La violenza degli strozzini. Rinviato sfratto al Cep

Pisa, quartiere Cep – scongiurato il tentativo dell’Apes di eseguire ieri mattina senza preavviso uno sfratto da una casa popolare; un presidio di solidali radunatosi in pochi minuti ha ottenuto un rinvio per una anziana signora, assegnataria da oltre 30 anni, ora morosa ed indebitata, che si era trovata alla porta funzionari e poliziotti in borghese.

Non accenna a diminuire la deriva vergognosa intrapresa dall’azienda che a Pisa gestisce l’edilizia residenziale pubblica; sembra essere in corso una crociata nei confronti dei morosi e degli abusivi delle case popolari, in cui i funzionari dell’Apes si presentano come veri e propri strozzini ad estorcere e minacciare, spalleggiati dagli sbirri nella parte dei gorilla.

Nella mattinata di ieri questa situazione si è replicata al Cep, nell’appartamento di una signora di quasi ottant’anni, gravemente malata, che si è ritrovata sola e circondata da energumeni che la minacciavano di ammanettarla e trasportarla via di peso se non avesse abbandonato immediatamente l’appartamento. L’intervento immediato dei familiari della donna e di molti altri solidali del quartiere ha impedito la messa in pratica di queste minacce, facendo ottenere alla donna il rinvio di un mese.

L’aumento vertiginoso degli sfratti da casa popolare a cui stiamo assistendo in questi mesi ha cancellato definitivamente la pretesa da parte dell’Apes di essere un ente preposto a garantire un diritto, quello alla casa; è ormai evidente come la gestione totalmente aziendalistica del patrimonio pubblico abbia trasformato questo diritto nell’ennesima merce. L’edilizia residenziale pubblica è solo un terreno di lucro, su cui tanti si sono arricchiti e continuano a farlo, sia per quanto riguarda la costruzione di case popolari, sia per quanto riguarda la loro gestione.

Pretendere che in un momento di crisi come questo le famiglie morose paghino (necessariamente indebitandosi) cifre esorbitanti, anche migliaia e migliaia di euro, senza concordare riduzioni o rateizzazioni, sotto la minaccia dello sfratto con la forza pubblica, è una violenza vera e propria, da parte di un azienda che è fortemente responsabile dello scempio delle numerose case popolari vuote e delle inadempienze nella gestione e manutenzione degli appartamenti. E’ una violenza che non è più possibile sopportare in silenzio.

infoaut.org

Torino:”città modello” o città di sfrattati?

Sempre più allarmante la situazione degli sfratti nella Torino “città modello” per l’assistenza.

L’amministrazione comunale cerca di rifarsi il trucco attraverso slogan del tutto inappropriati e falsi, come “inclusione, qualità e impegno sociale”. Tante belle parole che rimangono sulla carta ma che nella vita reale esprimono esattamente il contrario. Sappiamo benissimo che ad ogni cambio di poltrona, l’unica cosa che conta veramente per qualsiasi politico di qualsiasi schieramento, seguono dichiarazioni propagandistiche costruite per creare un immaginario che appunto rimangono tali, perché solo d’immagine si parla e null’altro.

Infatti questa immagine, che fra l’altro costa alla comunità non poco visto anche il dispendio di soldi pubblici fra manifesti e comizi, viene sfatata dalla dura realtà che ogni giorno si è costretti a vivere: precarietà, assenza di reddito, tagli, perdita della casa. La totale indifferenza che l’amministrazione riserva verso questa emergenza sociale di impoverimento crescente è a dir poco vergognosa e al contempo non ci meraviglia perché mai abbiamo creduto nelle istituzioni e nella casta politica capace solo di difendere i propri privilegi.

Basta sfogliare i giornali o meglio ancora guardarsi intorno per capire quanto menzognere siano le parole dei politici nostrani: famiglie sfrattate e abbandonate a se stesse, costrette a vivere in macchina (in alcuni casi anche a morirci..), in cantina o sulle panchine, pensionati costretti a rovistare nell’immondizia per cercarsi del cibo, visto che la misera pensione, quando questa c’è’, è appena sufficiente a pagare il caro affitto…e questi sono solo alcuni esempi..

Un articolo di qualche giorno fa comparso su “La Stampa” dava alcuni dati sull’aumento degli sfratti a Torino: “Dieci anni fa 1.400 sfratti per morosità, poi si è saliti a 1.500, 1.600, 1.900. Quindi l’esplosione: in un solo anno, tra il 2009 e il 2010, si è passati da 1.986 a 2.772. Un balzo cui nessuno ha saputo tenere testa: più 39,5 per cento.”

“Nel 2006, 1.622 famiglie sono state sfrattate perché morose. Nel 2010 – dati non ancora definitivi – l’asticella è salita a 2.772. Più 70 per cento in cinque anni. E le stime sul 2011 non lasciano speranze: sarà ancora peggio. Nello stesso arco di tempo si è dimezzato il numero di sfratti per finita locazione: da 465 a 238.”

Quindi la domanda nasce spontanea: ma il comune cosa fa di fronte a questo crescente disagio?

Vende patrimonio pubblico (caserme, palazzi, terreni) per ingrossare le casse comunali ma che non redistribuisce in termini di ricchezza sociale sul territorio.

Perché invece di vendere il patrimonio pubblico, il comune non adibisce queste strutture ad un uso sociale, investendo nella possibilità di poter far ripartire l’ edilizia popolare (lasciata ai privati, i quali speculano facendo grandi affari sull’acquisto/sottrazione del patrimonio pubblico) rispondendo, cosi facendo, all’emergenza abitativa?

D fronte all’impoverimento sociale, i dati sopra ne sono la cartina tornasole, parlare di Torino come “città modello” per l’assistenza è quanto mai lontana dalla realtà…

 

 

 

 

Riprendiamoci il nostro quartiere!

Pisa – giornata di mobilitazione intensa nel quartiere Cep, con la difesa di uno sfratto, l’affissione di striscioni e manifesti per segnalare i numerosi problemi e l’assedio sonoro alla conferenza stampa del Pdl.

In tempo di crisi il problema degli sfratti si manifesta con tutta la sua drammaticità, ed è spesso vissuto con solitudine e vergogna; fortunatamente esistono ancora situazioni dove il vuoto sempre più consistente lasciato dalle istituzioni viene colmato dalla solidarietà e dall’autorganizzazione. Ne è un esempio il quartiere popolare Cep a Pisa, dove ieri dalle prime ore del mattino un nutrito gruppo di solidali si è radunato di fronte all’abitazione di una ragazza che con i suoi due figli è sotto sfratto dalla casa popolare. Negli ultimi mesi molte famiglie del quartiere hanno deciso di resistere attivamente alla crisi usando l’arma della solidarietà e partecipando ai picchetti anti-sfratto che vengono organizzati ad ogni visita degli ufficiali giudiziari. Di fronte alla latitanza e all’assenza delle istituzioni, la partecipazione attiva si sta dimostrando l’unica strada percorribile, e anche quest’oggi ha dato come risultato un rinvio dello sfratto di oltre tre mesi.

Ma questa volta il presidio non si è limitato alla difesa della famiglia sotto sfratto e ha deciso di riprendere visibilità nel quartiere andando ad appendere una serie di striscioni e di manifesti murari per le strade della zona, alcuni più generici, contro il debito e la crisi, ed altri focalizzati sulle problematiche del quartiere. Tanti sono infatti i motivi della rabbia degli abitanti nei confronti dell’amministrazione comunale, partendo dal problema degli sfratti, passando per la questione degli spazi sociali totalmente assenti a fronte di un grande numero di locali pubblici inutilizzati, e per lo smantellamento in corso dei campini di calcetto a cui non è seguito l’allestimento di nuovi spazi come invece era stato promesso.

Infine il presidio itinerante è andato a concludersi di fronte alla scuola elementare, al centro di una situazione vergognosa; prima dell’estate infatti le famiglie avevano richiesto la messa in sicurezza di alcune zone dell’edificio, sempre più fatiscenti, ottenendo in cambio le solite promesse. Al rientro a scuola però i genitori si sono accorti che nessun intervento era stato fatto e hanno deciso di non far entrare i figli; una perizia dei pompieri ha dato loro ragione, dichiarando molte aule inagibili. Da settimane, quindi, i bambini del Cep si trovano a far lezione in un altro edificio, in classi sovraffollate, e in situazioni di evidente disagio.

Per questo motivo il presidio di oggi si è spostato fino alla scuola, affiggendo dei manifesti, e inaspettatamente si è trovato di fronte ad una conferenza stampa di alcuni consiglieri comunali del Pdl. Di fronte a questi avvoltoi, che si presentano nel quartiere soltanto per speculare su queste situazioni, cercando di elemosinare qualche voto in più, gli abitanti del quartiere hanno improvvisato una contestazione sonora, disturbando le interviste in corso, ed hanno poi preteso di poter replicare ai giornalisti presenti, spiegando i motivi della loro giornata di mobilitazione.

La giornata di ieri rappresenta un ulteriore salto di qualità per un quartiere che ha sempre manifestato la sua indomabilità, e che da mesi sta mostrando sempre più determinazione e volontà di lottare per non subire questa crisi.

Di seguito il volantino distribuito dagli abitanti del Cep:

Non ci avrete mai come volete voi

E’ quasi passato un anno da quando dall’assemblea in circoscrizione dove le istituzioni nelle figure dell’assessore alla casa, del direttore dell’Apes, accompagnati dalla loro cricca di ingegneri ed altre persone, presentarono il progetto per la costruzione nel nostro quartiere di altre case popolari al posto dei vecchi campini.

Già allora, la via d’uscita dall’emergenza abitativa e l’ alternativa “allo stato di degrado in cui vive il quartiere”, sbandierata dai rappresentanti del Comune fu: stringere i denti e continuare a fare sacrifici.

MA QUALI SACRIFICI?! Siamo famiglie che i sacrifici li vivono quotidianamente sulle proprie spalle, stanche di non essere ascoltati da chi è pagato per farlo.

Le problematiche nel quartiere non riguardano soltanto l’aspetto abitativo ma l’intera vivibilità:

  • I campini sull’argine sono ormai quasi del tutto smantellati; i lavori per il nuovo complesso sportivo sarebbero dovuti iniziare prima del cantiere per la costruzione delle nuove case: ad oggi niente di tutto questo è stato fatto
  • Tanta è la necessità di avere spazi di socialità e di iniziative ludiche dove poter soddisfare le proprie esigenze ed avere una risposta ai propri bisogni, mentre sotto gli occhi di tutti è evidente il gran numero di fondi sfitti pubblici sparsi per il quartiere!
  • Anche andare a scuola diventa pericoloso!! Già a giugno erano emerse criticità sull’edificio della scuola elementari E. Novelli. A distanza di un’estate niente è stato fatto per mettere in sicurezza i nostri figli,tant’è che si sono ritrovati in una scuola inagibile; soltanto grazie alla presa di posizione dei genitori la scuola è stata chiusa. Ma questa non è una vittoria perchè a causa dell’incapacità del Comune di tutelare il diritto all’istruzione adesso i nostri figli sono stati parcheggiati in classi sovraffollate.

E’ GIUNTO IL MOMENTO DI DIRE BASTA a chi come alternativa alla crisi chiede sacrifici, ignorando quelli che sono i bisogni reali dei cittadini. L’unica vera alternativa è quella di non restare in silenzio ma dare voce ai nostri diritti, lottare per riprenderci ciò che è nostro perchè non siamo “tutti sulla stessa barca”.Dobbiamo impegnarci innanzi tutto per fermare gli sfratti in corso, perché gli abusivi e i morosi abbiano una regolarizzazione o almeno delle alternative realistiche a quelle di andare in affitto a prezzo di mercato, e perché tutte le case vuote siano immediatamente assegnate a chi ne ha diritto!

Fonte:infoaut.org

Epilogo di una lunga resistenza

Un anno e mezzo di resistenza allo sfratto, di determinazione e coraggio. Patrizia e la sua famiglia oggi escono dalla loro casa con una soluzione in mano: un affitto da un privato, con la garanzia della circoscrizione e un contributo da parte di Lo.ca.re, per la caparra.

Le capacità e la determinazione espresse dalla famiglia di Patrizia ha costretto le istituzioni ad uscire dal loro immobilismo, svelando il macchinoso ingranaggio dei canali sociali che si sono rilevati inconcludenti e molto limitati di fronte ad una emergenza sociale in continuo aumento.

Patrizia oggi si può ritenere soddisfatta perché autonomamente si è trovata una soluzione, perché la lotta di questa famiglia ormai non poteva passare inosservata.

Questa vicenda ha reso evidente la scarsità dei percorsi di un welfare sociale ormai inesistente, facendo emergere l’ incapacità di un ceto politico, sempre pronto a difendere i propri privilegi, ma sempre più lontano dai bisogni reali delle persone.

Noi come Prendo Casa continueremo a seguire Patrizia e la sua famiglia, consapevoli che se è vero che gli sfratti aumentano e anche vero che le resistenze aumentano, a Torino come in altre città e che le vere soluzioni abitative parlano il linguaggio dell’autonomia dei percorsi e delle occupazioni.

La casa è un diritto, scontri a Salicelle (Napoli)

afragola

Sono passate meno di 24 ore dalla fine degli scontri, ma la tensione al Rione Salicelle di Afragola rimane alta.

Inizia tutto mercoledì, quando centinaia di famiglie decidono di opporsi al piano di sgombero abitativo voluto dal sindaco, il senatore del Pdl Vincenzo Nespoli e della prefettura. Sono stati infatti programmati tre sgomberi nel pomeriggio, solo i primi  dei 100 in programma. La gente non ci sta, ma la  polizia tra il pomeriggio di mercoledì e la giornata di giovedì tenta più volte di forzare la situazione, arrivando addirittura a caricare un corteo con centinaia di persone tra cui molte donne e bambini. Forte la reazione delle famiglie: cassonetti incendiati, lancio di oggetti dalla strada e dai balconi, occupazione dellasse mediano (arteria stradale che collega il Comune a quelli limitrofi, oltre che agli accessi autostradali), il tutto mentre i lacrimogeni della polizia infestano il centro abitato.

Di fronte ad una reazione tanto determinata, gli  sgomberi non vengono eseguiti, ponendo piuttosto  al centro della discussione la questione dell’emergenza abitativa. Sono numerosi, infatti, i giornali locali che denunciano come ci sia da parte delle istituzioni un completo disinteresse verso quelli che sono i bisogni della popolazione, ad Afragola come al Parco verde di Caviano, alla 167 di Secondigliano, a Chiaiano, Ponticelli, Barra, San Giovanni e via discorrendo, quartieri lasciti al degrado e spesse volte criminalizzati proprio da quei poteri che, come oggi ad Afragola, ne chiedono la “normalizzazione”.

Afragola è un grosso comune di 64.000 persone a nord di Napoli e gran parte degli abitanti del Rione Salicelle che proviene da Napoli ha cominciato ad insediarsi nel Rione fin della ricostruzione post-terremoto del 1980.

Per ora sono due gli arresti effettuati e una decina i poliziotti feriti , ma quello che è sicuro è che queste famiglie hanno difeso un loro diritto, quello dell’abitare, e che se non si fossero opposte oggi si troverebbero tutte per strada.

Fonte www.infoaut.org

Un’estate particolare…

Era consuetudine nella nostra città  che nei mesi di Luglio-Agosto gli sfratti esecutivi si riducessero notevolmente preferendo quasi sempre un rivio verso l’autunno con conseguente esecuzione dello sfratto quando la macchina amministrativa era “più efficiente” potendo contare su un organico più ampio.

Quest’anno invece si è registrato un alto numero di sfratti esecutivi anche in questi imporbabili mesi estivi con conseguenze alle volte tragiche : pochi giorni fa un neo pensionato muore a Lanzo nella sua macchina diventata la sua abitazione dopo lo sfratto e, probabilmente per vergogna, non si era nemmeno rivolto ai servizi sociali.

Tuttavia la sua sorte non sarebbe di certo stata diversa e ce lo dimostra questa ennesima storia venuta alla ribalta oggi sui giornali, una famiglia composta da genitori pensionati (di cui uno invalido al 100%) e figlia, anche lei con problemi di salute, che pur avendo provato a trovare una sistemazione attrraverso le istituzioni da due mesi vivono tutti e tre nella propria auto.

Molte di queste famiglie sono il target più emblematico di questa crisi, ex classe media  la cui situazione economica è velocemente precipitata sovente a causa della perdita di lavoro. Quella stessa classe che è una delle principali vittime della nuova manovra del governo e che più di altre si trova impreparata ad affronatare la nuova  situazione di crisi.

E’ davvero difficile credere che si sia disposti ad accetatre un così alto grado di umiliazione e svilimento delle proprie condizioni senza avere alcuna reazione di rabbia o di semplice riapproriazione. E’ comunque chiaro che la situazione è matura per fare questo salto e tra sformare la rassegnazione in rabbia e, per l’appunto … prendere casa.

 

 

 

 

 

Rondissone, sfratto rinviato… nonostante vincenzi

Questa mattina una 15cina di compagni ,amici e solidali si sono dati appuntamento a Rondissone per impedire uno sfratto nei confronti di una famiglia che aveva la sola colpa di non riuscire a pagare le spese condominiali, per questo, per poco più di 3000€ una famiglia con gravi problemi e priva di ogni entrata economica, se non i soliti lavori in nero e che ha comunque ha sempre regolarmente pagato l’affitto si sarebbe ritrovata in strada. L’assessore alle politiche sociali VINCENZI dopo essere stato contattato dalla famiglia tempo fa non ha fatto nulla per risolvere la situazione anzi ha illuso la famiglia dicendo che una soluzione l’avrebbe trovata. Dove era l’assessore VINCENZI oggi?

Ancora una volta di fronte al disagio sociale si presenta la solita scena, la proprietà che vedendo il presidio chiama le forze dell’ordine, loro che arrivano e immediatamente identificano tutti i presenti e per non sbagliare anche l’avvocato, poi si attende l’arrivo dell’ufficiale giudiziario che applicando un suo modus operandi decide che tutto ciò che dice l’avvocato è opinabile e se la proprietà vuole lo sgombero, sgombero sarà anche con l’uso della forza, la situazione è in ebollizione.

A questo punto mentre le istituzioni latitano anche se il comune dista 20 metri dall’edificio sotto sfratto interviene il parroco del paese che immediatamente accusa la proprietà dicendo che è inammissibile che si butti la gente in mezzo ad una strada x 3000€ e che si farà carico lui di recuperare tale somma.

L’incaricato della proprietà piagnucola dicendo che lo sfratto si deve eseguire, i presidianti non mollano e il solerte ufficiale giudiziario accetta una proroga sino al 30 settembre.

Ora abbiamo più respiro per organizzarci meglio faremo in modo di aiutare questa famiglia ma se la situazione non si dovesse sbloccare il 30 settembre saremo di nuovo al nostro posto a difendere un diritto e un bisogno primario,

la casa non si tocca!

basta sfratti

Riconosciuto lo stato di necessità delle famiglie occupanti lo stabile di via Allende 13

Asti

Il 10 Aprile 2010, sei famiglie vittime della crisi economica, dopo numerosi contrasti allo sfratto che veniva loro opposto, occupavano uno stabile composto di sei alloggi quadrilocali, abbandonato da 7 anni, di proprietà del Ministero della Difesa. Un anno e più di garanzia del diritto all’abitare in una città che ha negato ai propri abitanti i diritti alla casa, al patrimonio pubblico e ai servizi sociali. Una città amministrata da una giunta che ha riconosciuto l’emergenza abitativa dopo due anni di lotte, due occupazioni abitative ( l’altra è quella di Via Orfanotrofio) e due blocchi popolari del consiglio comunale. Possiamo annotare una sorta di lieve apertura con la riformulazione di un “tavolo delle emergenze”, caratterizzato, comunque, dalla cecità “iperlegalista” che denuncia l’illegalità delle occupazioni e dei contrasti agli sfratti.
Sul piano giudiziario, si è svolto un primo processo, penale, che non ha riconosciuto lo stato di necessità delle famiglie occupanti e le ha condannate al pagamento di una multa di 8o euro ciascuna, sentenza un po’ pasticciata dove vengono fuori alcune carenze anche solo nel leggere le situazioni reddituali delle famiglie A questa sentenza abbiamo opposto ricorso.
Successivamente, su richiesta della proprietà ( il Ministero della difesa) di rientrare in possesso della palazzina, si è svolto il processo civile. Il giudice ha questa volta riconosciuto lo stato di necessità delle famiglie che hanno effettuato l’occupazione, rifiutando pertanto di ordinare lo sgombero immediato.

Per quanto riguarda l’azione legale intrapresa dal Ministero della Difesa per il rientro in possesso della proprietà constatiamo felicemente che il tribunale ha opposto lo “stato di necessità” delle famiglie occupanti alle richieste della proprietà.
Questa notizia, di ieri, offre un grosso motivo di soddisfazione a chi, come il Coordinamento Asti Est, ha sempre sostenuto con forza che le famiglie non avevano alternativa all’occupazione.
Senz’altro una vittoria per chi, da anni, con coscienza, pone in essere la rivendicazione di un diritto fondamentale come quello alla casa e la riappropriazione di ciò che ci spetta: i diritti, il bene pubblico, una vita dignitosa e un altro modo di concepire i rapporti sociali.
Questo fa ben sperare anche per la seconda occupazione sempre in asti in via orfanotrofio 13 ,questa è una palazzina dismessa dell’usl già da diversi anni, dove 12 famiglie vivono stabilmente ormai da 8 mesi.

Fonte:Coordinamento Asti Est

Milano: fiaccolata per Michele

Milano: 1000 persone hanno dato vita la sera di venerdì 8 luglio alla fiaccolta per Michele ucciso di botte una settimana prima dalla polizia  intervenuta per una banale richiesta di intervento per schiamazzi (alle 9 di sera!!).

Decisamente popolare la composizione del corteo (e dello stesso quartiere) a cui hanno partecipato anche i genitori di Aldrovandi e a cui hanno mandato un messaggio di solidarietà letto al termine del corteo anche i genitori di Carlo Giuliani e dalla sorella di Abba.

Il corteo ha attraversato il quartiere  Ponti  chiedendo giustizia per Michele e chiedendo a gran voce a chi avesse visto qualcosa di uscire e testimoniare. Molte le persone che si affacciavno dai balconi in segno di solidarietà applaudendo il corteo o semplicemente accendendo delle candele in comunanza con la fiaccolata.

Il corteo è terminato nel luogo dove Michele è stato ammazzato. Qui sono state lette alcune poesie dalle figlie delle famiglie di occupanti che Michele aveva difeso nel corso della sua militanza contro sfratti e sgomberi. Michele stesso infatti viveva dal ’91 in una casa occupata e due anni fa ha subito un tentativo di sgombero. Da qui la sua attivazione politica che l’ha visto sempre al fianco di chi lotta e resiste per il diritto alla casa. Importante nel quartiere e nel corteo anch il ruolo del comitato inquilini che da anni svolge attività di valorizzazione della vita nei quartieri e di difesa del diritto all’abitare.

Importante anche la componente antagonista presente al corteo sia milanese che con delegazioni da bergamo torino e roma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per il compagno Michele

Quando ci si mette la faccia, quando con passione ci si dedica ad una
causa sociale e politica, il potere ed i suoi servi fanno di tutto per ostacolarti e qualche volta capita che si uccida.
Questo è quello che è successo a Michele compagno ucciso , per mano della polizia, a Milano durante un “operazione di controllo”.
Michele era un compagno che con determinazione si batteva per il diritto alla casa. Una passione nel far politica che,anche senza conoscerci personalmente, ci accomuna nelle resistenze agli sfratti, contro gli speculatori, nella lotta contro le istituzioni incapaci di risolvere un emergenza sociale politica abitativa.
Michele era uno di noi perché nella lotta vedeva l’unico mezzo di rivendicazione sociale, l’unica vera soluzione possibile alle logiche di profitto.
Come Progetto PrendoCasa Torino parteciperemo alla fiaccolata di venerdi sera a Milano, portando con noi la giusta rabbia per un compagno ucciso dalla polizia di stato.