Assoluzione in primo grado perché il fatto non sussiste.
Così si è espressa oggi la giudice del Tribunale di Torino nei confronti dei due imputati che il 14 giugno 2011 si opposero allo sfratto della famiglia di Patrizia, insieme al collettivo Prendocasa, studenti e studentesse, abitanti del quartiere di Lungo Dora Voghera e alla famiglia sotto sfratto.
I reati di resistenza aggravata e lesioni sono caduti di fronte all’inattendibilità delle versioni fornite dagli agenti di polizia che quel giorno presero parte alle cariche sotto la casa di Patrizia ma, fatto ancora più grave, è che i verbali del rinvio dello sfratto ottenuto grazie alla resistenza di quanti/e quel giorno erano presenti per supportare la famiglia, sono spariti, introvabili, dissolti nel nulla.
Verbali che dovrebbero essere conservati in appositi registri negli uffici preposti, come prova dell’agire dell’ufficiale giudiziario che si appresta ad eseguire o meno uno sfratto.
In merito a questo vale la pena sottolineare e ricordare che quel giorno, il 14 giugno del 2011, alle prime ore del mattino erano presenti solo le forze dell’ordine (alcune camionette per un totale di 50 agenti in tenuta antisommossa), la famiglia all’interno dell’appartamento e alcuni giovani studenti insieme al collettivo Prendocasa. Nessun ufficiale giudiziario, l’unico che può eseguire uno sfratto e darne l’esecuzione o la sospensione. Motivo per cui i verbali sono stati fatti sparire… questo ci dà la misura di come vengono “gestite” queste tipo di operazioni.
Altro dato da sottolineare è come ormai l’emergenza abitativa, il disagio sociale che le famiglie vivono quando perdono la propria casa per colpa della crisi, delle speculazioni in atto, dell’assenza di politiche abitative concrete in grado di sopperire ad un’emergenza sempre più in crescita, venga trattata come mera operazione di ordine pubblico attraverso l’uso della forza dei reparti antisommossa della questura torinese.
A tutto questo ci vogliono risposte che ad oggi le istituzioni non sono in grado di dare, troppo impegnate a dover dribblare scandali di questo o quel parlamentare, troppo impegnati a mantenere i propri privilegi di casta.
Le risposte non sono, ovviamente, le sentenze di assoluzione come quella di oggi.
Ne prendiamo atto ma non ci basta: le risposte sono le tante occupazioni ad uso abitativo e le resistenze agli sfratti che stanno proliferando nella nostra città.
Da prendocasapisa_Stamani piu’ di 200 persone tra studenti, precari e famiglie in emergenza abitativa hanno manifestato con decisione per le vie di Viareggio. Una mobilitazione per mettere un freno alle fallimentari politiche abitative delle istituzioni locali e per denunciare l’aumento delle richieste di sfratto per morosita’. Il dato veramente positivo è stata la presenza in piazza, al fianco delle di famiglie coinvolte nel problema abitativo, di precari dei servizi e del turismo, che stanno portando avanti da mesi una battaglia autorganizzata contro aziende e cgil per il rinnovo dei contratti e per il miglioramento delle condizioni di lavoro, e di studenti medi, in lotta contro la legge aprea e i tagli alla scuola. Era presente anche Cira Antignano, madre di Daniele Franceschi morto due anni fa in un carcere francese, anche lei sotto sfratto.
Subito all’inizio del corteo un gruppo di manifestanti ha occupato uno dei simboli dell abbandono e della speculazione edilizia a Viareggio l’American Hotel sfitto da 10 anni e passato con il tempo da speculatore a speculatore, è stato calato dagli occupanti un enorme striscione di 20m che recitava “la casa è un diritto, stop alla speculazione”.Il corteo rumoroso deciso arrivato sotto il municipio ha ottenuto un incontro immediato con Mannino l’amministratore prefettizio di Viareggio.
Di seguito un volantino distribuito:
BLOCCO DEGLI SFRATTI SUBITO!
CASA, DIRITTI E DIGNITA’ RIPRENDIAMOCI QUELLO CHE CI SPETTA!Sono ormai più di 400 le richieste di sfratto per morosità nella città di Viareggio a questi numeri allarmanti vanno aggiunti inoltre le decine di sfratti già compiuti nel 2012 e i molti casi di famiglie e singoli che si trovano in alberghi o campeggi inseriti nel confusionario piano di emergenza abitativa m
esso in piedi dall’amministrazione Lunardini in questi anni (piano che non ha più fondi dunque una situazione che andrà aggravandosi).
Sembrano i numeri allarmanti di una città metropolitana ma invece arrivano da quella che un tempo era definita la “perla del Tirreno” e che oggi invece è una città abbandonata a se stessa che vede i propri cittadini pagare sulla propria pelle i costi di una crisi drammatica(lavoro, casa, servizi assenti, disuguaglianza crescente ecc…) mentre una politica istituzionale incapace fa finta di niente, si volta di lato o si chiude nelle stanze di partito blaterando per mezzo stampa di candidati e primarie senza affrontare minimamente i problemi reali della popolazione (questo vale sia per il PD e il triste spettacolo locale dei candidati ma anche per il centro-destra ormai boccheggiante e ammutolito, soprattutto dopo l’affare casa-Fantoni).
In questo scenario drammatico c’è chi ha saputo rispondere con solidarietà e determinazione a non farsi schiacciare. Per la prima volta nella nostra città gli stessi cittadini insieme a compagni e organizzazioni solidali hanno cercato di sviluppare una discussione reale sul problema casa (lo sportello Unione Inquilini, il C.A.V e le famiglie solidali determinanti per rimandare gli sfratti) respingendo al mittente l’idea folle alla base di questo sistema che vorrebbe gettare per la strada donne, uomini e bambini. Questa crisi è stata creata da banche, politicanti e finanza e non accettiamo che siano i cittadini a pagare i costi di scelte economiche e politiche folli fatte di sprechi, speculazione edilizia e finanziaria.
Gli unici che possono affrontare e risolvere questi problemi sono dal basso con l autorganizzazione gli stessi cittadini, lavoratori, disoccupati, migranti e studenti che vivono sulla propria pelle i drammi di una crisi che sono stati altri a creare. Oltre a chi vive il problema abitativo in questi mesi abbiamo piacevolmente accolto e sostenuto sul nostro territorio le mobilitazioni spontanee di precari del turismo e dei servizi al cittadino (oss), gli studenti (a Massa hanno occupato e rilanciato uno spazio abbandonato da anni) i ferrovieri e i cittadini sensibili con la tragedia del 29 giugno e con Riccardo Antonini ferroviere licenziato da FS per il suo impegno nella sicurezza.
Quella della mobilitazione e aggregazione dal basso per affrontare i problemi reali del nostro territorio è la migliore strada per rispondere alla crisi e ad una politica istituzionale incapace o peggio ancora connivente rispetto al dramma reale che stiamo vivendo.
Ieri pomeriggio (sabato 6 ottobre.ndr) all’interno della campagna “I love Gabrio – Gabrio per tutti, Amianto per Nessuno” era prevista una critical mass in zona San Paolo, per affermare con forza che l’amianto al Gabrio deve sì sparire, ma le realtà che da 18 anni vi vivono e vi lottano non devono essere buttate giù insieme ai muri; perché la vivibilità passa dalle bancarelle rionali e non da nuovi ipermercati; perché al quartiere vengano restituiti spazi verdi ed aree gioco; perché il benessere della gente dipende da canoni di affitto corretti; perché i debiti del Comune non possono essere scaricati sulla gente mediante nuove strisce blu, che servono solo a far cassa. Perché salute, ambiente, sostenibilità sono nostri diritti.Da tre settimane abbiamo lanciato la campagna in sostegno al centro sociale. Settimane intense durante le quali abbiamo sentito il calore e la solidarietà di tutti e tutte quelle che amano il Gabrio. La campagna durerà ancora a lungo, ma questo non ci ha comunque distolti dalle lotte che rendono viva questa città stritolata dalla crisi.
Ecco perchè il modo migliore per finire la pedalata è stato quello di tornare ancora una volta su una questione sociale urgente e a noi tutt* molto cara, cioè quella della casa.
Per questo la pedalata si è conclusa con l’occupazione dello stabile abbandonato in via Frejus 103bis, una casa vuota per una decina di famiglie a cui la terribile macchina burocratica degli sfratti aveva negato negli ultimi mesi un tetto. In alcune occasioni le occupazioni abitative nascono in palazzi abbandonati da decenni, altre in palazzi vuoti da pochi anni… i tempi che viviamo con gli affitti da rapina e il numero di sfratti in crescita esponenziale che hanno portato Torino ad essere la prima città in Italia per rapporto abitanti/sfratti eseguiti, ci fanno dire una volta di più che avere palazzi interi abbandonati è un lusso che questa città non si può permettere.
Ci chiediamo se anche questa volta le istituzioni cittadine risponderanno facendo finta di niente, con quel silenzio tipico di chi è in imbarazzo oppure è complice.
Quella di oggi è l’ennesima occupazione abitativa in questa città, la quinta solo nel nostro quartiere, dove si disegna un altro puntino sulla mappa della libertà di zona San Paolo. Per chi vuole questa zona vissuta e partecipata dal basso, non certo stritolata nelle mani avide di affaristi e speculatori immobiliari.
Il tutto verso la manifestazione del 20 ottobre… “meno mani sulla città, più mappe della libertà”!
Mai più case senza persone, mai più persone senza casa!
Già il 27 settembre scorso erano scesi in piazza, in Campidoglio. I movimenti per il diritto all’abitare si opponevano alla svendita dei beni pubblici, e per chiedere l’attuazione della novità di un fondo per l’edilizia residenziale pubblica nel bilancio. Solo in questo modo infatti, si potrebbe dare sostanza alle 6mila case popolari che da marzo 2012 esistono soltanto sulla carta di una delibera approvata dal consiglio comunale.
Ieri invece, i movimenti per il diritto all’abitare sono di nuovi scesi in Campidoglio, questa volta con le tende, in occasione del voto del consiglio comunale di Roma sulla delibera che prevede la svendita ai privati di molti pezzi del patrimonio pubblico tra cui le aree destinate all’edilizia popolare. La svendita de patrimonio pubblico d’altronde, non è una novità e piano piano sta diventando realtà, pensata come l’ennesima misura per far fronte alla crisi.
I movimenti di lotta per la casa sono stati chiamati ieri ad un incontro con l’assessore al Patrimonio e il capogruppo del Pdl. Un incontro che non ha fatto altro che confermare la determinazione da parte della maggioranza e dell’opposizione, di cedere il patrimonio comunale, in quanto rappresenta l’unico modo per l’amministrazione, per far fronte al disavanzo delle casse del Comune, devastare dal malaffare. Nel frattempo per domani è prevista una nuova manifestazione, dopo che più di un migliaio di persone hanno dato vita ieri sera ad un corteo che, partito dal Campidoglio, ha bloccato piazza Venezia. Il corteo si è concluso nella vicina piazza Madonna di Loreto dove sono state montate le tende. La discussione in Consiglio Comunale sul bilancio si riapre domani pomeriggio e i movimenti presenti in piazza rilanciano per un corteo per tornare in Campidoglio in concomitanza con la discussione in Consiglio comunale.
Torino_La polizia e l’ufficiale giudiziario sono riusciti solo a prendere possesso di una casa già vuota (perché gli abitanti si erano da tempo trasferiti in altra abitazione, occupandola) e di un’altra abitata dove la famiglia aveva deciso di non resistere. Gli altri sfratti non si sono invece potuti concretizzare (almeno per ora) per i blocchi con cassonetti e persone che si muovevano impedendo un agibilità alle forze dell’ordine. In certi casi i cassonetti sono stati anche incendiati per sconsigliare la controparte dall’uso della forza.
In queste ore stanno iniziando a giungere le prime proroghe (in un caso fino a fine dicembre, un altro a fine novembre). Unico fatto spiacevole: 3 compagni sono stati portati via durante un momento di colluttazione. Il monitorgaggio della situazione resta comunque alto fino a fine giornata o alla consegna di tutte le proroghe.
I presidianti anti-sfratto si stanno ora muovendo in corteo per le vie di Porta Palazzo, muovendosi da un picchetto all’altro.
Torino_Quando questa mattina l’ufficiale giudiziario si è presentato nello stabile di via Morgari 16, nel quartiere torinese di San Salvario, per eseguire lo sfratto, Lis Belmohub, un uomo algerino di 57 anni al momento disoccupato, ha minacciato di ricorrere ad un gesto estremo per impedire che gli venisse tolta l’abitazione.
Ha infatti cosparso di benzina l’appartamento, dichiarando di essere pronto a darsi fuoco.
I vigili del fuoco hanno evacuato il palazzo e, dopo aver discusso a lungo con l’uomo, sono riusciti ad entrare nell’abitazione e a farlo desistere dall’idea di appiccare l’incendio.
Il gesto estremo minacciato da Lis Belmohub ci restituisce ancora una volta la realtà sempre più difficoltosa della ‘Torino capitale degli sfratti’, che sotto l’amministrazione di Fassino stanno diventando sempre più frequenti (solo nel 2011 gli sfratti per morosità sono stati 2.343).
Una situazione che rischia di esplodere, con una giunta comunale che porta avanti le proprie politiche a colpi di tagli e privatizzazioni e che di fronte ad una sempre più urgente emergenza abitativa si sta dimostrando incapace di offrire qualsivoglia risposta, se non quella dell’uso della forza pubblica per contrastare le esperienze di resistenza che sempre più vengono opposte alla violenza degli sfratti.
Modena è la città capitale degli sfratti, e tristemente in questi ultimi anni non ha perso la sua nomea. Solo nel 2011 gli sfratti sono stati 1300, quasi tutti per morosità, la percentuale più alta riscontrata in Emilia. In piena crisi il nostro sindaco cosa fa?
Vara manovre quasi inutili, come il fondo salvasfratti:
prima promesso dal governo Monti col nome di Fondo Sociale per l’affitto, poi revocato per mancanza di fondi, e poi rifinanziato dalle banche e dalle fondazioni emiliane, non dal comune o dalla provincia.
Fondo assurdamente posto in mano alle banche, fondo di cui potrebbero beneficiare le famiglie con almeno un componente che non lavora e che non abbia accumulato troppi arretrati.
Il nostro sindaco ci promette che verranno in questo modo aiutate 200 famiglie.
E noi ci chiediamo: MA CHI INTENDE PRENDERE IN GIRO?
Recentemente abbiamo appreso che in provincia di Modena ci sarebbero 1500 alloggi comunali sfitti, pronti per essere assegnati alle famiglie colpite dal terremoto. Ottimo tempismo…ma dov’erano queste case quando le circa 1.100 famiglie in lista d’attesa per alloggio ERP ne facevano richiesta ad ACER?
Le tenevano vuote prevedendo con poteri veggenti un eventuale bisogno per occasioni straordinarie (e di rilievo nazionale…) quali i terremoti?
Ancora una volta siamo di fronte a politiche volte solo a salvare la faccia delle istituzioni e non ad aiutare la gente. Ci è stato detto che queste case non venivano assegnate perchè bisognose di ristrutturazione. E ora che serve fare bella figura sui Tg nazionali con la questione “aiuti umanitari” dove sono finite le necessità di ristrutturazione?
Sacrificate in nome del buon cuore, o forse mai esistite e usate come scusa per scatenare una guerra tra poveri.
E intanto crescono le richieste di sfratto: nel 2012 sono già quasi 3000 di cui 1/5 sono state, o verranno eseguite, con l’ausilio della forza pubblica. È questo il genere di aiuto che il comune intende dare?
Intanto negli altri stati d’Europa prendono piede misure alternative, come l’autorecupero degli immobili di proprietà pubblica o aiuti concreti dati alle famiglie, non arzigogolate e fittizie soluzioni di facciata.
Noi pensiamo che oramai sia finito il tempo di credere alle frottole delle istituzioni e sia giunta l’ora di organizzarsi dal basso per le emergenze. Come nella bassa, dove i cittadini hanno saputo autogestirsi per coprire le mancanze organizzative istituzionali.
Come a Vignola, dove la lotta di 2 donne ha portato alla nascita di un nuovo collettivo che sta pian piano scalfendo la vergognosa gestione degli alloggi popolari.
Riceviamo e pubblichiamo con piacere questa lettera scritta da Manuela, nella quale ci racconta le sue impressioni dopo lo sgombero coatto dalla loro abitazione in via mercadante 102 a torino.La famiglia composta da 3 figli piccoli, più un altro in arrivo (Manuela è al quinto mese di gravidanza), è stata protagonista di una giornata, il 17 luglio, al limite dell’impossibile dove polizia , digos e ufficiale giudiziario, incuranti della situazione delicata dovuta alla gravidanza della giovane donna, non hanno esitato a manifestare la loro brutalità di fronte alla donna incinta e ai suoi 3 piccoli figli. L’immobilità del comune, incapace di trovare una sistemazione abitativa dignitosa per la famiglia, ha reso praticabile lo sgombero coatto eseguito dalla questura torinese. Solo grazie al gesto estremo di Antonio, marito di Manuela, il quale si è sporto dal cornicione del balcone per alcune ore, ha permesso loro di poter usufruire di una sistemazione tampone, 90 giorni all’interno di una “casa albergo” al costo di 400 euro al mese (una situazione di strozzinaggio legalizzato da parte del comune che chiede ad una famiglia in difficoltà economica, con tre figli e un altro in arrivo, un vergognoso e caro affitto per un alloggio di 35 metri quadri…)
La famiglia di Manuela è solo un esempio fra le numerose famiglie che vivono il disagio abitativo, la paura dello sfratto, di vedersi scaraventare fuori casa da brutti ceffi, in divisa e non, che con fare brutale tolgono alle famiglie un bisogno primario e necessario, la casa.
Questa “politica degli sgomberi” usata contro le famiglie colpite da morosità incolpevole, impossibilitate a pagar l’affitto per mancanza di reddito è il frutto di una mala gestione delle istituzioni locali che, invece di dare risposte alle famiglie che vivono un disagio abitativo, si prodigano a privatizzare, vendere patrimonio pubblico, tagliare posti di lavori impoverendo i servizi pubblici, al solo scopo di mantenere i propri privilegi da casta dentro e fuori palazzo civico.
A fronte di tutto ciò, le resistenze agli sfratti, le occupazioni a scopo abitativo, le proteste di insegnanti, precari, lavoratori, disoccupati, insomma di una metropoli stanca di Fassino come di tutti gli altri politicanti di professione, fan ben sperare in mobilitazioni di protesta capaci di far traballare chi su quella poltrona ha costruito la sua carriera e il suo conto in banca…
Di seguito la lettera di Manuela
In merito alla ricostruzione fornita dai giornali sullo sfratto eseguito in via mercadante 102 e sull’emergenza sfratti a Torino, io Manuela protagonista della vicenda insieme a mio marito Antonio vorrei condividere alcune considerazioni.
Fino ad un anno fa, con i nostri tre bambini, siamo sempre riusciti a sopravvivere con dignità. Fino a quando, a causa del calo del nostro unico reddito, non siamo riusciti a pagare l’intero importo dell’affitto e dopo soli due mesi è arrivato lo sfratto.
Immediatamente ci siamo attivati per cercare una soluzione, ma tutte le istituzioni ci hanno chiuso la porta in faccia, dirottandoci verso associazioni private caritatevoli. Nonostante abbiamo il punteggio massimo per la casa popolare dovremo aspettare tre anni, mentre per l’emergenza abitativa non siamo abbastanza poveri.
Lo stesso De Simone del team dell’assessore Tisi, che si è prodigato nel pubblicizzare l’intervento del Comune a nostro favore, fino al giorno prima in modo arrogante ci ha detto di non poter far nulla e di cercarci una casa autonomamente.
L’unica risposta è stata ottenuta martedì 17 alle 6 quando è arrivato un vero esercito di polizia, neanche fossimo una nuova cosca mafiosa.
Senza nessun tentativo di mediazione, hanno da subito cercato di sfondare la porta con ogni mezzo per poi sbriciolarla a colpi di accetta.
Ci hanno invaso la casa, noncuranti della presenza dei bambini e della mia gravidanza a rischio. Provocandoci, trattandoci come criminali e cercando di allontanare gli unici che da subito ci sono stati solidali, i ragazzi di prendocasa.
Solo di fronte al gesto coraggioso di mio marito ed alla fermezza di non muoversi dal cornicione fino all’ottenimento di una soluzione si è aperto uno spiraglio e sono finalmente arrivati i rappresentanti delle istituzioni, tra cui il consigliere Grimaldi unico capace di dimostrare umanità.
È diventato evidente come tra i funzionari della questura ed i rappresentanti delle istituzioni scattasse il panico per la paura che la situazione sfuggisse di mano provocando una cattiva pubblicità visto l’arrivo dei giornalisti.
Finalmente ci viene prospettata una “casa”, arrivata all’ultimo momento come se non fosse stato possibile in tutto questo anno di richieste agli uffici del Comune e che avrebbe potuto se arrivata più tempestivamente evitare questa mattinata da incubo per la mia famiglia.
Soluzione comunque inadeguata e temporanea, decisamente cara, 400 euro mensili a carico nostro, piccola (35 metri quadri per sei persone) per quanto dotata di tecnologie e lussi di cui faremo a meno.
Negli ultimi due giorni in molti mi hanno detto che non avrei dovuto pubblicizzare la mia situazione e stare in silenzio, ma leggendo sulla stampa dell’ipotesi di una moratoria per gli sfratti a Torino mi convinco che solo la nostra determinazione è stata in grado di dare una piccola svegliata alle istituzioni.
Sveglia presto questa mattina per la famiglia di Antonio ed Emanuele e i loro 3 figli. La polizia, 5 camionette, è arrivata intorno alle 6.30 sotto la loro abitazione con l’intenzione di sgomberare.
L’ufficiale giudiziario per adesso non si è ancora presentato.
Insieme alla famiglia di Antonio ed Emanuela, alcuni studenti e attivisti di prendocasa – torino che si stanno adoperando per resistere allo sfratto coatto.
La situazione della famiglia era stata segnalata tempo fa al comune di Torino, il quale non ha saputo trovare soluzione abitative.
Antonio ed Emanuela, donna coraggiosa, incinta da qualche mese, si preparano ha resistere allo sgombero.
Per questi motivi invitiamo tutti e tute a portare la loro solidarietà in via mercadante 102
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Aggiornamento ore 9.45
Antonio scende dal cornicione, ottenendo una soluzione per tutta la famiglia all’interno di un albergo sociale per 90 giorni.
Una soluzione temporanea ottenuta solo grazie alla determinazione e il coraggio della famiglia.
Da segnalare la solidarietà dimostrata attraverso uno striscione “Siamo con voi, coraggio” dall’ospedale “San Giovanni Bosco”, vicino alla casa di Antonio ed Emanuela.
Aggiornamento ore 9
Dopo l’inutile intervento del fabbro che non è riuscito a manomettere la serratura dell’abitazione, la polizia insieme alla Digors entrano in casa buttando giù la porta a colpi d’accetta.
Antonio, il marito di Emanuela, sale sul cornicione del condominio…
Aggiornamento ore 7:45
La polizia entra in casa sfondando la porta
Questa giornata di resistenza si conclude con questo, seppur piccolo, risultato, ottenuto solo grazie alla determinazione messa in campo dalla famiglia di Antonio ed Emanuela. Le ultimissime novità ci dicono che Antonio si è recato presso la casa albergo in via Ivrea 24 per visionare l’appartamento.
Emanuela, moglie di Antonio, invece è stata accompagnata all’ospedale per un controllo, ricordiamo che la signora è al quinto mese di gravidanza, dovuto allo stress di questa mattina, causa l’arroganza poliziesca e della digos nel cercare di effettuare a tutti i costi, senza esitare di fronte ad una donna incinta, lo sgombero coatto.
Vale la pena ribadire ancora una volta come il comune di Torino, oltre a tagliare servizi pubblici, privatizzandoli a scopo lucrativo, se ne infischi totalmente se le questioni di emergenza abitativa vengono affrontate come delle questioni di ordine pubblico, cercando di mettere una pezza solo all’ultimo minuto, la cui attenzione è stata richiamata dal gesto coraggioso di Antonio, che arrampicandosi sul cornicione del condominio ha fatto scattare l’intervento tardivo, considerata la situazione delicata dovuta alla gravidanza di Emanuela, più volte denunciata dalla famiglia al comune, del consigliere di sel Grimaldi.
La continua assenza di politiche sociali, l’immobilità delle istituzioni di fronte alla crescita di sfratti, di cui Torino ne è la capitale, l’incapacità politica di garantire il diritto all’abitare, accresceranno sicuramente le resistenze agli sfratti.
Ovviamente questa soluzione tampone non risolve la questione abitativa di questa famiglia, che per adesso si accontenta del risultato ottenuto, ricordando che il diritto all’abitare non si contratta e che alla scadenza dei 90 giorni se non ci saranno soluzioni abitative reali, compatibili con le esigenze della famiglia, si provvederà a far si che Antonio ed Emanuela con i loro 3 figli più il piccolo in arrivo, trovino la giusta sistemazione che meritano.
Leggi il comunicato di PrendoCasa
“Sveglia presto oggi per Antonio, Emanuela e i loro 3 figli. La famiglia, infatti, questa mattina si è trovata a dover affrontare il 3° accesso dell’ufficiale giudiziario, visto che nonostante la loro situazione fosse stata segnalata tempo fa al comune di Torino, nessuna soluzione adeguata era stata proposta fino a questa mattina.
La polizia, 5 camionette, insieme all’ufficiale giudiziario e al fabbro, è arrivata intorno alle 6.30 sotto la loro abitazione con l’intenzione di uno sgombero coatto. Insieme alla famiglia di Antonio ed Emanuela, ad attenderli c’erano anche alcuni studenti e attivisti di Prendocasa Torino che si sono adoperati affinchè Emanuela (che peraltro è al 5° mese di gravidanza) e la sua famiglia rimanessero all’interno dell’appartamento senza essere sbattuti in mezza alla strada, come si preannunciava dall’ingente dispiego di forze dell’ordine.
Dopo un inutile tentativo del fabbro di manomettere la serratura dell’abitazione la polizia, insieme alla Digos, è entrata in casa sfondando la porta a colpi di accetta. Antonio è salito sul cornicione del condominio e solo dopo un’estenuante trattativa, la soluzione tardiva e tampone del comune è arrivata con il temporaneo inserimento della famiglia nell’albergo sociale di via Ivrea per 90 giorni.
Ovviamente tutto questo è stato possibile solo grazie alla determinazione e al coraggio della famiglia di Antonio ed Emanuela e dei solidali che sono accorsi per sostenerli. Da segnalare soprattutto la solidarietà dimostrata attraverso uno striscione “Siamo con voi, coraggio” dall’Ospedale San Giovanni Bosco, vicino alla casa di Antonio ed Emanuela.
E dopo questa lunga mattinata di lotta e resistenza, non possiamo che confermare che Fassino e la sua cricca di consiglieri ha nuovamente dimostrato come quello che sta loro più a cuore non sia il diritto di avere un tetto, ma quello di usare la forza con chi la crisi la sta pagando!
Siamo arrivati al terzo accesso per Antonio ed Emanuela,che vivono nell’appartamento di via mercadante 102 dal 2010 insieme ai loro tre bambini. Qualche anno fa avevano comprato una casa, ma poco dopo a causa della crisi cambiano le cose e lo stipendio di Antonio non è più sufficiente per pagare il mutuo. Decidono di vendere la casa ed i mobili. I soldi ricavati dalla casa servono per estinguere il mutuo, quelli dei mobili per la caparra della casa in affitto e le spese del trasloco.
Antonio ed Emanuela si fidano del nuovo acquirente che deve stipulare in fretta il nuovo mutuo, in questi tempi di crisi è difficile vendere un immobile. Così firmano l’atto notarile in cui nell’importo totale è stato inserito anche il valore dei mobili ( pattuito con un accordo verbale) che una nota del notaio dichiara come somma da restituire all’acquirente. Il nuovo acquirente fa una causa e la vince e la scorsa estate il conto in banca di Antonio viene bloccato e gli viene detratto 1/5 dello stipendio. A luglio la padrona di casa, che possiede vari appartamenti in Torino, presenta il conto del conguaglio e di altre spese di sua competenza.
Nonostante le sia fatta presente la difficile situazione è irremovibile. Così arriva lo sfratto, nonostante per un anno e mezzo abbiano sempre pagato l’affitto con regolarità. Antonio ed Emanuela percorrono immediatamente tutte le vie istituzionali, ma di fronte ad una famiglia monoreddito con tre bambini ed un quarto in arrivo l’emergenza abitativa valuta che la situazione non è abbastanza critica per poter intervenire. De simone, responsabile dell’emergenza abitativa dirotta la famiglia verso un trafila interminabile attraverso associazioni ed enti che si conclude con un nulla di fatto.
Le istituzioni non avendo risposte concrete, come al solito tentano di trasformare il problema abitativo in un problema sociale paventando l’intervento dell’assistenza sociale e la divisione del nucleo familiare. Ma questa famiglia non ha nessun problema, come attesta una lettera delle stesse assistenti sociali. Questa storia rende evidente una volta di più gli effetti della politica “sociale” del Comune di Torino e di Fassino. Il Comune sta svendendo il patrimonio pubblico (caserme, palazzi, terreni) per ripagare il debito da loro stessi creato, ridistribuire in termini di ricchezza sociale sul territorio. L’agenzia comunale tc, mantiene così come i vari palazzinari e speculatori dell’edilizia, centinaia di alloggi sfitti facendo crescere smisuratamente le liste di attesa per un alloggio popolare.
La mancanza di una politica seria di risposta all’emergenza abitativa che colpisce la nostra città, il taglio continuo del welfare, dei servizi e la privatizzazione degli asili nido sono i tratti distintivi della politica di Fassino e del Comune.
Convinti che la casa sia un diritto l’unica via percorribile è quella della lotta e della resistenza allo sfratto.
Invitiamo tutti e tutte a partecipare numerosi alla difesa dello sfratto di Antonio ed Emanuela.
Naturalmente saremo lì fin dalle prime ore del mattino.
Appuntamento martedì 17 luglio in via mercadante 102, Torino