Atc porta avanti la procedura dello sgombero coatto

Torino: Le storie personali oggi diventano bagaglio collettivo. Una di queste è la storia della signora Anna, inquilina di un alloggio Atc da 40 anni e di sua figlia 34 anni in gravidanza al settimo mese con previsione di partorire a fine luglio 2012 che dopo aver fatto domanda di coabitazione con la nonna (la sig. Anna) nell’aprile 2011, ottenendo la concessione da Atc per un anno con rinnovo d’ufficio per un altro anno, viene raggiunta da un ordinanza di sgombero da effettuarsi il 27 maggio. Le motivazioni dello sgombero, sono “ l’abbandono volontario senza autorizzazione di Atc “, perché la sig. Anna, dal dicembre del 2010, si trova in una struttura per anziani costretta a stare sulla sedia a rotelle per un femore rotto. Una condizione questa che non è un abbandono volontario della casa ma un ovvia temporanea causa di salute.

Brevemente questa è la storia (riportata su “Specchio dei Tempi”, rubrica de “La Stampa” del 28 maggio), la sintesi di una vicenda comune o simili a tante altre, dove il comune denominatore non è tanto nell’aspetto personale della vicenda ma quanto nella procedura sempre più utilizzata da Atc nello sgomberare famiglie in gravi condizione economiche o come in questo caso in attesa di un figlio.

La scelta vergognosa da parte di Elvi Rossi, presidente di Atc, di non sentire ragioni (la giovane mamma aveva chiesto un rinvio, almeno fino al parto, di alcuni mesi dando la possibilità di trovarsi un altro alloggio), rispondendo attraverso la stessa rubrica alla giovane mamma “La coabitazione con un assegnatario è valida soltanto se quella persona non ha nel frattempo lasciato la casa che gli era stata assegnata” e ancora “Per legge lei è un occupante senza titolo”, sventolando la solita bandiera della legalità, tanto cara ai ricchi, invece di rispondere ai bisogni e alle necessità reali delle persone cercando di andare oltre alla mera gestione degli alloggi popolari ma fornendo un reale servizio sociale che dovrebbe essere garantito dalle istituzioni locali a dai suoi enti sul territorio.

Utilizzando la procedura dello sgombero coatto, Atc sottopone ad una vera prova di forza i propri inquilini (Atc ha una sua “squadretta”, una task force contro i “furbetti”...) attraverso azioni di sopraffazione verso persone in difficoltà economica o con particolari vicende personali.

Elvi Rossi presidente di Atc continua, come dicevamo, con la solita vecchia e ormai noiosa litania sulla legalità, su quanto sia giusto adempiere alle regole e soprattutto farle rispettare…parole sempre troppo facili da parte di chi non ha problemi di reddito. Vediamo di conoscere meglio il presidente di Atc:

professione immobiliarista, Rossi, milita nelle fila del Pdl, ma è soprattutto nell’attività amministrativa che ha concentrato la sua azione. Tra i principali incarichi: per 25 anni è stato nell’Amministrazione di Frossasco sedendo per diversi mandati sulla poltrona di sindaco, consigliere provinciale nella prima Giunta Saitta, attualmente è assessore nel Comune di Orbassano. Inoltre è presidente del Museo del gusto di Frossasco.

Dopo questa breve biografia del sig. Rossi (è sempre buona cosa capire chi si ha di fronte…), vorremmo come PrendoCasa, dare la nostra totale solidarietà alla sig. Anna e a sua figlia augurandole di trovare una soluzione a breve, consapevoli che le reali soluzioni arrivano sempre dal protagonismo e dalla partecipazione diretta e collettiva dal basso, rivendicando il diritto all’abitare.

Nel cuore di Torino nasce un’esperienza di democrazia diretta

altOltre un centinaio di cittadini ha raccolto l’appello del Comitato di Quartiere Vanchiglia per l’assemblea popolare di venerdì 4 maggio. Famiglie, studenti, insegnanti e genitori, giovani e meno giovani hanno affollato l’area pedonale di via Balbo ed il giardino dell’Askatasuna per confrontarsi e discutere sulle enormi evoluzioni previste dall’inaugurazione del nuovo campus universitario.

In due ore di assemblea sono emersi i tanti punti di criticità che una tale grande opera comporterà alla popolazione locale e la richiesta forte da parte dei cittadini di ripensare in modo condiviso il futuro di Vanchiglia e dell’area intorno al campus.

La partenza, inevitabile, è gravitata attorno all’analisi dei costi faraonici dell’astronave (tale sembra passandoci vicino), oltre 140 milioni di euro, gran parte dei quali utilizzati per pagare l’archistar Foster. Su questo è emersa la precisa volontà popolare di monitorare le spese pubbliche, ormai evidentemente utilizzate come il tesoretto dei politici di turno, e proporre, a partire dalla circoscrizione, la pratica del bilancio partecipato, ovvero del confronto pubblico e diretto delle entrate/uscite dell’ente pubblico e la possibilità di compartecipazione popolare ai piani di spesa futuri.

Del resto chi, meglio dei cittadini che vivono e rendono vivo un quartiere, può dettare esigenze, bisogni ed investimenti dei soldi pubblici di un territorio?

La preoccupazione emersa con più vigore ha riguardato il caro-affitti che, già cresce progressivamente da diversi anni, oggi comincia ad avere impennate insostenibili, dettate dalla maggiore redditività dell’affitto studentesco. E’evidente che dagli studenti, come fossero delle vacche da mungere, è possibile fare profitti ben maggiori che da un nucleo familiare. Un mercato immobiliare che stritola gli studenti e costringe a migrare le famiglie residenti. Su questo aspetto la proposta emersa dall’assemblea è stata la convocazione di una riunione con l’ASPPI (associazione piccoli proprietari immobiliari) per aprire una vertenza che abbia come obiettivo il calmierare e porre un tetto agli affitti del territorio. E’stato ricordato inoltre che, in quartiere, esiste lo sportello casa, presso il centro sociale Askatasuna, che fornisce consulenza legale gratuita per chi patisce difficoltà abitative.

Altro corno dello stesso problema immobiliare è il rincaro degli affitti commerciali che sta già comportando la chiusura repentina (nell’ultimo mese in zona S.Giulia ha riguardato 5 negozietti) delle piccole botteghe storiche, evidentemente meno attrezzate al profitto di take away, pizzerie e slot machine, che stanno letteralmente invadendo Vanchiglia.

A questo proposito il GAP (gruppo di acquisto popolare) ha lanciato la proposta di costruire una rete di piccoli commercianti di quartiere, caratterizzati dalla qualità dei prodotti e dall’eticità dei loro rapporti lavorativi, alla quale il gruppo d’acquisto popolare, composto oramai da oltre un centinaio di famiglie, ed altri gruppi formatisi, possano rivolgersi per sostenerli e sostenere una piccola economia locale, virtuosa e preziosa, sul modello dell’associazione Etinomia, lanciata in Valsusa recentemente. Un modo efficace per unire una domanda popolare ed in rete con un’offerta che propone qualità, varietà e rapporto fiduciario.

Ultimo ma sentitissimo argomento affrontato dall’assemblea, ha riguardato viabilità ed aree verdi, messe a dura prova da un surplus di flusso previsto di oltre 10mila studenti.

L’introduzione di piste ciclabili lungo la perimetrale del quartiere, come il potenziamento dei trasporti pubblici, impedirebbe l’intasamento definitivo della viabilità locale a favore di una maggiore vivibilità della zona e, perché no, proponendo uno stile di mobilità alternativa. La necessità assoluta del potenziamento delle aree verdi, delle quali Vanchiglia è praticamente sprovvista. Giardino ex-Italgas (ora Vegezzi), corso Farini, largo Montebello, piazza Santa Giulia, sono aree potenzialmente verdi e fruibili se fossero mantenute e investite da un piano di riqualificazione economico ma sensato (non come quello, lungamente progettato e condiviso in via Balbo, che ha portato, anche con ingente spesa, a mettere 4 moquette antigeniche a centro strada).

L’assemblea, raccolte le idee e le suggestioni, ha ritenuto importante avviare un percorso di democrazia diretta, lavorando puntualmente su ogni punto, per costruire, a partire dalle prime proposte emerse, progetti concreti e fattibili da sottoporre agli amministratori locali e di cui pretendere la realizzazione.

Oggi abbiamo assistito ad un altro modo di far politica, senza retorica. Una politica che rimette al centro le proposte e le necessità della popolazione, che ridà voce ai cittadini, che affronta pragmaticamente i problemi del presente costruendo un futuro diverso.

Collettivamente, grazie alla partecipazione di tutti.

L’unico antidoto alle derive antidemocratiche dei tecnici ed all’antipolitica dei santoni.
Seguite informazioni ed evoluzione sul sito www.comitatoquartierevanchiglia.net

E ricevete gli aggiornamenti inviando una mail ad info@comitatoquartierevanchiglia.net

Le riunioni si svolgono ogni giovedì dalle ore 16,45 presso il centro sociale Askatasuna, corso Regina Margherita, 47 – Torino
Adesso cominciamo a lavorare per concretizzare le proposte.

Il futuro è qui. Comincia adesso.
Comitato di Quartiere Vanchiglia

Da: comitatoquartierevanchiglia.net

Crisi abitativa la risposta non è la cementificazione

Modena – Viviamo in un periodo di forte crisi, creata ad hoc dal Capitale mondiale per riformarsi che approfittando di  una classe politica incapace attacca  i diritti sociali e i bisogni primari delle classi medio basse del paese.Prima tra queste c’è il diritto alla casa.Anche Modena negli ultimi tempi ha visto un impennata degli sfratti e ci stupisce  leggere e sentire  che l’unica soluzione per risolvere il problema  e dare una risposta alla cittadinanza è quella di costruire e cementificare .

E’ chiaro il disegno di chi porta avanti queste proposte,cioè andare incontro alla giunta modenese e al  partito che la sorregge, aprendo di fatto le trattative per un posto in giunta e per le prossime elezioni amministrative.

Com’è possibile ragionare ancora in questo senso,quando la ricca Modena si sta impoverendo sempre di più e a breve dovrà affrontare la chiusura di numerose casse integrazioni e  fabbriche..Eclatante è il crollo  del mito Motor valley, con le due più grosse aziende automobilistiche della città e provincia, Ferrari e Maserati dove da oltre 2 anni i lavoratori lottano  per il rinnovo di contratti e per certezze produttive completamente inascoltati dalla classe dirigente cittadina.

L’unica soluzione per affrontare la crisi abitativa è quella di recuperare il patrimonio immobiliare dismesso e lasciato vuoto e ridistribuirlo in maniera equa alla gente di Modena che si trova in difficoltà.

 Come Guernica e Prendocasa Modena lo diciamo da oltre due anni attraverso denunce, inchieste e occupazioni . Come si fa a non tenere conto dei dati usciti pochi giorni fa sui giornali dove indicano la nostra regione come la prima in Italia per sfratti a causa di morosità.

Partiamo dalle cose più semplici senza distruggere o tralasciare il patrimonio lasciato liberamente vuoto per fare profitto sulla casa. Per noi questa è una priorità e continueremo questa lotta, punto fondamentale  contro questa crisi governata da banche e alta finanza.

In ultimo chiediamo a Turrini dell’ Udc con quale faccia si possa fare un appello alla gente di Modena per salvare UniCredit .Una banca implicata nei più grandi scandali della finanza in maniera diretta e indiretta che minaccia oltre 5000 licenziamenti per far fronte a una situazione che nonostante i numerosi e continui finanziamenti avuti dalla Bce non è in grado di gestire.  Questa è la dimostrazione che a volte i politici prima di parlare dovrebbero prima riflettere cosa che fino ad ora non hanno fatto e il risultato è sotto gli occhi di tutti.

La task force di ATC sgombera famiglia

Torino – L’intervista riportata qui sotto è uno spaccato di vita quotidiana che parla di mancanza di welfare, di negazione di diritto alla casa, di incapacità di risposte reali da parte di enti che dovrebbero garantire tali diritti (ATC e istituzioni).

La storia di Ernesto, pensionato e la moglie Francesca, disoccupata, insieme ai loro 4 figli (la più grande ha 18 anni, la più piccola 2) parla di una occupazione di un alloggio, lasciato vuoto per 2 anni, di proprietà di atc che qualche giorno fa decide di sgomberare, mettendo per strada tutta la famiglia. Da notare che la famiglia di Ernesto si è auto denunciata, pagando ad atc un affitto per tutto questo tempo (circa 10 mesi)

Ad oggi, Ernesto e Francesca vivono in macchina, perché seppur con un reddito, la famiglia non riesce a pagare un affitto che possa garantirgli una casa dignitosa, mentre i figli vivono dai parenti.

Di fronte al disagio abitativo – la famiglia prima di occupare condivideva un piccolo alloggio con la suocera, 2 nuclei familiari, 10 persone in due stanze e bagno mentre Ernesto, per non dare troppo “fastidio”, dormiva, per un anno, in macchina – che ha costretto la famiglia ad occupare l’alloggio , atc esprime, oltre all’incapacità di dare risposte abitative, una certa violenza nell’esecuzione dello sgombero, attuato dalla propria task force: porte d’ingresso divelte, minacce di separazione del nucleo familiare, minacce di denunce e/o arresto. Tutto questo davanti ai 4 figli di Ernesto e Francesca, incapaci di reagire sotto la minaccia di allontanamento dai figli.

La famiglia, con la promessa di un incontro con gli assistenti sociali, subito dopo disattesa, messa in atto solo per condurre tutti al comando dei vigili in via bologna, viene infine rilasciata senza nessuna alternativa abitativa a parte la solita “soluzione” tampone: comunità per i figli minori e la madre, mentre per la figlia 18enne niente “Perché maggiorenne” e hotel per il padre. Chiaramente la famiglia non accetta ed oggi si trova senza casa e in mezzo ad una strada (anzi dentro una macchina…).

L’occupazione fatta da questa famiglia è stato un atto di dignità, un atto coraggioso, che di fronte alla miseria della politica nostrana esprime l’esigenza di non delegare ad altri il proprio futuro (e il proprio presente) consapevoli che attraverso il loro gesto sono riusciti ad uscire dall’invisibilità facendo emergere sempre più le contraddizioni di una amministrazione capace solo di propaganda pre-elettorale, che svende il patrimonio pubblico senza redistribuire i profitti in termini di ricchezza sociale, sottraendo territorio alla comunità agevolando privati (fondazioni bancarie, grandi imprenditori, agenzie immobiliari) che costruiscono palazzi con affitti a prezzo di mercato inaccessibili ai più (alla faccia della crisi…) concedendo solo una piccola parte degli alloggi ad affitti agevolati (ma neanche tanto visto che parliamo di affitti intorno ai 400 euro) tutto attraverso il contributo di sgravi fiscali da parte delle istituzioni locali, privatizzando di fatto tutto quello che è pubblico (in poche parole l’ housig sociale)

Oltre a questo non dimentichiamo i molti alloggi sfitti di palazzinari, professionisti della speculazione, agli alloggi vuoti, consumati dalla mancata manutenzione, di atc, acronimo di Agenzia Tolgo Casa.

 

Ascolta Ernesto

http://prendocasa-torino.noblogs.org/files/2011/11/ernesto.mp3

 

Torino:”città modello” o città di sfrattati?

Sempre più allarmante la situazione degli sfratti nella Torino “città modello” per l’assistenza.

L’amministrazione comunale cerca di rifarsi il trucco attraverso slogan del tutto inappropriati e falsi, come “inclusione, qualità e impegno sociale”. Tante belle parole che rimangono sulla carta ma che nella vita reale esprimono esattamente il contrario. Sappiamo benissimo che ad ogni cambio di poltrona, l’unica cosa che conta veramente per qualsiasi politico di qualsiasi schieramento, seguono dichiarazioni propagandistiche costruite per creare un immaginario che appunto rimangono tali, perché solo d’immagine si parla e null’altro.

Infatti questa immagine, che fra l’altro costa alla comunità non poco visto anche il dispendio di soldi pubblici fra manifesti e comizi, viene sfatata dalla dura realtà che ogni giorno si è costretti a vivere: precarietà, assenza di reddito, tagli, perdita della casa. La totale indifferenza che l’amministrazione riserva verso questa emergenza sociale di impoverimento crescente è a dir poco vergognosa e al contempo non ci meraviglia perché mai abbiamo creduto nelle istituzioni e nella casta politica capace solo di difendere i propri privilegi.

Basta sfogliare i giornali o meglio ancora guardarsi intorno per capire quanto menzognere siano le parole dei politici nostrani: famiglie sfrattate e abbandonate a se stesse, costrette a vivere in macchina (in alcuni casi anche a morirci..), in cantina o sulle panchine, pensionati costretti a rovistare nell’immondizia per cercarsi del cibo, visto che la misera pensione, quando questa c’è’, è appena sufficiente a pagare il caro affitto…e questi sono solo alcuni esempi..

Un articolo di qualche giorno fa comparso su “La Stampa” dava alcuni dati sull’aumento degli sfratti a Torino: “Dieci anni fa 1.400 sfratti per morosità, poi si è saliti a 1.500, 1.600, 1.900. Quindi l’esplosione: in un solo anno, tra il 2009 e il 2010, si è passati da 1.986 a 2.772. Un balzo cui nessuno ha saputo tenere testa: più 39,5 per cento.”

“Nel 2006, 1.622 famiglie sono state sfrattate perché morose. Nel 2010 – dati non ancora definitivi – l’asticella è salita a 2.772. Più 70 per cento in cinque anni. E le stime sul 2011 non lasciano speranze: sarà ancora peggio. Nello stesso arco di tempo si è dimezzato il numero di sfratti per finita locazione: da 465 a 238.”

Quindi la domanda nasce spontanea: ma il comune cosa fa di fronte a questo crescente disagio?

Vende patrimonio pubblico (caserme, palazzi, terreni) per ingrossare le casse comunali ma che non redistribuisce in termini di ricchezza sociale sul territorio.

Perché invece di vendere il patrimonio pubblico, il comune non adibisce queste strutture ad un uso sociale, investendo nella possibilità di poter far ripartire l’ edilizia popolare (lasciata ai privati, i quali speculano facendo grandi affari sull’acquisto/sottrazione del patrimonio pubblico) rispondendo, cosi facendo, all’emergenza abitativa?

D fronte all’impoverimento sociale, i dati sopra ne sono la cartina tornasole, parlare di Torino come “città modello” per l’assistenza è quanto mai lontana dalla realtà…

 

 

 

 

Un’estate particolare…

Era consuetudine nella nostra città  che nei mesi di Luglio-Agosto gli sfratti esecutivi si riducessero notevolmente preferendo quasi sempre un rivio verso l’autunno con conseguente esecuzione dello sfratto quando la macchina amministrativa era “più efficiente” potendo contare su un organico più ampio.

Quest’anno invece si è registrato un alto numero di sfratti esecutivi anche in questi imporbabili mesi estivi con conseguenze alle volte tragiche : pochi giorni fa un neo pensionato muore a Lanzo nella sua macchina diventata la sua abitazione dopo lo sfratto e, probabilmente per vergogna, non si era nemmeno rivolto ai servizi sociali.

Tuttavia la sua sorte non sarebbe di certo stata diversa e ce lo dimostra questa ennesima storia venuta alla ribalta oggi sui giornali, una famiglia composta da genitori pensionati (di cui uno invalido al 100%) e figlia, anche lei con problemi di salute, che pur avendo provato a trovare una sistemazione attrraverso le istituzioni da due mesi vivono tutti e tre nella propria auto.

Molte di queste famiglie sono il target più emblematico di questa crisi, ex classe media  la cui situazione economica è velocemente precipitata sovente a causa della perdita di lavoro. Quella stessa classe che è una delle principali vittime della nuova manovra del governo e che più di altre si trova impreparata ad affronatare la nuova  situazione di crisi.

E’ davvero difficile credere che si sia disposti ad accetatre un così alto grado di umiliazione e svilimento delle proprie condizioni senza avere alcuna reazione di rabbia o di semplice riapproriazione. E’ comunque chiaro che la situazione è matura per fare questo salto e tra sformare la rassegnazione in rabbia e, per l’appunto … prendere casa.

 

 

 

 

 

Riconosciuto lo stato di necessità delle famiglie occupanti lo stabile di via Allende 13

Asti

Il 10 Aprile 2010, sei famiglie vittime della crisi economica, dopo numerosi contrasti allo sfratto che veniva loro opposto, occupavano uno stabile composto di sei alloggi quadrilocali, abbandonato da 7 anni, di proprietà del Ministero della Difesa. Un anno e più di garanzia del diritto all’abitare in una città che ha negato ai propri abitanti i diritti alla casa, al patrimonio pubblico e ai servizi sociali. Una città amministrata da una giunta che ha riconosciuto l’emergenza abitativa dopo due anni di lotte, due occupazioni abitative ( l’altra è quella di Via Orfanotrofio) e due blocchi popolari del consiglio comunale. Possiamo annotare una sorta di lieve apertura con la riformulazione di un “tavolo delle emergenze”, caratterizzato, comunque, dalla cecità “iperlegalista” che denuncia l’illegalità delle occupazioni e dei contrasti agli sfratti.
Sul piano giudiziario, si è svolto un primo processo, penale, che non ha riconosciuto lo stato di necessità delle famiglie occupanti e le ha condannate al pagamento di una multa di 8o euro ciascuna, sentenza un po’ pasticciata dove vengono fuori alcune carenze anche solo nel leggere le situazioni reddituali delle famiglie A questa sentenza abbiamo opposto ricorso.
Successivamente, su richiesta della proprietà ( il Ministero della difesa) di rientrare in possesso della palazzina, si è svolto il processo civile. Il giudice ha questa volta riconosciuto lo stato di necessità delle famiglie che hanno effettuato l’occupazione, rifiutando pertanto di ordinare lo sgombero immediato.

Per quanto riguarda l’azione legale intrapresa dal Ministero della Difesa per il rientro in possesso della proprietà constatiamo felicemente che il tribunale ha opposto lo “stato di necessità” delle famiglie occupanti alle richieste della proprietà.
Questa notizia, di ieri, offre un grosso motivo di soddisfazione a chi, come il Coordinamento Asti Est, ha sempre sostenuto con forza che le famiglie non avevano alternativa all’occupazione.
Senz’altro una vittoria per chi, da anni, con coscienza, pone in essere la rivendicazione di un diritto fondamentale come quello alla casa e la riappropriazione di ciò che ci spetta: i diritti, il bene pubblico, una vita dignitosa e un altro modo di concepire i rapporti sociali.
Questo fa ben sperare anche per la seconda occupazione sempre in asti in via orfanotrofio 13 ,questa è una palazzina dismessa dell’usl già da diversi anni, dove 12 famiglie vivono stabilmente ormai da 8 mesi.

Fonte:Coordinamento Asti Est

Il Progetto PrendoCasa Torino a Gente che Parla

Il 12 maggio siamo stati invitati, come Progetto PrendoCasa Torino alla trasmissione Gente che parla per una video intervista insieme a Patrizia e all’avvocato Alessio Ariotto, noto legale per la difesa del diritto all’abitare.

Sul nostro blog abbiamo messo una prima parte del video racconto di Patrizia e l’intervento dell’avvocato sul caso specifico ma non solo

In questa seconda parte Rubina Affronte descrive lo Sportello Casa, parte integrante del Progetto PrendoCasa, e la sua funzionalità.

 

 

La guerra di ATC (Agenzia Tolgo Casa)

Da quando ATC ha dichiarato guerra agli abusi, effettuando controlli a tappeto attraverso la sua Task Force, l’unica soluzione abitativa per molte famiglie o singoli è la strada.

Pare impossibile che chi amministra le case popolari prenda decisioni di questo genere: in un momento di emergenza sociale, dove l’attacco al reddito è prassi quotidiana ed all’aumentare degli sfratti per morosità non ci sono soluzioni reali abitative, l’atteggiamento di ATC è fuori controllo, in grado solo di giustificare atti di sgombero coatto utilizzando sempre il solito discorso della legalità, dei mancati requisiti per poter stare in una casa popolare, dimenticando le molte famiglie che perdono la casa per colpa della crisi, continuando a pagarne i costi.

Certo è molto semplice far finta che oggi non esista un’emergenza abitativa a Torino (e non solo…), che le istituzioni, incapaci di trovare soluzioni, non abbiano fatto una moratoria sugli sfratti, privati o ATC che siano.

Questa è una vergogna, mentre è apprezzabile una posizione determinata e dignitosa che famiglie o singoli prendono, che si parli di occupazioni o resistenze agli sfratti in abitazioni private o amministrate da ATC.

Ma come succede in alcuni casi, quando l’esasperazione, la disperazione è troppa, proprio per l’isolamento che le istituzioni tutte creano intorno ai vari soggetti che vivono un disagio economico, si commettono atti estremi come quello di un componente di una famiglia che, nel proprio alloggio, ha dato fuoco al pavimento pur di evitare lo sfratto esecutivo.

L’episodio si è verificato ieri mattina in una delle palazzine di proprietà ATC in corso Taranto.

Per fortuna nessun incidente grave per i componenti della famiglia che non hanno riportato ferite o altro, ma certo non si può far finta di niente, dimenticando e classificando il caso come mero gesto estremo. Ci troviamo di fronte all’incapacità di ATC di gestite casi di emergenza abitativa e l’unica risposta che viene data sono sfratti e sgomberi, senza trovare soluzioni alle migliaia di famiglie che oggi perdono la casa.

Mentre tante famiglie continuano a perdere la casa, ATC scrive un comunicato che ha, per assurdo, il titolo “In difesa per il diritto alla casa”.

In prima battuta, la supponenza di ATC non ha limiti, permettendosi di decidere chi deve usufruire del diritto alla casa e chi no; loro che sono i proprietari e gestori di case popolari(ormai svanita e dimenticata Edilizia Residenziale Pubblica) tenute vuote, lasciate al degrado, senza fare alcun lavoro di manutenzione ordinaria che possa garantire alla famiglia che entrerà (se mai ci sarà, preferendo magari fare speculazioni molto proficue) un alloggio dignitoso dove poter vivere, si permettono toni di arroganza, dimenticando che il diritto alla casa è inalienabile, un diritto d tutti, soprattutto per chi vive forti disagi economici, sul quale nessuno, tanto meno ATC, può porre nessuna autorità. In seconda battuta è vergognoso come nel comunicato, si rendano pubbliche fatti privati che riguardano solo la famiglia in questione, cercando, cosi facendo, di creare nell’opinione pubblica una giustificazione allo sfratto coatto perpetrato ai danni di una famiglia, la cui unica colpa è la veloce discesa verso l’impoverimento.

Se questa è la guerra iniziata di ATC, allora tocca a noi, lavoratori, studenti, precari, famiglie o singoli dare le giuste e opportune risposte…

CASE PER TUTTI/E
STOP AGLI STRATTI
RIPRENDIAMOCI LE CASE E TUTTO QUELLO CHE CONTINUANO A TOGLIERCI!

Cosenza, Prendocasa resiste e rioccupa

Dopo l’occupazione di Palazzo Francini nel quartiere della Massa, ben 8 nuclei familiari del comitato Prendocasa, occupano un altro stabile comunale, palazzo Cosentini, anch’esso assegnato all’Unical (come ben altri 6 palazzi nel centro storico) e destinato all’abbandono e alla strumentalizzazione dopo essere stato ristrutturato con fondi pubblici. Assegnazioni che continuano a reggersi sul vecchio disegno, ormai fallito, di portare una facoltà universitaria a Cosenza. Basti pensare alla capacità effettiva di Palazzo Bombini, che potrebbe tranquillamente soddisfare il bisogno di 13-14 famiglie, mentre attualmente ospita solo una decina di ricercatori.

Otto famiglie accomunate dalla medesima condizione di precarietà abitativa, conseguenza diretta della precarietà economica, che vivono in case pericolanti, in emergenza abitativa, con sfratti esecutivi o in pochi metri quadri fatiscenti da dover condividere con altri nuclei familiari. Disoccupati, parcheggiatori abusivi, lavoratori di cooperative, venditori ambulanti. Lavori da 600 euro al mese quando va bene.

I nuclei del comitato Prendocasa non possono più sottostare a questo come a tanti altri ricatti, non possono più sottostare alle logiche clientelari messe in atto da politicanti ed enti fantasma (come l’ATERP). A fronte dell’espropriazione dei diritti perpetrata da decenni di politiche clientelari, Prendocasa ha costruito un percorso reale di riappropriazione dal basso dei bisogni negati.

Solo la lotta paga! Solo la riappropriazione diretta di ciò che per troppo tempo ci è stato negato può ristabilire giustizia sociale e permettere ad un corpo sociale precario di affrontare la crisi che gli speculatori hanno causato e che vorrebbero farci pagare.

PRENDOCASA COSENZA RESISTE E RIOCCUPA!

Fonte: infoaut.org