Non potete misurare i nostri passi: a Torino presidio al Tribunale e corteo

Oggi martedì 26 Gennaio si è tenuto l’interrogatorio di garanzia per 6 persone sottoposte ad indagine perché si mobilitano per il diritto all’abitare. Proprio coloro che si mobilitano per il diritto alla casa e da anni difendono le innumerevoli famiglie sotto sfratto, che credono si debbano dare delle risposte ai soprusi della magistratura e delle istituzioni, sono ora sottoposti a misure cautelari, quali divieto di dimora e firme giornaliere.

nnpotetemisuare03Tutto questo è inaccettabile! Famiglie con bambini si trovano in situazioni disperate: senza casa, senza lavoro, eppure tengono stretta la loro dignità, occupando e resistendo ogni giorno.

Anche oggi le famiglie, i bambini, gli occupanti dello Spazio Popolare Neruda hanno dimostrato la loro forza e la loro determinazione, organizzandosi in un numeroso presidio al di fuori delle gelide mura del Tribunale, dove chi lotta e resiste si trovava costretto a rispondere di inconsistenti reati.

nnpotetemisuare04Eravamo in tanti, eravamo arrabbiati! Siamo coscienti della volontà di chi giudica: arrestare e fermare le lotte sociali, in questo caso ostacolando chi rivendica con il sorriso il diritto fondamentale all’abitare.

Per questi motivi il presidio si è trasformato in un corteo che ha percorso le vie del centro di Torino. Non vogliamo una città vetrina che conserva i privilegi del Fassino di turno, vogliamo una città che dia delle risposte, che soddisfi i bisogni dei mille volti differenti che la abitano e che ogni giorno la arricchiscono.

nnpotetemisuare00Continueremo con le resistenze agli sfratti, additeremo i palazzinari di turno e i responsabili dell’impoverimento della nostra città! Non ci spaventano misure e intimidazioni di ogni genere, siamo dalla parte della ragione, siamo coloro che colorano la nostra città, che la amano e che sicuramente non molleranno!

nnpotetemisuare01Giovedì 28 saremo di nuovo tutti insieme in via Villar 15,  uniti e compatti per difendere lo sfratto di Omosefe e della sua bambina.

Tutt* Liber* subito!

#LibertàDiResistere! #LibertàDiAbitare!

Le Famiglie e gli occupanti dello Spazio Popolare Neruda

Non potete misurare i nostri passi. Alcune riflessioni

PassivsmisuregifQualche giorno fa alcuni attivisti e occupanti dello Spazio Popolare Neruda e del comitato Prendocasa hanno ricevuto delle misure cautelari consistenti in tre obblighi di firma e tre divieti di dimora a Torino.

Partiamo dai fatti, le denunce si riferiscono ad una resistenza a uno sfratto condotta questa estate. Lo sfratto era in esecuzione nei confronti di una donna anziana e sola che si era rivolta allo sportello Prendocasa. Non avveniva per morosità, ma per cessata locazione. Il proprietario della palazzina di due piani, che viveva al piano superiore voleva prendere possesso dell’intero immobile, sfrattando la donna che per moltissimi anni aveva vissuto al piano sottostante. Questo almeno fino a quando la proprietà non è cambiata e la tranquillità della vita della signora si è rotta definitivamente. Oltre a una questione di soldi, quindi c’erano in ballo affetti e radici che la signora aveva consolidato in quell’appartamento.

In molti quel giorno avevamo partecipato al muro popolare contro lo sfratto. Era una iniziale sperimentazione che facevamo collettivamente immediatamente dopo lo sgombero della prima occupazione dello Spazio Popolare Neruda. Era un tentativo di non replicare semplicemente un picchetto antisfratto, ma di costruire delle relazioni di solidarietà. Era, come poi è diventato tradizione, un momento di lotta e di festa.

Qui forse possiamo trovare il primo elemento chiaro di questa inchiesta:  quello che si prova ad attaccare è un modello di resistenza agli sfratti che vede la sua efficacia e che da questa estate si è diffuso in città. Il muro popolare permette a singoli e famiglie nella stessa condizione di riconoscersi e organizzarsi. Sempre più persone si avvicinano a questo percorso abbandonando la vergogna e l’individualismo e provando a collettivizzare il proprio disagio. Ogni settimana sono almeno un paio i casi di pignoramento o sfratto che ci troviamo ad affrontare, e sempre più spesso l’esperienza di lotta di chi resiste non si conclude con il rinvio del provvedimento, ma prosegue all’interno dello Spazio Popolare. Proprio dai muri popolari è nata l’assemblea della domenica, dove gli occupanti e chi ha problemi di casa si incontrano per confrontarsi ed organizzarsi.

Il ragionamento poi diviene facile, il secondo obbiettivo di procura e Digos è quello di indebolire il progetto dello Spazio Popolare Neruda. E’ cristallino cogliere questo aspetto, se si nota che ad essere colpiti dalle misure sono stati alcuni degli attivisti che più si sono spesi in questo percorso e alcuni degli occupanti che hanno messo in campo maggior protagonismo con intelligenza e orgoglio. Fa sorridere vedere l’eterogeneità dei denunciati che attraversano molte fasce di età e che vengono da ambienti diversi. La spoporzione e l’assurdità di applicare a ipotesi di reato flebili e tutte da dimostrare misure restrittive di questa caratura è presto spiegata, la possibilità che si estenda una lotta sulla casa e un progetto come quello del Neruda fa paura ad istituzioni e polizia. E dato che il clima pre-elettorale già di per sé turbolento non permette un ulteriore sgombero si prova a depotenziare l’iniziativa di chi si mobilita.

Carattere di assurdità rivestono tanto i divieti di dimora a Torino, due tra l’altro spiccati ad attivisti che non risiedono più in città, quanto gli obblighi di firma. Emblematico è il caso di Paolo, occupante di mezza età, incensurato e avvicinatosi al percorso di lotta per la casa dopo il pignoramento da parte di una banca della sua abitazione. Per una spinta mai data nel contesto del muro popolare riesce a meritarsi un provvedimento cautelare consistente nelle firme.

Questa inchiesta delinea chiaramente la differenza che intercorre tra la legalità e l’uso politico che ne viene fatto dalla magistratura di Torino e la giustizia effettuale. Ci chiediamo continuamente come sia possibile che la legalità permetta a migliaia di persone l’anno di rimanere senza casa, di ricevere sfratti e pignoramenti, di vivere per strada in pieno inverno, come sia possibile che punisca chi tenta di impedire queste ingiustizie e chi si ribella dal subirle e protegga chi ci specula sopra, chi ci guadagna, in primo luogo chi le compie.

Chiediamo a chi vuole maggiore legalità cosa dovrebbe fare un uomo che a cinquantanni perde il lavoro, un’anziana che con la pensione non riesce a pagare l’affitto, e chi un lavoro invece non è riuscito mai a trovarlo. Come dovrebbe sopravvivere chi per l’inettitudine e l’avidità di un sistema politico ed economico corrotto si è trovato di colpo sul lastrico? Come fare se le liste per le case popolari strabordano e se si preferiscono grandi opere inutili a nuova edilizia popolare?
Noi a questa domande abbiamo trovato una soluzione e può non piacere, ma è l’unica possibile.

E se ci viene detto che siamo illegali, diciamo è vero, ma almeno un po’ più giusti.

La certezza che oggi abbiamo è che non saranno queste ridicole accuse costruite ad arte a scalfire il progetto che stiamo portando avanti e sappiamo bene che per quante misure possano darci, è impossibile misurare i nostri passi!

da spaziopopolareneruda

Presentazione del libro CASA CASINA, merenda e laboratorio per bambini!

IMG-20151202-WA0025Venerdì 11 dicembre alle 16.30 siete invitati tutti e tutte allo Spazio Popolare Neruda per un pomeriggio dedicato ai bambini!

Merenda, presentazione del libro CASA CASINA di Manuela Mapelli e laboratorio creativo!

Vi aspettiamo in Corso Ciriè 7 per un pomeriggio divertente ed educativo per i bimbi!

Sosteniamo il Neruda! Campagna donazioni riscaldamento e bagni!

donazioni nerudaCome evidenziato dal titolo, questa è una richiesta di aiuto.

Il 31 ottobre scorso, in quaranta nuclei familiari, abbiamo occupato l’ex istituto Casale non più utilizzato da anni. Molti di noi hanno subito uno sfratto o un pignoramento, altri una casa non ce l’avevano più da un po’ di tempo ed erano ospitati da amici o giravano per dormitori o peggio dormivano in mezzo alla strada.

Oggi che finalmente abbiamo nuovamente un tetto sopra la testa dobbiamo cercare di renderla più vivibile, e per farlo abbiamo bisogno del vostro sostegno.

Sostenerci oggi vuol dire stare dalla parte del diritto fondamentale di avere un tetto sopra la testa, per riconquistare una vita dignitosa e un futuro per i nostri figli.

In molti hanno già contribuito a migliorare la nostra situazione partendo dalle donazioni di generi di prima necessità, come quelli alimentari, fino ai letti e i giochi per i bambini. Per questo non smetteremo mai di ringraziarvi e speriamo di poter ricambiare con i nostri mezzi, cercando di essere utili per il nostro nuovo quartiere attraverso piccoli progetti a costo zero come ad esempio la ludoteca popolare con il doposcuola.

La nostra nuova casa, l’ex istituto Casale, era un edificio scolastico destinato allo svolgimento di lezioni, di conseguenza mancano alcune delle strutture fondamentali per la vita quotidiana (per esempio cucine, acqua calda, docce, ecc.).

Come famiglie stiamo cercando di mettere ognuna il proprio contributo economico per affrontare i costi dei lavori sopra citati, ma purtroppo le nostre situazioni finanziarie non ci permettono di coprirne la totalità.

Per questo abbiamo bisogno di un aiuto, ci sono mille modi, tutti egualmente importanti di dimostrare sensibilità e sostegno concreto. Uno di questi è contribuire all’acquisto dei materiali occorrenti.

Anche chi non può partecipare fisicamente e direttamente alle iniziative di solidarietà può farlo donando il suo contributo economico.

Abbiamo quindi pensato di attivare un conto corrente postale apposito (poste pay evolution) che vi permette di donare presso qualsiasi sportello postale, tabaccheria o online tramite la vostra carta di credito:

Numero carta: 5333171018955902

Codice fiscale: LVLDNT88L07F280I

Oppure tramite bonifico bancario:

IBAN: IT36S0760105138274300974304
Intestato a: Donato Laviola

Per una totale trasparenza alleghiamo all’appello un primo preventivo del costo dei materiali necessari.

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Emergenza casa. Corso Ciriè: quando occupare serve a tutti

staff-cucine-225x300E’ un abile operazione di riappropiazione sociale quella che da meno di un mese ha portato all’occupazione dell’ex Istituto Tecnico Industriale “G. Baldracco” di corso Ciriè a Torino. Cinquanta famiglie italiane e straniere si sono insediate nello storico edificio scolastico abbandonato da qualche anno al degrado da un Comune che, malgrado ogni emergenza, non ha saputo mettere in opera un progetto di riutilizzo. Molte di quelle cinquanta hanno subito uno sfratto (4643 solo nel 2014) o un pignoramento (+ 10,8% nello stesso anno), altre una casa non ce l’avevano proprio e conducevano un’esistenza difficile tra dormitori o strada. Sono una parte di quei tanti senzatetto abbandonati dall’amministrazione pubblica, dalla politica in generale, vittime della mala gestione dell’Atc, delle tenaglie di Equitalia sui mutui, delle banche torinesi che speculano sull’edilizia, dei palazzinari e delle grandi immobiliari che aumentano gli affitti, lasciano le case vuote perchè si apprezzino e intanto continuano a chiedere di costruire.

Gli occupanti si sono organizzati con cucine, spazi comuni, area giochi e cultura, hanno stabilito rapporti con la vicina scuola materna, hanno in progetto di allestire un orto sinergico e una ludoteca popolare, ma soprattutto hanno messo in pratica una forma di gestione collettiva con tre assemblee settimanali una delle quali con i cittadini del quartiere. In tutti c’è la consapevolezza della natura politica e collettiva della loro azione.

Sono diverse le realtà di lotta sociale impegnate sull’emergenza casa in città e molte sono le occupazioni di locali sfitti o inutilizzati (1400 ma la lista si allunga di giorno in giorno ). I momenti di resistenza sono sovente velleitari e solo momentaneamente ottengono interruzioni o ritardi sugli sfratti in cambio di rapide denunce e duri interventi polizieschi sollecitati in consiglio comunale dai consiglieri della destra. L’ultimo sgombero forzato ha riguardato recentemente la caserma di via Asti dove avevano trovato ricovero anche famiglie di rom, una presenza che il quartierino-bene circostante non aveva gradito.

In corso Ciriè sta andando molto diversamente grazie a un’accorta pianificazione dell’obiettivo: un quartiere popolare che ha accolto senza ostilità i nuovi arrivati e che anzi ha subito portato solidarietà sottoforma di suppellettili e generi di conforto,  un edificio scolastico che nelle sue viscere cela un patrimonio di storia industriale della città, le macchine del laboratorio di conceria e tintoria ancora in buone condizioni ma altrimenti destinate alla rottamazione. Una peculiarità che, secondo gli occupanti organizzati dal Collettivo Prendo Casa di area Askatasuna, lo rende immediatamente un bene comune da preservare e custodire in omaggio alla storia sociale della città stessa. Ecco dunque che attorno al Baldracco e al suo “museo” si sono coagulate forze  diverse e associazioni di vario indirizzo, come Agorà Democrazia che gestisce l’occupazione della Cavallerizza, come il comitato Salvare La Pelle composto da ex docenti e ex studenti dell’istituto e da protagonisti della scena culturale e politica come l’instancabile Livio Pepino, presidente del Controsservatorio Valsusa e promotore della sessione torinese del Tribunale Permanente dei Popoli che solo pochi giorni fa ha deliberato la condanna del Tav per violazioni dei diritti civili, o come la docente Chiara Acciarini ex vicepresidente dell’Anpi provinciale.

Il comitato ha prodotto un appello agli enti pubblici affinchè venga salvaguardato e valorizzato il patrimonio tecnico dell’istituto come parte integrante della storia industriale di Torino. Inutile dire che tale risvolto dà una buona garanzia che la situazione non venga trattata come un problema di illegalità e di ordine pubblico.

Con le parti istituzionali sono in corso contatti per cercare di consolidare la situazione senza ovviamente rinunciare a denunciare le responsabilità politiche e a sollevare le rivendicazioni: blocco immediato degli sfratti per morosità incolpevole, nuova edilizia popolare, destinazione degli edifici pubblici in disuso agli sfrattati, blocco dei pignoramenti, mutui congelati, affitti e bollette calmierati.

L’occupazione del Baldracco nelle sue multiple valenze, si profila dunque come un cuneo profondo nelle non-politiche sociali del Comune di Torino e un esperimento di lunga durata. Chiunque sarà il nuovo sindaco dovrà misurarsi con l’emergenza casa e con le richieste di una massa crescente di senzatetto. Mentre invece l’attuale sindaco si trova tra le mani un’occupazione “antagonista” che gestisce e preserva un luogo storico, un patrimonio tecnico e un bene comune della città: un osso ben duro da masticare.

di Fabrizio Salmoni – valsusanotizie

APPELLO alla cittadinanza e alle istituzioni per salvare l’Istituto Baldracco di Torino

Comitato civico “SALVARE LA PELLE” – Casa & Mestieri

Una efficace azione di riappropriazione sociale ha consentito nei giorni scorsi di trovare un tetto a un gruppo di famiglie sfrattate italiane e di migranti in fuga da guerre e disperazione. Si tratta dei locali dell’antico istituto tecnico industriale per i conciari “G. Baldracco” di Corso Ciriè, poi accorpato all’istituto “Casale”, da anni abbandonato al degrado e all’incuria. Si è così potuto ritrovare anche il laboratorio chimico –tecnologico di conceria sperimentale, in buona parte ancora intatto, con i suoi straordinari macchinari, attrezzature e materiali. L’Istituto Baldracco era stato il primo in Italia a disporre di tali attrezzature d’avanguardia e ad associarle ad una didattica di alto contenuto professionale per un settore industriale importante come quello conciario. Gli operatori sociali impegnati nell’azione di riappropriazione, assistiti volontariamente dagli insegnanti che avevano lavorato in quella scuola, hanno naturalmente provveduto a richiudere e a mettere in sicurezza tali locali e il loro contenuto, avendone anche informato i competenti servizi del Comune.

E’ singolare, ma significativo, che nel corso di una iniziativa per restituire a tutti il diritto di abitare, si sia anche rinvenuto un frammento di quel patrimonio storico-culturale che la città sta perdendo nella sostanziale indifferenza delle istituzioni. Eppure, anche quel laboratorio rappresenta un cimelio, una traccia di memoria di quella Torino industriale cresciuta grazie al lavoro operaio, all’imprenditorialità socialmente responsabile e alla divulgazione didattica di una scuola di elevata qualità culturale.

I sottoscritti cittadini, associazioni e movimenti rivolgono pertanto un appello alla Città e a tutte le sue espressioni operanti sul terreno della cultura e dell’impegno sociale affinché si dia a quel laboratorio ritrovato la dignità di un piccolo ma originale museo. Parte di un disegno più ampio di memoria materiale di un passato costitutivo della identità di Torino e che sia contestualmente occasione di avvio di un progetto di rinnovata formazione professionale giovanile per un settore così importante della produzione. Abitare la città non può essere soltanto uno slogan. Abitare vuol dire, certo, poter disporre di case idonee per tutti, ma insieme di poter nutrire tutti, anche grazie alla cultura, del senso di un’ appartenenza condivisa. Questo appello chiede con forza alle pubbliche amministrazioni di dare finalmente organicità di sistema agli interventi per garantire la casa e insieme la salvezza del patrimonio storico culturale. E di aprire quindi un confronto pubblico, su tali temi, con tutti i soggetti portatori di uno specifico interesse sociale.

Torino, novembre 2015

Qui un video che spiega la storia e la situazione attuale dell’Istituto Baldracco:

https://www.facebook.com/spNeruda/videos/199870240349036/

FIRMATARI

1. Livio Pepino / presidente Controsservatorio Valsusa

2. Chiara Acciarini / docente, già Senatrice

3. Marco Brunazzi / storico

4. Marcella Filippa / storica

5. Emma Schiavon / storica

6. Sabrina Decarlo / scenografa

7. Paola Martignetti / archeologa

8. Natale Alfonso / insegnante, coordinatore provinciale CUB Scuola Università Ricerca

9. Federico Buratti / docente di Elettronica ITIS Mayorana di Grugliasco

10. Marcello Palumbo / ex allievo Istituto Tecnico Conciario G. Baldracco

11. Maurizio Giancola / già funzionario GTT

12. Rosario Bertilaccio / insegnante

13. Alessandro Gaido / direttore festival Piemonte Movie, Comitato Emergenza Cultura

14. Guido Montanari / docente di Ingegneria civile e architettura-Politecnico di Torino, Gruppo Città e Terrritorio-Unione Culturale F. Antonicelli

15. Renzo Chianale / ex docente Istituto Tecnico Conciario G. Baldracco

16. Giovanni Gola / ex allievo ITIS- Baldracco, ex docente di Conceria, ex dirigente azienda chimico-conciaria

17. Giuseppe Turletti / perito conciario, docente in pensione

18. Roberto Petito / docente IIS- Ada Gobetti Marchesini

19. Polisportiva CentroCampo di Barriera Milano

20. Alfredo Tradardi / ISM Italia-International Solidarity Movement palestinese

21. Giulio Ravagnani / perito conciario 1969

22. Davide Ferrario / regista

23. Alex Steiner / developer

24. Antimo Ferraro / perito conciario, direttore Cromogenia (Costarica)

25. Silvio Brignolo / cittadino

26. Adriana Baiocchi / cittadina

27. Vittoria Castagneto / docente IIS-Albe Steiner

28. Luciana Quaranta / docente IIS-Albe Steiner

29. Guido Piraccini / dirigente scolastico in pensione

30. Salvatore Tripodi / docente in pensione

31. Antonio Ferraro / perito conciario

32. Maurizio De Vecchi / artigiano

33. Gianni Bissaca / attore regista

34. Marco Gobetti / attore regista

35. Claudio Decastelli / Sistema Torino

36. Fulvio Gambotto / docente di storia e filosofia, cittadino democratico anti-fascista

37. Carlo Garella / diplomato p.i. chimico-conciario Istituto G. Baldracco

38. Fabio Sagazio / ex allievo Istituto Tecnico Conciario G. Baldracco

39. Ezio Dema / AICS-Associazione Italiana Cultura Sport

40. Maurizio Pagliassotti / scrittore, ciclista

41. Claudio Giorno / Movimento No TAV

42. Jean-Luis Aillon / attivista per la Decrescita Felice di Torino

43. Emilio Soave / presidente ProNatura

44. Roberto Gnavi / Italia Nostra

45. Mariangela Rosolen / Attac Torino- Associazione per la Tassazione delle Transazioni finanziarie

46. Luca Preti / cittadino

47. Gianni Napoli / insegnante, Coordinamento Contro La Buona Scuola di Torino

48. MariaChiara Raviola / pedagoga, coreografa, direttrice artistica progetti Danza di comunità

49. Cristina Riccati / ricercatrice teatrale, advisor festival danza, attivista culturale

50. Patrizia Veglione / giornalista

51. Claudio Zoccola / cittadino sensibile

52. Carlo Airola Tavan / cittadino accogliente

53. Luca Pastore / filmaker

54. Donatella Cambiano / docente tecnico-scientifica IIS “ Ada Gobetti Marchesini – Casale”

55. Gabriella Biggio / impiegata Liceo Artistico “PASSONI”

56. Rosanna Schiavo / impiegata Liceo Artistico “PASSONI”

57. Matteo Sturani / docente di Scienze – Università Milano

58. Alberto Reviglio / grafico

59. Fabrizio Finotello / insegnante di chimica IIS ” Ada Gobetti Marchesini – Casale ”

60. Cinzia Tarallo / insegnante di chimica IIS ” Ada Gobetti Marchesini – Casale ”

61. Franco Orsini / docente IIS “Albe Steiner”

62. Bruno Costa / perito conciario, Dott. Ingegneria Chimica

63. Corrado Borsa / storico

64. Euro Carello / docente in pensione

65. Armando Cametti / perito conciario in attività

66. Roberta Fassiano / ex docente Istituto Casale-Baldracco

Come muore una città: in risposta a Fassino

torino_presidio_occupLe famiglie dello spazio popolare Neruda si sono recate all’ex caserma De Sonnaz dove si teneva un incontro sulla “Torino che cambia” alla presenza del sindaco Piero Fassino, del governatore della Regione Piemonte Sergio Chiamparino e dell’ex sindaco Castellani. Un’occasione per portare all’attenzione dell’amministrazione locale la questione del diritto alla casa, ma arrivate sul posto ancora una volta le famiglie occupanti si sono trovate davanti i cordoni della polizia che non hanno esistato ad aggredire il presidio, nel quale c’erano anche molti bimbi dell’occupazione. Di seguito il comunicato dele famiglie dello spazio popolare Neruda in risposta alle dichiarazioni del sindaco Fassino:

Questa è la domanda che vorremmo fare al sindaco Fassino. Oggi in occasione di una pomposa festa per celebrare il trentennale del piano regolatore della città il nostro Piero ha affermato che le tesi e le teorie di chi lotta per il diritto alla casa avrebbero portato alla morte di Torino.

Un affresco della città reale però ci racconta altro, ci racconta dei sussulti di uno stremato tessuto sociale. Ci racconta dei servizi e dei trasporti praticamente ridotti all’osso, alcune aree della città sono raggiungibili solo a piedi, ci racconta di una sanità attaccata duramente dalle politiche regionali e del governo. Ci racconta di una delle metropoli più indebitate d’Italia, costretta a svendere per quattro denari il proprio patrimonio e a privatizzare i diritti. Ci racconta di 4500 sfratti l’anno a fronte di mega speculazioni edilizie e grandi eventi. Ci racconta dell’abbandono in cui versano i quartieri popolari ed i loro abitanti. Ci racconta lo stato continuo di emergenza in cui ci è imposto vivere e l’incertezza a cui le nostre vite sono ridotte.

Fassino ci deve dire quali grandi successi vorrebbe festeggiare, quelli della sua incompetenza o quelli della volontà di riempire le tasche dei soliti noti per mandare la barca avanti, mentre tutti gli altri naufragano nel devasto sociale che opprime questa città?

Noi con umiltà crediamo che nel corpo morente di questa città chi alza la testa per rivendicare la propria dignità sia linfa vitale per alimentare un cambiamento. Solo i grigi burocrati e i loro tecnici chiusi nei buffet e aperitivi alla moda possono credere ancora a una classe politica per lo meno incompetente se non complice.

Se Fassino oppone la vita di migliaia di persone ai profitti di pochi, ci chiediamo chi si sta macchiando realmente dell’omicidio di questa città e dei suoi abitanti…

Noi per conto nostro continueremo a cercare di costruire un’alternativa per i nostri figli e per i molti bambini che vivono nello Spazio Popolare Neruda, per chi vive con vergogna e difficoltà una crisi che di certo non ha provocato, per la città migliore che si sta mettendo in movimento.

Poche righe vanno anche ai media che oggi hanno tratteggiato una giornata diversa da quella che abbiamo realmente vissuto. I video e le foto dimostrano chiaramente che non c’è stato alcun tentativo di entrare nella sala in cui si teneva la festicciola della compagnia di Fassino, ma che la polizia è intervenuta a freddo e senza evidenti motivi di sicurezza. Siamo abituati ormai da anni in questa città a vedere questioni sociali gestite come problemi di ordine pubblico. Lì dove soluzioni non si trovano o non vogliono essere trovate interviene come sempre l’arroganza del manganello e dei caschi blu. A Fassino vogliamo dire che reprimere il dissenso e le questioni sociali è proprio uno dei modi per uccidere questa città e ridurla al silenzio, purtroppo per lui i nostri polmoni sono ancora pieni di aria, il nostro cuore batte forte e la nostra gioia e la nostra rabbia sono vive e vegete.

Le famiglie dello Spazio Popolare Neruda

#SenzaCasaNonSOStare: APPELLO ALLA CITTADINANZA

Siamo alle porte dell’inverno e migliaia di persone si troveranno a trascorrerlo per strada a causa degli sfratti. Molti di noi rischiano di trovarsi in questa condizione. Non abbiamo intenzione di accettare questo destino, vogliamo per i nostri figli la possibilità di vivere in condizioni dignitose. Non ci vogliamo né vergognare né vogliamo essere isolati. La difficoltà in cui versiamo non è una scelta, è la conseguenza della crisi e delle politiche economiche di chi ci governa.

Torino è la seconda città su scala nazionale per maggiore numero di sfratti, 4643 solo nel 2014, con un aumento nello stesso anno del 10,8 % dei pignoramenti. Ogni giorno sono decine le persone che vengono buttate fuori dalla propria casa, senza che l’amministrazione dia loro una soluzione alternativa.

Tassi di disoccupazione alle stelle, ammortizzatori sociali che non funzionano, servizi sociali e sanitari che faticano a tenersi a galla, soldi pubblici sperperati per opere inutili sono alcune delle cause che contribuiscono alla devastazione sociale in cui ci troviamo. Per non parlare della svendita del patrimonio immobiliare pubblico, anche di quello con un alto valore storico e culturale come il polo della Cavallerizza Reale.
Esemplificativa delle responsabilità della politica, è anche la recente “emergenza profughi” che molto spesso è stata lasciata nelle mani di associazioni e cooperative che hanno speculato sulla pelle dei migranti (vedi Mafia Capitale).

E’ evidente che ci troviamo di fronte ad un governo che è totalmente incapace di gestire le questioni sociali.

Troviamo irresponsabile che in un paese così detto “democratico” accadano ancora queste cose.

Vogliamo risposte dal sindaco Fassino e da tutta l’amministrazione.
Vogliamo che venga messa in atto la moratoria sugli sfratti.
Vogliamo che la questione abitativa non venga gestita come problema di ordine pubblico o attraverso politiche d’emergenza.
Vogliamo una nuova edilizia popolare, assegnazione del patrimonio pubblico in disuso agli sfrattati e la requisizione degli appartamenti sfitti.
Vogliamo canoni d’affitto, bollette e costi della vita calmierati in base al reddito.

Finché questo non cambierà, finché i nostri diritti continueranno ad essere calpestati, occupare un casa non è solo più una necessità, ma un nostro dovere.

Chiediamo a tutti di sottoscrivere questo appello per far sì che le donne, gli uomini e i bambini di questa occupazione non vengano lasciati soli ad affrontare questa piaga che affligge la città. La solidarietà ha molte forme, ma in tutti i casi è uno strumento efficace di presa di responsabilità da parte dei cittadini che non vogliono più girarsi dall’altra parte.

Chiediamo inoltre un aiuto concreto per questa nostra nuova casa: servono stufe, materassi, letti, coperte e tutto ciò che ci possa aiutare per affrontare l’inverno. I punti di raccolta saranno presso:

“la Credenza” di Bussoleno (Valsusa), via Walter Fontan, 16. PER INFO: 0122 49386 (chiamare dopo le 18)
Nuova Occupazione Abitativa Corso Ciriè, 7. PER INFO: 349 562 1606.

#SOScasa #Neruda #winteriscoming

Le Famiglie dello Spazio Popolare Neruda

Torino: nuova occupazione abitativa a Porta Palazzo

occupaziome_torino_ppNuova occupazione abitativa questa mattina a Torino. Decine uomini, donne e bambini hanno trovato una nuova casa presso un ex istituto tecnico in Corso Ciriè 7.

Così le famiglie sgomberate dallo spazio Neruda (ex CSE), insieme a nuovi nuclei familiari senza casa, hanno aperto le porte dello stabile e sono entrati rilevando lo stato di degrado in cui era ormai sottoposto da molti anni. Ennesimo esempio di come il comune gestisca le politiche abitative della nostra città in cui solo nel 2014 sono state sfrattate oltre 4500 famiglie senza alcun intervento da parte delle istituzioni alle quali ormai rimane il triste primato di aver creato una situazione sociale disastrata.

In un aria pesante come questa, la nuova occupazione riesce a dare respiro e una dignità a decine e decine di famiglie.

Con queste persone anche numerosi solidali che insieme a loro hanno deciso non solo di riappropriarsi dei bisogni e del proprio presente, ma di dare vita a questo spazio anche con attività utili al quartiere in cui è situato: Porta Palazzo.

In uno dei quartieri più popolari e multietnici di Torino, che ha visto negli anni una serie di cambiamenti e riqualificazioni, troviamo appartamenti di lusso o in costruzione che incentivano solamente gli investimenti di privati. Chi vive il quartiere da tempo si ritrova a vivere in alloggi i cui proprietari speculano sulla testa della gente, proponendo soffitte o piccoli alloggi a prezzi esorbitanti sull’affitto.

Il comune non solo non propone alternative concrete a chi butta fuori di casa ogni giorno, ma è il primo attore nell’incentivazione degli affari dei privati sul piano abitativo. L’amministrazione infatti preferisce lavarsi le mani delegando la questione abitativa alle fondazioni private, o alle grandi agenzie immobiliari o ancora alle banche e, a braccetto con i servizi sociali, propone fumose e finte alternative alle persone che tutti i giorni vivono e pagano il prezzo di una situazione di cui non sono responsabili.

Le responsabilità sono infatti di chi siede sulle poltrone dei palazzi, delle istituzioni tutte che non solo creano situazioni di invivibilità per tutta la popolazione, ma sono assolutamente incapaci di gestirla rapportandosi ad un problema di ordine sociale come un problema di ordine pubblico.

 

Leggi il comunicato delle famiglie occupanti:

La casa è un diritto e ce lo riprendiamo!

Questa mattina in circa 40 famiglie abbiamo deciso di riprenderci questo stabile di Corso Ciriè 7. Una scuola di proprietà del comune lasciata da anni in stato di abbandono, come migliaia di altri edifici in città, all’interno di uno dei quartieri più importanti di Torino: Porta Palazzo.

A Porta Palazzo troviamo appartamenti di lusso o in costruzione che incentivano investimenti di privati mentre chi vive nel quartiere da anni si ritrova a vivere in alloggi i cui proprietari speculano sulla pelle della povera gente, proponendo soffitte o piccoli alloggi a prezzi esorbitanti sull’affitto.
Nel corso degli anni questa zona urbana ha visto una serie di cambiamenti e riqualificazioni, dove nuove attività commerciali, soprattutto locali, si sono insediati.
Si è creata così una vera e propria barriera nei confronti di tutta quella fascia di popolazione che come noi non poteva permettersi affitti aumentati per colpa della riqualificazione, e che è stata costretta nel migliore dei casi ad abbandonare la propria zona per trasferirsi e nel peggiore ha perso la casa.

Siamo consapevoli che ormai le storie quotidiane di sfratti e di famiglie costrette a vivere in situazioni di disagio e precarietà quando non in strada non fanno più notizia, come se ormai fossero parte della vita normale di questa città.
Noi, famiglie, uomini e donne che abbiamo vissuto sulla nostra pelle la perdita del lavoro, uno sfratto, la perdita della nostra casa ed ancora l’indifferenza e l’arroganza dei rappresentanti del comune e delle assistenti sociali abbiamo però deciso di non rassegnarci. Insieme, abbiamo deciso di non restare in silenzio, di non continuare ad ascoltare passivamente le false promesse e le velate minacce, ma soprattutto abbiamo deciso di non fare calpestare la nostra dignità.

A giugno abbiamo deciso di trovare una soluzione, che oltre a ridarci una casa ci permettesse di riaffermare il nostro diritto a vivere in modo degno. Abbiamo occupato una palazzina in via Bardonecchia 151, diventato lo Spazio Neruda, di proprietà della cassa depositi e prestiti e come molte altre vuota e destinata a rimanere tale. In pochi giorni quello spazio era tornato a vivere e noi a costruire un presente diverso per noi e per i nostri figli.

Il comune e la prefettura, gli stessi che dichiarano di non avere risorse e soluzioni per tutti quelli che come noi sono in emergenza abitativa, ma che poi improvvisamente trovano milioni per costruire grattacieli regionali e opere inutili, hanno ordinato ed eseguito lo sgombero. Ma questo non ci ha fermati. Siamo ancora qua. E siamo sempre di più.

Non abbiamo ceduto alle minacce, non abbiamo accettato le proposte indegne di dormitori e di dividere le nostre famiglie.

Con l’occupazione a scopo abitativo dello stabile di Corso Ciriè 7, vogliamo oltre ad una casa denunciare non solo gli affari speculativi dei privati con la complicità delle amministrazioni pubbliche, ma anche i continui fallimenti delle politiche socio-abitative del Comune.

Oggi ci riconquistano quella dignità che meritiamo e fin dai prossimi giorni costruiremo con il quartiere nuovi spazi di aggregazione e di discussione.

Invitiamo tutti e tutte a raggiungerci in Corso Ciriè 7.

La casa è un diritto!

Le famiglie dello Spazio Popolare Neruda