un inventario e delle foto alla propria roba, zero possibilità di sapere dove andassero. E da qui ripartiamo, perché se a detta degli “uomini” di Molino la roba di Said è stata portata presso un loro deposito (e domandiamoci quanta roba ha di altra gente per possedere uno o più depositi), non ci viene dato alcun indirizzo dove andare a recuperarla ma più un generico “vediamoci su Corso Principe Oddone nei pressi di una delle sedi delle agenzie di Molino”.
Arriviamo, telefoniamo all’incaricato che esce da solo e con un copione apparentemente già scritto (o forse è solo ripetizione di scene troppe volte vissute) saluta confessandosi addolorato per quanto avvenuto, “uno sfratto violento, è vero che non pagava da tanti mesi, però è vero anche che ha tre bambini piccoli, ma sappiate che sono dalla vostra parte”. Col vomito che sale gli diciamo di tagliare con i finti convenevoli e di voler prendere la roba per andarcene alla svelta. E qui si scopre subito il motivo della “lisciata di pelo” di poco fa. “Ho un modulo che vi chiederei di firmarmi in cui c’è scritto che il signore ha recuperato tutta la sua roba ed esonera la proprietà da tutte le responsabilità, senza il quale non vi possiamo dare la roba“. Qui il vomito si trasforma in rabbia perchè non solo la violenza, i danni ma anche i ricatti.
Se Said rivuole la sua roba deve firmare un modulo che esonera Molino da ogni responsabilità altrimenti il furgone con la sua roba non arriverà mai. Dopo minuti di tira e molla tra la nostra incazzatura e la sua faccia pulita riusciamo a convincerlo che quantomeno dovremmo vedere la roba per dire che c’è tutta.
Allora arriva il furgone che sempre in mezzo alla strada si accosta a noi e sul quale è caricata la roba di Said. Al primo colpo d’occhio per lui è chiaro che manca qualcosa: alcuni giochi dei bimbi, due biciclette, per non parlare di tutti i mobili spaccati. Gli operai sul furgone sono alcuni degli stessi che hanno eseguito lo sfratto e dicono di non avere più niente, allora noi chiediamo perchè siamo in mezzo alla strada e non al loro deposito a verificare cosa effettivamente c’è e anche questo ci viene negato. Ed allora nuovamente incazzatura, battibecchi, minacce di azioni legali (tanto che gli frega, è tutto pagato ed anche tutti pagati tanto da poter dormire sonni tranquilli).
Decidiamo di sentire il nostro avvocato che, fortunatamente, riesce a mettersi in contatto con suo corrispettivo e dopo più di un’ora in strada riusciamo a strappare la possibilità di scrivere un nuovo documento in cui si affermava unicamente che recuperavamo la roba che avremmo elencato, recuperare mobili sfondati non sapevamo che farne. Era un nostro diritto riprenderci ciò che ci apparteneva, ed anche questo per poterlo mantenere abbiamo dovuto strapparglielo dalle mani.
Ed allora via: furgoni in strada, mobili in terra che fanno avanti ed indietro tra le macchine che lente scorrono tra noi scriviamo la lista di ciò che si è salvato dai barbari, ovvero più o meno la metà di ciò che il furgone conteneva.
Tra un mobile e l’altro proviamo a strappare due chiacchiere tra lavoratori:
Perché fate questo lavoro?
Perché Molino ci paga!
Ma vi rendete conto di fare robe bruttissime? Se foste voi al posto di said?
Eh lo sappiamo, ma siamo dalla vostra parte! Credetemi!
No, non credo. Noi non buttiamo la gente in mezzo la strada per 50 euro la giornata.
 … silenzio…
Quanti ne eseguite al mese?
In media sui 7, ma di questi a sorpresa di meno perchè la gente se ne va prima.
Certo, se gli sfondate tutto, non gli ridate la roba ed eseguite tutto illegalmente senza ufficiale giudiziario ed avvocato…
Eh ma è un 610! Sfratto a sorpresa! Mica può avere tutti questi diritti…
Inutile continuare. Tanto, sono già “dalla nostra parte”. Finiamo di caricare la roba ed andiamo via. Non meritano nemmeno la nostra stretta di mano di saluto.”

Torino Sta con la famiglia di Said: al Referendum votiamo NO!

14925631_359231811079544_4923987703598377057_nLa vivibilità del territorio in cui abitiamo e cresciamo i nostri figli è una delle questioni che più ci interessa e tocca da vicino gli aspetti più quotidiani delle nostre vite. Le politiche territoriali che si applicano nei nostri quartieri sono influenzate (se non imposte) da un livello più alto, quello nazionale: quello che è successo a Said, Kadija e i loro bimbi ne è la riprova più palese e sconfortante.

Disoccupati a causa della crisi, come tanti nel nostro territorio, aspettavano la casa popolare rispettandone la graduatoria. Nonostante l’emergenzialità della loro situazione (dal 2014 avevano dichiarato all’emergenza abitativa di essere sotto sfratto), l’attesa è rimasta lunga, questione di anni. A fronte di 15mila richieste su circa 500 assegnazioni annue, sono moltissime le case Atc vuote in attesa di ristrutturazione, ma nonostante ciò vengono stanziati sempre meno fondi con il rischio non solo di un peggioramento dello stato di abitabilità degli alloggi, ma anche di dover ricorrere a (s)vendite o donazioni di grandi enti privati che ne sanciscono spesso e volentieri un meccanismo di speculazione immobiliare.

Per risolvere questo stallo di domanda-offerta (comune a tutte le città italiane, non solo a Torino), il “Piano Casa” varato da Renzi e Lupi ha incoraggiato quest’ultima tendenza attraverso l’art. 3, aumentando la svendita del patrimonio di edilizia pubblica e incentivando proprio la speculazione edilizia. Così le politiche nazionali incidono fortemente sul nostro territorio e la nostra quotidianità: la qualità della vita di fette sempre più vaste della società si abbassa, andando ad impoverire sempre di più non solo chi già si trova in una situazione di difficoltà economica, ma anche le classi medie. Come diretta conseguenza di questa tendenza, la ricchezza che tutti contribuiamo a produrre confluisce nelle tasche di sempre meno individui (e sempre gli stessi).

La ripercussione sociale di questo atteggiamento del governo, è stata la sfiducia della popolazione nei confronti della politica, mettendo sempre più distanza tra i cittadini e i politici. Se questo non fosse bastato, la volontà di cambiare la costituzione appellandosi di facciata ai costi della politica, ma evidentemente col fine di rendere i “professionisti” della politica (o della corruzione?) sempre più autonomi (e non eletti), segnerà un abisso ancor più profondo tra noi e loro.

Su questo siamo chiamati a scegliere al Referendum costituzionale del 4 dicembre: creare un varco ancor più profondo tra politica e cittadini per mantenere stretto il legame con le imposizioni dell’economia e la finanza globalizzata, scelta marcata da Renzi come “innovazione”, o mantenere lo status quo. Una scelta piena di dilemmi, che crea grandi spaccature, perché nessuna delle possibilità è realmente positiva.

Bisogna votare NO, ma solo il voto non basta. Bisogna fare in modo che questo voto sia solo il primo passo di un percorso contro il governo Renzi come simbolo di una politica nociva per i territori, una lotta capace di riempire le piazze e far arrivare la propria voce laddove il referendum non è sufficiente.

Dobbiamo renderci padroni delle nostre scelte, è finito il tempo di delegare e partecipare solo con il voto, senza alcun partito che ci rappresenta e con un governo nemmeno eletto, c’è chi dice NO con il voto e scende nelle strade di Roma il 27 Novembre per una grande manifestazione nazionale. In quella data, il popolo del NO avrà l’opportunità di urlare a gran voce il perché del suo voto e fermare la deriva autoritaria del governo Renzi.

Pagina Facebook: C’è Chi Dice No