Torino, nuova occupazione. Decine di famiglie prendono casa in via Bardonecchia

torino_occupazioneNuova occupazione a scopo abitativo a Torino. Decine di famiglie con bambini hanno trovato casa in un’edificio (ex scuola) in via Bardonecchia 151, di proprietà comunale fino al 2013, quando il comune ha deciso di venderlo alla Cassa Depositi e Prestiti, società per azioni finanziaria partecipata dallo Stato all’80%, che a sua volta ha intenzione di venderlo all’ennesimo palazzinaro e speculatore immobiliare per costruire case che con molta probabilità rimarranno vuote. Così questa mattina, famiglie e solidali hanno aperto le porte dell’edificio e sono entrati, rilevando lo stato di abbandono a cui era ormai sottoposto e con l’intenzione ora di fare un senso all’ennesimo edificio lasciato vuoto. Con le famiglie anche numerosi solidali che insieme a loro hanno deciso non solo di riappropriarsi del bisogni e della dignità, ma di dare vita a questo spazio anche con attività utili al quartiere in cui è situato.

In una Torino in cui solo nel 2014 sono state sfrattate oltre 4500 famiglie senza alcun intervento da parte delle istituzioni alle quali ormai rimane il triste primato di aver creato una situazione sociale disastrata, questa nuova occupazione riesce a dare respiro e una dignità a decine e decine di famiglie.

Intanto gli occupanti rilanciano già per sabato 27 giugno con un’iniziativa nella nuova occupazione di via Bardonecchia, per un pomeriggio di giochi e merenda per i più piccoli, un aperitivo e un’assemblea aperta a tutti e tutte per approcciarsi al quartiere e farsi conoscere.

Leggi il comunicato del collettivo Prendocasa – Torino:

Nella mattinata di domenica 21giugno, 30 famiglie hanno occupato lo stabile di via Bardonecchia 151, uno degli innumerevoli edifici pubblici da anni abbandonato dall’amministrazione comunale torinese. La riappropriazione dello stabile si inserisce in quel percorso di azione diretta che molte famiglie stanno attuando in città: di fronte all’immobilismo delle istituzioni locali incapaci di dare soluzioni reali agli innumerevoli sfratti, le famiglie si organizzano e occupano, trovando una soluzione immediatamente praticabile allontanando la paura di subire uno sfratto coatto attraverso l’uso della forza pubblica.

La storia dello stabile occupato è simile a quella di altri immobili di proprietà comunale: acquisito nel 1958, il comune nel 1997 affida l’immobile al Consorzio per lo Sviluppo dell’Elettronica e dell’Automazione (CSE), una delle tante “municipalizzate” svendute ai privati. Fallito il consorzio nel 2012, il Comune lo vende all’attuale proprietà, la Cassa Depositi e Prestiti, società finanziaria partecipata dallo Stato all’80% . L’immobile viene messo all’asta ma non trova, per ben tre volte, nessun acquirente. Attualmente l’edificio risulta ancora di proprietà della Cassa Depositi e Prestiti ma sembra che sia stato adocchiato da uno dei tanti marchi della grande distribuzione che per adesso non ha avanzato nessuna offerta.

Come dicevamo una storia che si ripete per quegli edifici pubblici che diventano occasione di speculazione e profitto per l’interesse privato. Il solito esempio di soldi e risorse pubbliche mal gestite dalle istituzioni.

Con l’occupazione a scopo abitativo dello stabile di via Bardonecchia si vogliono denunciare non solo gli affari speculativi dei privati con la complicità delle amministrazioni pubbliche, ma anche i continui fallimenti delle politiche socio-abitative del Comune che svende patrimonio pubblico ai privati per fare cassa senza redistribuire sul territorio la ricchezza acquisita dalla vendita degli immobili.

Oggi le 30 famiglie che si sono riappropriate dello stabile, riconquistano quella dignità che meritano e si riprendono un bene pubblico che, nell’interesse della collettività, viene sottratto alla rendita privata. Le famiglie occupanti, inoltre, a breve si confronteranno con gli abitanti del quartiere di Pozzo Strada e San Paolo per capire quali attività potranno essere svolte negli spazi che non verranno adibiti ad uso abitativo.

La casa è un diritto di tutti, sfrattare è da criminali! ATC VERGOGNA!

basta_sfratti_mirafioriIeri 12 maggio nelle case popolari di via Artom due persone sono state sfrattate in modo violento e ingiusto. Con loro avevamo già resistito ad un primo tentativo di sfratto, riuscendo ad evitare che si trovassero da un giorno all’altro in mezzo ad una strada.

Verso le 13 due camionette di polizia antisommossa, accompagnati da un folto gruppo di Digos, sono entrati senza preavviso nell’appartamento di Massimo e Rosy, che soffre di gravi problemi di salute, e li hanno sbattuti fuori senza possibilità di replica. Sono 4500 le famiglie che a Torino stanno per subire o hanno subito uno sfratto a causa della crisi e della mancanza di politiche assistenziali.

Massimo e Rosy attraverso i canali istituzionali si sono visti chiudere tutte le porte in faccia: dall’ATC al Comune, dagli assistenti sociali all’emergenza abitativa, fino ai vigili urbani che li avevano rassicurati dicendo che li avrebbero avvisati prima di sfrattarli, tutti si sono lavati le mani della loro situazione e hanno permesso questa pratica infame. Questo uso spropositato di forza da parte della polizia è inaccettabile per un paese che si dice democratico, ma che in verità è una dittatura! Anche chi avrebbe voluto portare la propria solidarietà si è spaventato vedendo questo esercito dispiegato.

Molte famiglie del quartiere sono in questa condizione di disperazione e hanno paura: alcuni addirittura si indebitano per riuscire a pagare tutte le centinaia di euro al mese che ATC estorce agli abitanti delle case popolari. Acqua, luce, gas, affitto, spese di manutenzione (ma di cosa che gli appartamenti cadono a pezzi?), spazzatura, anticipi di vario genere. Ma chi è disoccupato come fa? Come fanno le famiglie con un solo reddito e dei figli da nutrire e mandare a scuola a pagare queste cifre spropositate?
ATC è la prima responsabile di quanto è successo. Indifferente a questo periodo di forte crisi, non guarda in faccia nessuno per spillare i soldi agli inquilini, non gliene frega niente se una persona non ha i soldi neanche per mangiare, buttano in mezzo alla strada invalidi, famiglie, bambini, anziani. L’unica soluzione che ti da è di “spalmare”  i tuoi debiti, così poi ti trovi a pagare 600 euro al mese. E se non ce la fai? TI SFRATTANO!
Il Comune è il secondo responsabile: stanzia milioni di euro per grandi eventi e grandi opere (come le Olimpiadi 2006), ma poi non ha i soldi per far vivere con dignità i suoi cittadini. Usa le periferie come luogo di speculazione economica e poi non stanzia fondi per le politiche sociali, per i sussidi o per le borse lavoro per il quartiere.
Ma non sono esenti da responsabilità gli assistenti sociali che hanno sbattuto la porta in faccia a Massimo e Rosy centinaia di volte, che non hanno provato minimamente a richiedere al Comune un aiuto o a segnalare il loro caso all’emergenza abitativa. La scusa è sempre stata che loro erano solo “adulti in difficoltà”, quindi per loro non erano abbastanza disperati per essere aiutati e hanno sempre scaricato la propria responsabilità ad altri.
E anche la polizia oggi ha dimostrato di non essere dalla parte dei cittadini, ma dalla parte dei potenti che tolgono la dignità ai più poveri.
Noi siamo conviti che avere una casa sia un diritto di cui NESSUNO deve essere privato. Vogliamo che qualcuno si prenda la responsabilità di quello che è successo e trovi IMMEDIATAMENTE una soluzione abitativa a Rosy e Massimo.
Per questo:
Oggi 13 Maggio alle ore 17 vicino alle vetrate, invitiamo tutti gli abitanti di Mirafiori ad una merenda di solidarietà di quartiere per sostenere Massimo e Rosy ma anche per denunciare lo stato di abbandono in cui sono lasciate molte persone del quartiere e per cercare un responsabile di questa situazione.

La primavera dell’autorganizzazione: 28 e 29 marzo due giornate di lotta sui territori

casa_reddito_dignitProsegue la guerra portata avanti dal governo Renzi contro i poveri, i precari, gli studenti, contro i territori. Mentre si intravedono, grazie alle lotte che vengono portate avanti, alcune tiepide (anzi tiepidissime e per ora anche scivolose) crepe nel muro della Legge Lupi sulla casa, infatti, lo spirito di questa stessa legge che difende esclusivamente la proprietà privata e la rendita ora cerca di affermarsi nei nostri territori, “cancellando” i settori sociali incompatibili con i regimi del mercato e reprimendo pesantemente chi alza la testa e occupa. L’esempio più lampante è certamente quello della famigerata legge “Saccardi” che si vuole approvare in Toscana, che vorrebbe privare chiunque occupa del diritto all’assegnazione dell’alloggio popolare, contro la quale i movimenti per il diritto all’abitare della regione hanno ingaggiato uno scontro frontale che ha visto anche, come rappresaglia, lo sgombero di due importanti occupazioni abitative. Ma di esempi siamo pieni in tutta Italia, dove gli sgomberi di occupazioni e di case popolari e gli sfratti vengono oramai eseguiti quotidianamente manu militari con enormi spiegamenti di forze e sempre più spesso senza fornire nessuna alternativa.

Allo stesso tempo il conflitto, capillare, netto, cruciale che stiamo portando avanti sul terreno della casa, è soltanto una parte di uno scontro che coinvolge per intero settori sociali precari e sfruttati ed i territori del nostro paese. Un processo globale di ristrutturazione messo in atto dal governo Renzi che vuole imporre la schiavitù totalitaria del mercato e della accumulazione capitalistica, provando ad asservire completamente le nostre vite agli interessi della grande finanza, delle banche e dei grandi potentati industriali ed economici. In questa direzione, va certamente lo Sblocca Italia attraverso il quale si regala il suolo ed i sottosuolo alle grandi multinazionali con il rischio matematico di produrre nuove devastazioni e saccheggi. Con il Jobs Act che attraverso la falsa idea di occuparsi di coloro dei quali nessuno si è mai occupato – in particolare i giovani precari – si afferma in realtà lo strapotere dell’impresa sul lavoratore assumendo la precarietà come paradigma assoluto al quale le vite di tutti e tutte noi devono piegarsi e lasciarsi sussumere. A questo scenario si sta per aggiungere il provvedimento sulla cosiddetta “Buona Scuola” attraverso la quale il governo in carica vorrebbe disegnare delle scuole – caserme con presidi che divengono dittatori assoluti in grado di disporre sia degli insegnanti che degli studenti, di selezionare, di far entrare i privati nella scuola privatizzando la scuola stessa, piegandola e rendendola definitivamente funzionale ai dettami della produttività e quindi agli interessi di pochi.

Contro questo violento attacco si dispiegano lungo tutta la penisola importanti resistenze e lotte che impediscono a questo progetto di affermarsi pienamente: i picchetti antisfratto che quotidianamente si frappongono alla barbarie della legalità, della rendita e della polizia; le barricate che nascono nei quartieri contro gli sgomberi delle case popolari insieme alle nuove occupazioni; le lotte, coraggiose, dei lavoratori della logistica e dei precari; le mobilitazioni degli studenti e di una “generazione che non si arrende” e rilancia; le lotte in difesa dei territori contro la devastazione delle grandi opere, dei grandi eventi, delle trivelle e delle cementificazioni dimostrano che è possibile organizzarsi, difendere i territori, conquistare dal basso migliori condizioni sociali, strappare tempo di vita e reddito. Da qui occorre intrecciare le lotte e la loro composizione sociale meticcia, facendo emergere, nella sperimentazione, un tessuto in grado di aprire spazi di accumulo e moltiplicazione, capace di mettere in campo nuovi e larghi processi di insubordinazione e sabotaggio, nuove pratiche di riappropriazione e di autonomia decisionale sui territori.

In questo contesto le risorse che vengono impegnate nel sistema delle grandi opere o per sostenere banche e grandi eventi, dobbiamo riconquistarle ad una redistribuzione sociale che inverta i diktat dell’austerità e del liberismo per finanziare la scuola e l’università, l’edilizia popolare, la salute ed il welfare, la manutenzione ed il risanamento del territorio. In ogni territorio e quartiere, del resto, vogliamo costruire pratiche di mutualismo e autorganizzazione, rompere le gabbie delle tassazioni e delle vessazioni, squarciare il velo della frammentazione sociale, mettere al centro di nuovi conflitti il tema cruciale del reddito. Solo così, riprendendoci le strade e i quartieri possiamo diventare anticorpo di ogni rigurgito razzista e fascista e potremo ricostruire, contro opportunismi e rassegnazione, il sogno e la realtà di uno mondo diverso.

Per queste e mille altre ragioni proponiamo a tutti e tutte, il 28 Marzo di impegnarsi nei territori ad organizzare una giornata di mobilitazione ed azione dislocata, per rilanciare dal basso la minaccia delle lotte e dell’autorganizzazione nei confronti del governo, della troika e dei potenti. Il 29 Marzo poi, a Milano, discuteremo insieme nello Spazio di Mutuo Soccorso di piazza Selinunte, sul come costruire la partecipazione dei quartieri e dei territori in lotta alla manifestazione del 1 Maggio e sull’ipotesi di uno spezzone meticcio dell’abitare e del conflitto sociale in quella giornata.

Una Sola Grande Opera: Casa e Reddito e Dignità

Abitare nella Crisi

Renzi inaugura il 2015 aggravando l’emergenza abitativa

stopsfrattisgombpignIl primo regalo del governo Renzi per il 2015 non si discosta molto da quelli elargiti sin dall’insediamento del premier fiorentino a Palazzo Chigi. Nel cosiddetto decreto Milleproroghe salta infatti il rinnovo del blocco degli sfratti per quelle famiglie a cui è scaduto il contratto di affitto e che sono contemporaneamente in forte disagio economico.

Le famiglie toccate dal provvedimento sono quelle che guadagnano meno di 27mila euro all’anno, con contemporanea presenza a carico di minori, portatori d’handicap, malati terminali, anziani; queste non potranno infatti più beneficiare della proroga, per un totale (secondo le prime stime) di circa 30mila famiglie che potrebbero essere potenzialmente interessate da sfratti nelle prossime settimane.

Va sottolineato tralaltro che la stessa norma da prorogare in sé era insufficiente ad affrontare il problema abitativo nella sua complessità, dato che si interessava solamente dei contratti d’affitto scaduti, senza occuparsi della questione relativa ai casi di morosità incolpevole,casi maggioritari all’interno dell’elenco delle cause di sfratti.

I 440 milioni di euro che il governo ha appena annunciato di aver stanziato in cambio dello stop alla proroga non bastano quindi minimamente a coprire l’emergenza abitativa in corso, dato che coprono un arco temporale da qui al 2020 e soprattutto che ancora non sono stati direttamente stanziati agli enti locali. Tutto questo avviene in una condizione disperata per la condizione abitativa del Paese, dato che ormai siamo vicini alle 80 mila nuove sentenze di sfratto ogni anno, di cui oltre il 90% per morosità e un numero di sfratti accumulato dagli 5 ultimi anni che è stimabile in almeno 300 mila sentenze pendenti.

A gioire è ovviamente Confedilizia, che descrive il provvedimento come un argine alla “demagogia” che si è sempre fatta sulla questione. Una demagogia fatta di volti e biografie stroncate dalla crisi che evidentemente non interessano a piccoli e grandi padroncini immobiliari, sempre più a loro agio con il governo Renzi e soprattutto con il ministro delle Infrastrutture Lupi, che dopo la vergogna del PianoCasa continua nel suo attacco frontale agli ultimi della società.

Il provvedimento è un segnale da parte del governo del fatto che si continuerà, nel 2015, sulla strada di quanto fatto negli ultimi anni. Ovvero nell’attacco alle vecchie e nuove figure della povertà del nostro paese, che hanno anche il torto di essersi ribellate aprendo un percorso di mobilitazione che di fatto ci ha accompagnato nel recente passato e sembra essere disponibile al conflitto anche in questo appena iniziato.

Già alla fine di gennaio torneranno in marcia gli occupanti di case, con la volontà di estendere il loro percorso di lotta anche ai quartieri periferici dove spesso si trovano a vivere e a portare il calore e la forza delle esperienze di riappropriazione ad uso abitativo. Il 31 gennaio è la data individuata per una grande giornata di mobilitazione delle periferie nell’ultima assemblea della rete AbitareNellaCrisi, dove si è evidenziata anche la necessità di alzare il livello del conflitto soprattutto in relazione alla concessione delle residenze nelle occupazioni (smontando così l’applicazione pratica del PianoCasa), nonché di mettere in campo le necessarie mobilitazioni per continuare ad attaccare l’utilizzo delle risorse pubbliche per grandi eventi come Expo e in futuro Olimpiadi e non per affrontare le reali esigenze della stragrande maggioranza del Paese.

da infoaut

Solidarietà agli abitanti del Giambellino e dei quartieri popolari di MIlano

Gli abitanti del Giambellino, quartiere popolare di Milano, ormai hanno capito molto bene quali affari si nascondono dietro gli sgomberi delle palazzine occupate dell’Aler (ente che gestisce le case popolari del capoluogo lombardo) se no non si spiegherebbero tanti sgomberi – 200 dovrebbero essere effettuati con il beneplacito del PD nella veste del sindaco Pisapia e del presidente della regione Maroni – per far uscire a colpi di manganello famiglie per poi chiudere con lastre di metallo quelle case che fino a ieri avevano dato un tetto a molti. Sembra assurda una logica di questo tipo quando in una città come Milano il disagio abitativo è fortissimo, le liste per la case popolari sono lunghissime proprio perché le abitazioni popolari ci sono ma non vengono assegnate, con scuse assurde come “non sono agibili” perché ci sono i sanitari rotti invece di intervenire affinché il patrimonio pubblico non vada perso e rovinato dall’incuria dell’istituzioni locali.

Gli abitanti del Giambellino sanno benissimo come organizzare un picchetto resistente contro chi oggi li vuole in mezzo a una strada, sanno benissimo di chi sono le responsabilità di tanta violenza, sanno molto bene che la presenza delle istituzioni, incapaci di dare risposte concrete e serie al disagio abitativo, si palesano solo attraverso plotoni di sbirri pronti a far capire quanto dure possono essere le ragioni del profitto e della tutela dei potenti di turno, pronti a fare nuovi affari sulla pelle della gente.

Gli abitanti del Giambellino oggi hanno capito che è possibile organizzarsi per resistere, riconoscersi fra simili e aiutarsi collettivamente e se per quanto forza messa in campo non riusciranno a fermare centinaia di agenti in tenuta antisommossa equipaggiati a puntino per la mattanza sociale, oggi la gente dei quartieri popolari di Milano, sapranno che resistere a chi ci affama è possibile.

Solidarietà agli abitanti dei quartieri sotto sgombero.

Torino, mattinata di mobilitazione contro sfratti e decreto Lupi

Mattinata di mobilitazione anche a Torino contro il decreto Lupi e per il diritto all’abitare: in seguito all’occupazione degli uffici dell’emergenza abitativa avvenuta pochi giorni fa, infatti, senza casa, sfrattati e occupanti avevano ottenuto per questa mattina l’apertura di un tavolo politico con la giunta sul problema dell’emergenza abitativa torinese.

Intorno alle 10, quindi, una delegazione è salita negli uffici del Comune, mentre nella piazza antistante al palazzo prendeva vita un presidio per fare pressioni sulla giunta affinché non continuasse a ignorare le richieste di chi lotta per la casa.

Molto chiare le rivendicazioni che sono state portate alla giunta e in particolare al vice-sindaco e assessore alle politiche sociali, Elide Tisi: una moratoria immediata degli sfratti e la sospensione dell’infame articolo 610 col quale vengono eseguiti sfratti a sorpresa, apertura di un tavolo politico sull’emergenza abitativa, censimento attuale delle case vuote di proprietà dell’ATC, requisizione degli immobili sfitti e abolizione dell’articolo 5 del decreto Lupi sulla casa.

Durante il presidio abbiamo raccolto la testimonianza di Antonio, a rischio sfratto e senza lavoro:

Nel corso dell’incontro, gli assessori presenti hanno balbettato il solito rimpallo di responsabilità sugli altri enti locali (Regione e Prefettura in particolare), senza prendersi nessun impegno concreto per risolvere l’emergenza abitativa (pur riconoscendo apertamente la fattibilità di molte delle richieste avanzate questa mattina!) e mostrando una buona dose di arroganza verso la delegazione presente (nel bel mezzo dell’incontro il vicesindaco si è infatti alzato lasciando il tavolo come se nulla fosse). Insomma, ancora una volta orecchie da mercanti, perlomeno finché c’è da tutelare la propaganda per le elezioni…

Non più disposti ad aspettare e a ricevere solo false promesse, alla conclusione del tavolo il presidio si è trasformato in un corteo che si è diretto sotto la Prefettura, che nonostante le richieste fatte questa mattina ha disertato l’incontro, per gridare le proprie ragioni. Qui i manifestanti hanno preteso un incontro con il Prefetto Paola Basilone ma, dopo quasi un’ora di attesa, si sono sentiti rispondere che all’interno del palazzo “non c’era nessuno con cui parlare” (!) e che il Prefetto era impegnato dietro questioni più importanti…

Insomma, palazzi del potere deserti e una classe politica che si conferma sorda, arrogante e immobile di fronte alla richiesta di far fronte all’emergenza abitativa e ai problemi reali di una città sempre più impoverita…il presidio si è comunque sciolto con la promessa di continuare a mobilitarsi nei prossimi giorni e soprattutto:

#civediamolundici!

 

Il video del corteo verso la Prefettura:

Leggi il comunicato degli sportelli per il diritto all’abiatere

Torino: verso il #29M, assedio alle risorse e all’austerity

Maison avec un mégaphoneMentre in tutta Italia si susseguono quotidianamente sfratti e sgomberi e il neo-governo Renzi – per mano del ministro Lupi – sferra il proprio attacco al diritto all’abitare presentando il “piano-casa”, sui territori si moltiplicano gli appuntamenti di lotta in vista della giornata di mobilitazione nazionale del 12 Aprile. A Torino, una delle città in cui l’emergenza abitativa è particolarmente forte, si prepara un corteo regionale per il diritto alla casa per il 29 marzo. Appuntamento per lunedì 24 per un’assemblea cittadina in cui costruire assieme la giornata di lotta. Di seguito l’appello:

Stiamo assistendo ai proclami quotidiani del governo Renzi, che dipinge una ripresa economica forte, la risoluzione del problema occupazionale e sensazionali misure che dovrebbero garantire una casa anche alle fasce più deboli.

Ma la realtà che viviamo nei nostri territori tutti i giorni è ben diversa e la ricetta proposta dal nuovo governo è in piena continuità con il governo dell’austerity prima di Monti e poi di Letta.

Nei nostri territori, sempre di più i movimenti ed interi spezzoni sociali si sono organizzati per costruire un alternativa reale basata su processi conflittuali che rivendicano una vita dignitosa.

In risposta ad un’emergenza abitativa sempre più estesa, i movimenti per il diritto all’abitare hanno moltiplicato gli sportelli casa, le resistenze agli sfratti e le occupazioni abitative. Sempre più persone colpite dalla crisi e stufe delle false promesse di politicanti di professione hanno deciso di autorganizzarsi dando vita a percorsi di occupazione che oltre a soddisfare il bisogno primario di casa hanno creato contraddizioni nei quartieri dove si sono sviluppate.

Sempre di più il percorso di riappropriazione della casa ha intersecato altre lotte, quelle dei facchini che si ribellano a condizioni di lavoro sempre più denigranti, quelle degli abitanti delle case popolari minacciati di sfratto da ATC e Regione e tartassati da utenze e spese insostenibili ed ancora quelle dei lavoratori e degli utenti degli Ospedali che la Giunta Regionale vuole chiudere e dei lavoratori del sociale e delle scuole sottoposti a tagli insostenibili affiancati dai genitori degli alunni che frequentato scuole sempre più fatiscenti.

Lotte che a partire dal corteo del 19 Ottobre a Roma hanno dimostrato di sapersi organizzare indipendentemente dalle agende politiche di Governo, Regioni, Partiti e Sindacati Confederali dando vita a un movimento in grado di rivendicare un uso diverso delle risorse pubbliche e processi decisionali nei territori che nascono dal basso ed esprimono forza conflittuale.

Proprio la ricomposizione delle lotte sociali che si è data a partire dal movimento per il diritto all’abitare e che ha portato decine di migliaia di persone ad assediare i palazzi del potere il 19 a Roma sta dimostrando la forza che queste lotte hanno e sta scatenando le risposte del Governo.

Non è un caso che Renzi nel piano casa, abbia portato un attacco frontale ai percorsi di occupazione, negando la residenza e le utenze agli occupanti. Sempre di più questi percorsi dimostrano l’inconsistenza delle politiche economiche e sociali dei governi che si sono succeduti e danno una risposta forte e concreta dal basso in grado di connettersi con le altre lotte dei territori.

Sempre di più a partire dal 19 Ottobre Romano nella nostra Regione si sono aperte vertenze e percorsi conflittuali che si contrappongono all’agenda politica della Casta.

Sotto Regione e Comune, nei luoghi di lavoro e nei propri quartieri si sono costruite iniziative per rivendicare un uso diverso delle risorse. Risorse ad oggi usate per la costruzione di grandi opere che devastano i territori, prime fra tutto l’altra velocità o che ci dissanguano per costruire palazzi vetrina come il grattacielo della Regione Piemonte. Risorse dirottate direttamente nel portafogli dei costruttori e palazzinari mentre agli abitanti delle case popolari si richiede il pagamento di 480 Euro a chi è senza reddito per evitare uno sfratto. Risorse usate per mantenere i vizzi di consiglieri regionali, mentre chiudono gli ospedali come il Gradinigo e le nostre scuole cadono a pezzi.

Siamo convinti allora che i nostri territori siano sempre più dei veri terreni di battaglia dove sperimentare e creare nuove forme aggregative e di lotta che ricompongano le lotte sociali che si stanno dando nella nostra regione e che il 29 Marzo con forza si riprendano la città di Torino.

Contrapponendo all’immagine vetrina, ai grattaceli in costruzione ed alle vuote parole da campagna elettorale, l’immagine di chi con forza sta costruendo un alternativa reale che il 12 Aprile insieme ai movimenti nazionali della rete di abitare nella crisi assedierà con forza di nuovo i palazzi del potere e il Governo Renzi.

In vista del corteo regionale del 29 marzo a Torino che vedrà scendere in piazza il movimento per il diritto all’abitare, invitiamo tutte le realtà cittadine e tutti coloro che sono interessati, lunedì 24 marzo all’ex macello, via M. Pescatore 7 alle ore 21 per un’assemblea cittadina.

Vogliamo che la giornata del 29 sia ricca di contenuti e partecipata da tutte le istanze e le lotte che attraversano il nostro territorio.

A poche settimane dall’insediamento del nuovo governo regionale e a fronte dei tagli e delle privatizzazioni, vogliamo lanciare un segnale chiaro, lanciare una sfida a chi siederà su quella poltrona con la creazione di “una carta d’intenti”che equivale alla nostra agenda di lotta per la primavera che verrà.

Siamo in tanti a difendere il territorio, la salute, la scuole, a reclamare un reddito e ripensare il welfare.

Scendiamo in piazza insieme, costruiamo un futuro diverso!

Assemblea per il 29 Marzo

In centinaia assediano il Comune di Torino per ottenere la residenza

torino_residenzaCirca 400 persone tra i quali rifugiati, rifugiate e occupanti di case dei diversi quartieri di Torino hanno assediato questo pomeriggio il Comune per richiedere nuovamente a gran voce la residenza che per mesi e mesi, dopo due occupazioni all’anagrafe centrale, 5 incontri e tante vane promesse, il comune di Torino continua a negare. Col passare delle settimane, infatti, è diventato evidente come le parole dei vari assessori che si erano impegnati a far fronte a questa richiesta fossero in effetti solo tali e che le intenzioni dell’amministrazione rimanevano ancorate nel continuare a negare un diritto fondamentale, costringendo così centinaia di persone in una condizione di precarietà e di non-esistenza. Senza la residenza, infatti, rifugiati e occupanti di case si vedono negato l’accesso a molti contratti di lavoro, ai servizi sociali, agli asili nido per i propri figli, così come ai corsi di formazione professionale e, in alcuni casi, la possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno.

Per questo motivo oggi centinaia di persone si sono date appuntamento in piazza Palazzo di Città, sede della Sala Rossa dove era in corso un consiglio comunale, per rivendicare casa, reddito e dignità. Ancora una volta l’accesso al Comune era stato completamente militarizzato e blindato dalla polizia, l’unica risposta che l’amministrazione locale in questi anni si è dimostrata capace di dare di fronte alle numerose proteste contro le politiche di tagli ai servizi e alla rivendicazione di diritti tesi a garantire a tutti/e una vita dignitosa.

Solo dopo un paio di ore e su pressione della piazza gli assessori Tisi e Gallo hanno lasciato il Comune dentro il quale erano asserragliati e sono scesi nella piazza per incontrare una delegazione di occupanti. Qui è iniziata una discussione che ha fatto emergere quanto per la giunta locale la residenza sia concepita come qualcosa legata alle risorse finanziarie, una problematica che in tempo di crisi, quindi – nelle parole dell’assesore Tisi – “obbligherebbe” l’amministrazione a non concedere la residenza, sommata alla questione della “legalità” nel riconoscere ufficialmente che centinaia di persone occupano ed esistono…

Durante l’incontro la delegazione presente ha ribadito una volta di più di voler rifiutare l’ipotesi di una residenza collettiva affidata ad associazioni e comitati (una sorta di exit strategy da parte del Comune per sollevarsi da qualsiasi responsabilità), così come l’ipotesi che la residenza venga riconosciuta assieme, però, ad una denuncia per il reato di occupazione delle varie palazzine (cosa purtroppo già accaduta in altri contesti). Dopo più di 40 minuti di discussione, comunque, gli assessori hanno promesso che in tempi brevi verrà creata una soluzione apposita e temporanea per rifugiati e occupanti che dia accesso a tutti i diritti e i servizi legati alla residenza, in attesa che dal governo giunga una direttiva uniforme (e a lungo termine) sulla questione.

Questa volta l’impegno dei due assessori è stato preso di fronte ad un’intera piazza ormai a corto di pazienza nell’attendere il riconoscimento dei propri diritti e nel giro di qualche giorno dovrebbero quindi esserci aggiornamenti sulla questione… rifugiati e occupanti hanno però imparato a diffidare di politicanti bravi solo a parole e hanno promesso di tornare presto ad assediare il Comune per mettere a verifica gli impegni assunti pubblicamente dall’amministrazione!

da infoaut

Torino: la resistenza paga, ancora rinvii nello ‘sfratto day’

IMG_131642595616237Nuova giornata di lotta ieri a Torino dove, come ormai di consueto nel terzo martedì del mese, erano stati fissati diversi sfratti in parti diverse della città. Tre quelli previsti per ieri; sotto ognuna delle abitazioni dalle prime ore del mattino sono stati organizzati presidi e picchetti per impedire l’esecuzione dello sfratto. In un caso, in via Braccini, dopo ore di picchetto è stato ottenuto in rinvio con articolo 610, una clausola vigliacca che rimette la decisione dello sfratto al giudice, che potrà farlo eseguire in qualsiasi momento senza avvisare la famiglia. Nel secondo caso, in corso Agnelli, l’ufficiale giudiziario non si è presentato mentre nella terza abitazione, situata in via Ormea nel quartiere di San Salvario, la resistenza ha fatto ottenere alla famiglia un rinvio di due mesi. Di seguito il comunicato del Comitato di Quartiere San Salvario sulla mattinata in via Ormea:

Oggi 19 novembre, in città, è stata organizzata la resistenza a tre sfratti: corso Agnelli 100, via Braccini 95 e, in San Salvario, via Ormea 12.

Per quanto riguarda quest’ultimo è la terza volta che Anna ha deciso di resistere ed è la terza volta che lo Sportello Casa San Salvario si ritrova sotto casa sua, dei suoi figli e dei suoi amati animali con l’obbiettivo di ottenere un rinvio. L’appuntamento per sfrattati e solidali è alle prime ore del mattino, e davvero tante sono le persone arrivate in aiuto, tra cui anche parecchi altri “sfrattandi” che già hanno resistito in passato, o che hanno intenzione di farlo.

Chi perde il lavoro perde la casa e la storia di questa famiglia è davvero emblematica: fino a qualche anno fa Anna viveva una vita agiata, ma dopo la separazione, ha perso anche il lavoro che condivideva con l’ex marito che, nonostante fosse obbligato a farlo, ha smesso anche di pagarle le spese per il mantenimento. Anna si è ritrovata così sotto sfratto e, come se non bastasse, risulta morosa e per questo non ha diritto ad una casa popolare. Questo perchè, paradossalmente, la loro assegnazione esclude proprio chi non riesce a pagare l’affitto.

Così, dopo una lunga attesa, si presenta l’ufficiale giudiziario e un rappresentante della proprietà molto indispettito dalla presenza del picchetto e che inizialmente nega il rinvio dello sfratto. Per via della “mancanza della disponibilità della forza pubblica”, la minaccia dell’ufficiale giudiziario è stata inizialmente quella dell’applicazione dell’art. 610 del C.p.c. meglio noto come sfratto a sorpresa, in modo da impedire al picchetto anti-sfratto di formarsi una seconda volta. Questo significa anche condannare lo sfrattato per giorni, settimane o mesi all’ansia di non sapere se il giorno dopo si può ancora vivere con un tetto sopra la testa. Ma le pressioni del picchetto sulla proprietaria e sull’ufficiale giudiziario han portato all’ottenimento, dopo mezz’ora di discussione, del rinvio di due mesi dello sfratto.

Nel frattempo per quanto riguarda lo sfratto di via Braccini 95 è stato applicato l’art. 610 e lo stesso pare per corso Agnelli 100, dove ufficiale giudiziario e proprietà nemmeno si presentano.

BLOCCHIAMO GLI SFRATTI!

 

fonte: infoaut

#19A – Pietra Alta scende in piazza a fianco dei rifugiati

pietra_alta Nel panorama di mobilitazioni che hanno segnato questo 19 aprile di lotta in tutto il Paese,come collettivo Prendocasa Torino abbiamo deciso di scendere in piazza a fianco  dei rifugiati che  nelle scorse settimane hanno occupato l’ex villaggio olimpico,e gli sfrattati  di Pietra Alta occupata.

A unire questi due soggetti è dapprima il diritto negato da una controparte individuata nell’amministrazione comunale ad avere una casa, poi una legittima risposta di riappropriazione: occupazione delle palazzine costruite a doc per le olimpiadi 2006 e poi lasciate vuote a marcire (quasi a tristi testimoni dell’insensato e più che mai male indirizzato spreco dei soldi pubblici in opere inutili) per gli uni; occupazione di una ex caserma dei vigili urbani in corso Vercelli, per gli altri.pitra_alta_3

Nuclei familiari e singoli, stranieri e italiani hanno fatto fronte così alla loro situazione di emergenza,ma non basta: in questo 19 aprile per il reddito,per i servizi, per i diritti e per la dignità dei cittadini, e quindi necessariamente contro chi tutto questo non garantisce, si è andati insieme ad occupare,in corteo, l’anagrafe centrale di Torino, per rivendicare un ulteriore diritto e condizione dirimente per una vita dignitosa: la residenza. Senza residenza è infatti negato l’accesso ai servizi socio-sanitari e non ci si può attivare per cercare lavoro; vengono così ridotti 450 rifugiati in impronte digitali, nemmeno liberi di spostarsi altrove. Rifiutandosi di cadere nella trappola della cosìdetta ‘guerra tra poveri‘,ma mobilitandosi insieme, gli occupanti dell’Ex Moi e di Pietra Alta non sono andati ad elemosinare nulla: sono rimasti all’interno della struttura, scegliendo per questa volta di non  interrompere l’attività dei vari sportelli,sino a costringere l’assessore comunale all’anagrafe a presentarsi e rispondere ad un confronto con loro.

In risposta, è stato garantito un incontro fissato per la prossima settimana, anche con l’assessore alla casa (responsabile in primis della disastrosa situazione abitativa di una Torino capitale degli sfratti e della pessima gestione delle case popolari), nel quale dovrebbe essere affrontato il tema della residenza per i rifugiati.

Quale che sia l’esito di questo scambio tra funzionari di un’amministrazione comunale incapace e sorda ai problemi reali dei cittadini in una regione in fallimento, la giornata del 19 è stata solo l’inizio della battaglia per la residenza e la casa: torneremo all’anagrafe e nelle piazze finché  sarà necessario; è forte infatti la determinazione di chi non vuol più cedere ai ricatti istituzionali dei tempi di crisi, ma è deciso a riappropriarsi dei diritti e degli spazi che gli sono stati tolti.

Ascolta Costanza del collettivo PrendoCasa Torino (RadioBlackOut):