COMPAGNIE E FONDAZIONI: storie di ordinari guadagni e amicizie

Il progetto di sgombero assistito, se ancora cosi si può chiamare, dell’ex Moi sarà coordinato e gentilmente sponsorizzato dalla Compagnia di San Paolo.
Ecco che rispuntano i soliti nomi, quelli del famoso “Sistema Torino”, costituito da banche, lobby, speculatori e palazzinari che gestiscono e governano, nei fatti, la nostra città. Questi nomi da un lato tengono per il bavero il comune più indebitato d’Italia, dall’altro si propongono come i filantropi salvatori di un welfare sempre più residuale e meno ridistributivo. Riassumiamo le critiche sulla gestione privata del welfare:
Gli enti privati devono essere produttivi e guadagnare aumentando il loro profitto attraverso l’acquisizione agevolata di territorio pubblico, sottraendo possibilità e risorse ai cittadini. Inoltre i privati si rifanno il lifting proponendo un’ immagine da vendere attraverso la propria pubblicità che poi si tramuterà in guadagni materiali. Sempre e solo per loro.
Gli enti privati non agiscono nel sociale perché filantropi, questa è l’immagine che ci trasmettono e che gli è comoda per continuare l’operato della banca di cui sono una branchia. La loro azione è finalizzata a guadagnare dall’enorme business che sta nascendo attorno alle questioni sociali, mentre è in atto la sfrenata privatizzazione del welfare. Quindi, la ridistribuzione della ricchezza non è contemplata nei loro propositi, anzi…
Oltre a non garantire la ridistribuzione della ricchezza per gli utenti dei loro servizi, non la garantiscono nemmeno per i lavoratori delle innumerevoli organizzazioni no profit che circolano e sostengono l’operato di questi enti privati di welfare, spesso volontari del sociale inconsapevoli del business alla base del loro operato.
Gli enti privati sono tutelati dalle onnipresenti regole sulla concorrenza, oltre spesso ad avere strutture organizzative complesse e ramificate sul territorio. Quindi, il mitico e spesso invocato potere democratico non può nulla nei suoi confronti.
In conclusione, bisogna disarticolare e rompere la catena di potere che negli anni delle varie giunte PD ha fondato il “Sistema Torino”, non continuare a perpetuarlo.

Respinte le richieste di domiciliari per Donato e Stefano, ma noi continuiamo a resistere

Due settimane fa a 8 attivisti/e del collettivo PrendoCasa sono state inflitte misure cautelari, tra le quali la reclusione di Donato e Stefano nel carcere delle Vallette. Misure cautelari imposte a seguito della resistenza per lo sfratto della famiglia di Said, colpita dall’infame articolo 610 (che prevede lo sfratto a sorpresa) ad opera del palazzinaro Giorgio Molino, proprietario di 2000 appartamenti che lucra sui bisogni dei più ricattabili, dispensatore di 610, e più volte indagato per sfruttamento della prostituzione.
Al riesame, accompagnato all’esterno da un presidio solidale, mentre il mega palazzinaro si è presentato al processo scortato e difeso dalla polizia per assicurarsi di essere difeso dalla magistratura per l’ennesima colpa, le richieste per trasferire Donato e Stefano dalla prigione ai domiciliari sono state respinte. Poiché i tempi delle procedure giuridiche sono lunghi, questo significa che Donato e Stefano dovranno passare ancora molto tempo in carcere.
L’esito negativo del riesame mette in chiaro qual è l’operato della procura torinese: quello di essere una macchina repressiva per colpire chi si batte per difendere i diritti e la dignità di chi deve scegliere tra mangiare o pagare l’affitto, e allo stesso tempo di proteggere gli interessi e gli affari di speculatori e palazzinari.
Di fronte a istituzioni e tribunali che si pongono come priorità quella di difendere la proprietà privata, le banche e chi alimenta le disuguaglianze sociali, l’unica strada degna che si può percorrere è quella della lotta, dell’azione e rivendicazione diretta. Un tetto sopra la testa, un’infanzia felice, la sanità e la possibilità di vivere al sicuro sono diritti che tutti devono avere, e se non sono accessibili è giusto e necessario riprenderseli. La violenza vera sta negli sfratti a sorpresa, nel Piano Casa che non permette di avere una residenza e allacci del gas sicuri a chi abita nelle occupazioni, negli sgomberi che ci sono stati in questi giorni a Milano e a Roma.
Mandiamo a Donato e Stefano tutta la nostra solidarietà, perché quel giorno sotto casa di Said, Kadija e i loro figli c’eravamo tutti e tutte: attivisti/e del collettivo PrendoCasa e del centro sociale Askatasuna, molti/e solidali del quartiere, le famiglie dello Spazio Popolare Neruda, e altre famiglie sotto sfratto che si sono unite al picchetto spontaneo che andò avanti tutto il giorno.
Assieme a Donato e Stefano quella volta c’eravamo, e continuiamo a esserci ogni giorno nei picchetti contro i numerosissimi sfratti che avvengono in questa città e in ogni momento in cui possiamo mettere i bastoni tra le ruote alle infami procedure che lasciano molto famiglie sulla strada.
Sappiamo che da dentro il carcere Donato e Stefano sono con noi, con la testa e con il cuore. Con questa consapevolezza li aspettiamo a braccia aperte, ansiosi di poter lottare di nuovo fianco a fianco.
Liber* tutt*
Stop Sfratti
Per scrivere e/o mandare telegrammi a Donato Laviola e Stefano Mangione:
Casa Circondariale Lorusso e Cutugno – Via Maria Adelaide Aglietta, 35, 10149 Torino

MOLINO SI PRESENTA AL PRESIDIO..CON LA SCORTA!

Oggi, 19 gennaio, un nutrito gruppo di persone si è trovato davanti al tribunale di Torino per manifestare solidarietà agli arrestati del 3 gennaio, per cui era previsto il riesame.

Nella città di Torino, capitale degli sfratti e dell’ormai noto 610 (sfratto a sorpresa), la vendetta della procura è arrivata in fretta e ben otto persone hanno ricevuto denunce e misure cautelari.

Donato e Stefano addirittura sono rinchiusi nel carcere delle Vallette. Vendetta contro chi il 14 ottobre é sceso in strada, insieme a tanti solidali del quartiere Vanchiglia, per resistere allo sfratto della famiglia di Said e Kadija.

Uno sfratto brutale e violento, ad opera di una squadraccia di Giorgio Molino, noto palazzinaro e speculatore, che procura e polizia continuano a difendere senza scrupoli!

Proprio oggi questo losco individuo, che solitamente si guarda bene dal materializzarsi, soprattutto durante gli sfratti quando manda avanti i suoi sgherri sottopagati a buttare in strada famiglie che non riescono nemmeno a portarsi via i propri effetti personali, mentre era in corso il presidio, è apparso in carne ed ossa fuori dal tribunale, non sappiamo se per provocazione o per accertarsi che il lavoro della magistratura venga compiuto egregiamente. Sta di fatto che la rabbia dei solidali e delle famiglie sfrattate dalle sue proprietà presenti al presidio si è fatta sentire tanto da far prontamente intervenire le forze dell’ordine che si sono precipitate per “proteggerlo” e scortarlo fin dentro il tribunale.

In questo paese dunque le persone da difendere sono quelle che rappresentano i poteri forti, veri padroni delle città, e guai a chi osa interferire nei loro interessi.

Ma c’è chi continua a resistere!!!

Donato e Stefano liberi subito!

Tutt* liber*

Basta sfratti!

L'immagine può contenere: 1 persona, sMS

Città e periferie, fra occupazioni e resistenze agli sfratti

Sicurezza e degrado. Questi i temi trattati ieri dal capo della polizia Franco Gabrielli davanti ai parlamentari della Commissione sulle condizioni di sicurezza e degrado delle città e periferie.

In particolare Torino viene messa sotto la lente di ingrandimento per le continue mobilitazione sul tema della casa, soprattutto per quanto riguarda le resistenze agli sfratti e le 24 occupazioni abitative sostenute dalle realtà organizzate e comitati popolari presenti in città.

Durante la sua audizione il capo della polizia Gabrielli afferma che il problema è politico e non certo di ordine pubblico. Peccato però che se è vero che la questione abitativa riguarda le politiche – fallimentari in tutti questi anni partendo dal Piano Casa dell’ex ministro Lupi fino ad arrivare all’insufficienza e inadeguatezza delle politiche locali – non è altrettanto vero che l’emergenza abitativa non sia vista come un problema di ordine pubblico perché gli sgomberi coatti effettuati con l’utilizzo della polizia sono all’ordine del giorno, in tutte le città non certo solo a Torino. Infatti, quasi a rimettere in chiaro la natura del suo ruolo, Gabrielli continua “Noi non abbiamo problemi a sgomberare le palazzine, ma se buttiamo in strada centinaia di persone creiamo un problema di ordine sociale e pubblico”

Il riferimento è sia alle resistenze agli sfratti e quindi alla difesa della propria casa, sia alle occupazioni abitative di stabili pubblici come quello delle palazzine occupate dell’Ex Moi sulle quali pende un ordine di sgombero che si dovrebbe effettuare in primavera. Ed è proprio su questo che Gabrielli sembra preoccupato, consapevole che prima dello sgombero le istituzioni devono trovare soluzioni reali e concrete per gli oltre mille migranti presenti nelle palazzine, così da evitare possibili problemi di ordine pubblico.

La questione è l’impoverimento sociale come sostenuto dallo stesso Gabrielli, ma non ci basta che sia solo segnalato, fra l’altro sotto gli occhi di tutti. Bisogna rendere noto anche il perché di tanta povertà per non relegarla ad una sola questione sociologica. L’impoverimento e l’esclusione sono le conseguenze di una politica ormai lontana dai bisogni reali delle persone e che continuano a salvaguardare gli interessi delle banche, dei palazzinari e degli speculatori. Contro queste politiche la lotta per la casa si muove e si organizza, resistendo e occupando.

In ultima battuta Gabrielli accenna ai 18 milioni destinati al comune di Torino per un primo intervento del piano delle periferie, al quale i comitati popolari guardano con attenzione sapendo che non basteranno una serie di “riqualificazioni” a far superare delle istanze di attivazione che si stanno dando nei quartieri periferici della città. Servono soluzioni strutturali per chi vive il disagio abitativo, riattivazioni di servizi e interventi che siano migliorativi per la vita dei quartieri popolari.

Torino, anno nuovo stessa storia: arresti e misure per aver resistito ad uno sfratto

Questa mattina, 3 gennaio 2017, ci siamo trovati a dover affrontare la notizia di alcune misure cautelari ( tra queste addirittura due detenzioni in carcere e un arresto domiciliare) a scapito di alcuni militanti ed attivisti del collettivo Prendocasa e più in generale a scapito di persone generose che contribuiscono a portare in luce, riuscendo talvolta ad evitare, gli innumerevoli sfratti presenti nella città di Torino.
Queste misure preventive in particolare sono state richieste per la resistenza allo sfratto di Said e della sua famiglia (nucleo con tre minori).
Era il 14 di Ottobre (circa tre mesi fa), quando alcuni sgherri del noto palazzinaro Giorgio Molino insieme ad un ingente numero di forze dell’ordine hanno eseguito lo sfratto a sorpresa (pluricitato articolo 610). In quell’occasione furono moltissimi i solidali accorsi e ci fu una resistenza attiva partecipata da gran parte del quartiere.
La famiglia risiedeva da anni in corso regina 51, non potendo più pagare l’affitto a causa della crisi impellente si rivolse allo sportello ed iniziò il percorso di resistenze e picchetti che ha fatto conoscere la storia di emergenza in tutta Vanchiglia.
Quel 14 Ottobre l’infamia del ras delle soffitte (Giorgio Molino) si era superata, quando alcuni suoi adepti avevano fatto incursione nell’abitazione della famiglia sotto sfratto, distruggendo tutto quello che si parava loro davanti (per fortuna i bambini erano a scuola!)! I brutti ceffi, ascoltando la sola “legge dell’immobile libero”, avevano iniziato a portare via oggetti di proprietà di Said e ad eseguire lo sgombero dell’appartamento, il tutto con la tacita connivenza del comune e della questura; infatti in loco non erano presenti né l’ ufficiale giudiziario, né i servizi sociali, ovvero gli organi di competenza in questi casi (l’uno per far sì che l’esecuzione avvenga, gli altri per i minori in carico). In seguito allo scempio appena raccontato erano accorsi i molti solidali, (alcuni militanti del centro sociale Askatasuna, vicinissimo all’appartamento, alcuni ragazzi dello sportello Prendocasa, giovani e meno giovani del quartiere tutto); quindi era giunta la polizia che attraverso l’impiego di numerosi blindati aveva paralizzato corso Regina Margherita (nodo centrale della nostra città).
Quello che è successo successivamente, quello per cui otto persone sono inquisite (alcune addirittura rinchiuse alle Vallette) sono atti di resistenza e di denuncia a questo scempio! Da una parte vi era la famiglia di Said, ancora una volta isolata, ma che non voleva perdere la dignità, il diritto ad un’esistenza migliore; dall’altra la polizia a difesa del ricco palazzinaro Giorgio Molino, il silenzio delle istituzioni, la non voglia di risolvere i problemi che soffocano la città sabauda(tra questi l’emergenza abitativa appunto).
Ci chiediamo come sia possibile che procura e magistratura continuino a firmare insensate richieste di detenzione?
Le volontà sono ancora una volta politiche. Troppo comodo è mantenere questo stato di cose, dove in pochi continuano a mangiare sulle teste dei molti che hanno pochissimo.
Quel 14 Ottobre Said fu sbattuto fuori di casa. Dopo una notte di testimonianza, passata al gelo, fuori dalle mura del comune di Torino, ancora adesso attende una soluzione.
Quello con cui ci troviamo a fare i conti è un infame atto repressivo nei confronti di persone generose, le quali non credono che la soluzione sia nascondere la testa sotto la sabbia e fare finta di nulla!
Chiediamo la libertà immediata per tutti quelli che quel giorno hanno resistito al fianco di Said, che altre volte si sono trovati a chiedere spiegazioni a chi, in teoria, dovrebbe essere responsabile e stipendiamo attraverso le tasse che cerchiamo di pagare.
La risposta all’emergenza abitativa non può essere né di ordine pubblico, né risolta attraverso atti repressivi contro chi cerca di portare in luce determinate questioni.
Vogliamo una casa per Said, per tutti e tutte!
Chiediamo che l’articolo 610 venga eliminato e quindi chiediamo il blocco degli sfratti, degli sgomberi e dei pignoramenti!
Gridiamo a gran voce: libertà per Donato e Stefano detenuti alle Vallette e per Riccardo agli arresti domiciliari!
Libertà per Stella, Valeria, Mattia, Forgi e Cecca sottoposti all’obbligo di presentazione quotidiana alla Pg (richiesta fatta anche per Donato e Riccardo..addirittura due misure? ).
Basta con questi continui attacchi contro chi lotta per un tetto ed una dignità per tutti e tutte!