occupata torre troyana Asti

35 famiglie hanno oggi occupato la Torre Troyana, monumento storico della città di Asti.
Sostenuti dalle 11 famiglie occupanti lo stabile di Via Orfanotrofio 15 e dalle 6 famiglie occupanti la palazzina di Via Allende 13 e, naturalmente, dal Coordinamento Asti-Est hanno fatto ingresso alle ore 10.30 di stamattina, issando striscioni recanti gli slogan della lotta per il diritto all’abitare: “Voi ve ne fregate, noi ce ne occupiamo”, “La casa è un diritto, occupare non è reato”, “Nessuno senza casa”, “Vogliamo tutto, ma soprattutto un tetto”.
Esprimono così un sentimento di indignazione per le politiche sociali della città ad oggi nulle, limitate anzi alle invettive contro le occupazioni abitative in città che da 2 diventeranno presto 3, ai tagli alla spese sociali e ai fondi mensa.
Le 35 famiglie “della Torre” aprono un nuovo capitolo di lotte per la casa, dopo quello che ha portato all’occupazione di Via Allende il 10 Aprile 2010 e quello che a portato a Via Orfanotrofio l’8 dicembre 2010.
E’ prevista una conferenza stampa alle h.14.00, una assemblea generale alle 16.00, polentata h.20.00 e concerto alle h.21.00 con i Duo Parco.

Coordinamento Asti-est
Le famiglie occupanti la torre Troyana
Le famiglie di Via Allende
Le famiglie di Via Orfanotrofio

All’interno della trasmissione Titanic in onda tutti i martedì dalle 18:30 alle 19:30 su Radio Blackout abbiamo intervistato Samuele del coordinamento Asti Est:

 

 

 

 

Diritto alla casa vs diritto alla proprietà e deliri pre-elettorali

Tre giorni fa un’interpellanza parlamentare oggi promette un esposto in procura. Non si ferma il delirio tutto personale dell'”onorevole” Ghiglia evidentemente in cerca di pubblicità in vista della  sua canditatura a sindaco di Torino per il centro destra.

L’importante ulteriore rinvio , benché di soli 14 giorni,  ottenuto ieri dalla rete sociale per il diritto alla casa torinese grazie ad un picchetto anti sfratto organizzto dall sportello casa di zona san paolo (maggiori informazioni e cranaca della giornata sul relativo  blog:  http://il-legale.noblogs.org/post/2011/02/03/322/) si è poi trasformato in una occpuazione alla sede della circoscrizione locale.

Questo il fatto che ha fatto “scatenare” le ire del Ghiglia nostrano che dopo aver chiesto chiarimenti sull’eventuale identificazione e denuncia dei responsabili, minaccia addirittura esposto in procura contro presunti reati di omissione. Un precisa scelta di campo, molto più apprezzabile dell’equidistanza tanto cara alla sinistra istituzionale cittadina di cui La stampa si fa espressione nelle sue pagine dando voce anche alle rivendicazione della proprietaria dell’appartamento (oops scusate di tutto quel palazzo e non solo), in difesa del diritto alla prorprietà (e soprattutto alla rendita che da questa se ne ricava).

Ci premeva quindi sottolineare questo aspetto perché sempre più la crisi, lungi dall’essre superata od in superamento, obbligherà anche gli incerti a scegliere da che pare stare se dalla parte di chi difende il diritto alla speculazione e alla rendita oppure dalla parte di chi, come noi, pensa ancora che la casa sia un diritto … e guai a chi lo tocca!

Alessandria – Il diritto all’abitare è un bene comune

Appello per una settimana di mobilitazione

Siamo ormai arrivati ad una vera e propria emergenza. La crisi finanziaria si sta trasformano sempre di più, giorno dopo giorno, in una vera crisi sociale.

Gli sfratti subiti dalle famiglie in difficoltà aumentano esponenzialmente, oltre 800 sono le famiglie in graduatoria per vedersi assegnata una casa popolare, gli assistenti sociali continuano a rispondere che non vi sono soldi per aiutare le persone in difficoltà, decine di case popolari aspettano da anni di essere ristrutturate e assegnate alle famiglie bisognose, il patrimonio pubblico viene svenduto ai privati invece di essere riconvertito.

Eppure vediamo nuovi quartieri crescere come funghi, i soliti palazzinari guadagnare centinaia di migliaia di euro in operazioni di speculazione edilizia, migliaia di case di proprietà di gruppi immobiliari lasciate vuote per determinare un continuo aumento del costo degli affitti che incidono ormai per oltre il 50% su uno stipendio normale di 1000 euro.

Le Istituzioni balbettano, le promesse di convocazione di un tavolo sull’emergenza abitativa da parte del Prefetto non hanno avuto seguito, il Sindaco di Alessandria, dopo aver dichiarato in Consiglio Comunale che considera la Rete Sociale per la Casa un interlocutore, sembra essersene dimenticato e non ha promosso nessun tavolo di trattative.

Intanto le vite di centinaia di famiglie nella sola Alessandria, sono minacciate di essere sfrattate o sgomberate. Perdere la casa significa molto di più di quattro mura, significa la perdita della dignità, della possibilità di guardare al futuro per se, ma cosa ancora più grave per i propri figli.

E’ a partire da questo che ha iniziato il suo lungo cammino la Rete Sociale per la Casa, nell’intenzione di restituire dignità alle persone a cui le Istituzioni vorrebbero toglierla, nella convinzione che solo collettivamente e dal basso è possibile far valere i più elementari diritti oggi calpestati.

Quello che sta per succedere ci dice che il livello di conflittualità sociale potrebbe aumentare fino ad esplodere in pochi mesi. E noi siamo da sempre convinti che il conflitto sociale sia il sale di una democrazia sempre meno capace di rispondere ai bisogni collettivi.

Con la fine dell’estate il rito macabro degli Ufficiali Giudiziari che bussano alle porte per eseguire le sentenze di sfratto ha ripreso il suo ritmo costante. Un rito reso ancora più grottesco dalla mancanza di soluzioni alternative per le famiglie. Sembra suonare così questa storia: noi buttiamo te e la tua famiglia fuori casa ma non siamo in grado di proporre nessuna alternativa, intanto di ponti sotto cui ripararsi la città è fornita.

A partire da questa vera vergogna cittadina, la città di sotto, quella che non ha perso la voglia di lottare e ribellarsi alle ingiustizie, lancia una nuova settimana di mobilitazione per il diritto all’abitare.

Venerdì 24 Settembre alle ore 8,00 in Via Viora, picchetto antisfratto per difendere cinque famiglie auto assegnatarie di abitazioni che erano lasciate abbandonate dall’ATC e utilizzate come magazzini.

Lunedì 27 Settembre, in contemporanea con il Consiglio Comunale, fiaccolata per il diritto alla casa. Ritrovo alle ore 20 e 30 alla palazzina di Via Carlo Alberto 14, che si troverà sotto sfratto tre giorni dopo, fino a raggiungere Palazzo Rosso.

Giovedì 30 Settembre alle ore 8,00 in via Carlo Alberto 14, picchetto antisfratto per difendere quindici famiglie con lo sfratto esecutivo.

I picchetti antisfratto saranno determinati ad impedire, con ogni mezzo necessario, che le famiglie si ritrovino a vivere in mezzo a una strada.

La fiaccolata a cui parteciperanno donne, uomini, giovani, anziani e bambini avrà lo scopo di portare sotto palazzo Rosso, le voci cariche di rabbia degna delle famiglie sotto sfratto.

A tutte le organizzazioni sociali, ai centri sociali, ai sindacati di base, al mondo dell’associazionismo, alle reti antirazziste, ai movimenti in difesa dei beni comuni, ai movimenti di lotta per la casa piemontesi, ai singoli cittadini, chiediamo di unirsi a questa battaglia per la dignità.

Reddito e casa per tutti, sfratti per nessuno!

Se lo sfratto è legge, resistere è giustizia!

Rete Sociale per la Casa

Via Piave 65 Alessandria

www.alessandriainmovimento.info

www.globalproject.info

alessandriainmovimen-to@gmail.com

Resistere per esistere.

Il progetto Prendo Casa
Torino esprime piena solidarietà alle famiglie di via Marsala, le
quali continuano a resistere allo sgombero della palazzina occupata.

La resistenza delle
famiglie occupanti, insieme ai compagni ed al quartiere tutto,
dimostra ancora una volta come la forza collettiva possa fare davvero
la differenza di fronte alla vergognosa decisione delle istituzioni
che, incapaci di rispondere ai bisogni reali dei cittadini, svela il
suo vero volto, schierando forze di polizia a difesa di palazzinari e
speculatori.

Non sappiamo come andrà
a finire, ma quello che oggi le 8 famiglie ci insegnano e che la
difesa per il diritto alla casa e’ d’obbligo per tutti quei soggetti
sociali che non vogliono pagare la crisi.

Resistere e’ l’unica
soluzione.

VIA MARSALA: UN ESEMPIO DA SEGUIRE

Il Progetto PrendoCasa Torino esprime pieno
sostegno alle famiglie che occupano lo stabile di via Marsala a
Riglione (Pisa). Ci poniamo al fianco della lotta delle famiglie di via
Marsala per il diritto alla casa e contro le speculazioni e
l’arroganza dei palazzinari perché crediamo che la casa non e’ solo
un diritto ma anche un bisogno primario per tutti/e.

L’ occupazione di via Marsala e’
l’esempio di un progetto di auto organizzazione, di auto recupero dal
basso, di una pratica alternativa alle lunghissime liste di attese
per una casa popolare che non c’è, una risposta all’assenza delle
politiche abitative sui territori, all’indifferenza delle istituzioni
cittadine all’emergenza abitativa, uno “schiaffo” a tutti i
palazzinari legati solo alle logiche di profitto.

Noi stiamo dalla parte della dignità,
della determinazione e del valore espresso dalle 8 famiglie
occupanti.

 

  NO ALLO SGOMBERO DI VIA
MARSALA!
   

                                                                                          

                                                                                                                                                                              

Appello Coordinamento Asti-EST

LETTERA APERTA al
VESCOVO, al SINDACO, e al
PREFETTO, alle ASSOCIAZIONI
SINDACALI degli inquilini, ai
segretari CGIL-CISL-UIL, alle
ASSOCIAZIONI della piccola
proprietà immobiliare, ai
CONSIGLIERI del COMUNE e
della PROVINCIA, ai semplici
CITTADINI che hanno a cuore la
vita civile della città.

 Sono nove mesi, esattamente da luglio del
2009, che ci prodighiamo – volontari di nove
associazioni e famiglie in emergenza abitativa – per tutelare un diritto riconosciuto
da tutte le Carte, il diritto all’abitare. Nove mesi di azioni consapevoli, di proposte, di
analisi, in cerca di interlocutori istituzionali. Nove mesi di investimenti in relazioni e in denaro
per costruire un approccio trasparente e socialmente sostenibile a questo gravissimo
problema. Un problema che abbiamo sintetizzato più volte con cifre inoppugnabili, rilievi
statistici che hanno il solo difetto di lasciare sotto traccia la vita reale, delle persone in carne
ed ossa che si sentono minacciate nello spazio degli affetti e della condivisione. Una arida
procedura di sfratto può minare la coesione di una famiglia.

Ripetiamo queste cifre: una quarantina di emergenze abitative, famiglie già
sfrattate o minacciate di sfratto, 600 famiglie in attesa di una casa popolare, in
condizioni abitative spesso insostenibili. Ridotta al lumicino – due decine all’anno – la
disponibilità di alloggi a canone sociale, vale a dire alla portata di redditi falcidiati dalla crisi,
nulli, modesti, intermittenti. Un buco nero di indisponibilità che solo nei primi mesi del
2012, comincerà ad essere colmato dai primi alloggi popolari di nuova costruzione (108
alloggi già cantierati).

Con queste cifre, e considerando che il bisogno abitativo insoddisfatto tende a crescere,
una gestione dell’emergenza che riduca almeno il danno sociale di situazioni familiari già
difficili, è impossibile. Dunque è necessario disporre al più presto di nuovi
alloggi.

Sono nove mesi che segnaliamo pubblicamente, con cifre, cartelli indicatori e proposte,
l’esistenza in questa città di un patrimonio inutilizzato di edilizia residenziale
pubblica e privata nonché di un patrimonio dismesso di edilizia originariamente destinata
a Servizi. E’ il lascito dell’incuria ma soprattutto di una sfrenata attività immobiliare
speculativa nonché dell’idea, sarebbe meglio dire dell’ideologia, che tutto debba per forza
essere trasformato in merce o in valore di scambio da realizzare sul mercato.

Nove mesi di azioni in difesa del diritto all’abitare che hanno avuto l’eco dei giornali e il
disinteresse per non dire l’ostilità degli Enti. Un comportamento in cui si è distinto
l’assessorato ai Servizi Sociali, con risposte irricevibili e una visione del problema filantropica
e xenofoba.

In questa situazione, dopo decine e decine di sfratti contrastati, di rinvii pagati dalle
associazioni, di contratti di locazione favoriti dalle stesse associazioni, la scelta di
occupare l’edificio di edilizia residenziale di via Allende, è stata
praticamente obbligata dall’incalzare di altri sfratti. Quell’edificio simboleggia più
di altri l’incuria e l’abbandono nonché il prevalere dell’ideologia mercantile sui bisogni delle
famiglie. Ma la scelta è stata anche moralmente obbligata, perché non si poteva
opporre un problema di astratta legalità ad un problema di giustizia, di tutela della coesione
delle famiglie, e indirettamente di salvaguardia del legame sociale della comunità cittadina.

Ci viene detto che la nostra azione può compromettere la realizzazione di un “accordo di
programma” , di cui ci sarebbero già le premesse, tra Ministero della Difesa (il proprietario
dell’edificio di via Allende), il Comune, e l’atc per un utilizzo temporaneo dell’edificio che
abbiamo “occupato”. Noi invece siamo convinti del contrario e ci proponiamo come il
quarto dei protagonisti di questo accordo, avendone tutti i titoli, anche quelli formali
(molte delle nostre associazioni sono delle Onlus). Certo, non abbiamo chiesto il permesso a
nessuno, salvo quello della nostra coscienza e del nostro modo di costruire relazioni
consapevoli, per varcare quella soglia, ma se la questione della legalità non viene
agitata in modo strumentale e dunque con una totale mancanza di rispetto per ciò che
siamo e ciò che facciamo, è un ostacolo facilmente superabile. E’ sufficiente che il Ministero
anticipi al Comune la cessione in uso dello stabile e che il Comune concordi con noi e le
famiglie le modalità di inserimento di questi sei alloggi nella procedura delle assegnazioni di
alloggi a canone sociale.

D’altra parte perfezionare un accordo di programma richiede un tempo di almeno tre mesi
(ad essere ottimisti), dunque assumiamo questo tempo per perfezionare l’accordo
con il Comune e facciamo in modo che quel che abbiamo fatto e stiamo facendo
(costruire socialità direbbe un sociologo interessato alla cosa) non vada disperso in scenari di
tutela dell’ordine pubblico. Scenari che noi non vogliamo nemmeno evocare.

Allora è bene che si sappia cosa stiamo facendo nello stabile “occupato”
(senza dimenticare che era vuoto e abbandonato da 3 anni). Abbiamo già reso l’ambiente
pulito e in ordine e stiamo procedendo a spese nostre al ripristino di infissi e di parti
dell’impianto idrico che abbiamo trovato danneggiati da atti di vandalismo. Stiamo
organizzando la vita in comune di sei famiglie, i momenti di discussione e di
dialogo necessari per condividere le difficoltà e il senso di ciò che facciamo, la
sistemazione degli ambienti circostanti in modo che il cortile e la parte a prato e alberi siano
frequentabili, soprattutto dai bambini, che sono tredici e molti in età scolare, facciamo
tutto quello che è necessario per evitare che il quartiere o la città ci
vedano come un fortino assediato o una zona franca. Una cosa è certa, il nostro
comportamento non è ispirato dalla morale, purtroppo corrente, “ognuno per sé e dio per
tutti” ma dalla morale opposta, della responsabilità di se e degli altri, della condivisione, della
solidarietà e dalla idea che ci sono beni, come questo stabile di proprietà pubblica, da
sottrarre al mercato.

Concludendo: ci aspettiamo delle conferme, degli atti
di solidarietà (ci servono condivisione e soldi, il Banco
Alimentare ha già fatto la sua parte) e una vera
interlocuzione con gli Enti pubblici. Intanto
sarebbe bene che questi ultimi dessero prova di voler aprire
un dialogo, attivando le utenze dello stabile (luce, gas,
acqua).

 

Asti, nella parte occidentale del pianeta, aprile 2010, le
famiglie sfrattate, il Coordinamento delle associazioni per il
diritto alla casa.