Piovono 610

Come succede ormai da tempo in città, le famiglie dello Spazio Popolare Neruda hanno resistito con un muro popolare allo sfratto della famiglia di Albino nel quartiere di San Paolo. Si tratta di uno dei tanti casi con cui siamo costretti a confrontarci ogni giorno: Albino ha 69 anni e l’invalidità a causa di una grave cardiopatia e del diabete, come tanti ha perso il lavoro e lui e la sua famiglia si sono trovati a non poter più pagare l’affitto.
Il picchetto antisfratto è durato molte ore, da una parte la famiglia barricata in casa e in preda alla paura di potersi ritrovare da un momento all’altro sulla strada e dall’altra ufficiale giudiziario, con scorta di carabinieri, non disposta a concedere un rinvio, neanche di fronte a condizioni di salute gravi nel mese più caldo dell’anno. Proprio la paura e l’agitazione in una situazione come questa hanno fatto aggravare le condizioni di salute di Albino, per cui si è reso necessario l’intervento del 118.
Questa famiglia ha provato diverse volte a rivolgersi ai servizi sociali e alle istituzioni e le uniche proposte che hanno ricevuto sono state casa di riposo per lui con assorbimento della pensione di invalidità e dormitorio per la moglie e per il figlio ventenne, in due strutture distinti, separando il nucleo familiare.
Noi abbiamo resistito fermamente fino a che, in mancanza di un accordo, l’ufficiale giudiziario è ricorso nuovamente allo strumento del 610, lo sfratto a sorpresa, strumento sempre più frequente per smorzare le resistenze agli sfratti, che tiene sotto continuo ricatto lo sfrattato e che serve alle istituzioni per “liberarsi” delle responsabilità politiche e delega il problema alla questura che lo gestisce come problema di ordine pubblico.
Di fronte a situazioni come queste, ci siamo noi che continueremo a lottare per il diritto di tutti ad avere un tetto sopra la testa e il diritto di tutti ad avere una vita dignitosa, in contrapposizione con le istituzioni che rispondono, quando non intervengono i manganelli della polizia, con “soluzioni” che non sono dignitose, come è successo ad Albino questa mattina e come continuerà a succedergli nei prossimi mesi con la minaccia del 610.
Continueremo inoltre sempre a opporci a politiche che innescano assurde situazioni di guerra tra poveri, lottando contro speculatori e palazzinari e contro a tutte quelle politiche volte a conservare i privilegi dei soliti noti e a criminalizzare chi non riesce a sottrarsi alla morsa della crisi, chi occupa e in generale chi lotta per la dignità.
CASA PER TUTTE E TUTTI, SFRATTI PER NESSUNO

Il vero volto del PD

bologna_sgombero_noteIn tutta Italia è ormai noto il vero volto del Governo Renzi e delle giunte PD, ma oggi si è reso ancora una volta palese ai nostri occhi: un volto fatto di tante promesse mai realizzate e allo stesso tempo un volto sciupato dalla paura delle forze sociali che dal basso rivendicano a gran voce i propri diritti. Infatti, nella giornata di oggi stiamo assistendo ad un ennesimo sgombero di un’occupazione abitativa a Bologna, nata come molte altre per dare un tetto sopra la testa a chi a causa della crisi economica e della disoccupazione non riesce a pagare un affitto.

L’occupazione in questione è il Condominio sociale di via Mura di Porta Galliera, occupato dal giugno 2014, dove hanno trovato casa più di 60 persone. All’alba la neo-eletta giunta PD ha fornito la sua solita soluzione per i casi di riappropriazione: sgombero forzato con fiumi di polizia, tante promesse e nessuna soluzione reale non temporanea. Quello di cui il PD ha paura e per cui costruisce leggi repressive come il reato di intimidazione è una forza reale e organizzata che si è mostrata appena le voci dello sgombero si sono diffuse. Infatti, poco tempo dopo l’allarme degli occupanti si sono radunati in presidio molti solidali, accorsi da tutta la città per richiedere lo stop dello sgombero forzato e assistere gli occupanti che si sono barricati fornendo acqua e beni di prima necessità. La risposta della polizia non si è fatta attendere: cinque cariche hanno tentato invano di disperdere il presidio che tuttora continua.

Oltre a esprimere la nostra solidarietà, possiamo trarre alcune conclusioni da questa giornata di autodifesa. Innanzitutto, le istituzioni voltano lo sguardo dall’altra parte rispetto alle occupazioni quando si rende palese che senza di queste molte persone vivrebbero un disagio estremo, per esempio durante l’”emergenza freddo”, se di emergenza si può parlare visto che sia le stagioni sia il disagio abitativo sono questioni strutturali. Invece, quando la lotta si prende una boccata d’aria, la risonanza mediatica è bassa, ma ancor più importante, quando buttare in mezzo alla strada delle persone non viene visto come un rischio per la vita di questi, allora la classe politica da il via alla sua macchina repressiva pensando forse che questi soggetti possano andare a dormire in un parco o in qualche panchina. La seconda conclusione è invece meno digeribile dalle istituzioni, riguardando la forza che negli anni si è venuta a creare dal basso e si contrappone a un governo e a delle giunte sempre più chiuse in loro stesse. Si è resa infatti palese in questa giornata la determinazione degli occupanti, pronti a difendere la casa che si sono conquistati, e la solidarietà creatasi tra i movimenti cittadini, subito accorsi alla chiamata. Quindi, possiamo rimanere convinti del fatto che in mancanza di politiche abitative reali l’occupazione è la via per conquistarsi un tetto sopra la testa, conquista che le istituzioni fanno fatica a togliere data la solidarietà che attorno a questi spazi liberati si crea.

Torino, Molino chiede i danni

said1Non c’è mai limite al peggio…è quanto si potrebbe dire di questa storia tutta italiana dove chi si trova a dover fare i conti con la crisi e la perdita della casa, con un brillante colpo “giudiziario” diventa il carnefice.

Ma andiamo con ordine..

Said, sua moglie e i suoi 3 figli minori vivono in un appartamento di proprietà del signor Giorgio Molino (il famoso “ras delle soffitte” proprietario di più di 1850 appartamenti in Torino e provincia, di 200 ettari di terreno agricolo, palazzi, negozi e perfino una caserma).

La famiglia di Said ha sempre pagato regolarmente l’affitto per più di 10 anni e, nel 2014, a causa della perdita del lavoro di Said, le difficoltà ad arrivare a fine mese e a pagare l’affitto sono diventate sempre più evidenti fino ad arrivare allo sfratto per morosità diventato esecutivo nell’estate del 2015.

A giugno e luglio del 2015 Said e la sua famiglia non si sono trovati soli ad affrontare la paura di essere mandati in mezzo ad una strada (ovviamente hanno tentato il percorso istituzionale attraverso l’emergenza abitativa che prontamente ha dato esito negativo) e, in entrambi gli accessi, un “muro popolare” di solidali e abitanti del quartiere Vanchiglia si sono ritrovati sotto casa di Said per cercare di bloccare lo sfratto.

E’ proprio per la “paura della resistenza e della solidarietà” che il signor Molino ha prontamente richiesto l’applicazione dell’art. 610 (sfratto a sorpresa) che a Torino è diventata pratica abituale da ormai 3 anni quando ci sono i picchetti di solidali ad impedire lo sfratto.

Diversamente dalle altre volte in cui è riuscito ad ottenere che lo sfratto a sorpresa fosse eseguito in tempi rapidissimi (in un caso addirittura è riuscito a farlo eseguire a neanche un mese di distanza), questa volta è passato quasi un anno dall’ultimo accesso.

Stamattina si presenta a casa di Said l’ufficiale giudiziario non per eseguire lo sfratto a sorpresa ma per notificargli un ricorso al TAR (tribunale amministrativo regionale) nel quale il signor Molino chiama in causa Said, il Ministero degli Interni e il Ministero di Grazia e Giustizia per richiedere i danni a lui causati dalla resistenza allo sfratto.

Si legge infatti nel lunghissimo ricorso che, per ben due volte la mattina degli accessi l’ufficiale giudiziario non ha potuto eseguire lo sfratto perché presenti numerosi soggetti appartenenti al centro sociale limitrofo all’abitazione e che proprio per questo motivo veniva richiesta l’applicazione dell’articolo 610 da eseguirsi entro e non oltre settembre 2015.

Siccome gli sfratti non vanno in vacanza, ad agosto un solerte giudice acconsente alle richieste di Molino e autorizza lo sfratto a sorpresa da eseguire entro settembre.

E, visto che questo non è avvenuto ora il signor Molino chiede i danni economici per le sue mancate entrate per non aver liberato il suo alloggio. Affitti che per lui ammontano a circa 420 euro mensili.

Vogliamo ricordare al signor Molino, che forse ha la memoria corta, che l’appartamento di Said che per lui ha un introito di 420 euro al mese non è a norma di legge, come la maggior parte degli alloggi di sua proprietà, e che più volte è stato segnalato il fatto che deve eseguire dei lavori di ripristino delle tubature dell’acqua che hanno danneggiato l’appartamento già fatiscente di Said e che se non eseguiti potrebbero portare a delle conseguenze ben più gravi anche per l’incolumità della famiglia.

Non ci interessa seguire l’operato degli “organi giudiziari” che, soprattutto quando si tratta di reprimere le lotte sociali, si siedono sempre dalla parte del “più forte”, quello che più appare evidente in tutta questa “kafkiana storia” è che la lotta paga (non in termini economici sia chiaro) e non ci sono tribunali, Molino o ufficiali giudiziari che possano frapporsi tra chi vede negarsi un diritto fondamentale come la casa e chi della lotta ha fatto una scelta di vita quotidiana.

Staremo a vedere come andrà a finire, per adesso Said e la sua famiglia continuano ad avere un tetto sopra la testa mentre Molino, calcolatrice alla mano, fa i conti con i suoi mancati guadagni.

Torino, sospensione degli sgomberi per le famiglie della Falchera

Oggi le famiglie del Comitato Figli di Miccichè della Falchera si sono presentate all’appuntamento a cui sono stati costretti a partecipare Mazzù, presidente di Atc, un assessore alle politiche abitative della giunta regionale e un funzionario del comune, visto che ancora gli assessori cinque stelle non si sono ancora insediati.

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L’umore era alto fin dal principio poiché davanti all’Atc si sono ritrovate a portare la loro solidarietà tutte le realtà che da anni si occupano del diritto all’abitare, formando un blocco compatto contro il disagio abitativo, le speculazioni edilizie e la cecità istituzionale sempre più intenta a relazionarsi solo con banche e imprese. Il presidio partecipato ha reso palese le condizioni che accomunano periferie e zone più limitrofe al centro: un disagio abitativo che non lascia altra scelta che riprendersi le case pubbliche lasciate in disuso, insieme ad un impoverimento diffuso che spinge verso la creazione di coesioni anti-istituzionali, capaci di auto-organizzarsi e lottare per i propri diritti.

Il presidio si è trovato davanti la solita sfilata di celerini e digos, con la conseguente pressione psicologica, specie nei confronti dei bambini che la settimana precedente avevano dovuto assistere ai violenti sgomberi eseguiti dalle stesse divise. Il Comitato ha denunciato la militarizzazione delle loro iniziative, mentre una delegazione ha partecipato al tavolo con i rappresentanti delle istituzioni su detti. La determinazione degli occupanti di Falchera ha strappato a Mazzù un comunicato di Atc, Regione e Comune nel quale si dichiara: “di non sgomberare i 9 alloggi ancora occupati fino ad un nuovo incontro delle famiglie con il nuovo assessore di competenza del Comune di Torino. Nel frattempo, i funzionari e i servizi sociali della città daranno corso agli approfondimenti necessari a valutare le situazioni di ogni nucleo occupante per individuare possibili soluzioni abitative alternative.”

Durante il tavolo di negoziazione l’Atc ha continuato con la sua politica subdola che vuole scatenare una logica di guerra tra poveri. Infatti, insieme a una famiglia di assegnatari, alcuni funzionari dell’Atc si sono presentati alla porta di un occupante, rimasto a casa a causa della necessità di badare alla madre anziana. Come è stato fatto nei precedenti tentativi di criminalizzare le occupazioni tramite l’assegnazione delle case, alcuni solidali del quartiere hanno spiegato la situazione abitativa così da ricevere la solidarietà della stessa famiglia assegnataria. Ancora una volta, quindi, le istituzioni si vedono sconfitte dalle affinità che si creano tra occupanti e assegnatari. Infatti, questi ultimi hanno atteso per anni una soluzione che è arrivata solo ora e, per questa ragione, sanno molto bene cosa significhi doversi arrangiare per avere un tetto sopra la testa.

La giornata di oggi si inserisce in un percorso di lotta più ampio che i componenti del Comitato sono decisi ad intraprendere, uniti e forti della solidarietà del quartiere e delle altre realtà cittadine che giorno per giorno lottano per il diritto all’abitare. Questa vittoria parziale ci conferma quanto già da tempo gli stessi membri del Comitato Figli di Miccichè sanno: occupare le case popolari, oltre a dare un tetto sopra la testa ai propri figli, costringe le istituzioni ad uscire dallo loro immobilità, riuscendo a metterle in difficoltà sul piano politico e di gestione del bene pubblico.

Torino, le famiglie di Falchera occupano gli uffici Atc

Ieri, martedì 14 giugno, le famiglie occupanti delle case popolari della Falchera si sono presentate negli uffici dell’Atc in corso Dante occupando l’atrio e chiedendo un incontro con il presidente Mazzù. Dopo la giornata di resistenza e dignità di lunedì scorso, le famiglie del comitato “Figli di Miccichè” hanno deciso di portare la protesta dentro gli uffici del gestore delle case popolari, rivendicando il diritto alla casa per tutti, il blocco degli sgomberi e portando 800 firme in solidarietà con la lotta degli occupanti.

Il presidente di Atc non ha voluto ricevere la corposa delegazione di occupanti che però sono riusciti a strappare, grazie alla loro determinazione, un incontro per mercoledì 22 giugno con alcuni rappresentanti del comune, della regione e di Atc.

All’interno dell’edificio gli occupanti hanno srotolato uno striscione “No sfratti, basta casa senza gente, basta gente senza casa”

Da parte sua Atc continua con la solita litania sull’inaccettabilità delle occupazioni ritenute illegali dimenticando però che le stesse case occupate dalle famiglie in difficoltà – senza casa e costrette a vivere in piccoli alloggi in condivisione con altri nuclei familiari – erano chiuse da cinque anni senza che venissero assegnate e che proprio grazie all’azione di protesta del comitato di Falchera è stato possibile sbloccare la situazione ormai ferma da tempo.

L’intenzione di Atc e comune è quella di scatenare una guerra fra poveri per evitare di assumersi le proprie responsabilità, non ammettendo l’incapacità di gestire il patrimonio pubblico che nel frattempo continua a svendere ai privati.

La possibilità di assegnare le case popolari ancora vuote, sono circa un migliaio, ci sono ma Atc non sblocca le assegnazioni, tenendo più di 12mila famiglie in coda per la casa popolare. La dimostrazione che è possibile dare le case vuote, viene data proprio dalla celerità con cui Atc ha assegnato le tre case sgomberate nella giornata di ieri.

Per inciso, le tre case sono tutt’ora vuote in attesa delle famiglie assegnatarie…

Torino 28 maggio: casa, reddito dignità per tutti!

CjjcSefWYAAKgDpA Torino il corteo che ha sfilato per la città nella giornata lanciata dalla rete nazionale “Abitare nella crisi”, ha visto un migliaio di persone percorrere le vie del centro cittadino, passando per Porta Palazzo e giungere sotto il Comune.
Dieci anni di governo PD hanno stretto un cappio al collo dei torinesi a causa di precise scelte politiche che hanno favorito i grandi speculazioni, privatizzazioni e banche, provocando tagli alla sanità pubblica e a tutti i servizi utili per i cittadini, sfratti e pignoramenti e un generale impoverimento.
Dietro lo striscone “Basta ricatti: casa, reddito, dignità per tutti!”, si sono raccolti occupanti di case e sfrattati, i rifugiati e migranti dell’ex Moi, i lavoratori di Venaria in lotta, sindacati di base e tutte quelle realtà che si spendono in città per le lotte sociali che nelle scorse settimane si sono ritrovate per la costruzione  di questa importante giornata ad appena una settimana dalle elezioni amministrative.
Il corteo passando per le vie più centrali del centro cittadino, ha trovato come naturale obiettivo alcuni luoghi simbolo della crisi e delle sue conseguenze. Le banche San Paolo, Unicredit e la fondazione CRT sono state simbolicamente chiuse con dei lucchetti, mentre è stato segnalata l’ex sede dell’italgas di più di 11mila metri quadri vuota dal 2007 e svenduta come molto del patrimonio pubblico cittadino.
Arrivati poi davanti alla Prefettura alcuni ragazzi rifugiati dell’ Ex Moi hanno preso parola contro il ricatto del permesso di soggiorno, contro il business della finta accoglenza e contro le frontiere.
Porta Palazzo è stata la tappa successiva: qui alcuni occupanti dello Spazio Neruda hanno sostenuto interventi contro sfratti, pignoramenti e l’ipocrisia di un ente come l’emergenza abitativa resa praticamente inaccessibile dai cavilli burocratici indispensabili per ottenerla. “Casa per tutti, Sfratti per nessuno!”: questo lo slogan che ci ha accompagnato verso la conclusione del corteo.
Prima di giungere al Comune il corteo si è fermato a salutare Jacopo, studente universitario e militante no tav, costretto da mesi agli arresti domiciliari per il suo impegno nella lotta contro questa opera inutile. Qui le mamme in piazza per la libertà di dissenso hanno letto il loro appello per la liberazione di quasi trenta giovani sottoposti a misura cautelare.
Giunti in Piazza Palazzo di Città, dove uno spropositato schieramento di polizia in anti sommossa era posto a difesa del palazzo come l’ennesimo sfoggio di potere ostentato ormai da tempo come unica risposta a chi chiede ciò che gli spetta di diritto, si sono tenuti alcuni interventi contro l’atroce articolo 610, cosidetto sfratto a sorpresa, che costringe le persone che ne sono sottoposte a vivere segregate in casa nell’agonia dell’attesa di essere sbattute coi loro bimbi in mezzo alla strada.
Casa, lavoro, dignità per tutti: l’assemblea conclusiva in cui si è raccolto il corteo si è ripromessa di continuare a fare rete nei prossimi mesi in vista di altri importanti appuntamenti. Si è rilanciato il presidio che si terrà domani lunedi 30 maggio alle ore 17.30 in piazza Solferino per accogliere come si merita Renzi che verrà a Torino per sostenere la candidatura elettorale di Fassino.
Domani (lunedì) quindi di nuovo in piazza: Renzi a Torino non sei gradito!

Rapporto annuale sugli sfratti. Dall’emergenza alla normalità

STOP_sfratti2_12Un documento ufficiale del ministero dell’Interno ha ieri reso noto ciò che chi lotta per il diritto all’abitare conosce ogni giorno: migliaia di famiglie vengono sfrattate in Italia dalla forza pubblica, vittime della disoccupazione caratterizzante il mercato del lavoro nostrano, e non solo.

Nel dettaglio, ieri è stato pubblicato il rapporto annuale sugli sfratti del 2015 in cui fin da subito emerge quanto, la così detta “emergenza abitativa”, sia un problema sociale centrale in tutte le città Italiane. Utilizzando uno sguardo storico, si rende palese che questa situazione non ha nulla di emergenziale, poiché ormai è fisiologica. Infatti, si legge nel rapporto che già nel 2005 gli sfratti colpivano una famiglia su 515, ora una su 399. Questo dato è ancora più eclatante se teniamo in considerazione che si riferisce alla cifra lorda di inquilini (famiglie proprietarie, usufruttuarie o assegnatarie di alloggi pubblici), quindi sarebbe nettamente più elevato se considerasse solo le famiglie in locazione da privati.

Le carenze delle politiche pubbliche e del welfare sono confermate dallo stesso rapporto, dove si legge che il 90% degli sfratti avvenuti nel 2015 riguardano “morosità incolpevole”, ovvero famiglie i cui componenti hanno perso il lavoro e che tuttora non riescono ad accedere al reddito, impossibilitati dalla disoccupazione che affligge il nostro paese. Queste 300 mila famiglie si vedono sempre più costrette ad arrangiarsi, visto che il governo Renzi con la legge di Stabilità del 2016 ha azzerato il fondo per il contributo all’affitto, pensato per contrastare queste situazioni di difficoltà. Quindi, viene spontaneo pensare che il rapporto del 2016 sarà macchiato da un’aggravarsi dell’emergenza abitativa, costringendo sempre più famiglie a ricorrere alla rete di sostegno familiare o alla solidarietà dei molti e delle molte che ogni giorno si battono per il diritto all’abitare.

Inoltre, nel restante 10% ci stanno tutte quelle famiglie che dallo Stato vengono per contrapposizione colpevolizzate (“morosità colpevole”), famiglie che non piegano la testa e tentano di vivere dignitosamente, sacrificando il pagamento dell’affitto per necessità. Sono molti, infatti, i diritti negati necessari per una vita dignitosa, non solo l’avere un tetto sopra la testa. Tuttavia, le istituzioni tentano di insegnarci che prima di tutto bisogna pagare i debiti e poi, se si ha ancora qualche soldo in tasca, permettersi ciò che dovrebbe essere garantito ad ognuno: sanità, istruzione, cultura, socialità ecc…

Difronte ad una simile situazione, è doveroso opporsi in modo collettivo. Partendo da questo assunto, è stata lanciata dalla rete Abitare nella Crisi una manifestazione nazionale dislocata nelle città in cui ci sono le elezioni comunali in tutte le città italiane in cui a breve si svolgeranno le elezioni comunali: il 28 Maggio si scenderà in piazza per chiedere casa e dignità per tutti e tutte!

Torino, verso il #28Maggio. Contestata la conferenza dei candidati sindaci

teatro_carignanoIeri sera al Teatro Carignano di Torino si è tenuta una conferenza all’americana con i 7 dei 17 candidati sindaci che si sfideranno per le amministrative del 5 giugno. Una confronto “pubblico” organizzato da “La Stampa” nel quale gli aspiranti sindaci si sono espressi su vari temi, dalla casa, alla sicurezza, dalla legalità all’immigrazione. Su questi temi i sette candidati, Piero Fassino (PD), Marco Rizzo (Partito Comunista), Chiara Appendino (M5S), Alberto Morano (LegaNord e Fdi), Osvaldo Napoli (Forza Italia), Giorgio Airaudo (Sel) e Roberto Rosso (Centro destra e Moderati) si sono espressi più o meno con toni rassicuranti e pieni di buoni propositi: sulla casa, Rizzo dichiara che “la requisizione delle case sfitte dei grandi gruppi immobiliari” per far fronte all’emergenza abitativa, Airaudo, ex leader Fiom, si fa promotore del turismo e del lavoro dice “Sia benvenuto il turismo – dice – ma non dimentichiamo il nostro saper fare e l’industria dell’auto che ci ha fatti grandi. Fca a non deve lasciare Torino” mentre Fassino promette più vigili nelle strade e più poliziotti, in stile “come militarizzare la città” di solito cavallo di battaglia delle destre e non della “sinistra”. Fra le altre dichiarazioni e promesse varie, l’Appendino dice “Il mio primo provvedimento, in caso di vittoria, sarà quello di creare un fondo di 5 milioni per rimettere al centro le piccole e medie imprese e il lavoro”.

Queste le varie promesse/proposte di alcuni degli aspiranti sindaci fatte alla platea del Teatro Carignano. Una platea rigorosamente al chiuso che applaudiva o meno secondo la propria inclinazione politica o esprimendo sarcasmo per le dichiarazioni fatte.

Questa in sintesi la cronaca della serata, ovviamente finita sulle pagine dei giornali locali e in rete. Quello che ovviamente non è stato citato dai giornali locali, se non marginalmente, è stata la contestazione che gli occupanti dello Spazio Popolare Neruda hanno portato in piazza Carignano, ai quali è stato negato l’ingresso per paura di contestazioni.

Il dato politico della serata è che comunque venga intesa questa corsa alla poltrona da sindaco, nessuno dei 7 si è posto il problema di come si possa lasciare fuori una composizione sociale che nella nostra città lotta per il diritto all’abitare e che attraverso l’autorganizzazione occupano uno stabile per garantire un diritto che le istituzioni non sono in grado di garantire.

Finita la serata sotto le luci dei flash, alcuni candidati sindaci si sono avvicinati al corposo presidio degli occupanti facendo alcune dichiarazioni al megafono…vedremo se, in caso di vittoria di uno di questi candidati sindaci manterrà la parola data o meno.

Nel frattempo, senza aspettarsi niente dalle istituzioni e da chi si siederà sulla poltrona da sindaco, il 28 maggio a Torino si terrà una manifestazione che porterà in piazza tutte quelle componenti che in città si impegnano nelle lotte sociali. Per quella giornata le parole d’ordine saranno “Basta Ricatti! Casa, Salute e Servizi, Dignità e Reddito”, contro il sistema Torino, garantito dalle politiche del PD, incentrato sulle banche, speculatori e palazzinari. Una giornata nella quale si attraverseranno le vie della città per affermare che la lotta diventa strumento necessario per non continuare a subire le politiche impopolari del PD e del sindaco Fassino che tanto ama Torino ma che in questi anni ha eroso ai torinesi reddito, per chi ancora ha la fortuna di averlo – tramite aumenti delle tasse e tagli ai servizi – tolto la casa perché incapace di incidere con delle reali politiche abitative in grado di contrastare gli sfratti (aggiungendo a questo, una mancata volontà politica di trovare soluzioni permanenti e non tampone), inoltre svende il patrimonio pubblico invece di destinarlo ad uso abitativo e sociale, dismette ospedali e poli di eccellenza come l’ospedale Valdese.

Raccogliendo l’appello lanciato dalla rete di Abitare nella Crisi, il 28 maggio vuol essere una data di mobilitazione in diverse città per irrompere nel contesto elettorale e di opposizione al governo Renzi.

#28M Torino. Basta ricatti!

28m_torinoSiamo ormai prossimi alla scadenza del 5 giugno, data in cui, salvo ballottaggio, verrà deciso chi governerà la nostra città per i prossimi 4 anni.

Sebbene manchi meno di un mese alla chiamata alle urne e malgrado i dati numerici siano sempre più impietosi, tanto le pagine delle cronache cittadine quanto le dichiarazioni pubbliche di chi ci governa, non si tiene conto delle difficoltà di arrivare alla fine del mesedi sempre più persone.

Quasi che non avere (o non riuscire a tenersi) una casa, un lavoro, la possibilità di curarsi o prendersi cura dei propri cari, sia meno importante di qualche pranzo di gala con i sempre più “soliti poteri forti” (banche, fondazioni, consigli d’amministrazione, clubs riservati..) che stanno dietro il “Sistema Torino”.

Tutti viviamo i tanti ricatti che rendono sempre più difficile vivere una vita dignitosa in questa città. Ci dicono: “Se abbassi la testa avrai il permesso di soggiorno”. “Se non hai soldi per pagare l’affitto ti becchi uno sfratto”. “Se fai uno stage gratuito poi ti pagheremo”. “Se lavori come uno schiavo puoi tenerti il tuo posto di lavoro”.

Tanti piccoli ricatti che portano ai grandi ricatti con cui chi governa spera di restare al potere. Politici e imprenditori dicono “Se accettate di rinunciare ai vostri diritti creeremo posti di lavoro”. “Se non protestate avrete i vostri ottanta euro”. “Se accettate la devastazione dei territori arriveranno gli investimenti”. “Se vivete da precari avrete un giorno il posto fisso”.

Tutti i giorni provano a farci stare ai nostri posti. Vogliono farci abbassare lo sguardo per non farci riconoscere tra studenti, disoccupati e lavoratori, tra italiani e stranieri ma soprattutto per non farci vedere che in alto ci sono loro che s’ingozzano grazie al nostro lavoro, le nostre tasse e la nostra ingenuità.

Il 28 maggio è il momento per cominciare a dire BASTA ai ricatti!!

Pignoramenti, cambia la disciplina. Più facile mandare in strada le morosità incolpevoli

pignoramentiCon il Decreto Legge 59 del 3 Maggio 2016 sono state apportate delle modifiche importantissime agli articoli del codice di procedura civile sull’espropriazione forzata, che riguarda le procedure di pignoramento a seguito di insolvenza del mutuo stipulato per la compravendita della casa.

In particolare il D.L. prevede all’art. 4 la modifica del 4 comma dell’art. 560 del c.p.c. nel quale si disponeva che dopo il provvedimento di liberazione dell’immobile disposto dal giudice dell’esecuzione, l’esecuzione stessa era curata dal custode (che nelle procedure di pignoramento di immobili è sempre il creditore quindi la banca) nel rispetto di alcune formalità.

Oggi invece la riforma prevede che il 4 comma dell’art.560 sia così modificato: “il provvedimento, è attuato dal custode secondo le disposizione del giudice dell’esecuzione immobiliare, senza l’osservanza delle formalità previste dagli articoli 605 e ss. Per l’attuazione dell’ordine il giudice può avvalersi della forza pubblica e nominare ausiliari.”

Le formalità previste dagli articoli 605 e ss. altro non sono che le procedure di garanzia poste in essere in favore del pignorato, che prevedevano prima dell’obbligo di rilascio dell’immobile la consegna dell’atto di precetto con cui si dava preavviso all’esecuzione del provvedimento lasciando del tempo al pignorato per trovare altra soluzione.

L’articolo 606 c.p.c. infatti recita: “Decorso il termine stabilito nel precetto, l’ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo (il decreto del giudice che dispone il pignoramento) e del precetto, si reca sul luogo in cui le cose si trovano, quindi ne fa consegna alla parte istante o alla persona da lei designata”.

Con questa modifica si da la possibilità alle banche in qualità di custodi delle case pignorate di eseguire il pignoramento senza avvalersi degli ufficiali giudiziari, dunque senza dover più rispettare i termini posti a garanzia del pignorato che la procedura prevedeva per le notifiche del provvedimento di esecuzione. Infatti la modifica impedisce l’applicazione dell’articolo 608 c.p.c. che stabilisce che l’esecuzione inizia con la notifica dell’avviso, fatto dieci giorni prima della data del rilascio da parte dell’ufficiale giudiziario, del giorno e della data in cui si procede al rilascio dell’immobile.

Dunque non solo si vanifica la funzione di mediazione e garanzia che nella normativa precedente veniva affidata al ruolo dell’Ufficiale giudiziario, responsabile di notificare i provvedimenti e mediare tra gli interessi di banche e creditori e quelli dei soggetti pignorati, ma anche una dubbia velocizzazione delle procedure di rilascio degli immobili pignorati tutta a scapito del pignorato, che si troverà sotto casa, da un giorno all’altro e senza preavviso, le banche con l’ausilio della forza pubblica a minacciare lo sfratto.

Di fatto gli appartamenti occupati da persone in stato di morosità incolpevoli saranno trattati alla stregua di magazzini o depositi, da svuotare in tempi brevi senza alcun rispetto per le storie e le esigenze di chi rischia di ritrovarsi in mezzo alla strada. Una nuova pepita avvelenata del governo Renzi, sempre più nemico dei poveri e di chi soffre le conseguenze della crisi.